mercoledì 25 aprile 2007

I soliti furbi politici italiani.

La notizia è semplice ma fortemente istruttiva per capire la politica italiana e il modi di procedere dei politici italiani. La candidata di sinistra francese Ségolène Royal, uscita vincitrice al primo turno delle elezioni per la Presidenza della Repubblica francese insieme al suo avversario di centrodestra Nicolas Sarkozy, ha chiesto al Presidente del Consiglio italiano Romano Prodi di esserle vicino nella prossima Domenica elettorale nel turno decisivo di ballottaggio invitandolo ad essere con lei sul palco della prestigiosa manifestazione parigina. Passiamo ai commenti. Sembra che Prodi non ne sia rimasto entusiasta perchè se va alla manifestazione fa apparire la coalizione di centrosinistra sbilanciata a favore dei socialisti francesi. Se non va alla manifestazione sembra che sia contro perchè mezzo futuro Pd è di centro a favore del centrista Bayrou che di allearsi con la sinistra francese non ne vuole sapere. Che fa allora il Presidente Prodi? Semplice. Tira fuori dal cappello l'italico vizietto: fa finta di essere con entrambi, con il diavolo e con l'acqua santa. Come? Semplice ancorchè ridicolo: invierà un video con il quale sarà *vicino* alla candidata socialista. Visto? Il fatto è che come italiani siamo nella melma fino al collo. Perchè se Sparta non ride Atene piange. Nel senso che il candidato di centrodestra Sarkozy di essere vicino al "cantante che mostra le corna" Berlusconi non ne vuole sentire parlare. Insomma, ecco cosa offrono i politici italiani: Pulcinella e Arlecchino contemporaneamnete, ovvero due macchiette che fanno ridere l'Europa. Ma forse questa è l'amara verità: meritiamo la sorte dell'anonimato.

Politica e linguaggio spesso in Italia non vanno d'accordo.

I congressi dei due principali partiti del centrosinistra, DS e Margherita, decidono di sciogliere i rispettivi partiti per fondersi in un altro, chiamato Partito democratico. Questo è il fatto del giorno e passiamo ai commenti. Siamo dell'opinione che il futuro Pd potrà essere la chiave di volta per risolvere molti problemi di governabilità nella politica italiana ma, nello stesso tempo, siamo dell'avviso che la fusione potrebbe risolversi in un clamoroso insuccesso. Visti i precedenti (PSI+PSDI=bicicletta instabile) non ne siamo sicuri. Dunque, potrebbe verificarsi o l'una o l'altra delle due ipotesi. Ma come diceva Gandhi “Everything you do will be insignificant, but it is very important you do it”, cioè "nella vita ci sono cose che devono essere fatte". Se sarà un successo lo verificheremo in seguito. Quello che consideriamo negativo invece è il linguaggio che si è sentito durante gli interventi congressuali dei DS. In relazione a questa scelta maggioritaria, due esponenti di spicco di questo partito hanno deciso di non aderire alla fusione. Sono fatti loro ed è un loro diritto decidere cosa fare. Tuttavia quando si prende una decisione così drastica ci si assume per intero la responsabilità che ne deriva. Ed è qui che casca l'asino. Secondo la logica classica i due, con la loro decisione, sono diventati avversari di Fassino e quindi avrebbero dovuto essere considerati tali. Invece abbiamo assistito a scenette da teatrino a dir poco bizzarre. Lasciamo stare le lacrime perchè come sentimenti umani le rispettiamo. Quello che non rispettiamo, perchè non lo comprendiamo, è il linguaggio adoperato dai vertici dei DS. Quel nominare i due con il loro nome di battesimo, Fabio e Gavino. Dice Fassino: "mi dispiace che Fabio ci lasci". Oppure, "avremmo avuto bisogno di Gavino. Speriamo che ci ripensi". Ecco un esempio di ciò che non funziona in questo paese: non si chiamano le cose con il loro nome. Si fa, insomma, ipocrisia a tutto campo. Noi siamo contrari a questo modo di parlare e di intendere la politica. Queste forme ipocrite di cameratismo bieco non ci piacciono perchè introducono confusione e disorientamento. Avremmo preferito che Fassino avesse detto: "Il Sig. Mussi è libero di andarsene quando vuole", oppure che "il Sig. Angius può andare a fare il capo dei Senatori in un'altra formazione". In politica il linguaggio è importante. Questo sdolcinare i rapporti, questo mostrare un volto comprensivo a tutti i costi in questioni di vitale importanza dove sarebbe necessaria la chiarezza (o bianco o nero), questo introdurre commistioni tra il perseguire un'idea e il modo di presentarla è assolutamente da evitare. Fanno diventare la politica un budino mieloso in cui non si capisce più come stanno veramente le cose. I Sigg. Mussi e Angius dovevano essere chiamati con il loro vero nome: ovvero avversari politici ai quali si dà del Lei perchè avversari. Perchè di questo si tratta, cioè si tratta di buonismo della peggiore specie. Siamo tutti buoni e amici qualunque cosa succeda! Mi dispiace ma questa non è politica.

mercoledì 18 aprile 2007

Il mio quattordicesimo viaggio nell'Unione Europea: Atene.

Αθήνα (14 Aprile - 17 Aprile 2007)

Il mio quattordicesimo viaggio effettuato nella straordinaria capitale della Grecia ha avuto luogo nei tre giorni che vanno da sabato 14 aprile 2007 a martedì 17 aprile dello stesso anno. Tre sole notti ma una intera vita di desiderio di vivere questa esperienza. Un viaggio fortemente voluto da sempre, desiderato e atteso fin da quando ero uno studente dodicenne interessato alle letture di Omero. L'Iliade e l'Odissea, Achille e Ulisse, i filosofi e i matematici, Atene e Sparta, il Partenone e Alessandro Magno, l'epica e la lirica, l'oratoria e il teatro, l'architettura e tutte le "Grecie" di questo mondo, dalla preistorica, attraverso l'arcaica, la classica, l'ellenistica, la romana, la bizantina, la ottomana, fino a quella moderna e contemporanea, tutte hanno rappresentato, nel mio immaginario, la massima espressione della cultura dell'Occidente fin da tenera età. Queste in sintesi le premesse e gli ideali del viaggio. E poi, alle superiori nell'adolescenza, con lo studio della storia, della geografia e con i frequenti richiami alla cultura greca nelle altre discipline scolastiche letterarie e non letterarie, per me che ho fatto studi scientifici, ha rappresentato ciò che ho sempre cercato e voluto toccare con mano. Le Olimpiadi di Atene del 2004 poi mi hanno fortemente spinto a programmare subito questo viaggio. Ma la scelta delle capitali europee dell'UE da visitare e un ordine naturale per aree geografiche mi avevano finora impedito di realizzarlo subito. Fatto sta che nella primavera del 2007 ho potuto imprimere nella mia mente i ricordi e la memoria di un "viaggio del desiderio" che è sempre stato un mio vecchio sogno. Atene l'ho sempre immaginata come una città molto vicina al meridione d'Italia. Non per niente il mondo meridionale italiano si chiamò, a suo tempo, la "Magna Grecia". Dunque, sapevo in partenza che mi sarei trovato bene perchè conoscevo il modo di vivere dei popoli dei paesi che si trovano alla latitudine di 38° nord e dintorni. Orbene, ad Atene dovevo esserci e ci sono stato. Eccomi sul suolo di Achille e di Aristotele a raccontarvi il "mio" viaggio. Non posso, purtroppo, documentare questo quattordicesimo tour con immagini e fotografie adeguate perchè non ho portato la mia macchina fotografica. Per favore non ditemi che sono stato sciocco perchè è vero. Mi ritrovo soltanto qualche foto scattata in modo infelice e poco credibile con il mio palmare a bassa risoluzione. Questo resoconto, pertanto, sarà incompleto, almeno nella dimensione visiva. Il viaggio, perdonatemi l'apparente contraddizione, è stato contemporaneamente unico e doppio. Unico perchè Atene è unica al mondo. Doppio perchè ad Atene si parla il greco e dal punto di vista linguistico fra non molto farò il bis con il viaggio a Nicosia, nell'isola di Cipro, dove si parla e si scrive in greco. Dunque, ad Atene come iniziazione ai viaggi del sud est d'Europa. Finora ho concentrato i miei viaggi nel nord-ovest dell'Europa. E' arrivato il momento di spostarmi nel sud-est. Il trasferimento da Roma non ha comportato nulla di interessante da rilevare. Intanto, perchè il periodo scelto è stato quello primaverile. Dunque, un normale clima da mese di aprile e delle temperature equilibrate. Niente caldo e niente freddo è proprio quello che si desidera in questi casi. Un abbigliamento altrettanto normale e comune, una valigia piccola e leggera e tanta voglia di vedere, capire, sperimentare. Ecco, Atene è stata, da questo punto di vista, un laboratorio per sperimentare sensazioni e un caleidoscopio di impressioni e di curiosità da mettere a fuoco. Avevo chiari in mente alcuni obiettivi di viaggio precisi: i luoghi mitizzati dell'antica Grecia come l'Acropoli, l'Agorà, la Stoà, il Foro romano, il teatro greco sull'Acropoli, la visita diretta al culto della religione ortodossa nella bella e interessante καθεδρικός ναός (Cattedrale) di Atene, il Parlamento greco con i suoi caratteristici évzones, cibi e piatti greci da gustare con le tanto decantate e gustose olive greche, e tanta ma tanta voglia di camminare nelle strade ateniesi per confondermi con gli abitanti di questa superba città e immergermi nella realtà greca. Questo per sommi capi il programma del viaggio. Soddisfatto per averlo realizzato, con qualche eccezione e una sorpresa. Ma eccomi al racconto del viaggio. Sarò breve perchè è passato un po' di tempo da quando ho fatto il viaggio. Spero di non aver dimenticato qualche particolare importante.
Come al solito, ancor prima di fare il viaggio, ho letto un po' di materiale sulla capitale. Alle solite guide di viaggio e allo studio delle mappe della città ho cercato, per quanto possibile, di leggere qualcosa a proposito di Atene anche usando internet. Ormai la rete è inondata di informazioni, molte delle quali inutili o addirittura dannose, perchè fuorvianti. Ma con un po' di acume critico tutti sono in grado di selezionare ciò che è importante da ciò che non lo è. Dunque, avevo molte idee e tanta voglia di vedere. Partenza sabato 14 Aprile 2007 dal Terminal B di Roma Fiumicino per Atene e ritorno il 17 Aprile 2007, in tarda serata. Tre notti e quattro giorni pieni, trascorsi all'insegna della conferma empirica di conoscenze teoriche e scolastiche acquisite in gioventù e mai messe alla prova. Come avevo detto prima il tempo atmosferico è stato generalmente buono. Non ha piovuto, ma c'è stato un po' di vento fastidioso e qualche pomeriggio di aria fredda sgradevole e meno prevedibile. Partenza da Roma Fiumicino alle ore 8.55 con il volo Alitalia AZ 720. Arrivo all'Διεθνής Αερολιμένας Αθηνών "Ελευθέριος Βενιζέλος" (cioè all'aeroporto Elefthérios Venizelos) situato a 33 km dal centro di Atene, in località Spata, quasi un'ora oltre l'orario previsto dal quadro orario ufficiale, dovuto al solito ritardo della partenza da Roma Fiumicino. Il ritorno per Roma è previsto per martedì prossimo alle 19.15 con il volo Alitalia AZ 721.In aereo ci sono alcuni posti vuoti. A me tocca una fila in cui sono solo. Viaggerò così per più di due ore guardando ininterrottamente attraverso il finestrino lo straordinario e incantevole tratto di mare che separa le coste del meridione d'Italia dalla Grecia ripassando, come uno scolaretto, la mappa di Atene sulla mia guida di viaggio. Dall'alto vedo tante isole. Una delle ultime è rappresentata nella foto accanto. Sul piazzale esterno al terminal di arrivo c'è un comodo autobus che fa capolinea ad Atene. Si tratta dell'λεωφορείο (autobus) X95 Syntagma - Aerol. Athinon che parte dall'aeroporto con destinazione Atene, nella centralissima piazza del Parlamento e viceversa. L'autobus parte quasi subito dopo essere salito a bordo. La corsa semplice è stata economica, appena 2,90 euro, un prezzo veramente modico. Il bus si inoltra subito in una autostrada che attraversa terreni incolti pieni di sassi. Da una parte e dall'altra dell'asfalto ogni tanto apparivano delle case a un solo piano, a volte invece dei semplici capanni o solo tettoie. La vista era caratterizzata da piccole colline ondulate, fatte di roccia e bassi cespugli, probabilmente spinosi. Un paesaggio che ho visto tante volte nel profondo sud della Sicilia, soprattutto nella provincia di Siracusa. Ora che ci penso bene le similitudini paesaggistiche ed orografiche tra i due paesaggi sono rilevanti. Stesse colline pietrose, stesse sterpaglie e arbusti tra i sassi, stessi cocuzzoli disseminati con uniformità su tutto il terreno, medesimi caratteri del paesaggio. Poco verde ma molto terriccio con sassi. Ci sono in comune anche degli alberelli bassi, irregolari, distribuiti con uniformità nel territorio che mi ricordano fortemente il paesaggio siculo. Una identità che mi meraviglia e mi colpisce non poco. Non per niente i greci della madrepatria, molti secoli prima della nascita di Cristo, fondarono Siracusa, la città siciliana nella quale cresce il papiro. Una somiglianza che conferma una forte identità tra i tratti caratteristici dei due territori, quello ateniese e quello siracusano. Se siete stati a Siracusa potete capire molto bene cosa intendo quando dico che i due paesaggi mostrano una notevole congruenza. Chi si è aggirato, da turista interessato a vedere e conoscere la parte di città vecchia, cioè Ortigia, e la collina vicino al teatro greco, tra le stradine strette e antiche della vecchia città della dea Aretusa ed ha letto i nomi delle strade, sicuramente avrà provato l'emozione che ho provato io in tempi lontani prima a Siracusa e adesso ad Atene. Trovare a Siracusa delle strade chiamate Via Eschilo, Via Pindaro, Via Agatocle, Via Rodi, Corso Timoleonte, etc. mi ha fatto sempre un certo effetto. Immaginate qui ad Atene. L'emozione del paesaggio visto dal finestrino dell'autobus che si muoveva a bassa velocità è fortissima. Diventerà commozione quando aggirandomi tra le rovine dell'Agorà ho sfiorato con le mani una vecchia colonna greca che probabilmente ha visto i grandi della filosofia ateniesi passeggiare sui ciotoli delle strade che in quel momento io calpestavo con animo commosso. E' difficile ritrovare nei miei ricordi analoghi momenti di così intensa emozione. E mentre in autobus facevo pensieri analoghi scorrevano davanti ai miei occhi i paesaggi del territorio ateniese con le insegne pubblicitarie di aziende greche e della italianissima compagnia telefonica Tim, con il suo logo. L'autobus sebbene lentamente macinava i 33 km della distanza fra l'aeroporto e il centro città con regolarità. Al solo pensiero che stavo in pieno territorio greco, sperduto su un vecchio autobus che si approssimava alla più straordinaria delle città del sud Europa mi afferrò un nodo alla gola come poche volte mi era successo in vita mia. Inenarrabili sensazioni di commozione che si possono provare alla sola idea di appartenere, anche se dopo alcuni millenni, a quel mondo che diede all'occidente cultura, conoscenza, benessere e tanta, ma tanta, stima nelle sue capacità di costruire il mondo nelle forme più alte della cultura e dell'arte. Nel frattempo entrammo in Atene e dopo una decina di minuti arrivammo al capolinea, cioè nella larga e bianchissima Plateia Syntàgmatos, ovvero in greco Πλατεία Συντάγματος, dove scesi con immensa gioia. Il percorso è durato circa un'ora ma la mia mente l'ha gradito tanto e l'ho così intensamente gustato come se il tempo fosse stato dilatato per tre, triplicandolo. L'autobus è, come ho già detto prima, l'X95 ed io ho preso nota dalla tabella degli orari che lo stesso mezzo mi permetterà di ritornare all'aeroporto per imbarcarmi sul volo per Roma fra tre giorni. Sopra, avete visto, c'è l'immagine di un biglietto da me adoperato ad Atene. Rinfrancato dalla prospettiva di avere certezza nel collegamento tra la capitale greca e l'aeroporto di Atene al ritorno ho imboccato una serie di passaggi pedonali della grande piazza per arrivare a destinazione, nella vicinissima Via Stadiou, nel mio albergo.
L'hotel si chiama Best Western Esperia Palace Hotel. Si trova in centro, vicino alla piazza del Parlamento, in μέσω Σταδίου, cioè in Via Stadiou, 22 e mentre cammino con la mia piccola valigia con le rotelle osservo le strade, la gente ai semafori, le edicole che vendono i giornali, i colori delle case e l'azzurro del cielo. E' una bella giornata primaverile, un po' freddina ma assolata. Io indosso un comodo giaccone e una sciarpa che mi tengono al riparo dal vento e cammino con piacere. L'idea che mi viene in mente è quella di una città non certo di tipo scandinavo. Al contrario, sembra una città, come avevo previsto, tipicamente del meridione d'Italia, poco dinamica, un po' al rallentatore, con tante persone in giro che non mostrano fretta. I palazzi sono comuni a quelli di una qualunque città del sud d'Italia, senza grattacieli, con pochi piani, dai colori chiari e luminosi e con strade poco larghe. "Si, mi dissi, mi sento a mio agio come se fossi a casa. Vedremo tra pochi giorni se tutto verrà confermato".Arrivo alla Reception dell'albergo, mi registro e salgo subito in camera. La stanza è la n. 815 ed è calda e accogliente. La si può vedere sulla destra in una immagine pubblicitaria. Ci sto poco, il tempo di disfare la valigia, di tirare fuori il pigiama, le pantofole e il pantalone di ricambio con le tre camicie che appendo nell'armadio. Il tempo di guardare i particolari della camera, vedere il televisore in funzione con i caratteri dell'alfabeto greco che subito mi muovo per andare in strada ed ammirare subito un pezzetto di città. A sinistra il biglietto da visita dell'albergo dato a tutti i suoi clienti nel quale tenere la tessera magnetica come chiave della camera. Ottavo piano, room eight-hundred-fifteen. Camera più che confortevole. Dovrò fare attenzione a non dimenticare la posizione perchè c'è il rischio di confondermi.Con una guida turistica in mano scendo in fretta ed esco per strada. Farò una bella passeggiata e penso che la mia vacanza ateniese sarà una vacanza con frequenti camminate. C'è da muoversi molto per vedere le bellezze della città. Sebbene le strade non siano molto pulite percorro un po' di strada sugli stretti marciapiedi della parte vecchia della città e nelle larghe banchine di quella nuova. Avevo fame e, soprattutto, non vedevo l'ora di mangiare qualcosa in un ristorante autenticamente greco, per il gusto di ordinare una pietanza tipicamente greca. Detto così sembrerebbe un piccolo desiderio da soddisfare, come se si trattasse di un capriccio da turista viziato che a tutti i costi vuole soddisfare un proprio desiderio. In verità, il tema del primo pranzo in terra ateniese è una cosa troppo importante per essere sminuita a volgare capriccio turistico. In primo luogo, perchè ero a digiuno da molte ore. Avevo fatto colazione il mattino presto, a casa, alle 5.00 quando mi sono alzato. Alle 9.30 ero partito da Roma ed ero arrivato ad Atene tre ore dopo, ora locale. E adesso erano le 14.30. Avevo diritto o no a un sano pasto ristoratore? In secondo luogo, poi, dove mettiamo il piacere di ordinare una pietanza a base di agnello ai ferri, olive autenticamente greche e una insalatona verde di quelle che si può sognare di mangiare solo e soltanto in un paese mediterraneo? Dunque, comprendetemi. Sono uscito in strada in Leoforos Stadiou e lì vicino nella Leoforos Ermou ho visto un ristorante che esponeva un menu a base di agnello ai ferri. Non ho perduto tempo e mi sono seduto emozionato per trovarmi per la prima volta direttamente ad interagire con la comunità indigena in un posto gradevole che tratta temi culinari. La cameriera che si avvicina al mio tavolo è molto brava e parla qualche parola di italiano. Riconoscendomi come tale dalla guida turistica che avevo appoggiato sul tavolo comprende al volo la mia richiesta e dopo circa dieci minuti spunta fuori con un enorme piatto in ceramica contenente costine di agnello alla brace, una insalata verde gigante con molte olive verdi e del buonissimo pane greco che rassomigliava tanto al pane arabo, come se si trattasse di piccole "guastelle" di pane morbido. Sarà stata la fame, sarà stato il piacere di ritrovare il gusto della carne di agnello cucinata come la faceva mio padre alla brace quando ero ragazzo, saranno state le olive che hanno richiamato alla mia memoria antiche tradizioni culinarie di molte pietanze dai sapori mediterranei, sarà stato il vino greco o il pane, fatto sta che ho divorato tutto con grande soddisfazione mia e della giovane cameriera. Scusate la mia grossolana esposizione ma ho voluto essere autentico. Soddisfatto del pranzo sono ritornato in albergo a riposare. Posso dire con certezza che si è trattato di un autentico riposo del guerriero.
L'indomani è domenica 15 Aprile. E' festa e c'è la messa da ascoltare in una chiesa ortodossa, meglio se si tratta della cattedrale ortodossa di Atene. Non ne posso fare a meno, visto il mio interesse turistico e la mia naturale curiosità verso tutte le religioni praticate in Europa. Bene.
Uno dei massimi piaceri di chi viaggia è la possibilità di vedere cose nuove, palazzi mai visti prima, strade e vita all'aperto differente da quella che si conduce normalmente durante l'intero anno, aspetti della vita che colpiscono la nostra curiosità e invitano a cercare risposte. Insomma, si tratta di migliorare la nostra conoscenza del mondo che ci circonda con l'osservazione e anche con l'interazione, se possibile. Che nel viaggiatore ci sia un profondo bisogno di conoscere, diciamo che nasce dall'idea che gli altri hanno sicuramente qualcosa di importante da mostrarci. Pertanto, questa mattina, inizio del secondo giorno di permanenza nella città di Pericle, nonchè giorno di festa religiosa, ho l'animo giusto per ammirare la funzione religiosa che si svolge nella sontuosa cattedrale di Atene. L'edificio mi fa gola perchè è la sede del patriarcato ortodosso ed io sono curioso di vedere direttamente in loco la funzione religiosa. Arrivo verso le dieci del mattino davanti al bellissimo ingresso della chiesa arcivescovile greco-ortodossa, costruita a metà dell'Ottocento. L'edificio sembra quasi anonimo e piccolo per essere la chiesa più importante di Atene; eppure si tratta dell'antica e prestigiosa cattedrale del patriarcato ortodosso. Mi viene in mente un esempio di scrittura su Atene e la sua bella καθεδρικός ναός (cattedrale) che ho letto da studente sulla mia grammatica del tempo, quello straordinario libro di vita scritto da Marino Moretti e Domenico Consonni dal titolo Lingua Madre. Grammatica italiana moderna della SEI quando a proposito dell'antica cattedrale e della Kapnikarea dice che "stanno presso a poco, accosciate e piccine, come vecchiette di gran famiglia ridotte a mendicare all'uscio di bottegaie panciute e insolenti". In verità trovo che le dimensioni di questa cattedrale sono piccole in confronto della forza penetrante che dovrebbe avere la chiesa più rappresentativa del paese oltre che della città. Tutti sono dentro e sul sagrato non si vede nessuno. La funzione è già iniziata ed io scopro che all'interno c'è la televisione greca che riprende la cerimonia. Alle luci normali della cattedrale si sono aggiunte quelle dei riflettori della televisione, così la luminosità sotto la cupola è molto intensa. La cattedrale non è grande, nulla a che vedere con S. Paolo fuori le mura a Roma. La navata non è neanche più profonda in lunghezza che in larghezza, sembra più un quadrato che un rettangolo. Dal fondo della sala osservo le persone che riesco a vedere davanti a me. Sono tutte vestite a festa, con abiti neri da cerimonia e camicie bianchissime inamidate gli uomini e con abbigliamento super-ricercato le donne, nel quale predomina il color oro di camicette e scialli. La funzione è solenne e le musiche e i canti che risuonano nella cattedrale sono bellissimi, in certi momenti strazianti, che commuovono. Sicuramente fanno un effetto di religiosità diffusa considerevole. Diciamo che non c'è paragone tra una messa ortodossa e una cattolica. Al confronto quest'ultima è di una noia mortale. E poi vogliamo mettere i paramenti e la gestualità dei preti ortodossi con quelli cattolici? Ripeto, non c'è confronto. E il segno della croce al contrario nel penultimo movimento dello spostamento orizzontale della mano destra, dove lo mettiamo? Mondi differenti che si raccontano in modo diverso a suon di riti, di colori, di sfarzi che giocano sicuramente a favore del rito ortodosso piuttosto che di quello cattolico. Mi dispiace, ma da questo punto di vista chiesa ortodossa batte chiesa cattolica 1-0. La messa tira per le lunghe e io non posso aspettare. Mica sono venuto ad Atene per spendere tutto il tempo di una preziosa e difficilmente ripetibile mattinata ateniese per vedere e sentire solo una messa! Così, dopo più di un'ora che sono dentro, decido di uscire dalla Cattedrale "a riveder .... il sole". Mi aspetta un giro molto impegnativo. Il mio secondo obiettivo è andare a vedere l'Acropoli con il Partenone. Troppo importante è vedere direttamente con i miei occhi e senza filtri televisivi e cinematografici questa famosissima icona della cultura greca. E poi è una delle ventisette meraviglie europee che non posso assolutamente perdere. Dunque, gambe in spalla e via all'ascesa. "Per vedere cose belle bisogna salire e mai scendere", dice un vecchio proverbio cinese che io ripeto nella mia mente per giustificare la salita che mi aspetta. Anche al mio paese da ragazzo, quando c'era la cerimonia del Venerdì Santo al Calvario, bisognava salire a piedi il monte delle tre croci che presentava una pendenza veramente impegnativa. In relazione all'ascesa di una salita mi ricordai delle molte sensazioni perdute nel tempo da giovane quando se una strada accennava a salire prima non ci facevo caso, mentre ora me ne accorgo e come! Adesso alla mia età scopro giorno dopo giorno di doverla studiarla in modo scientifico, per fare meno fatica, magari percorrendola lungo traiettorie a gomito come fanno i tornanti lungo le salite ripide di un monte, per smorzare la pendenza. Insomma, pensando queste cose sono sul chi va là, attento a ogni minimo cenno di stanchezza. Vagando con la mente nei miei ricordi giovanili il pensiero va a due episodi accaduti in tempi lontani, quando ritornando da una gita sul fiume Elicona, in località "Chiappazza", dovetti affrontare la lunga e ripida salita del ritorno come quando a piedi, la mattina della domenica, dovevo andare ad ascoltare la messa nella Chiesa della Matrice su in alto, vicino al Castello. Un mondo che non c'è più perchè adesso con le nuove strade e le automobili che si inerpicano come asini da trasporto su una mulattiera non si fa più. Tempi andati, mi dissi e mi metto a pensare alla scuola, quando alle elementari il mio maestro ci faceva leggere e ripetere alcuni brani presenti nell'antologia relativi alle rovine greche e romane. Bene. Abbandoniamo i pensieri e badiamo all'oggi. Diciamo che durante lo spostamento dalla Cattedrale all'Acropoli la mia mente è sede di questi pensieri che mi obbligano a richiamare le mille immagini viste nei libri di scuola, dove le vestigia del passato fanno pendant con le località archeologiche. Mi piace respirare durante il percorso quell'aria da osservatore turistico interessato perchè penso che in quel momento sto facendo una cosa che dire straordinaria è poco. Avere la possibilità di gustare in modo personalissimo la scelta dei luoghi da vistare nella città di Atene è di per se un eccezionale momento di gioia e di piacere. Abbiamo mitizzato tanto questi luoghi che non riesco a vedere in loro alcun elemento di normalità. Viceversa, li trovo straordinari. Perdonate queste sciocche riflessioni retoriche ma credetemi sono i veri pensieri che ho fatto in quei momenti. Anzi. Ora che ci penso, queste riflessioni non sono per niente sciocche. Il grande Sigmund Freud nel suo scritto Un disturbo della memoria sull'Acropoli, scritto nel 1936, ebbe a dire che arrivati sull'Acropoli, davanti al Partenone, ammirato dalle bellezze di quei luoghi disse pressappoco che «sicché tutto questo esiste veramente, così come lo abbiamo studiato a scuola!». Freud in poche parole era meravigliato a tal punto dalla bellezza del Partenone (tempio principale della dea Atena costruito sull'Acropoli di Atene tra 447 e 432 a.C. e considerato un supremo esempio di architettura dorica) da non credere alla realtà che stava vivendo in quel momento in quel luogo. Non sto quindi dicendo delle sciocchezze quando affermo le cose dette sopra. Percorrendo la strada pedonale Dionysiou Aeorpagitou raggiungo l’ultimo tratto di strada che porta all'Acropoli, simbolo della città e immagino suo orgoglio nazionale. In cima alla salita c'è il botteghino per pagare il biglietto. Mi costa 12.00 €, che mi permette però di visitare anche l'antica Agorà, il teatro di Dioniso, l'Agorà romana e il Tempio di Zeus. Pago ed esco dalla coda che si stava ingrossando per respirare un po'.Vedo alcuni turisti che hanno una bottiglietta di acqua minerale da mezzo litro in mano e ne compro una anch'io. L'addetto al bar prima ancora che io dicessi una sola parola mi dice in un perfetto italiano senza accento se la voglio gassata o naturale. Rimango di stucco sia per la domanda sia per la sua pronuncia perfetta e faccio una piccola chiacchierata con questo impiegato e scopro che non è italiano come mi aspettavo, ma greco. Alla mia meraviglia mi risponde che in Grecia l'italiano è conosciuto e parlato da molti della generazione di anziani. Dico a me stesso che non finisco mai di stupirmi in questi viaggi e che ogni volta è una sorpresa sentire parlare italiano quando non te l'aspetti. Lo saluto e continuo per l'ultimo tratto di salita fino alla sommità dove c'è il cancello di entrata alla porta di Beulè. La foto che ho scattato con il mio palmare mostra una parte della spianata dell'Acropoli con altri turisti che mi passano vicino sullo sfondo di una immensa Atene che ricorda un po' Città del Messico.Velocizzo l'entrata perchè sono eccitato. Trascorro poi alcuni minuti senza fiato a osservare il Partenone, in parte ingabbiato per lavori di restauro come si vede sotto. Un profondo rispetto per tutto ciò che è Hellas mi prende. Ricordo alcuni momenti della cerimonia olimpica di Atene durante le Olimpiadi del 2004 e provo la stessa sensazione di solennità e di maestosità al pensiero di ciò che quelle colonne rappresentano nella storia della cultura europea. Anche gli altri turisti guardano le rovine. Chissà se fanno i miei stessi pensieri. Se li fanno non lasciano trasparire nulla, ma non credo. O forse sono io che in quei momenti mi sento affascinato dal luogo e penso di essere il solo mortale, titolare del diritto di pensare in grande, in grado di comprendere il senso di ciò che i miei occhi stanno vedendo. Questo pensiero mi ossessiona e penso che le Autorità di tutti i paesi che hanno simili gioielli dovrebbero fare più attenzione per preservare questi capolavori di arte nel tempo. Ma forse sto veramente esagerando.Percorro un po' di strada per andare verso il museo che si trova davanti a me, a circa cinquanta metri, e sulla sinistra vedo la loggetta delle Cariatidi che fotografo alla buona. Dunque, queste sono le famose Cariatidi mi dissi che tanto mi costrinsero a studiare a scuola per capirne un po' il senso.Ai miei tempi non c'era Internet e, dunque, non c'erano foto per vederne la figura.Il museo dell'Acropoli è interessante ma piccolo. Mi sposto sul lato del teatro greco che mi ricorda il più grande e maestoso teatro greco di Siracusa e di Taormina. Si chiama Teatro di Dioniso e visto che ci sono vado a vedere anche il Teatro di Erode Attico e il Tempio di Athena. Faccio alcuni giri e poi scendo da dove sono arrivato per la stessa strada che costeggia l'Acropoli verso l'antica Agorà. Una decisa acquolina in bocca mi fa ricordare che anche la domenica è giorno in cui si mangia e mi metto alla ricerca di un ristorante che avevo visto nella guida essere da quelle parti. Il menù previsto era a base di Souvlàkia o Mprizòles o Arni me vòtana con una terrina di olive a scelta fra le Thrùmpes o Ioniche o Nafpliou o Amfissas o anche Kalamàtas. Giuro che non avrei fatto lo schizzinoso. Il tutto innaffiato di vino tipicamente greco. Cominciava ad essere tardi e la mia ricerca si conclude con un nulla di fatto perchè il ristorante che cercavo era chiuso. Dunque, "a quel punto uno qualunque va bene", mi dissi. E così, in un anonimo ristorantino greco, un'ampia scelta di mezedes portati su un vassoio di legno mi permettono di sopravvivere per le altre mie avventure del pomeriggio. Una piccola passeggiata e da Anafiotika vado verso Monastiraki per vedere i diversi stili che affascinano i visitatori: la piccola e malandata moschea di Fethiye, la Torre dei Venti, la Chiesa Pantanassa, e quello che io ho chiamato il vecchio colonnato vicino alla via Polygno che mi fa commuovere e scopro alcune mie lacrime di gioia a vedere tutto quel ben di Dio di arte. Potenza di una vita che ha creduto nella funzione salvifica della cultura. Non ho parole. Dopo una bella passeggiata per le strade di Monastiraki mi avvio a visitare la parte nuova di Atene che si trova alle spalle del mio albergo. Qui c'è il nuovissimo Panemistimiou Leof Venizelou che è una specie di viale moderno lungo il quale si affacciano banche, musei ed edifici nuovissimi o ben ristrutturati. Tra la Biblioteca Nazionale e la Casa di Schliemann, vicino alla centralissima fermata della metro di Panepistimio, c'è l'unica Chiesa cattolica della città. Superata l'ampia cancellata di ferro salgo gli scalini, entro e trovo una grande animazione. Dopo un po' di disorientamento capisco come stanno le cose. La chiesa è frequentata dalla comunità filippina di Atene al completo. In pratica il 99% dei fedeli che frequentano la chiesa cattolica sono immigrati asiatici di religione cattolica. La messa è finita da poco e la comunità è alle prese con le varie attività organizzative della parrocchia. C'è un via vai gioioso di fedeli che allegramente si incontrano, parlano, portano roba da mangiare, gesticolano vivacemente e appaiono felici. Al confronto della Cattedrale ortodossa di questa mattina la chiesa cattolica è essenziale, senza alcun ornamento, quasi spoglia, con la sola statua di S. Giovanni Bosco. Pochi quadri senza pretese alle pareti e tanta, tanta semplicità. L'estrema semplicità dell'ambiente mi rende fiero di rappresentare all'estero una confessione religiosa che nei miei desideri dovrebbe essere proprio così, senza sfarzi, senza stucchi dorati, che dovrebbe badare solo a fatti spirituali, dovrebbe evitare di interessarsi di politica, e non dovrebbe fare incetta di cinque per mille. Io la penso così. Non riesco a vedere il prete per scambiare quattro chiacchiere e, dunque, lascio la chiesa e percorro per intero il viale che mi porta in Piazza del Parlamento. Da qui imbocco la Via Ermou, una strada commerciale molto frequentata per lo shopping dove c'è sempre gente. E qui mi succede un fatto inquietante che vi avevo anticipato all'inizio e che adesso vi racconterò. Per principio quando vado in una città che non conosco sto sempre sulle mie. Metto sempre in atto una strategia di attenzione, che consiste nel cercare di non essere notato e non dare confidenza a nessuno. Questa strategia mi porta ad assumere atteggiamenti di prudenza la cui caratteristica è quella di non dare nell'occhio ed evitare i capannelli e le folle, soprattutto quelle che manifestano per fatti politici e altro. Tranne un pericoloso precedente accadutomi a Madrid qualche anno fa in estate, in cui un giovane egiziano che parlava benissimo l'italiano tentò, con la complicità di due suoi connazionali, di derubarmi senza riuscirci, perchè appena l'ho capito me la diedi a gambe, finora non ero mai stato oggetto di attenzioni da parte di malintenzionati. Qui ad Atene, invece, quella sera, eravamo quasi al tramonto, nel mentre avevo imboccato la Via Ermou, sul lato sinistro della strada che si vede nella foto (licenza creative commons) nei pressi dell'entrata di un negozio di moda, vengo apostrofato da un signore che era seduto per terra.Nonostante io facessi finta di niente mi dice in un buon italiano che a lui gli italiani sono simpatici e che io ero un turista italiano. E subito dopo mi incalza dicendomi che vuole offrirmi un caffè al bar. Di fronte alla mia meraviglia per avermi riconosciuto come un abitante dello stivale senza avere proferito alcuna parola cerca di prendermi sotto braccio con fare amichevole per invitarmi ad entrare in un bar lì vicino per offrirmi una tazzina di caffè. Sempre più sorpreso e confuso cerco di capire il perchè di quello strano comportamento quando mi invita ad entrare in una via laterale un po' buia e poco frequentata cercando di convincermi che lì in fondo c'era un bar aperto. Nello stesso tempo mi chiede in quale albergo io pernottassi. A questo punto capisco che era scattata una trappola per derubarmi e in un baleno gridando ad alta voce gli dico che stavo perdendo l'autobus per ritornare in hotel e scappo via senza dargli il tempo di intervenire. Con il cuore in gola mi precipito verso la piazza del Parlamento per entrare in un locale molto frequentato dal quale sarei uscito dopo alcune ore, dopo aver cenato, con calma e aver fatto sbollire la rabbia per l'accadimento poco piacevole. Perbacco, me la sono vista brutta. Si conferma ancora una volta la norma che quando si viaggia da soli non bisogna mai dare confidenza a nessuno. Rientrando in albergo ho messo in atto alcuni accorgimenti visti in alcuni film di James Bond l'agente 007 in missione all'estero per evitare di essere seguito e riconosciuto. Naturalmente quella via non l'ho più percorsa nei rimanenti giorni della mia permanenza ad Atene e il livello di guardia e di attenzione passò dal verde al color rosso.L'indomani mattina Lunedì 16 Aprile, penultimo giorno di vacanza ateniese, lo trascorro all'Agorà antica che costituisce il piatto forte di questa mattinata. Sono consapevole che questi luoghi non sono più gli stessi di prima. Non ho difficoltà a comprendere che questa Atene non è l'Atene di allora. I cari luoghi ateniesi della mia vita di studente che qui vedrò non sono esattamente come lo furono venticinque secoli fa. Io, oggi, mi reco ad Atene non solo per ragioni di adesione agli ideali dell'Unione Europea ma anche, se non soprattutto, per rendere omaggio al passato e, perchè no, per passeggiare tra le rovine di un'Agorà per me veramente mitologica, immaginando fantasmi di eroi, di filosofi, di narratori che lì hanno vissuto a quel tempo, creando le basi morali, i codici etici e intellettuali di una civiltà che è l'origine e la base della nostra moderna Europa. Cosa dire di questo "complesso museale" all'aperto da mozzare il fiato? Poche cose perchè le parole non possono descrivere quello che si vede e si prova in questi momenti. L'Efaistieion ovvero il Theseion, che è il tempio ancora ben conservato, posto alla sommità di una collinetta a lato lo visito insieme a una classe di liceali tedeschi che il loro professore fa sedere per terra per una lezione all'aperto. Stoa, tempi, altari, statue, colonne, fontane, capitelli, un intero universo di bellezze architettoniche da lasciare sbigottiti e senza fiato. Questa mattinata e la precedente della domenica tra commozione e gioia per trovarmi là, posso ammirare il più bel paesaggio che si possa immaginare. "Era un teatro che non aveva nulla di teatrale. Era come un'opera d'arte, equilibrata e ponderata a lungo nell'animo di un colorista celestiale. Era la culla della civiltà europea". Queste belle parole scritte circa ottantacinque anni fa da Robert Byron, si riferiscono a un paesaggio greco da lui osservato che io ho estratto dal suo libro di letteratura di viaggi dal titolo L'Europa vista dal parabrezza dove descrive un viaggio interminabile da Londra ad Atene via Amburgo, Colonia, Innsbruck, Firenze, Roma e Brindisi a bordo di un'autovettura nel 1925. Le sue parole mi hanno colpito perché mi ricordano esattamente quello che ho provato io nell'ammirare l'analogo paesaggio ateniese. Fare una visita al Foro Romano è un'estasi unica. Byron dice: "è il mistero della Grecia antica che svela se stesso. Tutti quei fardelli scolastici, le guerre combattute per ragioni futili, le città-stato". Se si esamina attentamente l'intero Foro romano si perviene a una conclusione che è normale ma straordinaria al tempo stesso in molti posti del mediterraneo. Qui ad Atene ci sono i timbri che oggi potremmo chiamare della multiculturalità, cioè della romanità, dei bizantini, dei saraceni e financo dei veneziani. Tra capitelli greci, moschea araba, arco di Costantino, architettura romana e fortificazioni veneziane c'è l'intera storia della civiltà europea. Lo stesso dicasi in Sicilia. Si trovano tracce fenicie, greche, romane, arabe, normanne, spagnole, inglesi, francesi, piemontesi, etc. E' la solita storia. Più si è stati grandi in passato, più si è avuta la forza e la capacità di produrre capolavori e più si rimane oggi lontano dalle grandezze dei tempi passati. Grecia e Sicilia, ovvero Grecia e "Magna Grecia", si equivalgono perchè sono ormai diventate periferia del mondo.
All'ora del pranzo scatta il meccanismo della ricerca del ristorante giusto, con il suo piatto giusto da conoscere a tutti i costi. Il pranzo questa volta è stato programmato con dovizia di particolari. Si tratta di un ristorante a due passi da Piazza Omonia. Per la precisione si trova in 2 Παροδος Θεμιστοκλεους cioè in Via Temistocle, 2. Ecco l'interno, l'esterno e il logo del ristorante.
A quanto sembra si tratta di un famoso ristorante che è conosciuto per le sue pietanze tipiche e tradizionali. Io l'ho messo alla prova ed ecco il risultato. Al tavolo 4 ho preso le seguenti pietanze: Kρεατιkα, Tυριά e Xαλβάς, Μακεδονικός Τσάνταλη. Ottimo pranzo e buon cibo. E adesso in Piazza Omonia, per gustare un buon gelato nocciola e pistacchio. Niente di speciale ma abbastanza piacevole dopo un pranzo abbondante e gustoso. Aiuterà la digestione. Ottimo il vino macedone e veramente squisito il piatto di carne, che mi ricorda un misto tra il bollito di carne di manzo e un vero e proprio "falso magro". Valeva la pena venire in questo ristorante.
Il pomeriggio lo trascorro per le vie di Atene ed ho come meta il Tempio di Zeus. Vado a piedi anche, se è un po' lontano da Piazza Omonia. La lunga camminata mi fa bene e trovo stupefacente questa zona archeologica della capitale. Straordinarie sono le colonne che lo caratterizzano e molto bello è l'arco che dà sulla strada, purtroppo molto frequentata dalle auto che mi impedisce di osservarlo con attenzione e, soprattutto, con la necessaria meditazione. Mi dispiace non averlo potuto riprendere con una macchina fotografica. E' troppo bello per non osservarlo con ammirazione. La stanchezza si impadronisce delle mie membra e capisco che è l'ora di battere in ritirata nelle vicinanze dell'albergo per trascorrere le ultime ore della serata che preannuncia la partenza. L'indomani sarò indaffarato per preparare la strategia del viaggio di rientro. Mi attende di nuovo l'autobus X95 che mi ha portato dall'aeroporto ad Atene. I tre giorni sono letteralmente volati ed io mi ritrovo a meditare come al solito che ad ogni partenza segue implacabilmente un ritorno, questa volta un po' più triste delle altre volte. Ma mi sento appagato da tanta gioiosa bellezza che ho potuto vedere in questa breve vacanza.
La mia vacanza ateniese non si può assolutamente paragonare a quelle precedenti, per il semplice motivo che Atene non può non rappresentare per me, così come immagino per altri, il mondo dell’infanzia e delle prime conoscenze apprese a scuola. Non è facile in questo caso isolare dal contesto del viaggio tutto ciò che è dovuto alla psiche e ai ricordi e tenerlo fuori dal diario di viaggio. A mio parere, non si può parlare di un semplice viaggio turistico ma, caso più unico che raro, è necessario anche accettare il riaffiorare di idee elaborate nel corso di decenni di riflessioni che possano permettere di inquadrare correttamente il viaggio ad Atene anche nel contesto psicologico di una visita a un museo all'aria aperta, qual è secondo me Atene e accettare l'idea che non si può fare a meno del senso della cultura occidentale che qui si prova con accenti forti e potenti. Atene rappresenta, per tutti quei giovani che come me hanno studiato a scuola la cultura ellenica, l’universo del sapere filosofico, letterario, politico, teatrale e artistico ma anche il mondo dell’infanzia e della giovinezza. Aggiungo altresì le sensazioni uniche che ho provato nel visitare questi luoghi cari e famosi, mitizzati per tanti anni, e si potrà avere un minimo di giustificazioni per l'enfasi che sto ponendo su questa straordinaria visita nel continente europeo. Potrà sembrare strano ma posso confessare candidamente che non ho provato mai delle emozioni così forti come quelle provate qui ad Atene. Aggiungiamo anche che il periodo dell’anno in cui essa si è svolta è stato diverso dai precedenti e come è noto cambiando stagione, si sa, cambiano anche le sensazioni. Il clima poi non è una variabile indipendente che possa essere o diventare irrilevante. Dunque, condiziona nel bene e nel male le emozioni della visita nei luoghi del viaggio. Sembrerà strano ma cambiare stagione di viaggio e abbigliamento mi hanno impedito di provare le solite emozioni estive dei miei precedenti viaggi. Le stesse abitudini orarie, che normalmente caratterizzano e scandiscono i tempi delle giornate dei miei viaggi estivi sono state differenti dal solito. E questo cambia un po' le cose. E, poi, tra folate di vento freddo nelle larghe strade e nella ampia piazza del Parlamento e improvvisi sprazzi di caldo sull'Acropoli o nelle vie strette della parte vecchia della città ho trascorso più tempo a cambiare abbigliamento per proteggermi dal “freddo-caldo” che a girare per Atene. Il mio giudizio sulla visita è ottimo. Non credevo mai e poi mai che un uomo di scienza come me, con la mia cultura scientifica e le mie "certezze" del mondo della scienza, avrei potuto emozionarmi davanti ai luoghi della cultura classica! Davanti alle colonne rimaste nell'Agorà dove passeggiarono i grandi filosofi greci mi sono commosso. Cosa si può vedere di più grande dei resti della civiltà greca? Vedere poi a due passi dall'Agorà antica quella romana, con il busto di Traiano, con una chiesetta bizantina del nono secolo, una moschea (senza minareto) del sedicesimo secolo, la Torre degli Otto venti, ditemi, cos'altro si desidera vedere di più?
Il viaggio di ritorno avviene in serata, al tramonto, con decollo e atterraggio senza luce diurna. Vorrei concludere questo breve resoconto di viaggio, se mi è consentito, citando di nuovo Robert Byron quando egli, dopo il lungo viaggio in auto da Londra ad Atene alla fine rientra a casa nel freddo inverno della campagna inglese, dice: "Mentre mi chinavo in avanti per riscaldarmi le mani al calore del fuoco, provai un orgoglio di razza, l'orgoglio di essere, oltre che inglese, europeo". Ebbene, anch'io come Byron, soddisfatto del meraviglioso viaggio effettuato in terra ellenica sono orgoglioso di essere oltre che italiano ed europeo, anche un po' greco. E' il minimo che posso dire dopo le straordinarie sensazioni e i piacevoli ricordi che Atene mi ha regalato. Ciao Atene, ciao Grecia. La vacanza è finita. Vi penserò con piacere e con tanta gratitudine. Al prossimo viaggio! Dove? Ad Helsinki. Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
AMSTERDAM Nederland
LONDRA Great Britain
PARIGI France
VIENNA Österreich
MADRID España
LISBONA Portugal
BERLINO Deutschland
PRAGAČeské Republika
DUBLINO Ireland Dublin
ATENE Ελλάς Αθήνα
STOCCOLMA Sverige
HELSINKI Suomi
LUBIANA Slovenija Ljubljana
NICOSIA Cyprus Lefkosia
LA VALLETTA Malta
SOFIA Бългaри София
BUCAREST Romania Bucureşti
BRATISLAVA Slovensko
BRUXELLES Belgio
BELGRADO Srbija Београд
OSLO Norge
ZAGABRIA Hrvatsk
TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

Mappe e manuali di viaggio adoperati nella mia vacanza ad Atene.







martedì 3 aprile 2007


Il treno che fa 574,8 chilometri l'ora.

Esaltante, fantastico, elettrizzante. Guardando il TGV francese battere il record di velocità su rotaia a 574,8 km/h ci siamo sentiti francesi, ma anche tedeschi, giapponesi e uno dei tanti cittadini dei paesi che si sono e si stanno misurando a colpi di km/h per realizzare treni sempre più veloci e sicuri sui binari. Ci siamo sentiti cittadini del mondo, della Terra, al di là delle frontiere e delle dogane, dei lacci e dei lacciuoli che inchiodano le nazioni e i paesi a ostinarsi a non considerare il pianeta come una sola entità. Ci siamo sentiti orgogliosi della scienza, della fisica e di tutte le altre scienze che concorrono a fornire all'uomo strumenti di progresso e di pace. Perchè, questo è il bello della scienza: la velocità di un treno, ma anche di altri mezzi di locomozione, è una grandezza fisica, un parametro quantitativo che serve per migliorare la capacità dell'uomo di muoversi tra le città che sta alla base della società moderna. Oggi è stata una bella giornata. Si. Oggi siamo contenti di appartenere all'umanità.

Support independent publishing: buy this book on Lulu.