venerdì 23 dicembre 2016

Berlusconi e il proverbio chi è causa del suo mal pianga se stesso.


Siamo stati restii fino all’ultimo se pubblicare o meno questo post su Berlusconi. Avevamo quasi dimenticato che il padrone di Mediaset esistesse ancora dopo la sua condanna definitiva del Tribunale di Milano e la sua inevitabile fuoriuscita dal Parlamento per indegnità. Decenni di sue scorrettezze politiche per conflitto di interesse e di sue invasate imposizioni al Parlamento, una delle più disonorevoli è stata la mozione a difesa della “nipote di Mubarak”, hanno prodotto in noi irritazione e sdegno per qualunque cosa quest’uomo insolente abbia fatto e continua a fare.
Oggi facciamo un’eccezione, perché le notizie della scalata a Mediaset del colosso francese Vivendi, società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, ci impone di fare chiarezza sulla vicenda.
L’episodio dimostra in modo inequivocabile che Berlusconi è nei guai, perché dopo essersi preso molte zucche pregiate a prezzi di svendita sul territorio nazionale adesso rischia di perdere tutto il cocuzzaro per la scalata ostile di Vivendi sul suo gioiello di famiglia Mediaset, il famoso “giocattolo di borsa” che gli ha permesso di diventare il più ricco italiano di tutti i tempi e scorrazzare per decenni nel panorama televisivo e finanziario italiano al limite del codice penale con il portafoglio pieno.
Adesso rischia di perdere moltissimo. Se avessimo davanti Berlusconi gli chiederemmo perché non si è cautelato in tempo in borsa mantenendo il 51% della proprietà di Mediaset? Perché ha voluto rischiare scendendo al 38,8% del capitale della sua azienda? Ha voluto fare altri affari furbeschi e adesso è costretto a pagare per il suo essere ingordo?
Se adesso avesse avuto la maggioranza assoluta delle azioni non avrebbe avuto nulla di cui preoccuparsi e non avrebbe dovuto gridare allo “scandalo”, come dice lui, dell’assalto dei galli francesi. E per favore finiamola con la favola della “difesa della italianità” del gruppo televisivo privato. Se ne può fare a meno. Un noto proverbio afferma che “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Se le cose stanno così Berlusconi è “bello e morto” come venne descritto Pinocchio da uno dei dottori che lo visitò al capezzale.
E poi diciamo la verità: anche se la francese Vivendi dovesse fare l’Opa e pigliarsi tutta Mediaset forse, per noi italiani, sarebbe meglio perché così finirebbe una volta per tutte questa odiosa cappa ricattatoria posta sulla politica da questo infido individuo che ha avvelenato la vita politica italiana per un quarto di secolo alterando mercati, politica e finanza italiani.

sabato 10 dicembre 2016

Referendum, ingiustizie e democrazia perduta.


Siamo ritornati alla casella iniziale, come nel gioco dell’oca. Il Referendum ha dato il suo verdetto: quelli del No hanno vinto, salvando la “Costituzione più bella del mondo”. Renzi invece, e tutti quelli del Si, ha perso. L’azzeramento di una classe politica rampante personificata da Renzi è sotto gli occhi di tutti. Quello che rimane difficile comprendere è per quale strano motivo un governo cade senza essere sfiduciato in Parlamento e, soprattutto, senza che in ballo ci sia stata la sua politica e la visione della società che esso sottintendeva sotto la lente del popolo.
Si dice che il Si è stato battuto, dunque per la proprietà transitiva anche Renzi, che deve andare a casa. Ma non ci risulta che il quesito referendario dicesse “volete voi mandare a casa il premier Renzi”? A noi ci risulta che si votava sull’eliminazione del bicameralismo paritario e altro.
Siamo perplessi, non perché Renzi non meritava di essere sfiduciato. Al contrario, Renzi nel tempo si è dissociato sempre di più dal ruolo di cittadino consapevole di avere un mandato di rinnovamento della classe politica e si è rivelato alla fine come un sistema di potere di bassa qualità in grado di mettere nei posti chiave della società i suoi uomini. Per carità, così fan tutti ma Renzi non poteva e non doveva farlo proprio perché si è presentato come il rottamatore della vecchia politica e dei dinosauri politici. Dunque, il Referendum ha tolto in modo netto tutte le giustificazioni del renzismo.
Renzi ha perduto non perché le sue ragioni non fossero valide ma perché si è alienato la fiducia degli italiani. Novello Berlusconi come quello autentico - che si era desintonizzato dai cittadini dicendo con sfrontatezza che gli italiani stavano bene e che gli aerei per i viaggi e i ristoranti erano sempre pieni di gente che si divertiva - Renzi ha lasciato correre con pigrizia ingiustificata temi delicatissimi sul piano sociale e politico.
Ne ricordiamo qualcuno: l’immigrazione incontrollata e delinquenziale, la criminalità finanziaria del sistema bancario aiutato politicamente e finanziariamente in modo vergognoso dalla Presidenza del Consiglio, amministratori che hanno fatto perdere ai poveri correntisti tutti i loro risparmi, conti pubblici e spesa fuori controllo, debito pubblico alle stelle senza aver fatto nulla per diminuirlo, criminalità mafiosa e microcriminalità affamate e assetate di delitti senza che sia stato fatto nulla per fermarle, politica di sicurezza folle e inefficace (se mai ce n’è stata una) certificata dalle centinaia di casi di omicidio e femminicidio e, ultimo in ordine di tempo, il caso scandaloso della studentessa cinese scippata dai criminali e morta nell’umano gesto di rincorrere i suoi aguzzini) e mille altre ingiustizie prodotte sempre dai più forti sui più deboli.
Qui non c’entra nulla il referendum e il suo significato costituzionale. Qui è entrato in ballo l’ennesimo scempio del “senso della giustizia”. Si è permesso a una pletora di “furbetti del quartierino” mai condannati, a causa di un sistema giudiziario obsoleto e inefficace, di scalare immeritatamente i ruoli dirigenziali di tutte le specie pubbliche e private per sfruttare col massimo di utilità e cinismo il potere del loro ruolo nella società.
Onorevoli e senatori che con le loro lobbies hanno creato poteri personali e clan familiari ai danni dei cittadini, amministratori mascalzoni che hanno sempre beneficiato della protezione del potere politico, dirigenti che hanno spremuto le casse dello Stato per soddisfare sete di potere e denaro in tutti i gangli della società, etc. C’è da aggiungere un altro aspetto, e cioè che il problema dell’Italia di oggi non è tanto la classe politica che è pessima ma la società civile che si è imbarbarita nel tempo fino a diventare rozza e primitiva. Abbiamo la “più bella Costituzione del mondo” ma anche il più inutile e costoso Parlamento del mondo, polverizzato in 23 gruppi politici che si fanno convocare al Quirinale dal Presidente della Repubblica e non hanno nemmeno il tempo di prendere un caffè. Un Parlamento che ha messo in evidenza una autentica transumanza ignobile di parlamentari trasformisti da un partito agli altri. Ben 245 parlamentari in questa legislatura hanno cambiato casacca perché votati onorevoli in un partito e subito dopo transitati disonorevoli in un altro.
Renzi ha perduto perché si è alienato la società in sincronia e in sinergia con i suoi complici più o meno mimetizzati da circensi di dubbie qualità parlamentari che dall’opposizione hanno giocato lo stesso ruolo del governo in Parlamento: demolire l’idea stessa di democrazia. Tutti complici anche quando fingevano di fornire accuse e proposte irragionevoli e provocatorie (ricordiamo i cinque milioni di emendamenti proposti dalla Lega Nord in Parlamento sulla discussione di riforma). Con i loro lauti stipendi e vitalizi i nostri illustri parlamentari hanno dato una giustificazione ai Berlusconi prima e ai Renzi dopo, imponendo di mungere lo Stato per i loro squallidi interessi.
Una vergogna mai terminata che si è manifestata in tutta la sua gravità nella recita che tutti vogliono andare a votare e far decidere il popolo sovrano. Senza una legge elettorale valida è tutto un gioco e una manfrina inutile per prendere in giro i cittadini: i più deboli, i giovani e i senza lavoro ancora ad aspettare che si realizzi l’art. 1 della Costituzione. Mentre Lor Signori con lo champagne si stanno preparando al gioco del Carnevale del nuovo anno.

martedì 6 dicembre 2016

E adesso?


Renzi è stato sconfitto con una sola lettura e senza alcun ping pong. Il cosiddetto "popolo sovrano" ha emesso il suo verdetto: bocciatura totale della sua Riforma costituzionale e conseguenti dimissioni da Capo del governo. Questo il fatto che intendiamo brevemente commentare.
Rare volte nella politica italiana è apparso dalle urne un giudizio così netto di bocciatura. Le cronache dicono che una analoga bocciatura è avvenuta alcune decine di anni fa a un altro politico toscano che dovette dare le dimissioni per aver perduto il referendum sul divorzio: Amintore Fanfani. Non è nostra intenzione fare raffronti politici. Diciamo solo che entrambi i politici toscani sono simili nel temperamento e nella personalità.
Il fatto importante però è un altro. L'Italia non ha e non avrà mai una stabilità politica vera con un premier in grado di rappresentare l'intero paese. Perchè? La risposta è sempre la stessa: perchè gli italiani non sono un popolo ma un suq di mercanzie di popolo e non si sentono rappresentati da una sola persona perché non hanno la cultura dei popoli democratici nordeuropea.
Gli italiani sono politicamente sintonizzati a far trionfare vizi atavici del nostro Paese: l’immobilismo, la palude, l'anarchia, l'individualismo, la tendenza a dedicarsi all'imbroglio, pensano al proprio orticello e non sono in grado, anche volendo, di dedicarsi con onestà e senso etico al bene comune. Naturalmente tutto ciò deve essere inteso in senso statistico, non assoluto. Le eccezioni, come si dice in gergo, confermano la regola.
Hanno una visione tribale della politica, che loro eufemisticamente definiscono "per correnti", che si è mantenuta invariata dall'era dei Comuni ad oggi, con qualche cambiamento di facciata e di adeguamento ai nuovi tempi e alle nuove tecnologie.
C’è un rischio in tutto ciò e cioè che il primo Masaniello o comico che passa dietro la commedia della rete e della democrazia digitale (favola che nasconde attraverso i clic dei mouse di un gruppetto di elettori certificati un vuoto di etica e di competenze colossali) possa prendere il potere e far prevalere la sua natura di destra post-fascista al governo del paese.
Noi siamo sempre stati antifascisti e anticomunisti. Da sempre. Continueremo ad esserlo anche adesso. Ma siamo anche anti populisti. Dietro all’ideologia degli slogan che "destra e sinistra sono tutti uguali" si nasconde una smisurata sete di potere qualunquista pericolosa più del referendum bocciato.
Da questo osservatorio non avremo peli sulla lingua a denunciare il plagio di una visione di nuovi furbetti del quartierino che vogliono prendersi “cocuzze e cocuzzaro” nascondendo la loro visione politica anarchica e di potere.
Se il referendum ha avuto il senso di eliminare la prospettiva dell'uomo solo al comando è altrettanto pericoloso lasciare ai vuoti e demagogici populisti di un'ala del suq politico italiano la rappresentanza dell'intera nazione. Raggi docet.

sabato 3 dicembre 2016

Referendum costituzionale e schifezze varie.


Un bellissimo strumento musicale messo nelle mani giuste può far diventare uno spartito una sinfonia musicale stupefacente. Un bellissimo strumento politico invece messo nelle mani sbagliate diventa certamente una schifezza e solo una schifezza.
Ecco il problema degli italiani in questo scorcio di anno del 2016: al referendum di domani 4 dicembre 2016 se non viene trovata la risposta giusta si rischia di portare il paese alla rottura dell’idea comune di popolo. Di questo si tratta. La trasformazione del referendum da strumento politico ad accorgimento tecnico per scardinare il governo è un pericolo gravissimo.
Il referendum di per se è un bellissimo strumento politico che potrebbe migliorare molto la vita dei cittadini ma se utilizzato male e per fini diversi da quello istituzionale per cui è stato concepito può diventare uno stupro a tutti gli effetti della mentalità politica della popolazione italiana.
Alla voce Referendum il dizionario della lingua e della civiltà italiana del De Felice recita:
«forma e istituto di democrazia diretta per cui tutto l’elettorato decide con il voto su problemi dell’ordinamento costituzionale e giuridico dello Stato».
Da nessuna parte c’è scritto che un referendum serve per "mandare a casa" un Presidente del Consiglio col suo governo. In tutte le nazioni del mondo i referendum valgono per quello che chiedono ai cittadini, come ha ben detto Emidio De Felice nel suo dizionario. Solo in Italia le regole non valgono. Qui, “dicesi” referendum «quell’istituto elettorale che fa apparentemente votare i cittadini su un quesito costituzionale con lo scopo sottinteso di servire e far dimettere il Capo del governo». Ma vi pare normale questo fatto? A noi sembra una imposizione fuori da qualunque regola.
Il referendum dovrebbe essere, a nostro parere, un evento bellissimo, affascinante perché dovrebbe risvegliare nei cittadini il desiderio, la consapevolezza e la coscienza della partecipazione diretta alle scelte politiche del paese in sinergia col Parlamento. Dovrebbe essere una festa, una cornice di festeggiamento a un evento che unisce e non divide.
In Italia tutto questo non vale perché Referendum significa altro.
Come abbiamo potuto notare in questo ultimo mese di campagna referendaria, referendum significa vomitare dalla parte del no improperi, accuse indimostrabili e offese di tutte le maniere mentre da parte del si tentativo malriuscito di chiedere di discutere del cosiddetto “merito” della riforma, senza apprezzabili risultati. Alla fine purtroppo quello che conta non è il risultato del dibattito - cioè conoscenza, sapere e partecipazione della riforma costituzionale - ma cosa farà il Presidente del Consiglio se perde.
Tutti i partiti e i loro onorevoli hanno in questa campagna referendaria mostrato il lato peggiore di se stessi e hanno confermato che in questo paese non basta una riforma costituzionale, anche la più bella possibile, perché il livello socio-culturale dei suoi cittadini è così mediocre, inadeguato e carente che saltano le stesse regole. Si tratta di una gigantesca vergogna nazionale in cui quasi tutti i contendenti sono caduti nel trappolone dell’astuzia dei capi popolo demagoghi e populisti ai quali non interessa un fico secco del dopo voto. La dimostrazione sta nell'invito a votare con "la pancia". Per rimanere in tema è semplicemente stomachevole.
Finalmente è finita. Non se ne poteva più. Ma che fatica e quanta frustrazione ha portato con se questo terremoto culturale e metodologico che ha distrutto una ordinata vita sociale in un cumulo di macerie alla stessa maniera di un terremoto sismico.

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