venerdì 28 gennaio 2011

"No, non è la BBC" : cronaca di una telefonata insolente.

Il Primo ministro inglese David Cameron l’ha fatta grossa. Pensate che qualche sera fa in televisione mentre un conduttore della BBC lo criticava in un dibattito che stava per concludersi, il Premier inglese a sorpresa ha telefonato in diretta e ha apostrofato l’incredulo giornalista dicendogli che “la sua trasmissione è una trasmissione disgustosa, con una conduzione spregevole, turpe e ripugnante. In sintesi è un postribolo televisivo”. E subito dopo ha ordinato a un parlamentare tory del suo partito presente al dibattito di allontanarsi immediatamente dalla sala per protestare contro la parzialità del giornalista. Cosa potrebbe pensare a questo punto un italiano medio della politica inglese se il Capo del Governo del Regno Unito commette una figuraccia del genere? Presumiamo che l’italiano medio sarebbe molto appagato da questa circostanza perché, finalmente, si sarebbe potuto togliere qualche sassolino dalle scarpe relativamente alla vanità che hanno sempre mostrato i media inglesi quando criticano i politici italiani. Insomma, con questo modo di fare gli inglesi avrebbero mostrato quanto poco valgono a proposito di educazione, di merito e di metodo. Altra opinione sfavorevole riguarderebbe l’eccessiva presunzione del Primo ministro Cameron che nell’approccio telefonico avrebbe mostrato un atteggiamento sfrontato e incivile come se egli si sentisse il padrone e il conduttore fosse il suo cameriere. Non escludiamo altresì che l’italiano medio avrebbe potuto mettersi a spennacchiare il Primo ministro Cameron, come più di una volta e con efficacia fece il grande Totò nei confronti di chi si è sempre riempito la bocca dichiarando di essere il migliore quando invece sarebbe tutto il contrario. Dulcis in fundo, considererebbe la Gran Bretagna un paese di Pulcinella, perché il suo Primo ministro con quella telefonata alla BBC avrebbe dato la prova della sua inadeguatezza a governare. Siete d’accordo con questo ragionamento? Si? Non avevamo dubbi. Anche noi abbiamo pensato male di Cameron e saremmo a favore del giornalista della BBC per l’aggressione “cafona” fatta dal britannico Prime minister David Cameron. In effetti un primo ministro che fa il bullo in tv, che telefona in modo offensivo denigrando sia il giornalista, sia alcuni presenti e la trasmissione stessa non s’era mai visto da nessuna parte. Allucinante poi imporre al suo parlamentare tory di alzarsi immediatamente e abbandonare lo studio. Che mondo! A proposito, dimenticavamo di dire che il fatto si è verificato realmente la sera del 25 gennaio u.s. ma che il protagonista del fattaccio non si chiama David Cameron ma Silvio Berlusconi e la trasmissione non è la BBC ma La7. Te capì?

martedì 25 gennaio 2011

Telefonate inaspettate e discriminazioni.

In un mondo in cui le certezze sono svanite e il relativismo impera una sola cosa è rimasta indubitabile: “uno spettro che si aggira” per l’Italia e tiene tutti sotto scacco. E’ lo spettro della telefonata improvvisa di Silvio Berlusconi durante le trasmissioni televisive serali di approfondimento politico. Nella telenovela delle dimissioni si/dimissioni no si è inserita prepotentemente la prassi tutta berlusconiana della telefonata “cafona” del premier che impazza su tutte le reti nazionali. Ormai ogni telespettatore che accende la tv sa che a una certa ora è molto probabile che si verifichi l’evento, che comprende com’è noto una serie di turpiloqui e di offese al malcapitato di turno. Nessun conduttore di parte avversa si salva. Ormai non esistono più oasi felici. Tutti sanno che se si parla di politica e del Capo del governo ci si deve aspettare un coup de théâtre berlusconiano a sorpresa. Dopo i convenevoli di rito all’insegna del “volemose bene” ecco l’incursione e la valanga di accuse. Gli aggettivi sono variegati e il tono deciso. Il nuovo stile è ormai un successo. Abbiamo inventato una modalità televisiva singolare il cui brevetto ci verrà invidiato dal mondo intero. Che bravi gli italiani e, soprattutto, che bravo Silvio Berlusconi. Il dramma però è un altro. Ormai ogni italiano che si trova all’estero sa che nell’interazione relazionale con gli indigeni del luogo il minimo che gli possa succedere è un sorriso di commiserazione. Le reazioni all’estero vanno dall’irritazione di trovarsi davanti un individuo sgradevole perché portatore dell’italianità del nostro Presidente del Consiglio a una vera e propria discriminazione razziale. Sarà difficile ricostruire una immagine di integrità perduta.

domenica 23 gennaio 2011

Omertà e prevaricazione all’attacco della società civile.

I comportamenti umani si sa sono variegati e spesso imprevedibili. La vita dei cittadini diventa difficile quando questi comportamenti vengono estremizzati da categorie di persone pericolose per il basso senso di moralità che hanno dentro di loro, senza distinzione di sesso e di età. A Roma il fenomeno è particolarmente marcato a causa di un tessuto sociale che permette atteggiamenti primitivi e inadeguati. Due esempi per tutti. Al rosso di un semaforo alcune auto si fermano. Una di queste commette l’infrazione di infischiarsene delle regole e di passare col rosso. L’automobilista in testa gli segnala con i fari che il suo non è stato un comportamento corretto. Un altro conducente lo affianca e gli dice di “farsi i fatti suoi”. Analoga scena dal fruttivendolo. In fila con i sacchetti della frutta e della verdura alcune persone attendono il loro turno per pagare. Dal fondo sbuca un individuo che supera tutti e si presenta alla cassa scavalcando le persone sbigottite in fila. Un cliente protesta e l’altro gli intima di “farsi i fatti suoi”. Sembra che “farsi i fatti propri” e far finta di non vedere le violazioni, non solo dell’etica, costituisca per molti romani la logica conseguenza del prendere atto che certa specie umana manifesta l'arroganza a sentirsi al di sopra degli altri e fuori dalle regole. La considerazione più banale è che in molte parti della società italiana, e in quella romana in particolare, ci sia qualcosa che non va, perchè come minimo è cambiato irreversibilmente il senso del pudore. Rimanere insensibili e indifferenti davanti al sopruso e alla prepotenza sembra essere il messaggio che viene inviato da questi nuovi soggetti. La noncuranza alla prevaricazione e ai fatti illeciti sembra essere la nuova parola d’ordine che questi soggetti si lanciano l’un l’altro imponendola agli sbalorditi cittadini che osservano questi comportamenti insopportabili. Alla base di tutto c’è l’idea che non esiste più una morale condivisa costringendo la società a modifiche negli stili di vita che hanno l’effetto di far diventare normale un nuovo modello di vita basato sulla “legge del più forte”, cioè della legge della jungla. E’ questo che si vuole? Chi non reagisce e non protesta è un ignavo che si porterà appresso per tutta la vita la responsabilità del fallimento della società italiana.

giovedì 20 gennaio 2011

Silvio Berlusconi e l’atto di dolore che non c’è.

Sul Corriere della Sera di oggi ci sono ben undici pagine dedicate interamente all’affaire Berlusconì. Neanche un monarca avrebbe avuto tanto spazio sul giornale più venduto d’Italia. Siamo letteralmente nauseati da questo tema e riteniamo inaccettabile la punizione data ai lettori dal Direttore della testata. Qui il bersaglio del fango non sono né Berlusconi, nè i giudici, né l’opposizione. I veri bersagli siamo noi, poveri lettori, costretti a subire questa cloaca di notizie e avvenimenti, a cui ci viene sbattuto in faccia un’altissima densità di parole per centimetro quadrato del quotidiano senza poter fare nulla per evitarlo. A Berlusconi diciamo con franchezza che faccia un passo indietro perché tra i due contendenti è lui che dice le bugie. Per esempio, il cattolico Berlusconi che viene immortalato mentre prende l’ostia consacrata in chiesa quando si è confessato dei suoi peccati, dovrebbe spiegare come sia possibile conciliare la sua vita orgiastica con l’atto di dolore detto al confessore. Ricordiamo che questa preghiera dice testualmente: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati […] Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato[…]”. Dunque Silvio Berlusconi, il cattolicissimo autore del family day ricevuto dal Papa in S. Pietro con accanto la seconda moglie con veletta nera, è la stessa persona che con le sue festicciole, non proprio da chierichetti, ha violato il proposito di non peccare più e ha mentito sul fuggire tutte le occasioni “prossime al peccato”. E per contro che fa? Ti organizza non uno, ma decine di festini e invita non delle crocerossine ma delle emerite prostitute, tra cui una minorenne, violando la norma del pentimento in confessionale di non peccare mai più. Se gli è rimasta una sola briciola di dignità si dimetta immediatamente chiedendo perdono e sappia che nessun parroco potrebbe assolverlo di nuovo. Che senso ha chiedere perdono quando poi si reitera l’offesa a Dio e ripetutamente? Per questi motivi noi crediamo che Berlusconi si sia deliberatamente messo fuori dal recinto della Chiesa Cattolica e quest’ultima dovrebbe condannarlo chiaramente. Se non è così, allora l’intera Religione del Vaticano non è una cosa seria. Punto e basta.

lunedì 17 gennaio 2011

Caso Berlusconi-Ruby: che vergogna.

Dopo le notizie clamorose della magistratura milanese relative alla scoperta dello squallore della vita nella villa di Arcore di Berlusconi siamo ammutoliti. Ci troviamo senza parole e turbati dal fatto che le stesse notizie sono trasmesse in tempo reale in tutto il mondo, presentando un quadro desolante e devastante della politica italiana come se fosse una “repubblica delle banane” ed esponendo la Nazione al ridicolo nel mondo. Le bassezze del nostro Capo del governo sono ormai note a miliardi di persone che sentono parlare di accuse gravi e infamanti, di prostituzione e serate con minorenni. Siamo senza giustificazioni per quest’uomo e non ci sentiamo di dire più nulla su questa faccenda da dimenticare il più presto possibile. Alle Eccellenze Reverendissime et Eminentissime della Chiesa cattolica vogliamo ricordare l’alto credito che hanno finora dato a questo Presidente del Consiglio. Ricevendo cosa? Un potentissimo e indimenticabile schiaffo alla Religione, difficile da cancellare. Che vergogna per tutti!

sabato 15 gennaio 2011

L’assordante silenzio di Silvio Berlusconi nelle manifestazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

I 150 anni dell’Unità d’Italia coincidono con la presenza, a Capo del governo nazionale, di Silvio Berlusconi. Ci si sarebbe aspettato che il Capo del governo fosse tra i più attivi alle manifestazioni relative all’Unità d’Italia. E invece silenzio, al massimo qualche svogliato adempimento relativo all'obbligo istituzionale. Nessuna presenza attiva, sostenitrice dell’evento, è prevista. Il Presidente del Consiglio, così prodigo nel pubblicizzare la sua partecipazione alle manifestazioni pubbliche qui tace con un silenzio che disturba e irrita. Come mai? La nostra supposizione è che faccia il Pilato della ricorrenza per non infastidire il suo prezioso quanto essenziale alleato che è Umberto Bossi. Galli della Loggia parla di "anti-italianismo-paranoico della Lega e della paura della maggioranza berlusconiana di avere noie con Umberto Bossi". Aggiunge anche "il provincialismo, la scarsa immaginazione e la pochezza culturale". Non è poco. Noi critichiamo questo comportamento cinico e opportunistico. Il totale disinteresse mostrato dal Presidente del Consiglio è da ritenere vergognoso e al limite ignobile. Mentre nelle altre nazioni un qualunque capo del governo non aspetta altro che di buttarsi nell’enfasi delle rievocazioni storiche e politiche il nostro Presidente del consiglio, nella sua pochezza valoriale, non riesce proprio a capire la valenza culturale che la ricorrenza esercita sui cittadini. Come sia possibile conciliare da un lato la sua carica istituzionale di Capo del governo e dall’altra il suo totale disimpegno alle celebrazioni è un mistero. Ma volendo approfondire questa contraddizione possiamo notare due questioni di fondo. La prima è di tipo strumentale ed ha a che vedere con la sua dipendenza politica da Umberto Bossi, unico soggetto che gli assicura i voti in Parlamento in grado di consentirgli di mantenere la poltrona di Capo del governo, magistratura permettendo. L’assenza dalle celebrazioni è un chiaro favore che egli fa alla Lega Nord di ostacolare il 150° anniversario della nascita dell’Italia come Nazione. E’ mai possibile accettare un comportamento così distaccato per non dire provocatorio? La seconda è invece di tipo culturale ed ha a che vedere con il vuoto morale che caratterizza la sua vita, completamente finalizzata al puro potere e piacere che la carica gli permette di godere. Una mancanza di dignità che lo presenta ai cittadini come un vero e proprio Pilato. Unfit, cioè inaffidabile, lo ha definito l’Economist. Si può andare avanti così?

giovedì 13 gennaio 2011

Referendum e democrazia nel mondo del lavoro.

Lo diciamo subito senza ambiguità: siamo per il si al referendum a Mirafiori. Contemporaneamente anche qui, senza mezzi termini, riteniamo che la Fiat, o meglio la ‘nuova Fiat americana’ di Marchionne stia letteralmente ricattando i lavoratori. Vuole le mani libere per poter aumentare la competitività dell’azienda e fare cassa. Il no vorrebbe dire che la Fiat manderebbe a casa tutte le migliaia di operai e impiegati di Mirafiori. Non esistono alternative al ricatto: o si vota si e si sopravvive, oppure si vota no e si va a casa, senza più lavoro, reddito e prospettive. Per molti sarebbe la fine. E’ questo che si vuole? Se noi fossimo dei lavoratori Fiat non ci vergogneremmo di votare si, per due buone ragioni. In primo luogo i lavoratori sono i ricattati e non i ricattatori. Confondere questi due soggetti come sta facendo l’estremismo della CGIL è da provocatori. In realtà la CGIL non vuole il bene dei lavoratori. No. Alla Cgil interessa mostrare i muscoli al padrone e ripristinare una stagione politica ormai alle spalle che non esiste più. La vecchia Cgil di Landini vuole dimostrare che gli uomini del sindacato rosso sono coraggiosi e che al ricatto preferiscono il licenziamento. Non si pongono il problema della sopravvivenza di migliaia di famiglie, con figli e mutuo da pagare. In secondo luogo è che "questo sindacato" CGIL è perdente. E’ ormai fuori dalla realtà sindacale italiana. In un periodo di crisi terribile come quello attuale, la CGIL non ha più né i numeri, nè idee vincenti, né l’autorevolezza di una volta. Decenni di politica sindacale miope svolta da segretari mediocri e inadeguati per le sfide che si sono presentate dagli anni ’80 in poi, come Pizzinato, Trentin, Cofferati ed Epifani, hanno affossato la politica sindacale come è stata finora concepita. Il “glorioso” sindacato CGIL è ormai in via di esaurimento se non addirittura in via di estinzione. Con questa azione i “compagni e le compagne” di sinistra vogliono dimostrare di esserci ancora, come ai vecchi tempi. L’arrivo ai cancelli di Vendola vorrebbe essere la riedizione in chiave moderna di quella che fu l’avventura di Berlinguer agli stessi cancelli di oggi. Invece è una sceneggiata patetica. Ormai il quadro politico è mutato e non sarà più come prima. Adesso a capo del Governo c’è il più colossale nemico dei lavoratori che si sarebbe potuto immaginare, ovvero quel Silvio Berlusconi votato anche dalla sinistrissima Emilia rossa di una volta, che dichiara provocatoriamente che “se non passa il si la Fiat ha ragioni da vendere per andarsene dall’Italia”. E’ una dichiarazione da sfrontati e da traditori. Ma è anche la risposta conseguente alla perdita di credibilità di un sindacalismo (rosso) che ha ormai fatto affondare la nave e non c’è più altro da prendere. L’Italia è ormai completamente cambiata da come era una volta. Ormai non esistono più il muro di Berlino e il PCI di Berlinguer. Ormai c’è l’insipienza di un Bersani, la sterilità ideologica di un Di Pietro e la nostalgia di una sinistra massimalista che con la sua miopia politica si è messa fuori dal Parlamento ed ha permesso a Berlusconi di diventare il padrone dell’intero paese. E i lavoratori della Fiat dovrebbero fare il piacere ai pochi nostalgici della Cgil di giocare con la vita degli altri? Ma mi faccino il piacere diceva Totò.

mercoledì 12 gennaio 2011

Indagini fiscali e squallore della vita nella società italiana di oggi.

Ogni giorno si scopre uno scandalo e nessuno fa nulla per evitare che si ripeta di nuovo in futuro. E’ notizia di oggi che attrici famose (Sandrelli), stilisti celebri (Valentino, Balestra), ricchi gioiellieri (Bulgari) e dirigenti e industriali più o meno noti, hanno portato capitali all’estero e sono indagati dalle autorità fiscali. Ad ogni canto del gallo ci sono italiani ricchi e famosi che commettono reati finanziari perché hanno la frenesia di accumulare capitali all’estero illegalmente. Più sono ricchi e più sono drogati di denaro; più sono famosi e più ostentano lusso e ricchezza. Fanno pena. Quello che disturba di più in questa vicenda è che questi clienti del lusso sconoscono il significato della parola etica e non concepiscono il valore della moderazione nella loro vita. A questa gente vogliamo ricordare che un certo San Francesco fece della sua "ricchezza" uno strumento di sollievo dei poveri e della "povertà" il suo vero stile di vita. Quello che più irrita in questo squallore quotidiano sono i politici che dovrebbero legiferare in modo adeguato per evitare ai furbi di nuocere al bene comune. Ignavi e pilateschi, questi politici, si interessano d’altro, con una sfrontatezza che colpisce più del reato stesso. Questi politici sono sempre gli stessi con qualunque maggioranza si trovi al potere. Attualmente al governo abbiamo il campione per eccellenza dei politici, che ha fatto della famiglia un vanto personale. Questo Signore decanta di essere colui che crede di più nei valori cattolici ma non fa nulla per colpire la trasgressione anticattolica, quando addirittura non è lui stesso a trasgredire i canoni della cattolicità. In questi giorni il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha riunito la famiglia per festeggiare l’”unità dei suoi elementi”. C’erano tutti, tranne una, la più importante. Colpisce vedere la foto di famiglia offerta pubblicamente dal Direttore di un settimanale di sua proprietà, più infido del suo padrone, messa in prima pagina in bella evidenza. Dicevamo che in questa foto, un vero e proprio quadretto di famiglia, manca la persona più importante, che è la madre dei suoi figli, nonché sua sposa. Anzi, la sua ex-sposa perché, com’è noto, Berlusconi sta divorziando per la seconda volta dalla attuale moglie, tra l’altro perseguitata da una campagna denigratoria e disonorevole dalla stampa dei suoi giornali di famiglia. Forse nella sua perversa logica la presenza di una moglie nella foto di famiglia è superflua? Forse dobbiamo credere all’idea che le mogli servono solo per dare in affitto un utero e poi licenziarle appena mostrano insofferenza per le trasgressioni del marito? Fatto sta che l’ineffabile Berlusconi dimentica, che quando in una famiglia manca la moglie non c’è famiglia. Come può esserci famiglia quando manca il pezzo più importante dell’amore? Una famiglia è grande quando c’è lei, la mamma, origine e strumento di amore e di affetto. Ma a Berlusconi questo interessa poco, perché a lui interessa l’apparire e l’essere lodato. Il suo è un misero teatro e una infelice farsa per mantenere, sui disgraziati che lo votano, il fascino del potere che gli permette di essere una macchina destinataria di molti voti alle elezioni che in moltissima parte gli vengono felicemente elargiti dalle gerarchie cattoliche, tra i quali spicca Mons. Rino (Salvatore) Fisichella che più di una volta ha giustificato le trasgressioni (bestemmie) di Berlusconi mediante la parolina magica del “contesto”. Tutti coloro che contano, più o meno, hanno responsabilità enormi per la mancanza di equità e giustizia nella società italiana. Si dovrebbero vergognare.

sabato 8 gennaio 2011

Cattolicesimo e affari: la ricetta di Berlusconi che scredita l’Italia.

“Il governo è stabile e saldo e il paese è in buone mani” ha dichiarato questa sera il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Come al solito il Premier dice le bugie, perché anche se mantiene una striminzita maggioranza alla Camera non è corretto parlare di stabilità e di saldezza. Ma ancora più grave è l’affermazione che il paese, con lui, “è in buone mani”. Non è vero. Non si può far passare sotto silenzio una delle ragioni per cui l’antiberlusconismo ha ragioni da vendere. Si tratta del gigantesco “conflitto di interessi” di Silvio Berlusconi che il Premier fa finta di non avere. Invece, a nostro parere, è la vera e propria pietra angolare delle sue maggiori responsabilità. Berlusconi Capo del governo e Berlusconi padrone di Mediaset non possono essere gestiti dalla stessa persona. Anche i sassi hanno capito che c’è conflitto tra le due cariche, perchè non si capisce dove inizia l’una e dove finisce l’altra. Se aggiungiamo il Berlusconi barattatore di voti cattolici con contentini finanziari alla Curia e restituzione da parte di quest’ultima di “voti contanti e sonanti” a ogni elezione si ha un quadro preciso dei suoi conflitti. Finora i cattolici si sono visti ben rappresentati dal Cavaliere (contenti loro!) ma adesso iniziano a pagare il conto per questa loro acritica partecipazione alle fortune del padrone di Mediaset. Il gigante televisivo di famiglia, origine e conquista della fortuna berlusconiana, ha qualche peccatuccio da farsi perdonare dai cattolici, i quali stranamente non reclamano il conto. Su questo oggi vogliamo dire una parolina relativa all’ennesimo scandalo inerente alla commistione di interessi personali tra politica e azienda televisiva del Premier, perché i cattolici hanno adesso il metro per misurare il disastro culturale e religioso che il loro apporto alle fortune berlusconiane ha prodotto in Italia. Ma tutti i nodi prima o poi vengono al pettine e adesso cominciano i guai perché i risultati del colossale errore della chiesa cattolica nel sostenere Berlusconi proprietario di Mediaset viene prepotentemente alla ribalta con il caso televisivo della trasmissione il Grande Fratello. Di che si tratta? Semplice e prevedibile: alcuni degli “eroi televisivi” di questa pessima e perversa trasmissione hanno bestemmiato in diretta e la proprietà non li ha espulsi come aveva fatto in precedenza e come avrebbe dovuto fare immediatamente. Un vero caso di blasfemia e una carta perdente per la produzione. Adesso il fatto viene denunciato dall’Avvenire, quotidiano cattolico dei Vescovi. Ma è ormai tardi per una operazione di critica, perché ormai i buoi sono stati fatti scappare dalla stalla. L’Avvenire commenta negativamente il fatto e dichiara che è molto grave l’avallo di Mediaset, ovvero di quel gran furbacchione del Presidente, compagno di scuola di Berlusconi, che è lo scaltro Bertoldo Fedele Confalonieri. Si va «dalle incivili “indulgenze” alla premeditazione degli “incidenti-esca”, dai bestemmiatori di professione alla banalizzazione della bestemmia, dall’offesa a Dio e alla buona educazione al rito dell’indulgenza alla blasfemia e al sacrilegio verso la Religione». Ma la più palese conclusione del giornale dei Vescovi è che dovrebbe partire una campagna di rifiuto di questa televisione che è l’arma più forte di cui si dispone. Ma è tardi, troppo tardi, care Eminenze Reverendissime. Ormai gli italiani sono drogati di televisione malata e reclamano il conto con trasmissioni sempre più trasgressive e offensive a chi possiede un minimo di intelligenza. L’amara conclusione a cui si perviene è che i Sigg. Vescovi italiani, quando erano in tempo non hanno fatto nulla per impedire alle tv del Premier di cambiare. Anzi, hanno aiutato l’amico facendo convogliare dalle parrocchie il 100% dei voti sulla persona dell’ipocrita e cinico proprietario di Mediaset. Adesso “chi è causa del suo mal pianga se stesso” dice un vecchio proverbio di stretta attualità.

mercoledì 5 gennaio 2011

La falsa partecipazione dei partiti alla manifestazione anti-Lula di Roma.

Una vergogna nazionale. Un risultato peggiore del danno. Mai vista una manifestazione di protesta dei partiti così improvvisata e inutile come questa a Piazza Navona a Roma. Una vicenda nata male e gestita peggio. Più che una manifestazione ci é sembrata una vera e propria pagliacciata, disgustosa da vedere in tutte le sue componenti. La famosa partecipazione di sostegno della politica italiana alla manifestazione di solidarietà contro le vittime del terrorismo, organizzata dai partiti presenti in questo Parlamento per protestare davanti all’ambasciata del Brasile a Roma, il cui Presidente, l’ignavo Luiz Inacio Lula da Silva, che ha negato all’Italia l’estradizione del pluriomicida Cesare Battisti, si è dimostrata uno spettacolo indegno di un paese che aspira ad essere partner brillante nel G8. Invece di sostenere le vittime in modo ordinato e solidale, corale e unito, partecipando tutti insieme, numerosi e compatti, i politici italiani di questa legislatura, vera piaga indegna di un paese civile, si sono dimostrati quello che in realtà sono: una massa scomposta di colossali ipocriti, con poco senso dello Stato, che hanno cercato, a orari differenti, di non solidarizzare come comunità italiana ma come singoli partiti a se stanti, in orari diversi, come si fa generalmente nelle lavanderie pubbliche quando tocca il turno al cliente messo in fila per lavare i panni a gettoni. Dalle 16.00 alle 17.00 la biancheria l’hanno lavata quelli della maggioranza, rappresentati da un codazzo indecente di giovani di destra disordinati e scalmanati che con il loro vociare infantile e becero da tifosi di calcio hanno fatto fare alla manifestazione una figura meschina di imbarazzante improvvisazione. Alle 17.00 si sono presentati a turno i vari capipartito di opposizione, con alcuni leader che hanno messo a disagio le poche persone che erano andate là per mostrare solidarietà ai figli delle vittime presenti alla manifestazione e che si aspettavano tutt’altro modo di stare insieme. Una vera e collettiva infamia nazionale. In una piazza completamente colma di bancarelle natalizie ancora presenti per le festività della befana tra banchetti di porchetta di Ariccia e di tiro al bersaglio, abbiamo notato alcune contraddizioni organizzative che a dire imbarazzanti e sgradevoli è poco. Ecco alcuni esempi, perfettamente taciuti dalla stampa, che danno un’idea della improvvisazione e della estemporaneità. Tra i pochi presenti abbiamo notato la partecipazione di alcuni avvilenti soggetti prezzolati, distribuiti tra la scarsissima "moltitudine", a gridare frasi sconnesse e senza senso contro tutti. Evidentissima è stata poi l’aggressiva ressa dei numerosi fotografi e cameramen che non volevano perdere una sola posa degli inadeguati rappresentanti parlamentari. Dalle tendine delle finestre dell’ambasciata, prima timidamente e poi rincuorati sempre più dal flop organizzativo, si sono viste decine di impiegati che si alternavano dietro le bianche e merlettate tendine, sorridendo compiaciuti. Ridicola è stata la presenza di alcuni imbarazzanti poliziotti in abiti civili, che avrebbero dovuto essere mimetizzati tra la folla ma che viceversa erano facilmente individuabili da tutta una serie di elementi, non ultima la ridicola presenza di gracchianti telefonini con l’antenna dei vecchi apparecchi a transistor degli anni ’80 che uscivano loro dal bavero della giacca. Infelice, altresì, è stata l’organizzazione dell’evento, sfilacciata, sconnessa, disordinata e tipicamente paesana secondo un clichè proprio dell’italianità, sintetizzato dall’“ognuno per conto suo”, come nelle fiere paesane, desiderosa più di carpire firme ai rari presenti che per un improbabile sostegno al ricorso alla Corte Internazionale dell’Aia. Novità aggregante e perfettamente prevedibile la presenza di un gruppetto di persone, forse pensionati del tipo “io c’ero”, attratte più per la curiosità di essere là per farsi ritrarre con la macchina fotografica che per mostrare solidarietà. Per ultimo ma non da meno, la presenza di ripetuti piccoli gruppi di turisti brasiliani, i quali ignari della cosa, con un candore e una semplicità invidiabile, si fotografavano tra di loro con la bandiera del paese carioca dell’ambasciata alle loro spalle. Ciliegina finale è la circostanza che conferma per l’ennesima volta l’inadeguatezza e la contraddizione della condotta del premier Berlusconi in questa vicenda. Prima confessa sommessamente a Lula che in fondo in fondo Battisti gli interessava poco e poi, per le forti proteste, afferma che organizzerà una conferenza stampa con il Partito Popolare Europeo a Bruxelles per fare pubblicità al figlio di Torreggiani. Che misera figura! Per favore, dimentichiamo questa storia il più presto possibile perché, a furia di girare, la "minestra" comincia a emanare pessimi odori.

sabato 1 gennaio 2011

Lettera di protesta all’Ambasciatore del Brasile a Roma.

Al Sig. Ambasciatore del Brasile in Italia – Roma

Egr. Sig. Ambasciatore,
sono un cittadino italiano che ha sempre creduto negli ideali della giustizia e dell’onestà. Con questa premessa Le scrivo le poche righe che seguono per informarLa che intendo protestare civilmente contro il Suo paese per la inaccettabile e incomprensibile decisione relativa alla mancata estradizione del terrorista Battisti in Italia.
Un capitale di simpatia e di stima accumulato in decenni di ottimi rapporti tra Italia e Brasile è stato dilapidato in pochi giorni dal Presidente Lula per la sua infelice decisione di salvare l’assassino Battisti dal giusto carcere inflittogli, per i quattro omicidi commessi in Italia, da un Tribunale che lo ha giustamente condannato all’ergastolo.
E’ un vero peccato che il Presidente Lula abbia preso una decisione così faziosa, ingiusta e anti italiana. Mi dispiace profondamente ma sono costretto a sospendere la mia simpatia e stima per il Suo Paese fino al momento in cui il Brasile non onorerà il senso di giustizia che sembra aver smarrito per colpa di un grossolano e insopportabile puntiglio del suo Presidente.
Si è trattato, a mio parere, di una leggerezza imperdonabile. Non potrò infatti mai dimenticare gli occhi spauriti del giovane Torreggiani, che ha assistito inerme all’omicidio del padre e poi a sua volta oggetto di violenza che l’ha costretto alla sedia a rotelle a vita, per colpa del pluriomicida Battisti graziato insopportabilmente dal Suo Presidente.
Sappia che una macchia indelebile nei cuori di chi crede nei valori della giustizia è stata creata tra Italia e Brasile. Seneca ha detto che : Bonis nocet qui malis parcet , ovvero “chi risparmia i malvagi danneggia i buoni”.
Cordialmente.

Support independent publishing: buy this book on Lulu.