lunedì 23 marzo 2015

La strana classe dirigente del Pd romano.


Questo post non è diretto contro il Sindaco di Roma, né contro l’opposizione di centrodestra al Comune. Non abbiamo alcuna intenzione di sparare sulla Croce Rossa. Per differenti motivi ne sono entrambi esclusi. Nel caso del Sindaco Marino perché è ormai manifesto che è un corpo estraneo alla politica romana del centrosinistra e rappresenta un vero e proprio marziano a Roma, sulla falsariga del piacevole racconto satirico-fantascientifico di Ennio Flaiano. Il centrodestra romano invece perché anche qui è manifesta la sua natura, questa volta indigena e indecorosa, di raggruppamento politico che ha sempre considerato il Campidoglio come una eredità personalistica del passato fascista e, dunque, come di qualcosa di sua proprietà da depredare. Il post è viceversa diretto contro la scandalosa e scellerata condotta dei Sigg. Consiglieri comunali del Pd, degli amministratori del partito e di tutto il collateralismo politico che ne sostiene la matrice e l’identità di appartenenza alla sinistra (l'immagine si trova in *neXt quotidiano*).
Lo diciamo subito e senza ombra di dubbio: il Pd romano non va bene. Detta così può sembrare una piccola faccenduola. Il fatto è che non ci siamo proprio. Vediamo pertanto di mettere i puntini sulle i, perché una nostra opinione non è più rinviabile dopo le ondivaghe, nervose e inefficaci risposte che questo Pd romano ha dato e continua a dare ai cittadini della Capitale soprattutto dopo i recenti fatti gravissimi di criminalità. Certe volte ci siamo chiesti con perplessità se non esiste uno iato tra il vissuto politico degli amministratori romani del Pd e lo spazio-tempo nel quale vivono, perché sembrerebbe che si tratti di persone che vivano in un altro mondo, ad esempio in un piccolo paesello del profondo e lontanissimo Sud e fanno politica con criteri e modalità peculiari da paesello di montagna siculo-calabrese.
La premessa a questo ragionamento sta nella domanda di chiarezza che il Pd romano rifiuta “orgogliosamente” di dare nonostante il cattivo olezzo che emana su tutto ciò che proviene dalla classe politica romana del Pd. Ma andiamo per ordine.
Di solito quando si scrive un post contro qualcuno o qualcosa lo scritto contiene una pars construens e una pars destruens. Com’è noto, dopo qualche fittizia lusinga, con la pars destruens si desidera “picchiare duro” sugli aspetti sfavorevoli alla persona o alla cosa di cui si parla. Orbene, nel nostro caso quando si descrive il Pd romano si presenta una singolarità che disorienta. L’anomalia riguarda il fatto che nonostante ci si sforzi in tutte le maniere è quasi impossibile trovare temi e argomenti favorevoli che lo riguardano e di cui essere orgogliosi. In altre parole, è impossibile scrivere alcuna pars costruens pro-Pd romano, perché questa associazione non certo onlus ha tutto meno che aspetti benevoli e manifesta costumi politico-morali non certamente da libro Cuore di cui esserne fieri. Sperare che il Pd romano facesse politica come i partiti socialisti scandinavi è come pretendere che Ponzio Pilato avesse dovuto difendere “senza se e senza ma” Gesù nella famosa scena pilatesca del lavaggio delle mani. In pratica il Pd romano maneggia soldi, potere e rapporti economico-finanziari con disinvoltura in un modo che produce sempre, come dimostrano le diverse indagini della magistratura, delle irresponsabili degenerazioni frutto della svendita dei valori e funzionale alla politica degenerata di questa cricca, che è tutto meno che esemplare ed educativa.
Proviamo a metterci nei panni di un cittadino romano medio che si chiede che razza di amministratori sono i suoi referenti politici per cui ogni anno spuntano immancabilmente scandali, indagini giudiziarie relative a tangenti e fatti criminali. Ebbene, mai abbiamo visto a Roma membri del Pd romano fare autocritica e promettere un vero cambiamento, convalidato ovviamente da risultati concreti. Due sono le proposte critiche che ci sentiamo di suggerire alla dirigenza del Pd romano al fine di togliere loro qualunque alibi.
In primo luogo la disponibilità a lavorare per il “bene comune”. Attenzione. Bene comune non significa lavorare per gli amici. Al contrario. Scriviamo questo ahimé con la forza della disperazione, animati dalla voglia di chiedere alla dirigenza del Pd romano onestà, trasparenza e soprattutto comportamenti valoriali coerenti in Consiglio Comunale volti a produrre norme a favore di tutti i cittadini e non solo di pochi. Roma oggi è una città allo sbando e molti politici che hanno incarichi di prestigio nel Pd romano non solo non hanno mai denunciato imbrogli ma alcuni hanno addirittura aderito al “progetto criminale” di depredare la città sottraendo risorse e permettendo un vero e autentico secondo sacco di Roma. Mai abbiamo sentito o letto di proteste dei dirigenti del Pd, con relativa valida opposizione in Consiglio Comunale, contro atteggiamenti prevaricatori e contrari al senso morale che avrebbe dovuto essere una delle caratteristiche positive del modus operandi dei politici della sinistra riformista.
In secondo luogo censuriamo il disinteresse del Pd romano per il vuoto di idee e di provvedimenti in grado di sintonizzarsi sulle ragioni e i desideri dei cittadini. Sui diritti e le aspirazioni dei cittadini non su insulse questioni di lana caprina interna al partito che interessano pochissimo i cittadini e i loro desideri. Gli abitanti di Roma si sono sempre aspettati dal Pd romano rigore etico, correttezza, trasparenza e provvedimenti che li aiutassero a superare le avversità della vita romana, almeno dal punto di vista del funzionamento dei servizi. Invece il Pd romano ha prodotto solo guadagni funzionali agli interessi personali dei politici romani, creando nei cittadini sconcerto, delusione e conseguente indifferenza verso la politica municipale. E’ gravissimo che nessun “compagno e compagna” abbiano mai tentato di fare squadra e sistema nell’interesse dei cittadini, soprattutto nel campo dei servizi. Un esempio è il sistema dei trasporti.
Il trasporto a Roma versa in uno stato pietoso che fa vergognare di essere in un paese civile. E tutti fanno finta di niente. A Roma arrivano turisti da tutto il mondo. A Roma opera il Vaticano che è il centro del Cattolicesimo mondiale in grado di riversare nella città milioni di pellegrini di tutti i paesi del mondo con conseguenze positive sull’economia della città. E il Pd romano tutto fa tranne che migliorare le cose, penalizzando i finanziamenti volti a creare una rete di trasporti efficiente e gradevole come si trovano in tutte le altre capitali del mondo. Prendiamo la metropolitana della capitale e analizziamone i difetti. Treni sporchi e vecchi. Orari insufficienti ai bisogni dei cittadini. Sporcizia dappertutto. Tunnel di entrata e di uscita che fanno inorridire per l’incuria, le infiltrazioni d’acqua e l’abbandono. Assenza di controlli ai tornelli. Falsificazione di biglietti e lucro sistematico che penalizza il bene comune e nessuno mai paga per questi fatti immorali. Nessun controllo e assenza totale di sicurezza. Mai un solo riguardo al trasporto urbano. Uno strazio. Si tratta di una vera e propria follia collettiva. Come mai il Pd romano non ha mai fatto nulla per la rete metropolitana di Roma? Eppure tranne lo sfacelo della Giunta Alemanno hanno sempre governato sindaci del Pd romano! Se non si hanno idee allora o ci si dimette perché incapaci oppure si va all’estero a imparare come funzionano colà i trasporti e si copia l’eccellenza degli altri. Un esempio? La metropolitana di Mosca. Possibile che una parte piccolissima del cervello dei politici del Pd romano non sia mai stata messa in funzione per copiare quel capolavoro di metropolitana moscovita che fa invidia a tutti i cittadini del mondo? Possibile che una piccolissima area dello stesso cervello dei medesimi amministratori del Pd romano non sia mai stata messa in funzione per riuscire a memorizzare un modello di metropolitana molto diverso dall’attuale che avrebbe fatto felici i romani? Eppure là hanno realizzato ben 12 linee di metro stupefacenti e sbalorditive mentre qui siamo nella più totale inadeguatezza, con due linee piene di sporcizia e invivibilità. Perché questa negligenza ingiustificabile?
Passiamo a un altro esempio di inaudita gravità per gli amministratori capitolini del Pd romano: l’inazione della Polizia municipale e la sua incapacità ad essere sempre presente e al servizio dei cittadini per migliore la qualità della vita all’interno della città. Uno sperpero di denaro pubblico nello stipendiare migliaia di operatori inadeguati sotto il profilo psicologico e professionale. Tacciamo per carità di patria la qualità dei servizi delle Municipalizzate, come Acea, Ama, Atac e altre (di Roma Metropolitane abbiamo detto prima), le quali invece di operare per abbassare i prezzi dei servizi (acqua, elettricità) fanno a gara ad aumentarli e derubare le tasche degli utenti. Ecco cosa contestiamo ai “compagni e alle compagne” che dirigono il Pd a Roma. Hanno una sola via d’uscita per rimediare: collaborare col Commissario e creare le basi per una rinascita del Pd romano (se mai sarà possibile) per realizzare gli obiettivi prima accennati. Siamo molto scettici. Ma a tutti deve essere data una possibilità. L’alternativa è la certificazione del disastro di una federazione provinciale del Pd che fa vergognare gli iscritti, fa arrabbiare la popolazione e tutti gli italiani che hanno a cuore la Capitale. Le responsabilità del Pd romano non si fermano alle sole responsabilità politiche. Nel caso della Metro di Roma, per esempio, le responsabilità di questa allegra e sotto tono combriccola di politici casarecci sono profonde più che mai prima di tutto sul piano culturale e antropologico. Tra l’altro esse non salvano i Vertici di Roma Metropolitane che in questo caso specifico hanno oneri e colpe dirette gravissime nella conduzione dell’azienda. Eppure gli stessi Vertici aziendali non sono mai stati destinatari di alcun provvedimento di rimozione da nessun Sindaco di Roma. Segno che l’omertà, la corresponsabilità, la contiguità e la solidarietà criminale hanno caratterizzato dei veri e propri sodalizi delinquenziali orientati a punire i cittadini privandoli dei loro più elementari diritti che sono l’uso dei servizi pubblici con stipendi privilegiati dati ai loro dirigenti da fare vergognare anche i sassi. Paradossalmente dopo aver lucrato tangenti e posti di lavoro tipici di una società feudale costituita da vassalli, valvassini e valvassori o con linguaggio militaresco di capi, luogotenenti e aiutanti si sente in giro il tentativo retorico di "scatti di orgoglio" e di cambiamenti improvvisi della politica del Pd romano che dovrebbero riconquistare la fiducia dei cittadini. Sappiano questi Signori che l’orgoglio è cosa buona e giusta quando si vedono i risultati. Finora nei settori segnalati sopra non c’è un solo indicatore che dica il contrario. In più di trentadue anni di vita a Roma noi non abbiamo mai visto né sentito dire che un solo Presidente di Roma Metropolitane abbia mai viaggiato in una di quelle carrozze stipate all’inverosimile negli orari di punta sia per verificare le condizioni del trasporto, sia per rispetto dei cittadini che soffrono delle inadeguatezze imposte dalla dirigenza di questa pessima Municipalizzata. La rinuncia al controllo del buon funzionamento dei servizi è la vera condanna che cala sulla testa di questi nostri illustri concittadini come una mannaia di giudizio negativo per il loro operato. Vorremmo concludere questo lungo post proprio sull’assoluta inconsistenza socio-culturale della classe dirigenziale e politica del Pd romano che ha manifestato sempre la sua natura sull’idea della malattia di Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile di casa), cioè che questi non sono fatti che ci riguardano. La loro idea è quella che non si sentono colpevoli di nulla quando invece sono dei veri e propri rei morali e diretti. Cambierà? Noi siamo scettici.

domenica 15 marzo 2015

L’enigma Tosi e la lotta per il governo regionale del Veneto.


Vediamo un po' come stanno le cose in Veneto. La corsa alle elezioni regionali per la poltrona più importante che ci si sia nella ex "Repubblica veneziana" si fa più incandescente e interessante. La spaccatura del Carroccio (ormai la Lega Nord con Salvini è talmente meneghinizzata che non ha più senso parlare di Liga Veneta) sta facendo aumentare le probabilità di vittoria degli avversari. Non sappiamo quanto il Sindaco di Verona sia forte nell'intero Veneto. Sappiamo però che anche poche unità percentuali in meno possano far vincere l'Avversaria cortese, quella Moretti che "tomo tomo cacchio cacchio" rappresenta il vero pericolo per l'attuale governatore Zaia, oggetto del contendere leghista. Zaia è un fedelissimo di Salvini. E’ un vero e proprio esecutore di ordini lombardi e sta giustamente molto a cuore al Segretario della Lega Nord. La ragione dello scontro interno alla Liga Veneta sta tutta qui. La scelta interna al “Partito dei veneti” sta nella opzione tra un Governatore veneto che privilegi gli interessi dei veneti in modo culturalmente significativo o un Governatore che sia l’Attendente del Capo, in grado di far digerire all’intera classe politica veneta il rospo delle pessime alleanze di Salvini con la più retriva, conservatrice, xenofoba e razzistica concentrazione politica nazionale che si sia mai vista all’interno dei confini italiani. Il "far finta" di niente di Salvini, tipico atteggiamento dell’uomo solo al comando (non per nulla si chiama di nome Matteo), nell’aver imbarcato il peggio del neofascismo romano è una vera e propria provocazione per i veneti che hanno a cuore gli ideali dell’antifascismo ma anche del pragmatismo e della funzionalità della politica. Sull’antirazzismo dei veneti ci andremmo con i piedi di piombo perché a nostro giudizio i veneti non sono razzisti ma sono stati costretti a diventarlo per il modo in cui la sinistra prima e il berlusconismo dopo hanno imposto alla PMI di fare le valigie e andare all’estero. Francamente il popolo veneto non meritava di essere trattato come dei lestofanti e piccoli evasori da un concentrato micidiale di sinistrismo invidioso da una parte e di creatività finanziaria furbesco-contadina del tremontismo berlusconiano lombardo dall'altra. La ragione del contendere è che i veneti sono la popolazione più lavoratrice che esiste in Italia. Superano i sudtirolesi dell’Alto Adige e di parecchio i lombardi. Con tutti gli altri non c’è partita, perché più ci si allontana dal Veneto e più l’indolenza, la malavoglia inoperosa e la pigrizia italica diventa meridionalistica e, quindi, parassitaria. Noi non siamo in grado di prevedere il risultato delle elezioni regionali in Veneto. Siamo però dell’avviso che potrebbero riservare delle sorprese rilevanti per i possibili scenari che potrebbero aprire nella curiosa politica nazionale che vede un altro uomo solo al comando della nave, con una parte della ciurma che si è ammutinata al richiamo del peggiore sinistrismo. Noi speriamo che il Veneto - come parte più efficiente e significativa del paese che si riconosce nei valori della grande tradizione veneziana nel campo economico-culturale - non venga penalizzato dallo scontro di bottega tra piccoli politici regionali che perseguono interessi limitati all’oggi. I veneti meritano molto altro e non dimentichiamo che alcune decine di anni fa furono il vero motore economico, e non solo, dell'Italia. Te capì?

venerdì 13 marzo 2015

Il coraggio dell'uomo solo al comando.


Un uomo solo al comando che decide (nel bene e nel male) oppure molti uomini insieme che non decidono (nulla)? Ecco la domanda che ci siamo posti all'indomani della presentazione da parte del premier Renzi del ddl relativo alla "Buona scuola". Si, ci sono state le solite diapositive che hanno fatto da sfondo alla spiegazione del contenuto della riforma della scuola. E allora? Lo abbiamo ascoltato con interesse e curiosità. Ecco in breve cosa pensiamo di questo ennesimo tentativo di riforma del funzionamento della scuola mai riuscito a nessun governo se non pezzetti, tesserine di mosaico, faccenduole private, che hanno finora fornito ai sindacati o ai partiti o alla Chiesa cattolica interessi di bottega.
Intanto facciamo chiarezza su un punto essenziale della questione. Su qualsiasi riforma che possa essere presentata da un qualsiasi premier, non ci sarà mai unanimità o, peggio, disponibilità ad ascoltarne le ragioni. Anche se un Essere Superiore "in persona" presentasse il migliore disegno di legge dell’Universo la maggioranza degli italiani la criticherebbe comunque per mille motivi. Dunque, toglietevi dalla testa che qualcuno - e meno che mai l'odiato Renzi - possa ottenere non diciamo maggioranza ma addirittura consenso. Non entriamo nel merito delle ragioni di questo comportamento. Diciamo solo che è necessario prendere atto che la litigiosità dell'informazione e dei soggetti istituzionali in Italia impedisce qualunque discorso serio sui contenuti perché il discorso sulla scuola è sempre stato in Italia ideologico e basta.
Del discorso di Renzi ci ha colpito la competenza manifestata su ogni aspetto delle tematiche scolastiche affrontate. Altro aspetto positivo che ci ha meravigliati è stato il lessico adoperato. Non una sola sbavatura, nessun errore, nè di linguaggio nè di quadro conoscitivo. Insomma, una perfetta competenza su tutti gli aspetti trattati. Ci basta questo per avere comprensione per alcuni temi scottanti da lui affrontati con la solita temerarietà. Non entriamo ovviamente nel merito dei dieci temi proposti. Ci vorrebbe un libro per essere completi.
Prima di concludere vogliamo proporre alcune domande banali: quanti di voi sanno che cos'è l'organico funzionale? Conoscete la differenza tra flessibilità didattica e organizzativa? Sapete che differenza passa tra orario di cattedra e orario di servizio? E quale differenza c’è fra organico di fatto e organico di diritto? No? E come volete giudicare una riforma se non conoscete l'abc del linguaggio della scuola? Si? E allora diteci quali sono le criticità da voi individuate e perché! E cosa avreste proposto voi al posto di Renzi?
Il fatto vero è che questo Paese è sempre stato governato da persone che avevano tutto l’interesse di non decidere. Solo non decidendo si sono presi l’intero potere politico, sindacale ed economico della scuola. I sindacati hanno fatto soldi e carriere sulla non decisione. I politici hanno cercato di metter insieme il diavolo e l’acqua santa (ricordate l’inciucio tra PCI e DC nella politica scolastica?) e hanno peggiorato il sistema scolastico trasformandolo da una perla che era a una capsula di cianuro che è, rovinando una ottima scuola per ideologia e solo per ideologia. Perché la scuola di oggi è una vera e propria perversione educativa. Solo il potere giudiziario le sta a ruota e ne vediamo ogni giorno gli effetti perversi delle decisioni in centinaia di sentenze ingiuste. Almeno questo testardo e ambizioso toscanaccio sta tentando di realizzare qualcosa di diverso e forse di meglio. Sicuramente non potrà peggiorare qualcosa che attualmente è al massimo del suo degrado. E poi, la garanzia della bontà della proposta ce la danno in modo lampante gli avversari di Renzi che sono tutti d’accordo tra di loro. Francamente, vedere criticare Renzi da opposte personalità come Brunetta e Camusso, Meloni e Fassina, Salvini e Vendola, i Centri sociali e il neofascismo razzista, ci fa capire che quasi con certezza la proposta di Renzi è proprio la migliore. Te capì?

mercoledì 11 marzo 2015

Berlusconi assolto. W la Giustizia.


Noi non abbiamo mai avuto dubbi. La notizia è di quelle buone e dovrebbe fare felici tutti gli italiani. Berlusconi è stato assolto dall'ennesimo tentativo di ri-condannarlo. La Cassazione ha fatto il miracolo di trovare finalmente la verità vera e lo ha assolto con formula piena. Non ci fu prostituzione. Ha sempre ignorato che la ragazza marocchina fosse minorenne. E la famosa telefonata fatta in Questura non ha mai dato l'impressione che stesse abusando della sua qualifica di Capo del Governo per condizionare i vertici dell'Istituzione della polizia milanese e far rilasciare la giovane alla Consigliera regionale Michetti. Questa è la verità processuale bellezza! Che possa piacere o meno è la verità processuale. Lo hanno deciso i giudici. D'altronde lo si sapeva. Cos'altro avrebbe potuto fare la Cassazione? Lo avrebbe dovuto condannare di nuovo? Via. Cosa volete ancora fargli fare dopo i servizi sociali? La galera? In una società condannata al lassismo, all’utilitarismo e al buonismo, in cui nessun condannato sconta la pena, in cui la gente sogna solo - come diceva Ennio Flaiano - di fare il bagnino per non lavorare e godersi la vista delle le belle donne seminude in spiaggia, si voleva condannare un innocente? Non si può. Prostituzione? Ma quale prostituzione volete che fosse quella di un signore anziano e ricchissimo, che si incontra a casa sua con alcune donne anziane in cerca di denaro e di piacevoli svaghi? E poi, come avrebbe potuto capire che la giovane signorina con cui si appartava avesse meno di 18 anni? Ormai ci sono delle quattordicenni che sembrano delle ventinovenni e volete voi che un signore ricco che crede di andare a letto con l’anziana nipote di Mubarak si potesse accorgere che ancora mancavano alla donna una manciata di giorni ai fatidici 18 anni? Ma non ci riesce neanche la CIA con la “macchina della verità" e avrebbe dovuto accorgersene proprio lui che generoso e amicone com’è quelle sere raccontava barzellette a tutto spiano? Certo rimane la telefonata al Dirigente della Questura. Ma è arcinoto che nessun Dirigente pubblico si sarebbe mai prestato a farsi condizionare da chicchessia. Com'è noto la Dirigenza pubblica in Italia è piena di Dirigenti correttissimi, irreprensibili, che sono animati da uno spirito di servizio ammirevole e degno di esempio e che soprattutto svolgono il loro lavoro con una dedizione etica e una condotta morale esemplare. Mai e poi mai un Dirigente pubblico avrebbe deciso di fare un favore a un politico, in una faccenda minorile, soprattutto in relazione alla serietà della Consigliera regionale del partito di Berlusconi (peraltro famosa per il suo spirito di sobrietà e di dedizione al bene dell'Assemblea Regionale meneghina) alla quale avrebbe dovuto consegnare la minore. Certo, rimane anche il caso del giudice minorile che voleva a tutti i costi inviare la matura nipote di Mubarak in un centro minorile. Ma qui si sarà trattato evidentemente di incomprensione, dovuto all'ora tarda della telefonata. Orsù, dobbiamo essere tutti felici e con l'occasione dovremmo augurare a Silvio Berlusconi che adesso goda della sua consolidata sobrietà, tipica della sua specchiata personalità di generoso e altruistico imprenditore che ha fatto il sacrificio di scendere in politica solo per il bene dell’Italia. Te capì?

lunedì 2 marzo 2015

Il documento in italiano dello “Stato islamico”: brevi considerazioni di carattere linguistico.


Per curiosità abbiamo letto alcune pagine del famoso documento in italiano del Califfato islamico che dovrebbe servire ai militanti musulmani di propagandare le idee dello Stato islamico, in arabo chiamato الدولة الإسلامية con l'acronimo داعش, e fare proselitismo. Diciamo subito che non lo abbiamo letto tutto, anche perché 64 pagine sono troppe. Ci siamo fermati alla ottava-nona pagina e crediamo che possano bastare per avere un’idea di colui che le ha scritte. Noi non siamo studiosi di linguistica. Dunque, non ci riconosciamo le competenze tecniche specifiche necessarie per fare un’analisi lessicografica o glottologica completa del testo. Tuttavia abbiamo la capacità di comprendere quando un testo è scritto bene da uno che è scritto male. Vediamo pertanto di comunicare le nostre idee circa l’Autore del testo.
La prima cosa che ci viene in mente riguarda le caratteristiche tecniche di tipo informatico del documento. Esso è un file pdf di 64 pagine che occupa 7,48 MB di memoria, completo di tutti gli elementi di multimedialità. E’ stato creato recentemente, il 3 dicembre 2014 alle 17.50, ed è una versione pdf 1.5 (Acrobat 6.x) . Inoltre, non è protetto se non nei commenti, nella firma e nel montaggio. Segno questo che chi lo ha prodotto ne abbia voluto permettere intenzionalmente la diffusione e la manipolazione attraverso per esempio la stampa. Ultima nota tecnica è che sono presenti nel documento testi scritti con ben tredici font diversi, dal Times new Roman all’Andalus etc. e un uso eccessivo del colore del testo medesimo. Non è nulla di eccezionale sia chiaro, tuttavia è un prodotto informatico più che accettabile.
La seconda cosa che desideriamo mettere a fuoco è l’ottima conoscenza della lingua italiana di chi lo ha scritto o di chi lo ha revisionato. Molto probabilmente è stato tradotto dall’arabo ma non si hanno prove. Dunque, non possiamo escludere che sia stato scritto dall’Autore con molti errori che sono stati eliminati in seguito all’intervento di un correttore. Noi tuttavia ci siamo fatti l’idea che chi lo ha scritto e chi lo ha corretto sono verosimilmente la stessa persona. Possiamo sbagliare ma l’ipotesi è questa. Ritorneremo alla fine sulla personalità dell’Autore. Adesso ci preme presentare alcune osservazioni di carattere linguistico relative al testo che riteniamo importante comunicare.
Cominciamo dal titolo, che recita testualmente come segue: “Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare”. Avete notato bene che non dà il lei ma il tu. Nello stesso tempo usa il verbo volere al condizionale. Dunque, lo Stato Islamico ha entrambe le iniziali con le lettere maiuscole e si rivolge al lettore con “ti vorrebbe” e non “le vorrebbe” comunicare. Forse la ragione di questa confidenzialità sta nel fatto che egli desidera comunicare con qualche giovane italiano parlandogli direttamente e informalmente col confidenziale tu piuttosto che col freddo e formale lei in modo tale da convincerlo a sposare la causa dello Stato islamico. In ogni caso adopera il modo condizionale presente. Cioè indica un’azione che avviene a patto che se ne verifichi un’altra.
Le quattro immagini iniziali hanno tutte lo stesso elemento cromatico fondante, che è il colore nero. Nera è la bandiera, nero è l’abbigliamento delle donne fortemente velate col niqab, nero è il logo della polizia e nera è di nuovo la bandiera questa volta svolazzante. Non dimentichiamo che il nero e il bianco nel simbolismo cromatico islamico sono due colori che hanno un significato contrario a quello occidentale: da noi il nero è lutto, da loro il lutto è il bianco.
Sempre nella prima pagina c’è subito l’indice che sembra un indicatore composto in maniera molto semplice, addirittura casalinga. Ci ricorda quello che viene proposto in modo standard nelle tesi di laurea delle università italiane: numero del paragrafo, titolo del paragrafo, una lunga serie di puntini e, alla fine della riga, il numero di pagina scritto in maiuscolo (Pag.1). L’aspetto strano è la sovrabbondanza del colore del testo. Nelle università occidentali si usa solo il colore nero, simbolo di neutralità e di convenzionalismo. Qui c’è di tutto. Sembra la palette di un artista del colore. In pratica ci sono tutti i colori dell’arcobaleno. Cosa vuol dire questo particolare? Semplice. Chi lo ha scritto è un perfezionista, meticoloso nella scelta degli aggettivi e rigoroso nella descrizione delle idee, che vuole comunicare a chi lo legge che è un entusiasta ottimista del Califfato e perciò lo propone all’attenzione comunicando emozioni date anche con la policromia.
A pag. 3 l’analisi entra nel testo vero e proprio e la lettura comincia a far emergere alcune caratteristiche personali interessanti dell’Autore. In primo luogo, da buon musulmano, egli inizia con la basmala, cioè con l’incipit della prima Sura Al-Fâtiha del Corano: “In Nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso”. Immediatamente dopo presenta lo scopo del documento dicendo quali sono le sue intenzioni e perché è necessario leggere questo testo. In questa pagina iniziano a delinearsi alcuni particolari dello stile. Periodi lunghissimi. In una sola frase (da punto a punto) si notano un alto numero di parole (in un caso ben 73!) e di proposizioni legate tra di loro dalla sola virgola. Mai che la separazione fosse effettuata, come sarebbe giusto, dal punto fermo. Ci ricorda gli scritti arabi coranici del passato in cui non esiste il punto e neanche la virgola ma solo e soltanto la congiunzione “ua” che in italiano significa “e”. Noi non abbiamo visto il testo arabo, dunque l’analisi può essere proposta solo sul testo italiano.
Particolare interessante è che nella stessa pagina viene riportato il verbo avere alla terza persona plurale dell’indicativo presente, scrivendo “han” e non ”hanno”. Segno che lo scrivente ha una conoscenza libresca e molto probabilmente ha studiato su una grammatica desueta, vecchia di molti decenni fa.
Ancora a pag.3 si nota la presenza del pronome possessivo usato con la lettera maiuscola (Suo) perché è riferito a Dio (Allah). Segno che si tratta di un musulmano devoto quando si rivolge all’Onnipotente.
A pag. 4 c'è un particolare interessante che mostra una capacità linguistica non superficiale dello scrivente. Dice: "vengono sfruttati per supportare le spese militari e non". Dice proprio: spese militari e non. Quel troncare la frase dopo la negazione può avere il significato di far emergere aspetti pragmatici ai danni della perfezione stilistica perché è stringente la determinazione di colui che non ammette la possibilità di lasciare ambiguità. E poi c'è il verbo "supportare" che è un verbo stilisticamente rozzo e volgare. Manca poco che si incontra un "quant'altro" o un “nella misura in cui” e siamo a posto.
Sempre a pag.4 usa la lettera maiuscola quando parla dello Stato Islamico mentre adopera la lettera minuscola nei casi di stato generico. Segno che fa differenza rivolgersi al suo Stato e non a uno stato qualunque e indefinito. Certamente è un conoscitore della grammatica e non uno sprovveduto. Usa aggettivi qualificativi tipicamente di carattere musulmano fondamentalista, presenti nelle pagine del Corano, quali: “miscredenti, apostati, etc.”.
Usa la traslitterazione in forma corretta. Per esempio adopera il segno dell’apostrofo (‘) per rendere la hamza araba. Sottile è poi, sempre nella stessa pagina, la distinzione tra Fay’ (fa/ia/hamza) e Ghanima (gain/nun/mim) entrambi traduzione della parola italiana “bottino”, perché il primo è un bottino di guerra preso dai musulmani agli infedeli senza combattimento, ottenuto per esempio perché la popolazione è scappata, mentre il secondo è un bottino come preda di guerra ottenuto per conquista militare (si veda il Renato Tràini, Vocabolario arabo-italiano, Napoli, Istituto per l’Oriente). Segno che conosce la storia della islamizzazione dell’intero nord Africa, del medio Oriente e dell’estremo Oriente. Non ci stupiremmo se venissimo a conoscenza che ha letto il libro degli straordinari viaggi di Ibn Battuta.
A pag.6 usa il termine inglese coverage al posto di copertura. Questo inglesismo stona nella logica della traduzione italiana. Segno che l’influenza della lingua inglese fa sentire il suo effetto.
Sempre nella stessa pagina l’Autore mostra di conoscere molto bene l’arabo classico. Infatti, nel saluto di pace tipicamente religioso Assalamu ’alaikum warahmatullahi wabarakatuhu alla fine mette il pronome possessivo “hu” (Suo) attaccato nella parte finale alla parola BarakatuHu (come deve essere), con la lettera maiuscola e non minuscola. Usa tuttavia la vocale “o” al posto della “u” nella parola alaykom invece di alaykum, segno di una storpiatura dialettale. Nella stessa pagina si nota l’uso corretto del congiuntivo italiano. “Sappi che …, compiaccia …”.
Altro elemento caratteristico del testo è l'assenza totale del parlare figurato. Non ci sono espressioni retoriche più o meno colorite, nè modi di dire che rimandano a immagine e figure. Tanto per essere chiari non si trovano espressioni del tipo "non riesci a cavare un ragno dal buco". Un altro segno che aumenta la probabilità che l'Autore non sia di nazionalità italiana.
E veniamo alle conclusioni. Le continue e ricorrenti citazioni coraniche e la sistematica e pervasiva visione ottimistica della vita (il Bene vince sul male) che appare sullo sfondo della descrizione dell’organizzazione del Califfato islamico permettono di intravvedere nell’Autore le evidenti caratteristiche di uno studioso di teologia di stampo islamista. Dunque, la nostra ipotesi è quella che il testo è stato scritto da un teorico e non certo da un soldato guerrigliero, forse membro della scuola coranica di formazione degli Imam, con la collaborazione di qualche islamista di seconda generazione che ha frequentato qualche università italiana. Il fatto che non ci siano errori di ortografia (tranne uno) lascia trasparire che si tratta di persona che ha studiato l’italiano in Italia, in qualche facoltà di studi più letteraria che scientifica. Non ci meraviglieremmo se si venisse a conoscenza di un analogo documento di 64 pagine scritto anche in altre lingue straniere europee: faranzia, inglizia, isbania, etc. Se viceversa nei prossimi mesi non apparirà nulla dello stesso testo tradotto in altre lingue l’ipotesi della italianità sarà rafforzata. La mancanza poi di una prosa di luoghi comuni , di espressioni idiomatiche e di circonvoluzioni confermano la eccellente preparazione letteraria di chi ha scritto il testo. L’errore ortografico si riferisce a pag. 7 quando afferma che “Abbiamo invitato a parteciparci” invece di partecipare, prendere parte, intervenire, etc.
Un’ultima considerazione. Nel testo l’Autore non fa alcun riferimento alla ferocia dei video della morte delle vittime con la tuta arancione, né manifesta alcuna minaccia esplicita contro l’Italia. Questo, a nostro parere, conferma l’idea che chi ha scritto il documento non appartiene alla sezione militare del Califfato ma ha voluto presentare solo la pedagogia del movimento e dei suoi propositi tralasciando volutamente le tremende e agghiaccianti scene di morte insite nella realtà delle immagini. I suoi insistenti richiami a occupare Roma come ultimo baluardo della cristianità qui non sono né richiamati, né esaltati. Dunque, lo scopo non è quello di impaurire mediaticamente, ma solo quello di fare proselitismo invitando i giovani italiani a unirsi nel progetto di conquista islamista. Probabilmente i pochi italiani presenti laggiù come reclute sono in numero sparuto e al contrario dell’abbondanza di altri paesi europei “servono” sul piano dell’immagine.
Una osservazione finale. Quando pensiamo che internet è stato inventato per realizzare il progetto ARPANET, finanziato da un’agenzia dipendente dal Ministero della Difesa statunitense, con l'intenzione di collegare tutti i computer in una rete continentale per migliorare la comunicazione scientifica tra i vari centri di ricerca e poi vediamo che viene usata strumentalmente per fini ideologici antigalileiani ci rendiamo conto di come sia difficile coniugare religione e politica, separazione tra stato e chiesa, tolleranza tra le genti, le loro fedi, i loro credi e l’accettazione della separazione tra i due poteri politico e religioso.
Colpisce da ultimo l’assenza di qualunque frase o parola scritta con i caratteri della lingua araba. Tranne che un micro scritto di caratteri arabi a mo’ di immagine, seminascosto nel testo a pag.3, è totalmente esclusa la presenza dei simboli autentici della cultura araba.
La conclusione è amara. All’inizio di questo post avevamo detto che il documento non lo abbiamo letto interamente perchè troppo lungo. Nonostante tutto emerge clamorosamente un gigantesco iato tra il dire e il fare, tra i propositi di propaganda “buonista” presenti nel documento italiano e la terribile realtà della violenza degli sgozzamenti e dei roghi di innocenti. Delle due l’una: o la componente militarista se ne infischia dei dettami presenti nel documento italiano e uccide da terrorista degli innocenti che non hanno commesso alcun reato oppure è tutto un gigantesco imbroglio in cui si prendono in giro i lettori perché c’è una clamorosa combine tra la componente teologico-religiosa e l'ala militarista. In entrambi i casi non ne escono bene tutti coloro che sono eredi della grande civiltà musulmana irachena e siriana.

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