martedì 1 dicembre 2015

I fantasmi della cattiva coscienza.


Il problema fondamentale della vita a Roma, è inutile negarlo, è quello della mancata accettazione delle "regole " e della loro rigida applicazione. Ci sono a questo proposito decine e decine di casi che si possono portare ad esempio. Per quale motivo insistiamo continuamente nei confronti del mancato consenso alle regole? La risposta è semplice. Le regole sono fondamentali non solo per la stabilità e la serenità della vita civica, ma anche per la legittimità democratica che ne deriva.
Se in una comunità le regole vengono costantemente violate, i cittadini perdono fiducia, si erode il consenso, cresce il disorientamento e, fatto allarmante, ci si convince sempre di più che le regole sono orpelli superati, da considerare anacronistici e quindi inutili. Questo fatto è grave perché fa venire meno il collante della vita sociale che è poi il “senso civico” e la partecipazione alle “decisioni eque”. Per noi non c’è niente di peggio dell’anomia, cioè della situazione in cui le norme non hanno più valore e ciascuno fa quello che vuole.
Rimaniamo francamente allibiti quando spesso molti cittadini considerano il rispetto delle regole nel caso migliore come una mania nordica intrisa di moralismo e nel caso peggiore che non servono a nulla e quindi “ognuno può fare quello che vuole”. Ora qui nessuno vuole delle regole eccessivamente minuziose e intrusive nella vita di ogni giorno. Però da una pratica elasticità all'illegalità diffusa ci corre molto.
Al di là degli esempi specifici che si possono fare si deve capire che una delle lezioni più importanti della nostra storia - venuta fuori dalla fine della seconda guerra mondiale - ha a che fare proprio con l’osservanza delle regole. Ciò che spianò la strada al fascismo in Italia e al nazismo in Germania furono le continue deroghe ai principi della nazione, le violazioni dello Stato di diritto, il ricorso continuo a normative di emergenza e, in definitiva, a non decidere mai col consenso democratico. È in base a quell’esperienza che si ebbero conseguenze tragiche. In verità dopo il crollo del nazifascismo i tedeschi sono diventati virtuosi mentre gli italiani sono diventati non dico disonesti ma certamente amorali e aetici e i procedimenti penali, che la magistratura apre in continuazione, sono una testimonianza inequivocabile della caduta dell’etica e della morale.
Il problema più pericoloso dunque è quello della frustrazione degli onesti che si vedono compressi in una micidiale tenaglia in cui da una parte ci sono le ingiustizie (“tutti i maiali sono uguali: ma alcuni sono più uguali degli altri” è la famosa frase di George Orwell nel romanzo predittivo La fattoria degli animali) e dall’altra ci sono le cadute di senso del valore delle regole.
L’idea di una comunità che non crede nelle regole, incentrata sul valore del farsi gli ‘affari propri’ e di non ‘disturbare il manovratore’, mi sembra purtroppo più in linea con la realtà che con la fantasia.

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