lunedì 22 settembre 2014

Gabbie di ignoranza e di faziosità.


Ieri sera abbiamo assistito alla trasmissione televisiva “La gabbia”. Non ci interessa chi l’ha condotta, né i nomi dei quattro protagonisti dell’intervista che hanno dato i voti ad alcuni politici. Meno ancora ci interessano le idee mostrate e le loro posizioni politiche e ideologiche. Non ci interessano. Ognuno è libero di dare voti bassi o alti a chiunque purché ... segua delle regole uguali per tutti. E qui casca l’asino, perché ne abbiamo viste di cotte e di crude. Ecco i risultati. I voti attribuiti ai politici vanno dall’uno al dieci con una forbice innaturale che li rende veramente di difficile interpretazione se non dall’unico punto di vista possibile e cioè della faziosità. Se il discorso rimanesse solo fazioso non ci sarebbe comunque molto da dire. E’ chiaro che se uno è marxista fino alla cima dei capelli non ci si aspetta che dia un voto alto a Renzi o a Napolitano o a Berlusconi. Ci si aspetta però che i voti si disperdano poco da un valore medio di mediocrità-sufficienza. Mai e poi mai ci si aspetta che lo stesso potesse dare valori che non sono addirittura ammessi nella valutazione ufficiale ministeriale. E’ ovvio che ogni valutazione non ha senso se non si definiscono prima i parametri e il metodo di valutazione. E qui il conduttore non è stato all’altezza, perché avrebbe dovuto chiarire all’inizio la querelle. La superficialità della trasmissione tuttavia non sta nel fatto che il conduttore abbia negato agli spettatori l’informazione relativa alle regole ma che lo stesso non abbia avuto l’accortezza di comprendere che il terreno della docimologia è un terreno minato, soprattutto a chi non ha la più pallida conoscenza dei suoi contenuti. Quanti di voi hanno mai letto un libro di docimologia? Mentre è possibile accettare l’idea che per essere conduttori di un talk show non è obbligatorio aver fatto letture docimologiche, viceversa non è accettabile l’idea che la valutazione sia data per ragioni di faziosità. In altre parole, va bene che la trasmissione deve dare spettacolo, ma senza esagerare. Ieri sera a nostro parere c’è stato non solo uno spettacolo di ignoranza ma addirittura di sfoggio di partigianeria rozza e grossolana da parte di quasi tutti gli intervenuti. Un esempio? I voti dati sono scorretti perché le direttive ministeriali ai docenti di scuola secondaria superiore escludono che i voti possano essere diversi dalle unità. In altre parole i voti vanno da 1 a 10, con numeri esclusivamente interi naturali. Sono vietati i più (+) e i meno (-). A maggior ragione sono vietati i meno meno (=) e anche i mezzi voti (½). Alcuni intervistati hanno dato zero (0) e (1). Evidentemente non sanno che lo zero (0) è vietato dalle norme ministeriali e l’uno (1) si dà in genere solo allo studente che si rifiuta di essere valutato. In realtà la vera valutazione cognitiva parte da due (2) e arriva al massimo a dieci (10). Non esiste la lode, se non come elemento pubblicitario nei soli esami di Stato alla fine dei percorsi liceali o di istruzione tecnica e professionale. Ieri sera ne abbiamo viste di tutti i colori. Gente che giustificava un voto di mediocrità (5) perché - è stato detto testualmente - “faccio la media tra zero (0) e dieci (10), cioè si somma il valore “minimo” zero (che è vietato) con il valore massimo dieci (10) e la somma viene divisa per due (2). In realtà in modo corretto la media aritmetica tra il valore minimo due (2) e il valore massimo dieci (10) è sei (6) che è sufficienza e non cinque che è insufficienza. Addirittura è stato dato un sei con punto interrogativo (6?) che dal punto di vista docimologico non ha alcun significato. Aggiungiamo altresì che in merito ai “criteri di valutazione” esiste una sorta di difesa da Forte Apache, accanita e ostinata, da parte di alcuni giornalisti a difendere la propria libertà docimologica, considerata un requisito inappellabile della personale funzione giornalistica. I risultati sono come minimo ridicoli: c’è chi decide unilateralmente di non andare al di sotto del “quattro”, chi al di sopra del “sette”, per non parlare poi di chi mette voti alti di consuetudine, chi voti bassi per strategia. Insomma un’accozzaglia di genericità, trascuratezza e partigianeria. Dunque, intervistare un professore universitario che dà 1, due direttori di giornali che danno zero e 4½ è dare un pessimo esempio su come fare televisione perché il messaggio che viene inviato agli spettatori è che l’ignoranza dei tre soggetti su quattro, non solo è deleteria per gente che dice di “fare cultura” ma è anche diseducativa, perché giustifica una “valutazione da passione” (come quando si valutano le prestazioni dei calciatori più per tifo che per bravura). Un intervistato ha addirittura parlato di Italia come uno “sventurato paese” perché la politica dei nostri politici non è consona con la sua ideologia. Stranamente poi il quarto intervistato, di notevole mole fisica, non solo non ha dato alcuna valutazione errata come i suoi “colleghi” ma è apparso anche pragmatico fino al punto di escludere le valutazioni estreme di cui è necessario diffidare sempre. Dice bene un proverbio svedese “chi scava una fossa per gli altri spesso ci cade dentro”. E nella fossa ci sono caduti in tre, che non hanno capito che “un saggio nasconde meglio la sua erudizione che uno stolto la sua ignoranza”.

sabato 20 settembre 2014

Irresponsabilità e sceneggiata scozzese.


Irresponsabile. Ecco chi è il leader degli indipendentisti scozzesi Alex Salmond, primo ministro e leader dello Scottish National Party e bene ha fatto a dimettersi. Gli riconosciamo la correttezza del gesto, ma rimane comunque un incosciente. Naturalmente è in buona compagnia con centinaia di altri sconsiderati come lui che per puro egoismo e solamente per questo stavano mettendo in atto un processo in grado di far franare addirittura l’intero sistema politico europeo. Il referendum voluto dagli indipendentisti scozzesi stava per creare le premesse di incendi secessionisti in tutta Europa, dimenticando che i cittadini europei stanno vivendo una crisi epocale ai loro danni, che se ne infischiano dei diversi secessionismi e vogliono affrontar il peggioramento recessivo con l’impegno full time della politica interamente rivolta ai fatti del lavoro, della sicurezza sociale e della crescita e non per l’indipendenza più o meno utilitaristica di una singola regione. Se gli yes avessero vinto a quest’ora decine e decine di partiti secessionisti di tutta Europa si sarebbero gettati a capofitto nella ventata di sconsiderata eccitazione che il referendum scozzese avrebbe prodotto. Sono palesi i danni irreversibili che questa scelta avrebbe potuto generare non solo alle politiche economiche nazionali ma anche, se non soprattutto, ai processi di politica economica e finanziaria dell’UE e della BCE. In Europa sono stati censiti più di quarantacinque partiti che vogliono l’indipendenza dalla loro nazione. Ve lo immaginate il continente Europa formato da novanta Patrie? Avete idea di che genere di pollaio si sarebbe realizzato? Siete in grado di immaginare cosa avrebbe provocato in Europa un simile guazzabuglio di novanta staterelli metà azzoppati dal secessionismo e l’altra metà inadeguata a competere nei mercati mondiali della globalizzazione? La conseguenza sarebbe stata che ognuno di questi staterelli sarebbe andato per proprio conto con la certezza dell’emarginazione. Con una propria moneta, con una propria lingua, con un proprio sistema politico e con la reintroduzione di dogane, frontiere e transenne protettive avremmo avuto il più intollerabile e gigantesco sistema di intolleranza e discriminazione ai danni dei più poveri. Bene ha fatto la maggioranza degli scozzesi a votare no, thanks. Non è questo il momento di soffermarci sugli sconfitti. Diciamo solo che tra i tanti ci sono i leghisti lombardi e quelli veneti che vorrebbero separarsi dall’Italia. Ricordiamo che questa gente è la stessa che abbiamo visto in azione negli anni del berlusconismo rampante a rubare a mani basse nei rimborsi elettorali e comprare lauree in Albania per i figli, gioielli e diamanti per gli investimenti di denaro procacciati indegnamente dalla politica, mutande verdi e azioni africane per diversificare il portafogli delle diverse e innaturali leghe più o meno settentrionali. Peggio di così questi inutili tromboni - che considerano la politica non come strumento per soddisfare il bene comune dei cittadini ma come balzello per arricchire se stessi - non potevano presentarsi davanti al paese. Diciamo poi che quelli nostrani sono più rozzi e grossolani degli altri, con in più un piccolo dettaglio: sono anche ignoranti, perché sembra che abbiano confuso la capitale della Scozia Edimburgo in un primo momento con Strasburgo e successivamente con Friburgo. Rob de matt!

venerdì 19 settembre 2014

Le divergenze dopo i silenzi.


La notizia della settimana è una bomba a orologeria seminascosta. Il cardinale Scola ha criticato papa Francesco in merito alla comunione ai divorziati. In altre parole il Cardinale di Milano, ovvero colui che nell'ultimo conclave è entrato Papa ed è uscito cardinale, ha bacchettato Francesco togliendosi un sassolino dalla scarpa. Per i tempi biblici della chiesa cattolica e per le modalità relative al dissenso che in genere si manifesta più con il silenzio ripetuto che con la esplicita critica possiamo dire che se non siamo allo scontro poco ci manca. Sembra che il Cardinale Scola non sia solo. Ha altri quattro cardinali battaglieri al suo fianco e sembra altresì intenzionato a non mollare l’occasione. Scola ha fatto capire che il rifiuto della comunione ai divorziati non è una punizione ma è l’offerta di un percorso di vita in positivo con l’esplicita indicazione di un corridoio da percorrere molte volte in grado di abituare i divorziati a riavvicinarsi ai valori evangelici posti come obiettivo da conseguire durante il percorso. La nuova ditta, pardòn il nuovo gruppo si sta compattando con incontri avvenuti nelle diocesi lombarde, dove tra un risuttin alla milanés e un po’ di gurgunzöla dolce al posto della frutta l’ex docente di dottrina teologica di Silvio Berlusconi porta a cena i colleghi cardinali per decidere la strategia con la quale mettere in difficoltà papa Francesco. Il cardinale di Milano, ex referente di “Comunione e Liberazione”, non si rassegna. Con la caduta di Berlusconi si è mantenuto in forma lanciando sistematici cinguettii su twitter nei quali l’amore cristiano è posto al centro dell’interesse teologico. Naturalmente non compare mai alcuna accusa diretta contro il papa. Ci mancherebbe altro. Mica lui è sudamericano. Lui è conterraneo di Alessandro Manzoni, autore di quel romanzo milanés de "I Promessi Sposi" dove ci piace ricordare i si dice e i non si dice del padre Provinciale e le altrettante sottintese richieste del conte Zio di trasferimento di padre Cristoforo. Dobbiamo temere qualcosa? Biblicamente e con molta lentezza diciamo al nuovo ed eccezionale Papa di fare attenzione agli amici, perché dai nemici ci si può difendere mentre dagli amici assolutamente no.

lunedì 15 settembre 2014

Milano: fedeli e cani in chiesa.


E’ fatta. Un altro tassello del grande puzzle dell’animalismo è stato aggiunto. La grande lobby animalista ha colpito ancora nel segno. Il Sindaco di Milano è il Condottiero che realizzerà per primo in Italia questo disegno di grande democrazia. Dopo l’entrata in vigore della legge che permette di considerare a tutti gli effetti gli animali come componenti di diritto dei condomìni nei palazzi di tutta Italia, adesso il Sindaco Pisapia ha dichiarato che un’altra conquista di civiltà sta per aggiungersi al sistema normativo dei regolamenti comunali milanesi perché farà approvare il “Regolamento per la tutela e il benessere degli animali” che prevede ai cani di entrare nelle chiese per seguire le funzioni religiose. Siamo dell’avviso che si tratta di una conquista gigantesca e colossale sul piano dei diritti degli animali. Permettere ai cani, magari a un doberman o a un rottweiler, di diventare fedeli a tutti gli effetti nelle chiese e di seguire le S.S. Messe la domenica è effettivamente una conquista di civiltà. Ci immaginiamo la scena: su una panca di quattro posti ci saranno dei fedeli che avranno come compagno di banco un rappresentante della razza canina intento ad ascoltare la parola del sacerdote. Il problema sarà semmai dove far sedere il cane: nel posto laterale del banco o nei posti centrali? Un bel rebus. Non sarà invece un problema la paura di alcune persone per i cani perché la risposta del padrone sarà che “in chiesa il cane non morde” e tutto sarà risolto. Invece sarà un problema la questione del galateo della stretta di mano, pardon di zampa, nel momento in cui il sacerdote inviterà i fedeli a fare il gesto della pace. Continuando così non escludiamo la possibilità che la stessa lobby e gli stessi sindaci possano far entrare in chiesa in futuro anche le puzzole. E i fedeli che non sopporteranno i cattivi odori peggio per loro! Si dovranno adeguare. A proposito: per favore in chiesa niente recinti discriminanti per i cani, come i matronei delle chiese ebraiche o islamiche. Noi siamo cattolici bellezza!

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