giovedì 22 febbraio 2018

Ho fatto un brutto sogno.


Ho fatto un brutto sogno. Ho sognato che il 5 marzo 2018 sono stato invitato a pranzo a ristorante con altre persone. I segnaposto indicavano i loro cognomi con le sole prime tre lettere. Ecco i più vicini seduti vicino a me: Ber, Sal, Mel, Dim, Ren, Gra. Tutti mangiavano con le mani, masticavano con la bocca piena parlando tra di loro, erano scurrili e il più anziano raccontava barzellette piccanti. Hanno litigato per tutta la durata del pranzo. Alla fine hanno preteso che io pagassi la mia parte del conto mentre loro non hanno pagato nulla e per giunta hanno inveito contro di me perchè ho mangiato con le posate, non ho detto parolacce e mi preoccupavo di non ordinare pietanze costose perchè avrei dovuto fare debiti e non avevo denaro a sufficienza. Alla fine hanno minacciato il titolare del ristorante un certo sig. Mat, una brava persona tutta d’un pezzo, ripetendogli che pretendevano un altro invito a sbafo pochi mesi dopo, con minacce più o meno aggressive in caso di non invito. Mi sono svegliato di soprassalto. Ero sudato. Meno male che lo smartphone vicino a me sul comodino indicava che eravamo ancora nel mese di febbraio.

mercoledì 21 febbraio 2018

«L’esperimento» come inizio di un percorso politico.


Il titolo di questo post potrebbe sembrare sfuggente e ambiguo. Un esperimento può significare molte cose. Può riguardare una esperienza di laboratorio, può trattarsi della verifica di un esame o di un assaggio di cucina. Insomma può significare tutto e il suo contrario.
Personalmente darei una interpretazione del genere: “un insieme di operazioni volte a osservare un dato fenomeno, allo scopo di dimostrare un'ipotesi o di verificare una teoria”. Nonostante l’abbondanza di termini sfugge ancora il dato certo: che tipo di operazioni? Quale fenomeno? Che tipologia di ipotesi? Che esemplare di teoria?
L’esperimento di cui desidero parlare in questo post è quello che riguarda il contenuto di un libro della casa editrice Laterza il cui titolo è appunto L’esperimento. Il sottotitolo finalmente chiarisce una volta per tutte la questione semantica del lessico: “inchiesta sul Movimento 5 Stelle”. Ecco le coordinate bibliografiche complete del libro: Jacopo Iacoboni, L’esperimento. Inchiesta sul Movimento 5 Stelle, Bari, GLF Laterza, 2018.
Chiarisco subito che non mi voglio imbarcare in una analisi politica di questo movimento o “non partito” come viene talvolta definito dagli stessi aderenti. Lo dico subito: non mi interessa. Piuttosto, il mio intento è commentare le prime pagine del libro, laddove si informa il lettore della genesi dell’idea del M5S, con particolare interesse alla figura del suo fondatore Gianroberto Casaleggio e al suo lavoro nella fase antesignana della formazione della sua idea di ipotesi politica, più o meno visionaria, volta a lasciare il segno nella società italiana. In sintesi, si trattò di realtà "vera e propria" o di realtà "romanzata"? Non corriamo e affrontiamo l'analisi della questione con i piedi di piombo.
Le note introduttive relative alla parte iniziale della biografia di Gianroberto Casaleggio scritta da Jacopo Iacoboni intorno all’idea di «esperimento» hanno l’effetto di far ricordare alla mia mente pezzi di memoria dei miei anni iniziali di giovane insegnante di fisica, quasi mai affiorati da adulto, che risalgono al 1973, anno in cui in una provincia lombarda del profondo nord iniziai la mia attività di insegnamento nella scuola media superiore. Il responsabile di questi ricordi è l’incipit del libro che recita testualmente: “Cominciò tutto con un esperimento. Condotto per lo più a Bologna, ma anche nelle sedi di Torino e Milano, tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio”.
Sono costretto pertanto a richiamare alcuni temi della mia vita privata di giovane insegnante per dare senso e giustificazione alle cose che ho scritto qui in questo post.
Parlare di esperimento è per me come parlare dell’aria che respiro, cioè di tutto un mondo di cultura scientifica che ruota intorno alla scienza e alle sue implicazioni, anche politiche. Insegnare Fisica e laboratorio in un biennio di un istituto tecnico industriale significa parlare poi, in modo compiuto e accurato, di esperimenti di fisica, di sperimentazione galileiana, di misure di laboratorio nell’esercizio di una didattica nella quale ho sempre messo al centro del mio insegnamento l’esperimento per la conferma o la smentita di ipotesi scientifiche. Nel mio caso il processo di conferma o smentita di una ipotesi in un esperimento è stato consuetudine quotidiana attuata da studenti, riuniti per gruppi di lavoro in laboratorio, mediante strumenti di misura e materiali di gabinetto di fisica.
Tutto ha a che vedere con l’idea che abbiamo noi di cos’è un “esperimento”, quali obiettivi si propone di conseguire un esperimento e come metodologicamente si progetta e si realizza questo esperimento. Credo che nella scuola e nella società contemporanea italiana dare significato a questo sostantivo è faticoso come le dodici fatiche di Ercole o, se si vuole, è come trovare un ago in un pagliaio perché è difficilissimo trovare laboratori e operatori disponibili a una discussione che abbia a che vedere con un’idea di sviluppo di un tema nell’esperimento, che può coinvolgere anche la politica e l’economia come nel caso del fondatore del M5S. Da questo punto di vista non è banale ricordare che gli esperimenti stanno alla base del metodo scientifico galileiano.
Orbene, senza aspettare oltre vediamo cosa dicono a questo proposito le prime pagine del libro. Innanzitutto si parla di un esperimento inizialmente condotto a Bologna.
Quando si è effettuato questo esperimento? “Tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio” dice l’autore, cioè se consideriamo il valore medio dei due valori con l’anno 2000 si tratterebbe di un arco di tempo intercorrente tra il 1998 e il 2002. Dunque, siamo a cavallo della transizione tra i due secoli XX e XXI.
Per mettere meglio a fuoco il periodo ormai relativamente lontano nel tempo a cui questa narrazione si riferisce ricordo che in quel periodo ci fu la preoccupazione mondiale del cosiddetto millennium bug, il famoso potenziale difetto informatico (bug) che si doveva manifestare durante il cambio di data della mezzanotte nella notte di capodanno nei sistemi di elaborazione dati e nei pc del tempo in tutti i paesi del mondo.
E dove si è effettuato questo esperimento? Il libro fa capire che la sede di questo esperimento è stata Bologna ma si cautela e aggiunge altre due località di Torino e Milano, come dire città che furono e sono campioni del primato scientifico e tecnologico dell’Italia nel campo della ricerca scientifica. Torino perché capoluogo regionale del Piemonte era a quel tempo un centro universitario e industriale di primo livello (basti ricordare il Politecnico di Torino e l’Olivetti per limitarmi a dare l’esempio di due sole istituzioni prestigiose) e Milano perché d’obbligo per tutti coloro che vogliono parlare di innovazione e scienza della ricerca in Italia perché capitale economica e finanziaria del paese. Rimane fuori la sede di Pisa per totalizzare una quaterna di classe superiore nel mondo della cultura scientifica e successivamente anche informatica.
In quale sede si è verificato questo esperimento? “In una piccola azienda di ricerca, sviluppo tecnologico e consulenza informatica chiamata Webegg” . Il termine “piccola azienda di ricerca etc.” lascia supporre che si trattò di una di quelle piccole organizzazioni aziendali in termini di locali occupati, di numero di persone che vi lavorarono e di capitale di piccolo valore investito che caratterizzarono i fermenti dell’innovazione tecnologica mondiale in quel periodo. Ricordo che la Microsoft di Bill Gates iniziò la sua prima attività in un garage di un solo locale. Rimane certo che si trattò di qualcosa di piccolo. Ricordo a questo proposito che il 1968 fu l'anno in cui Billy Gates da studente ebbe accesso per la prima volta a un computer che non erano i Pc di oggi ma enormi armadi metallici contenenti valvole termoioniche, condensatori e resistori grandi delle dimensioni di lampadine e magneti e fili avvolti su supporti metallici. Ricordo ancora che nello stesso anno io frequentai il corso di laboratorio del terzo anno di Università nel quale presentai al professore la mia tesina di approfondimento che prevedeva un esperimento sui campi magnetici in grado di far ruotare elettroni su un'orbita circolare all'interno di un tubo nel vuoto di cui si doveva misurare il raggio ricorrendo alla definizione di forza di Lorentz.

L’obiettivo era risalire al raggio dalla misura sperimentale del rapporto della carica specifica dell’elettrone e/m. Neanche a farlo apposta elaborai i risultati in linguaggio Fortran su un computer IBM ITALIA 1130 approssimativamente uguale a quello di Billy Gates che lavorava con schede perforate per introdurre i dati sperimentali da elaborare. L’esperimento durò diverse settimane; il 7 luglio terminò ufficialmente e il 12 luglio 1968 presentai i risultati al docente del corso con una tesina di decine di pagine che ancora conservo.
Ma ritorniamo a noi. Facciamo dunque una ipotesi di sede aziendale come stima possibile. Tre stanze di un appartamento al piano terra di un palazzo più o meno anonimo a prezzo calmierato. Intendiamoci, potrebbe essere stato anche il contrario ma non è questo il vero problema che mi interessa evidenziare. Sicuramente in quei locali si trovavano alcune macchine elettroniche e una dotazione minima di ufficio, diciamo qualche scrivania con alcune macchine da scrivere Olivetti lettera 32, uno schedario, delle cartelle raccoglitrici di qualche data base e via discorrendo. Naturalmente non avendo la sfera di cristallo posso sbagliarmi ma le carenze di dati puntuali sono così ragguardevoli che giustificano questa ipotesi.
Per fare che cosa con questo esperimento? Per fare “ricerca, sviluppo tecnologico e consulenza informatica” è la risposta che ci si sentirebbe di ascoltare normalmente da un soggetto interessato. Diciamo la verità: si tratta di tre attività importanti relative a tre grosse parole che dette così possono dare l’idea di “molto fumo e niente arrosto”. In altre parole, se si vuole colpire l’attenzione di un interlocutore basta dirgli ricerca, sviluppo tecnologico e consulenza informatica e si è a posto, Chi potrà mai contraddire? E se l’interlocutore è un tipo tosto e incalzante e chiede di che tipo di ricerca si tratta, quale tipologia di sviluppo tecnologico e quale varietà di consulenza informatica viene fornita si è sempre in tempo di ripetere di nuovo la genericità della risposta adoperando altri termini simili e ridondanti come “studio e analisi di sistemi” che era a quei tempi la la chiave per dare il colpo di grazia a qualunque curiosità aggiuntiva.
Quindi la piccola azienda di cui parliamo si interessava di tutto questo ma anche del contrario, chi può contestarlo oggi, purché fosse chiaro che lavorava nell’innovazione. Certo quelli furono tempi in cui le grandi industrie metalmeccaniche, telefoniche, elettroniche, chimiche, manifatturiere del nord Italia, etc. disponevano di capitali e facevano gola a chi avesse titoli di studio specifici come ingegneri, fisici e matematici. Ricordo che le tre tipologie di laurea precedenti erano richiestissime dall’industria di qualunque tipologia. Io stesso, laureato in fisica, non ho avuto alcuna difficoltà ad ottenere subito il posto di lavoro.
Azienda chiamata come? Webegg! E qui comincia l’evasività e la vaghezza della terminologia e dei significati. Web è un termine inglese attuale che è sinonimo di intreccio, ragnatela, rete, mentre egg significa uovo. Il nome Webegg (uovo nella rete) personalmente non l’ho mai sentito nominare e dire che io leggevo e mi informavo quotidianamente su quotidiani, giornali e riviste scientifiche come Le Scienze, Scientia e Sapere pubblicati in lingua italiana che si interessavano di ricerca scientifica. Tuttavia il termine egg è un termine che veniva utilizzato dai programmatori statunitensi della Microsoft perché erano chiamati “easter egg” cioè uova di pasqua quelle schermate che si ottenevano con opportuni comandi da tastiera in grado di far comparire sul video un disegno semplice fatto con i caratteri speciali [= / + e -]. Era un modo semplice di comunicare i propri nomi a chi lo avesse voluto se fosse stato a conoscenza della sequenza di comandi per riprodurli. Quindi la Webegg oltre questo non mi dice nulla. Ciò significa che questa piccola azienda non aveva valicato i confini regionali ed era sconosciuta in campo nazionale.
Quali erano i titoli di studio universitari dei componenti di questa azienda? Lo si legge a pag.3 : “un team ristretto di lavoro composto da informatici, ingegneri, manager”. Ora mi può stare bene il termine team al posto di gruppo di lavoro, di ingegneri e di manager ma ho forti dubbi che a quel tempo ci fossero informatici veri e propri, nell’accezione molto specifica di laureati in informatica. A pag.4 si dice esplicitamente che del ristretto gruppo del team di Casaleggio uno è un ingegnere elettronico.
Ricordo a questo proposito che il corso di laurea in informatica è simile ma al tempo stesso differente dal corso di laurea in ingegneria informatica perché il primo orienta alla formazione più teorica e logico-matematica in 4 anni mentre il secondo approfondisce di più gli aspetti tecnici e tecnologici, come l’hardware, studiati dal punto di vista delle teorie di elettronica, elettrotecnica e fisica in 5 anni. Inoltre bisogna attendere il 1992 per avere l’istituzione di un primo corso di laurea in ingegneria informatica passando da 4 a 5 anni perché prima di quella data l’informatica era una branca di specializzazione del corso di laurea di fisica o di matematica. Non posso escluderlo ma è difficile che nel 1998 ci fossero sul mercato tutti questi informatici usciti a frotte dai primi cicli di laurea. Dunque questa azienda era piccola e costituita tutta da neo ingegneri elettronici ed elettrotecnici, difficilmente informatici, la cui esperienza informatica afferisce più a un interesse personale che ai curriculi universitari veri e propri.
Il libro aggiunge che era anche strategica. Perché strategica? Perché si dice che era nata “come joint venture tra una società inglese chiamata Logica e una società italiana dal nome Finsiel. Di lì a breve Webegg verrà assorbita in Olivetti, poi Telecom Italia”. Un po’ poco per la verità per capire qualcosa. Vediamo di chiarire meglio questi passaggi.
Invero in successivi passi del libro si dice che strategica era l’azienda inglese perché operava in collegamento con organi governativi mentre in Italia i governi di allora non sapevano nemmeno cosa fosse la posta elettronica o un sito web. Io stesso creai il mio primo sito web proprio nel 1998 che è ancora in rete con la grafica del tempo a questo link.
L’azienda inglese ha un nome italiano Logica e non Logic come ci si aspetta che fosse e che si può trovare in un normale dizionario di lingua inglese. Perché? Forse per far passare come italiana un’azienda inglese? O meglio, perché non si voleva far capire che l’azienda era inglese ma italiana? Probabile. In ogni caso anche questo nome non l’ho mai sentito. Invece Finsiel si. Ricordo abbastanza bene che questo nome mi fu familiare perché più volte lessi che operava a livello nazionale nel settore software della ricerca da adoperare anche nel mondo della finanza e delle banche.
E veniamo al dunque. Il libro dice a questo punto che: “L’uomo che guida quel team – un perito informatico, ex studente non laureato di fisica all’Università, diventato programmatore e analista, e poi amministratore delegato di quell’impresa – si chiama Gianroberto Casaleggio. Perbacco, finalmente si scoprono gli altarini. L’uomo che guida il gruppo è un perito informatico non laureato in fisica all’Università. Casaleggio fu dunque un diplomato i.t.i.s., cioè un diplomato dell’Istituto Tecnico Industriale Statale, che ebbe competenze tecniche di tipo informatico. Si. Credo che sia verosimile. Un perito informatico o elettronico o di un’altra specializzazione possedeva a quel tempo un bagaglio di conoscenze tecniche e teoriche notevole se avesse studiato bene l’intero programma di studio. Io stesso sono stato per più di un decennio insegnante in un istituto tecnico industriale statale e il curricolo di questa scuola era completo. Poi, per il restante quarto di secolo, insegnai nei licei.
Oltre alle discipline che si ritrovavano in tutte le scuole medie secondarie o liceali si studiavano un complesso di nozioni di matematica e di tecniche laboratoriali di buon livello. Pensate che in matematica si studiavano elementi di analisi matematica, teoria delle funzioni, calcolo di derivate e integrali, numeri complessi e matrici. C’erano attività laboratoriali di notevoli livello e dulcis in fundo anche elementi di Diritto ed Economia. Un raro caso di curricolo completo.
Tra l’altro Gianroberto Casaleggio fu anche uno studente di fisica all’Università. Dai pochi dati che emergono dal libro sembra che questa iscrizione all’Università non sia stata sviluppata concretamente.
E poi quale Università? Non lo dice esplicitamente ma immagino Bologna. Nel libro non si approfondisce la questione della iscrizione di Casaleggio all’Università. È stato solo matricola o si è fermato alle soglie della laurea? Fu laureando con la tesi pronta ad essere consegnata o no? Per quanti anni su 4 ha frequentato? Sono dell’avviso che tutto sia verosimile. Probabilmente vista la complessità e difficoltà degli studi, Casaleggio non si sentì in grado di proseguire gli studi perché fu costretto a sfruttare le sue competenze acquisite in precedenza col titolo di perito industriale ed ottenere un indispensabile posto di lavoro magari con un buono stipendio. E poi la laurea in fisica era molto difficile perché alla complessità del curricolo c’era la obbligatorietà della frequenza.
Devo dire per completezza di informazione che il sottoscritto nel 1983 ormai docente di ruolo ottenne dal Ministero della P.I. l’incarico di commissario agli esami di abilitazione di Fisica, ex-classe di concorso XXXIII, nella Regione Toscana a Firenze. Qui vi erano alcune aziende che operavano in Data center con attività simili a quelle di Casaleggio ma con la prerogativa di essere vicini a Pisa che era il centro di ricerca telematico per eccellenza, tanto che il primo segnale di lancio di internet avvenne nel 1986 proprio da Pisa. A questo link la mia riflessione su questo evento. Successivamente per un anno intero fui nominato a Venezia come Commissario di concorso a cattedre sempre di fisica e anche lì “a due passi da Padova” non venni mai a conoscenza di uno sviluppo notevole dell’informatica.
Da questo punto di vista il libro dice cose verosimili, non romanzate ma frequentemente poco complete di dettagli più puntuali. Quello che finora appare è tuttavia che il racconto di Casaleggio informatico è dipinto con un certo grado di evasività strumentale, funzionale probabilmente alla caratteristica del suo carattere di persona schiva e riservata.
Ma che tipo di lavoro ha fatto Casaleggio, capo del team della Webegg? Sempre a pag.3 c’è scritto che “il suo gruppo sta valutando in che modo le imprese italiane testate si servono di quell’abbozzo di social network che sono le reti aziendali alla fine degli anni novanta”. Colpisce la frase che si riferisce alle aziende che si servono di “quell’abbozzo di social network che sono le reti aziendali”. Qual è questo abbozzo? E poi fu in grado di capire lo sviluppo di questi social network? E soprattutto prima della fine millennio c’erano queste reti internet funzionanti con scopi da sociali network?
Qui si può ragionare solo a ricordi incerti. I soli possibili social network che io ho conosciuto a quei tempi intorno al 1986 (fare stime precise è difficile) sono le vecchie BBS (Bulletin Board System), bacheche elettroniche, che adesso non esistono più. Furono delle piattaforme forum con interfaccia a caratteri per comunità che adesso definiremmo web ma che allora erano i primordi della telematica. Una BBS fu sostanzialmente un computer che utilizzava un software specifico (per esempio Telix in ambiente Dos) per permettere a utenti esterni di connettersi a esso attraverso la linea telefonica e un modem per utilizzare funzioni di messaggistica e scaricare file disponibili per gli utenti, il cosiddetto file sharing. Le BBS hanno raccontato la storia della telematica italiana prima di Internet. Furono utilizzate dagli amatori qualche lustro prima che uscisse il web e costituì i fondamenti delle prime comunicazioni telematiche amatoriali, dando vita alla telematica di base. Erano servizi gratuiti. A quei tempi di gratuito non c'era nulla. Pensate che la stessa internet oltre al pagamento del fornitore di servizi chiamato provider c'era la tassa governativa sui modem imposta dalla Sip che era notevole e poteva raggiungere le 200 000 lire. Ebbene io ne ho conosciute e frequentate due. La prima BBS del LISIS (040-398091) col dominio M.LIS.TRIESTE.IT era una bacheca elettronica dove si parlava di Olimpiadi della Fisica messa a disposizione da una brava insegnante di matematica e fisica di un liceo veneto. La seconda si chiamava BBS Lario (031-267390) anche qui l'autore era un insegnate di matematica e fisica, questa volta lombardo.
Ma ritorniamo a noi. Nella sfocata scrittura della prima pagina si intuisce che l’idea di Casaleggio era più centrata sulle reti aziendali intranet che non su quelle pubbliche. E comunque il fondatore del M5S si dice che fosse interessato alla intranet per la generica “gestione delle conoscenze”.
Ho fatto cenno alle BBS perché l’uso che se ne fece a quel tempo ha a che vedere col fatto che riguarda il problema del controllo dal potere, dal denaro e dalla cattura delle informazioni personali che viene perpetrato su Internet (pensate ai vari Google, Facebook e Twitter con la gestione della privacy), tutti temi probabilmente cari a Casaleggio antesignani di Rosseau. Non dico cose ingannevoli se affermo che Gianroberto Casaleggio ha fatto suo il tema di Internet, mentre poco si parlava “di progetti, di cooperazione tra gli individui, della loro autonomia e della loro libertà di comunicare senza intermediazioni” e proprietari monopolisti.
Quanti erano i componenti di questo team? A pag.4 si dice che erano in cinque. Solo di uno però si dice il nome e cognome, un certo Carlo Baffè ingegnere elettronico sconosciuto a me e ai più. La storia poi che Casaleggio era il Capo delle operazioni italiane della britannica Logica mi sembra una forzatura per far diventare ufficialità le operazioni di routine di Casaleggio e amplificare la forza del suo cognome. La notizia poi che non meglio identificati “operatori inglesi” si legarono a Casaleggio sembra più fantasia che realtà. E’ possibile che ci sia stato in Italia qualche sporadico incontro del gruppo di operatori inglesi con la Webegg più per giustificare una vacanza in Italia piuttosto che per parlare di progetti inesistenti e non confermabili in quanto ovviamente mancano documenti a sostegno di questa ipotesi.
In relazione alle cose scritte nel libro mi sembra strano che non ci sia alcun riferimento alla IBM che era a quel tempo un colosso dell’informatica molto attiva sul mercato lombardo-emiliano. A questo proposito ricordo un particolare della mia vita che mi vide come testimone diretto di come operava un’azienda tecnologica che trattava informazioni come IBM sul mercato milanese.
Dopo una supplenza annuale nell’anno scolastico 1973/74 ottenni la nomina dal Provveditore a docente incaricato a tempo indeterminato di Fisica e lab. preso un istituto tecnico industriale lombardo. Dopo pochi mesi ricevetti da IBM una lettera con la quale mi informava, dietro mio interesse, che nel mese di gennaio del 1975 ero stato invitato a Milano nella sede operativa per essere sottoposto a un test conoscitivo per essere assunto. Questo test consistette di 50 domande alle quali dare risposte in un tempo massimo di 20 minuti davanti a un incaricato che mi controllava prendendo appunti. Risultai ammesso alla fase successiva e fui invitato di nuovo nel mese di marzo ‘75 a un colloquio finale nel quale mi si fece presente che dopo una fase transitoria di 6 mesi avrei avuto la possibilità di triplicare il mio stipendio di professore di una scuola media superiore. Alla mia richiesta di chiarimento del tipo di lavoro che avrei dovuto svolgere mi si disse che avrei dovuto muovermi per le provincie lombarde ed emiliane a fare lavoro di supporto alla installazione di sistemi informatici aziendali. Quando capii che non avevo molte possibilità di fare lavoro di ricerca nei laboratori della IBM informai il presidente dello staff aziendale che mi intervistò, con suo stupore, che non ero interessato all’offerta di lavoro. Preferii mettermi un camice bianco in un laboratorio scolastico e svolgere esperimenti didattici con gli studenti piuttosto che snaturare i miei interessi passando dal mondo della ricerca al mondo del commercio.
Ho voluto raccontare questo episodio perché a quel tempo le aziende informatiche erano poche sul mercato del nord Italia (quasi nulle nella parte rimanente d'Italia) e quelle poche avevano un solo obiettivo: far aumentare il fatturato. Mi rende pertanto soddisfatto leggere sul libro che le reti intranet “operative” servono a sostenere il business e le vendite. Quella non era certo l’industria 4.0 di oggi! Era industria di una volta, sintonizzata a fare impresa e denaro. Sono pertanto perplesso quando leggo che veniva dato spazio a un soggetto come Casaleggio che di tutto parlava tranne che di sostegno al business e alle vendite.
Mi fermo qua tirando le somme della breve analisi fatta sopra. Cosa emerge in sintesi? La ricostruzione è verosimile. Le date più o meno coincidono. Quei pochi nomi coinvolti - a parte la Finsiel azienda dell'Iri che operava nel settore informatico poi passata alla Telecom - sono a mia memoria sconosciuti. Rimangono con certezza due valutazioni. La prima è la vaghezza delle descrizioni. Troppo incerte sono le note informative e poca è la possibilità di riscontro delle cose dette con atti ufficiali difficili da trovare. La seconda riguarda una certa ricorrenza nel volere mettere in evidenza che alla base di tutto c’era un “progetto ben preciso” legato alla prospettiva di futuro politico e di visione storica come sviluppo della società connesso con la Information Technology. Era impossibile a mio parere immaginare lo sviluppo della società futura fortemente dipendente dalla digitalizzazione. Insomma in Casaleggio così come descritto appaiono a mio parere esagerati i germi della sua visione futuristica della società. È verità tutto ciò o c’è una forte voglia di far apparire?

Bibliografia

La bibliografia che presento è intenzionalmente proposta in forma ridotta perché tutti i testi sono stati pubblicati in date antecedenti agli inizi dell’attività di studio e di riflessione di Gianroberto Casaleggio. Il motivo è che ci si può fare un’idea dello “stato dell’Arte” della cultura informatica come essa fu e come si presentava agli albori della telematica e prima che si parlasse di Webegg e comunque fino al 2000. Non vi erano altri testi rilevanti in circolazione sul tema in lingua italiana. Per una bibliografia più approfondita si guardi al termine della pagina web seguente. I primi quattro testi sotto riportati costituiscono il corpus degli scritti di Gianroberto Casaleggio. Vengono qui riportate le prime edizioni con il relativo anno di pubblicazione.

1.Gianroberto Casaleggio, Movies Bullets. Cinema e management, Milano, Il Sole 24 Ore, 1988;
2.G.Casaleggio, Il Web è morto, viva il Web, Milano, Pro Sources, 2001;
3.G. Casaleggio, Webdixit. 1000 e più citazioni dalla Rete. pensieri e parole per un'azienda creativa, Milano, IlSole 24 Ore, 2003;
4.Gianroberto Casaleggio, Web Ergo Sum, Milano, Sperling & Kupfer, 2004;

1- Baldini M., Storia della comunicazione, Roma, Newton & Compton, 1974;
2- Berretti A. Zambardino V., Internet Avviso ai naviganti, Roma, Donzelli, 1982;
3- Zou Luciana, L'informatica, Roma, Newton Compton, 1995;
4- P. Attivissimo, Internet per tutti, Milano, Apogeo, 1996;
5- P.Kekoe, Lo zen e l'arte di Internet, Milano, IlSole-24ore libri, 1996;
6-E. Guidotti, Internet e comunicazione, Milano, F. Angeli, 1997;
7-M.Calvo-F.Ciotti-G-Roncaglia-M.Zela, Internet '98. Manuale per l'uso della rete, Bari, Laterza, 1998;
8-L. Tomassini, Il futuro in rete, Edizioni Telecom, 1998;
9-Longo G. O., Il nuovo Golem. Come il computer cambia la nostra cultura, Bari, Laterza, 2000.

mercoledì 14 febbraio 2018

Politica, finanziamento dei partiti e tirata di orecchie.


Oggi ricevo e commento una mail inviatami dal tesoriere del Pd Francesco Bonifazi con la quale relativamente ai costi della politica mi invita a sostenere il medesimo partito con una donazione. Ecco la mia risposta.

Caro dott. Francesco Bonifazi, intanto grazie delle informazioni. Lei perora una nobile causa che riguarda il finanziamento trasparente di un partito, l’unico rimasto nel panorama dei partiti tradizionali. Degli altri è meglio tacere.
Purtroppo non potrò esserle d'aiuto. La ragione sta nel fatto che ultimamente il Pd ha preso l'abitudine di sfiduciare dai notai i propri sindaci, peraltro meritevoli. Ad essere pragmatico penso che sarebbe stato più comprensibile sfiduciare i sindaci degli altri e non i propri. Ne conviene?
Tra le tante altre cose le confesso che sono allergico al fatto che nella politica si facciano entrare notai e avvocati. Far dipendere il giudizio politico e il mandato di un sindaco dalla figura di un Azzeccagarbugli è l’ultima cosa che potrei giustificare nell’attività politica di un partito nazionale.
Nel riconoscere che il notaio è intervenuto in maniera formalmente ineccepibile faccio altresì presente che l’intervento notarile ha creato, a mio giudizio, un vulnus nella vita politica del Comune di Roma. Questo vulnus deve essere inteso come una vera e propria sospensione della democrazia politica nel paese che solo agli elettori è dato possibile avere a fine consiliatura, ma mai a una segreteria di partito. Si ricordi che se in tutti i comuni si copiasse la sciagurata decisione romana non saremmo più in una società democratica ma in quella dei soviet. Pertanto e disgraziatamente dovrà fare a meno del mio contributo. Penso convintamente che per ragioni educative io debba lanciare un messaggio pedagogico chiaro a Lei e al suo partito per evitare in futuro sfrontatezze del genere.
Sa, alle penultime elezioni a Roma avevo convintamente votato il Pd che presentava finalmente un candidato della società civile meritevole di fiducia. Devo dire che a tutt’oggi non ho ancora capito perché ci si è rivolti a un notaio per dimissionare lo stesso uomo che prima mi aveva invitato a votare. Ne conviene che questo atteggiamento è di tipo schizofrenico?
In conclusione si rifaccia vivo al prossimo giro, nella speranza che nel frattempo il Pd sia rinsavito.
Con poca cordialità.

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