sabato 25 novembre 2017

E’ meglio fare silenzio e agire che gridare e non modificare nulla.


La Presidente della Camera Boldrini e il Presidente del Consiglio Gentiloni in occasione della manifestazione contro il femminicidio hanno detto che: "uccidere una donna ogni due giorni e mezzo in Italia è un dato spaventoso". La violenza contro le donne è una vergogna, che sfregia tutto il Paese. Italia civile dice stop". Boldrini ha anche aggiunto che “si tratta di violazione dei diritti umani, non di un fatto privato".
Siamo d’accordo. Su questo tema come su quello della sicurezza dei cittadini contro i delinquenti non si scherza e alla Camera la manifestazione di centinaia di donne è stata un successo.
Però non basta. Ci piacerebbe ricordare alla Presidente della Camera e al Premier Gentiloni che non ha senso abbaiare inutilmente se poi non seguono azioni legislative coerenti con quanto auspicato.
Non serve solo protestare anche vistosamente ma le Loro gentili grazie, in ragione dei ruoli che svolgono in Parlamento, dovrebbero soprattutto agire, proprio in sede legislativa per evitare sentenze ridicole a favore degli stupratori come più volte si è verificato da parte di una magistratura che applica le leggi.
Questo significa che quei giudici che hanno prodotto sentenze annacquate lo hanno potuto fare perché le leggi della Repubblica lo permettono. Se invece di gridare contro il femminicidio si intervenisse pesantemente anche nella legislazione nessun giudice potrebbe diluire le sentenze.
Dunque al capo del Governo e alla massima Autorità della Camera dei deputati ci si sente di rimproverare loro che è meglio fare silenzio e agire piuttosto che gridare senza modificare la legislazione. Fare una legge dura come è necessario in questi casi non solo sarebbe un deterrente ma darebbe anche certezza della pena e difficoltà a reiterare il reato. Te capì?

domenica 19 novembre 2017

Serve un cambio di marcia: la scuola così com’è ridotta è arrogante e misera.


È tempo che la scuola smetta di insegnare modelli di apprendimento sbagliati, frutto di scelte post-sessantottine ormai “foglie morte” controproducenti. Ritorni piuttosto a essere protagonista dell’educazione e della formazione dei giovani come lo fu prima del ’68.
Questa premessa non vuole essere il tentativo di giustificare un intervento a gamba tesa nella politica scolastica parlando bene della scuola del primo ventennio post bellico. Semmai è la verità riconoscere i mali della scuola recente che da tempo non fa più il suo mestiere. In ogni caso la nostra, che poi è dei molti, vuole essere un’idea più o meno accettabile relativa al desiderio di chi vorrebbe vedere attuato un modello di scuola molto diverso da quello attuale che ha fallito miseramente e clamorosamente nel suo compito educativo. La situazione è sotto gli occhi di tutti. Qui non si dicono bugie. Semmai si dicono verità che sono scomode e “politicamente scorrette”. Ogni altra interpretazione è fuori dal senso di questo post.
Partiamo dai dati nazionali e internazionali che dicono all’unanimità che l’attuale scuola secondaria italiana (media, liceale e tecnico-professionale) non educa, non forma, non informa e, ciò che è più grave, non civilizza. Si, perché siamo addirittura al concetto elementare di senso civico che la scuola non riesce più a impartire. Troppi errori, troppe scelte politiche errate, ingenue, inefficaci e populiste (diremmo oggi) hanno portato la scuola “più bella del mondo” ad essere un modello diseducativo dovuto a pseudo riforme tutte sbagliate e una peggiore delle altre.
E’ giunto il momento di fare autocritica. Si tratta di avere l’onestà intellettuale di riconoscere che l’unica maniera per evitare il dramma della distruzione di qualsiasi processo educativo è quella di partire non da un ulteriore processo di riforma che si “aggiunga” agli altri ma di una rivoluzione autentica. In poche parole ci vorrebbe una decisione attraverso la quale invece di percorrere sentieri educativi che producono “la peggiore gioventù” in percorsi pensati a produrre “la meglio gioventù”. Questo percorso l’Italia lo ha già avuto e ha funzionato egregiamente.
Ormai non bastano più le “buone scuole”. Ci vuole un ritorno allo spirito e alle norme della scuola degli anni pre-sessantottini. Punto e basta.
La scuola di oggi, ovvero il nulla culturale ha prodotto la peggiore concentrazione di somari per unità di tempo che si iscrivono all’università. La causa è nota: politici, ministri e pseudo-pedagogisti di matrice marxista e cattolica hanno creato una scuola che è un autentico inferno luciferino su tutti i piani educativi. Nei programmi, nei metodi, nella docimologia, nel senso civico e della educazione, nella organizzazione abbiamo una scuola che produce ignoranti, maleducati, bulli e distruttori delle belle cose.
La scuola post-sessantottina produce e coccola bande di studenti che fanno scorribande tutto l’anno per non studiare con una normativa che non solo impedisce gli abusi ma li sollecita. I “cento giorni”, gli assemblearismi mensili, le “autogestioni”, le violenze fisiche e sessuali, il mobbing nei confronti dei più deboli, la droga, le connivenze dei genitori che sono i primi a sollecitare scioperi e "prese della Bastiglia" perché non accettano i voti e gli insuccessi dei propri figli hanno trasformato la scuola nel migliore dei casi in un ring, nel peggiore dei casi in fortini Fort Apache assaltati da bulli, violenti, distruttori che pretendono di fare ciò che le norme vietano solo a parole. Basta. Non se ne può più.
Per essere chiari la prima terapia è la sospensione di tutte le prassi negative che da decenni infestano gli istituti scolastici statali che incidono negativamente sui comportamenti degli studenti e sul loro apprendimento. Zero pseudo diritti e massimo recupero dei doveri significa smetterla con l’oppio dei decreti delegati. Ripristinare la pax relazionale corretta significa che tutte le scuole si devono uniformare a un solo scopo: studiare e insegnare.
Reintrodurre la motivazione allo studio è possibile e dovrebbe costituire lo scopo fondamentale della nuova scuola, con l’obbligo di realizzare saperi mediante la nozione, ovvero conoscenza reale e non superficiale di ciò che si studia. Abrogare tutte le norme legislative dal 1975 in poi e ritornare a prima dei decreti delegati. Reintrodurre la logica del vecchio liceo classico e scientifico adattandolo alle nuove tecnologie e alle vecchie competenze. Altrimenti sarà tutta una illusione: si perderà tempo e denaro.

mercoledì 8 novembre 2017

Una massa di cinici e malvagi in giacca e cravatta in Parlamento.


Mai vista una classe politica di governo così inadeguata come quella italiana. I nostri governanti sono diventati miopi e sordi davanti a una realtà incontrovertibile di società ormai sbrindellata nella tenuta dell’etica e del senso civico che reclama interventi legislativi forti nel campo dei delitti contro le persone.
In poche parole in Italia oggi c’è una magistratura che a causa di rattoppi legislativi e di buchi normativi che si sono realizzati nel tempo hanno tolto efficacia alle norme del codice penale. La conclusione è che il medesimo Codice è diventato sostanzialmente inutile e totalmente inadeguato nella definizione delle pene ai criminali.
Quante volte abbiamo letto sui giornali che un anziano o una giovane hanno subito violenza da un loro nemico e i tribunali salvano il reo con condanne simboliche e inaccettabili perché lo prescrive il codice penale? Quante volte le vittime di violenza hanno dovuto nascondersi perché tra le pieghe degli articoli del codice vi era un comma che permetteva al reo non solo di non andare in galera ma che addirittura andasse ad abitare a pochi metri dalla vittima in attesa di una sentenza che non arriva mai?
Ormai questi casi non fanno più notizia, così come non fa più notizia la protesta di molte vittime che al danno devono subire anche la beffa dei rei che vengono scarcerati dalla magistratura.
Viene da Ostia l’ultima notizia che un giornalista è stato aggredito da un membro del clan locale riportando il setto nasale rotto. Sarebbe facile dire che chi fa violenza ha sempre torto. Parole che ormai nel registro della cronaca non hanno più alcun significato. Con questo slogan il problema non solo non lo si risolve ma lo si trasforma in un rito, inutile e oltraggioso per le vittime.
Il problema è più generale. In Italia il codice penale è ormai totalmente inadeguato a fronteggiare la violenza di coloro che non hanno rispetto della persona umana. E’ inutile girare intorno al problema perché questa è la verità. I politici, soprattutto quelli di governo, chiudono occhi e orecchie ai bisogni di giustizia dei cittadini. In un paese serio questi politici sarebbero stati mandati a casa e i nuovi politici avrebbero approvato nuove leggi più efficaci e più in sintonia con la domanda di sicurezza dei cittadini. Invece da noi questi politici - premier, ministri e responsabili dei partiti - non intervengono mai in sede legislativa per cambiare le norme adeguandole ai nuovi reati che si beano di parole come tolleranza e libertà. Quando tutti questi intelligentoni capiranno che la via maestra è quella della modifica legislativa del codice penale sarà troppo tardi.
Uno Stato serio avrebbe messo da tempo la fiducia su un provvedimento legislativo ormai ineludibile e in grado di evitare il ripetersi di fatti come Ostia, che riguardano addirittura il senso stesso della democrazia. Ma qui stiamo parlando di uno Stato serio non di uno Stato in cui il partito di maggioranza al governo pensa di bloccare le intercettazioni colpendo i giornalisti e non offrendo uomini e mezzi alle forze di polizia. Alle prossime elezioni il Pd diventerà irrilevante.

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