venerdì 31 dicembre 2010

Ignobile decisione del Capo del governo brasiliano Lula che nega l’estradizione del pluriomicida Battisti.

Lo sgarbo è stato compiuto e gli animi si sono accesi. Peccato che sia andata a finire così ma la testardaggine ha, purtroppo, vinto sulla speranza. Il Presidente del Brasile, il companheiro Luiz Inacio Lula da Silva, è voluto uscire di scena nel peggiore dei modi: favorendo un assassino ed evitandogli la galera. Si conferma ancora una volta l'idea che i peggiori politici che hanno sempre aiutato gli estremisti rossi sono sempre stati i capi di governo della sinistra. I companheiros che si richiamano al socialismo massimalista, ancora una volta si sono fatti gioco delle regole della giustizia per aiutare fino in fondo i perdenti per eccellenza, ovvero i sostenitori di quel comunismo rivoluzionario che voleva cambiare il mondo con la violenza. Il Presidente Lula, a cui molti guardavano come a un nuovo soggetto della politica internazionale, allo scadere del suo mandato ha impedito che si facesse giustizia dell’assassinio di quattro italiani barbaramente uccisi dalle idiozie del brigatismo rosso degli anni di piombo. Cesare Battisti, un esponente di primo piano dell’eversione di sinistra, ha trovato il suo rifugio e la sua salvezza nella modernissima Brasilia. Com’è noto Lula esce di scena per fare posto al suo successore, la sua allieva Dilma Doussef. In questo passaggio di consegne Lula ha avuto la spudoratezza di rifiutare l’estradizione in Italia del pluriomicida Cesare Battisti, regalandogli la salvezza dal carcere che l’Italia ha sempre reclamato in base agli accordi internazionali. Ricorderemo il Brasile più per questa vigliaccheria del suo Presidente che per la bontà d’animo e la simpatia del suo popolo. Da oggi, per l’ipocrita e colpevole leggerezza del suo Presidente, il Brasile non è più ai nostri occhi lo stesso paese che abbiamo sempre guardato con simpatia e propensione all’amicizia. Intendiamoci: nulla a che vedere con boicottaggi o cose simili. Innegabilmente l’aureola di simpatia che ha accompagnato Lula e il suo paese rimarrà in molti italiani un pallido ricordo. La scelta di Lula, lo hanno capito anche i sassi è, e rimane, una scelta strumentale e offensiva nei confronti dell’Italia, che oltraggia non solo la coscienza dei familiari delle vittime, che hanno visto liberare senza una giustificazione plausibile un pluriomicida dal carcere, ma anche la coscienza civile di chi ha sempre creduto nel concetto di giustizia. In realtà la decisione di rifiutare l’estradizione offende anche la democrazia e la Repubblica italiana. Suona poi come una beffa la gravissima motivazione con la quale Lula ha graziato il suo beniamino. Dire che c’è pericolo per la vita di Battisti nel carcere italiano significa invertire i ruoli. La motivazione esibita da Lula per giustificare il no alla consegna del delinquente è ridicola e falsa quanto la lunghezza del naso di Pinocchio. Non lo si vuole restituire all’Italia dice Lula per «preservarne l’incolumità». Dice Mario Cervi a questo proposito che “quasi che le carceri della Penisola, internazionalmente note per avere porte girevoli come quelle dei grandi alberghi, fossero tetri e spietati strumenti d’una legge repressiva”. Parole sacrosante. E poi, nel mentre ci si preoccupa per qualche parolaccia che qualche sregolato potrebbe gridargli all’arrivo in Italia, Lula dimentica le conseguenze dei quattro assassini. Quattro famiglie distrutte da lustri, un giovane costretto per tutta la vita all’immobilità su una sedia a rotelle e tante altre brutte notizie per i parenti delle vittime. Per il companheiro Lula tutto questo non conta? Lula deve sapere che molti italiani considerano il suo gesto un gesto di viltà, perché è da arroganti e sleali aiutare un pericoloso criminale condannato, con sentenza passata in giudicato, all’ergastolo. Infine, la decisione di aiutare l’omicida di quattro vite apre un precedente molto pericoloso. Qualsiasi delinquente saprà di poter contare su una scappatoia se chiede asilo in questo paese. Non è con questi sotterfugi che si diventa grandi figure nel mondo della politica internazionale. Semmai si viene giudicati dei mediocri.

mercoledì 29 dicembre 2010

Unità d’Italia e filmografia della ricorrenza.

Abbiamo visto il film Noi credevamo. Proiettato nella saletta di un solo cinematografo della Capitale, i cui spettatori sembravano degli imprudenti “carbonari” (ricordiamo che questo è l’anno delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia), il film inquadra alcuni aspetti della storia dell'Unità e del Risorgimento. Ci sentiamo di definirlo un film forte e audace, nonostante somigli più a uno sceneggiato televisivo che a un film vero e proprio. Tre ore e cinque minuti di proiezione ininterrotta, senza un solo minuto di intervallo, rappresentano più di una pillola di conoscenza dell’evento storico epocale prodotto da un’accozzaglia di popoli che sono riusciti a mettersi insieme sotto forma di Stato moderno per puro miracolo. A favore del film di Mario Martone c’è da dire che il tema trattato è di difficile interpretazione in un paese come il nostro che tende da un lato a considerare inutile o a minimizzare il valore dell’Unità e dall’altro a privilegiare più le trasmissioni televisive come il Grande Fratello che film che trattano temi impegnati sul fronte storico e politico. Persino uno spot pubblicitario della Rai, che inneggiava all’Unità d’Italia mediante l’esplicito invito a considerare la lingua italiana un valore nazionale di unità, è stato boicottato dalla Lega del secessionista Bertoldo, Umberto Bossi. Una vera vergogna nazionale di cittadini che meriterebbero per punizione di vivere sotto il Regno delle due Sicilie. Il film, nonostante alcuni aspetti strani e inconsueti, è onesto e consegue l’obiettivo di rendere comprensibile che l’Unità d’Italia é stata una conquista ottenuta con sacrifici enormi da parte delle popolazioni meridionali. Se poi in sala, in cui sono presenti spettatori quasi tutti con i capelli bianchi, il silenzio e l’attenzione sono assoluti allora la commozione è senz’altro assicurata. Alla fine della proiezione un timido tentativo di applauso delle numerose “teste bianche” non è andato a buon fine per la fretta di uscire dalla sala dovuta ai muscoli rattrappiti e anchilosati dalle tre ore e passa del polpettone cinematografico. Detto questo, il film conferma ai nostri occhi ancora una volta l’idea che ripetiamo da otto anni su questo blog. E cioè, che se l’Italia fosse governata da uomini giusti e politici onesti e se gli italiani avessero la consapevolezza dell’importanza di un collante comune nello stare insieme, dando senso all’ idea unitaria di Nazione, questo paese sarebbe un sogno e la vita dei cittadini muterebbe in modo più che positivo. Invece, sin dall’inizio e in tutto il periodo dei 150 anni di vita nazionale, i politici, la chiesa cattolica, il potere bancario e finanziario, nonché le varie organizzazioni delinquenziali di questo variegato mondo di popoli differenti tra loro hanno sempre considerato le Istituzioni politiche ed economiche terra di conquista privata e jungla personale dove arraffare tutto a qualunque costo. Che peccato vivere in un paese dove il Grande Fratello permette anche ai partecipanti di bestemmiare senza che venga cacciato a calci nel sedere. Che pochezza! In questi 150 anni l’Italia é molto cambiata. Su un punto però è rimasta sempre la medesima: nella capacità che continuano ad avere i politici e i loro portaborse di derubare la collettività. Da questo punto di vista possiamo parodiare il titolo del romanzo autobiografico di Carlo Levi e dire che l’”Etica si è fermata ad Eboli” e il fallimento dello stare in comune tutti insieme è stato completo! Con buona pace dei Mazzini, Garibaldi, Cavour e dei numerosi Papi che sono arrivati persino a riconoscere la pedofilia di molti loro vescovi e sacerdoti senza che “i mercanti fossero scacciati dal tempio”. Che squallore!

lunedì 27 dicembre 2010

L’involuzione linguistica dell’italiano nella società italiana.

La società italiana rischia il declino se non metterà in campo interventi correttivi a livello socio-linguistico. Com’è noto, una società arretra con certezza solo quando viene meno il collante principale, che è la lingua, in grado di permettere il superamento dei vari deficit che si presentano a cicli periodici. Distruggendo il tessuto socio-linguistico, manifestato quotidianamente dall’uso incondizionato e consapevole della lingua madre dei parlanti piuttosto che della miriade disordinata di dialetti, si distrugge la base comune dei cittadini che vivono in quella società. Quando la lingua madre non viene più percepita dai parlanti come segno di unità linguistica o, peggio, quando i valori nazionali vengono sistematicamente additati come usurpatori estranei, allora si creano dei meccanismi laceranti nella convivenza, con conseguente distruzione del tessuto socio-culturale. Purtroppo, la pochezza della politica nazionale e il nanismo dei due maggiori leader di maggioranza e di opposizione, Berlusconi e Bersani, stanno creando le premesse della decadenza della lingua italiana. Sempre di più si notano cittadini sprovvisti di competenze linguistiche adeguate e nella scuola il fenomeno dell’”analfabetismo reale” si evidenzia clamorosamente sempre di più nei vari test eseguiti sui nostri studenti. La mancanza di una corretta politica di sostegno alla lingua italiana e l’assenza di meccanismi di controllo che impegnino tutti i cittadini ad usare correttamente e adeguatamente la lingua madre sta creando spinte centrifughe che producono pericolose condizioni di incomprensione nei processi di comunicazione della società medesima. La società italiana nell’ultimo decennio è in continuo regresso e non solo perché si trova a fronteggiare una crisi economica. Qui vogliamo soffermarci sul regresso linguistico mostrato ormai in modo apprezzabile e indubitabile che è sicuramente più rischioso di quello economico e finanziario. Noi accusiamo esplicitamente i leader dei maggiori partiti italiani di essere troppo distratti nell’idea di federalismo “a tutti i costi” e crediamo che ci sia la malafede di molti, al governo come all’opposizione, che vogliono viceversa realizzare le condizioni di amplificazione e accelerazione di spinte centrifughe di carattere politico a sostegno di una malevola e ipocrita difesa del localismo. Berlusconi e Bersani non hanno compreso il pericolo grave che può produrre una politica che delega altri a mettere in atto lo scontro tra sostenitori ad oltranza del federalismo che difende il localismo e federalismo che sostiene una politica di mutua solidarietà nazionale. In questa prospettiva, lasciare troppa libertà allo sviluppo dei dialetti a scapito della lingua nazionale significa alimentare le tensioni e creare le premesse per impedire di intendersi anche sul piano culturale della comunicazione tra i vari cittadini di tutte le regioni. Non è un caso che la Lega Nord di Bossi ha criticato gli spot della RAI a favore della lingua italiana in occasione del 150° anniversario della creazione dell’Unità d’Italia. Ormai è diventato frequente incontrare amministratori locali che nei loro interventi ufficiali ricorrono al dialetto come provocazione, sia al nord e sia, specularmente, al sud per motivi di bieco interesse locale. Gli stessi dialetti si stanno imbarbarendo, perché nel riproporre ossessivamente il contrasto tra lingua nazionale e idioma regionale vengono amplificati con enfasi le inflessioni dialettali più esasperate che si allontanano di più dai canoni linguistici della lingua nazionale. E nel mentre la Lingua di Dante viene scalzata sempre di più nei vari campi della società il Capo del Governo col suo ineffabile Ministro della Pubblica Istruzione è totalmente assente nella politica di difesa della lingua madre. A quando si dovrà ricorrere agli interpreti tra persone che parlano due dialetti regionali differenti?

mercoledì 22 dicembre 2010

Rosy Mauro: la vera faccia del leghismo di Bossi.

Ieri abbiamo assistito in tv, vergognandoci, al modo di condurre l’Assemblea del Senato durante la fase più delicata delle votazioni relative alla legge di riforma dell'Università. Una cosa mai vista. La Vice Presidente del Senato, la leghista di prima ora Rosy Mauro, nonché donna di fiducia del Senatore Umberto Bossi, ha diretto i lavori nell’unica maniera che un Presidente di Assemblea non deve mai fare. Sguaiata nelle dichiarazioni, arrogante nella conduzione, autoritaria nei modi, indecorosa nel linguaggio, sconveniente nella pronuncia dei risultati degli emendamenti, inopportuna negli atteggiamenti e, soprattutto, dispotica e antidemocratica nelle decisioni, ha dato un esempio in negativo di quale modello di conduzione è in grado di dare all'Italia il movimento politico di Bossi. Avevamo capito che la Lega avesse dei problemi nella scelta dei suoi rappresentanti in Parlamento. Gli avvenimenti di cui si è resa protagonista la prepotente e scorbutica rappresentante della Lega di Bossi in Senato dimostrano che questo partito è inadeguato a rappresentare nelle Istituzioni il potere politico di cui è in possesso. Ancora una volta i cittadini che credono nelle leggi della democrazia e dello stile sono stati presi in giro vedendosi rappresentati da personaggi inadeguati e non all'altezza del compito. Sarebbe opportuno che l'interessata si scusasse e si dimettesse dalla carica. E' l'unica maniera per salvare il salvabile.

giovedì 16 dicembre 2010

Il sacco di Roma: provvedimenti inefficaci e condanne ridicole.

Ci risiamo. Anarchici ed estremisti politici, con la complicità di imbecilli che si definiscono studenti ma che di studenti non hanno nulla hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma, come e forse più del G8 di Genova. Stessa tattica, stessa violenza, stesso copione per creare disordini e realizzare la propria natura trasgressiva di provocatori. Come contorno una magistratura sempre più lontana dai reali interessi dei cittadini onesti, i quali non si vedono tutelati adeguatamente da alcun partito (specie di sinistra), dalle forze dell'ordine e persino dai giudici che usano la mano leggera quando devono giudicare i violenti e quella pesante quando c'è da giudicare i deboli. In pratica viviamo in un paese incivile, che dire violento è il minimo. L'assalto alle forze dell'ordine da parte di teppisti è un fatto gravissimo e criminali sono tutti coloro che non permettono di far cessare questo scandalo continuo. Altro che paese pacifico e liberale.

martedì 14 dicembre 2010

Le polemiche sull’eutanasia.

Eccoli qua in azione. Sono ritornati. Sono in prima linea per dare un segnale della loro intransigenza e del loro estremismo. Sono i campioni dell’Assoluto, delle Certezze, del pensiero Unico, del “si farà come diciamo noi e basta”. Chi sono? Sono i fautori dell’eutanasia si e dell’eutanasia no. Dell’eutanasia mai e dell’eutanasia sempre. Ripetono ad occhi sbarrati il ritornello come se si trattasse di una guerra santa: “l’eutanasia è un diritto; no, l’eutanasia è un omicidio” e viceversa. E insistono: “la vita è nostra e ne facciamo quello che vogliamo” e dall’altro lato: “la vita non è di nostra proprietà ma appartiene a Dio e guai a chi non accetta di essere intubato anche per 50 anni”. Il suicidio del regista Monicelli ha dato il via alla guerra santa e se adesso c’è una tregua è solo per le vicende della mozione di fiducia-sfiducia in Parlamento. A questo proposito noi vogliamo dire una sola cosa. Questo paese è imbrigliato da questa gente e non uscirà mai dal precariato politico e sociale finché non si uscirà dalle guerre di religione e/o dalle derive laiciste. A nostro parere entrambe le soluzioni proposte dai fautori dei due estremismi sono sbagliate, fuori dalla logica e dal buon senso. Nessuno può imporre suicidi mascherati e nessuno può pretendere di decidere per gli altri. Con buona pace dei crociati e dei saraceni di casa nostra che da soli costituiscono il principale male della società italiana: l’ideologia con contorno di intolleranza. Ma le ideologie non erano state messe alla porta?

sabato 11 dicembre 2010

Come risolvere una volta per tutti il “problema Berlusconi”.

Esiste una sola maniera di risolvere il problema Berlusconi nella politica italiana: che il Presidente del Consiglio rimetta in equilibrio l’aspetto finanziario dei suoi averi realizzati, com’è noto, impudicamente con una immorale politica che ha sfruttato le sue cariche politico-istituzionali per fini personali. Qui per “riequilibrio” intendiamo l’obbligo giuridico a ridare al fisco italiano tutto il denaro ricavato iniquamente in sedici anni di politica riconducibile allo sfruttamento personale dei suoi incarichi politici che gli hanno permesso introiti colossali altrimenti impossibili da conseguire ad una persona che sia partita da zero. La proposta che noi facciamo è quella di nominare una Commissione di inchiesta parlamentare con poteri giudiziari che dovrebbe spulciare a fondo i suoi sedici anni di vita politica dopo la prima nomina avuta come Presidente del Consiglio agli inizi degli anni ’90, per individuare e confiscare gli astronomici e iniqui incassi accaparrati come conseguenza delle sue pluricariche politiche. Riportare l’orologio, con un azzeramento completo, alle condizioni iniziali è il minimo che si possa chiedere a chi è rimasto fuori del tempo dell’Etica e della Morale ed è, tra l’altro, l’unica possibilità che gli è rimasta per risolvere il conflitto di interessi planetario che lo costringe ad essere l’unico politico occidentale sulla scena mondiale fuori norma. Ci ascolti finché è in tempo. Solo così il suo problema etico-politico potrà dirsi risolto. Sul piano morale, poi, dovrebbe avere il coraggio di uscire definitivamente dalla politica, per dedicare il resto della sua vita a ripristinare, per quel po’ che è possibile, il vero senso di una vita male evoluta, dedicandosi esclusivamente, con i pochi averi rimasti, a fare del bene ai poveri e a dedicarsi agli emarginati. Lo fece il manzoniano Innominato perchè non lo può fare anche lui? Lo diciamo per il suo bene perché non è normale avere modificato la società italiana mediante processi politici improntati al “ghe pensi mì” che hanno immiserito la vita di milioni di suoi concittadini che vivono al limite della povertà. La società di questi anni da lui malgovernata, ha rubato a se stessa decine di miliardi di euro che sono andati a finire nelle tasche di un uomo solo, in grado di sperperarli secondo scenari di vita non certo francescani. Tutti questi soldi sono stati sottratti ai servizi della Nazione, ai più poveri e agli emarginati, alle politiche del lavoro, dell’istruzione, della sanità, della ricerca scientifica e ultimo, ma non meno, alla sicurezza tanto sbandierata dal centrodestra quanto mai realizzata nella pratica. Quanto poi alle Eccellentissime et Eminentissime gerarchie cattoliche che fanno riferimento al Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ricordiamo che “Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri". A buon intenditore poche parole.

sabato 4 dicembre 2010

Sulla stampa berlusconiana una lista di proscrizione.

L’ennesima conferma della inaffidabilità dei giornali berlusconiani e della concezione antidemocratica, meglio neo-fascista, che hanno il premier e i suoi servitori giornalisti ce la dà il Direttore di Libero, quel Maurizio Belpietro che insieme a Feltri del Giornale hanno sviluppato fino alle estreme conseguenze il filone del giornalismo cosiddetto killer, perché improntato allo scopo esplicito di far dimettere gli avversari giornalisti del loro padrone Silvio Berlusconi con dei dossier falsi. Siamo alla delazione bella e buona. Siamo alla proscrizione di stampo fascista. Siamo cioè in presenza di un metodo politico aberrante, adoperato nelle dittature, che consiste nella eliminazione dei numerosi avversari, nemici personali del leader mediante strumenti di discredito giornalistico. Un elenco di nomi e cognomi con tanto di fotografia degli avversari e ... oplà, gli avversari del padre-padrone sono serviti. Che pena! Che schifo!
P.S. Il Senatore Guzzanti dopo aver definito gli attacchi di Belpietro "attacchi penosi dovuti al fatto che sanno solo obbedire al Capo" ha aggiunto: "Mi sa che questa iniziativa di Libero si è rivelata un flop. Mi fa molta pena il mio ex direttore e amico Belpietro, costretto a fare questa piccineria per ordini del capo supremo. Che tristezza".

giovedì 2 dicembre 2010

Perché continua l’assordante silenzio sul caso del terrorista Cesare Battisti?

Che fine ha fatto il terrorista Cesare Battisti scappato in Brasile e agli arresti in attesa della pronuncia definitiva del Tribunale Supremo sulla revoca dello status di rifugiato politico? Come mai nessuno ne parla? Perché la stampa tace? E’ un brutto segnale che può dare come risultato la libertà del responsabile di ben quattro omicidi, che qui vogliamo ricordare per il tributo di sangue innocente versato: Antonio Santoro, Lino Sabbadin, Andrea Campagna e Pierluigi Torregiani, papà di Alberto, che da quel giorno vive paralizzato su una sedia a rotelle. A nostro avviso c'è il rischio che il nuovo Capo del governo brasiliano, Dilma Vana Rousseff, riesca a trovare qualche cavillo per non dare il nulla osta alla riconsegna alla magistratura italiana del terrorista pluri-assassino. Speriamo che non sia così perché l’unico posto dove questi assassini devono vivere i resti della loro misera vita è il carcere.

Support independent publishing: buy this book on Lulu.