giovedì 31 dicembre 2009

Bilanci di fine anno.

La fine dell’anno è sempre tempo di bilanci. Si sentono fare in televisione e nei giornali bilanci di tutti i tipi. Bilanci annuali, bilanci di vincite e di sconfitte, bilanci col segno+ e il segno- . Di questi bilanci noi vogliamo farne uno, alla nostra maniera, senza fare sconti a nessuno e, soprattutto, senza buonismi che a nostro parere sono uno dei motivi del disastro socio-politico degli italiani. In particolare vogliamo fare un bilancio al potere politico e a tutti i conformismi di qualunque natura che imperano nel paese e che in questo anno hanno tratto profitto copiosamente. Il 2009 è quasi finito e solo pochi lo rimpiangono. Tra questi solo i politici e i profittatori lo trovano positivo perché il 2009 ha permesso loro di lucrare rendite parassitarie e profitti ottenuti in modo immorale in grandi quantità. Un esempio per tutti. Il rientro dei capitali esportati illegalmente - con la inaccettabile e immorale soprattassa di appena il 5% per mettersi in regola con il fisco - ha sicuramente arricchito in modo sleale e truffaldino le pance obese e di cattivo gusto di questi scorretti italiani opportunisti e speculatori. Ma poniamoci la domanda che interessa tutti. La domanda è : "a fine anno siamo più soddisfatti o meno soddisfatti di come abbiamo iniziato l’anno"? In altri termini il 2009 ci ha cambiati in meglio o in peggio? A fare una lettura critica e sintetica delle informazioni di tutto l’anno le cose sono peggiorate. E non di poco. In politica la maggioranza e Berlusconi hanno mostrato il peggio. Si va dalle leggi ad personam al conflitto totale con tutti e contro tutti. Un assoluto segno meno. L’opposizione è passata dal buonismo veltroniano al realismo bersaniano. Nulla di nuovo sotto l’albero. Bersani deve crescere e mostrare che tipo di politica intende fare. Politicamente ancora è un bambino. Quale faccia mostrerà quando sarà svezzato? Allo stato attuale è un colossale punto di domanda. Nel costume la situazione è peggiorata di molto. La predisposizione degli italiani a commettere reati è ulteriormente aumentata e hanno un bel po’ da fare il Ministro dell’Interno e il Sindaco di Roma a giudicare in calo tutti i reati. Nella finanza il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare, mentre il deficit dei valori morali e civili degli italiani va alle stelle. In economia i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri sono diventati più poveri, alla faccia della adesione “crescente e convinta” al cattolicesimo di facciata degli italiani di fede berlusconiana. Nel mondo della religione i fedeli della Santa Cattolica e Apostolica Chiesa Romana fanno prosperare l’ipocrisia, perchè vanno in chiesa a partecipare alle funzioni religiose mentre il loro portafoglio aumenta in volume a dismisura alla faccia dell’equità e del senso di giustizia di francescana memoria. La scuola perde sempre più di qualità, la magistratura è sempre più presa da altre ragioni per mostrare quella severità che sarebbe necessaria in un periodo di gravissima perdita di credibilità di tutte le istituzioni. L’informazione è strapiena di velinismo e di cronaca. Nel giornalismo dei quotidiani impera la legge o “con” o “contro” Berlusconi. Le analisi sono praticamente cristallizzate in questo paradigma assoluto di pro- e di anti- che dequalifica il mondo della politica italiana e rende il Parlamento italiano un pollaio con alcuni galli che si azzuffano tra di loro. Ma quello che più è insopportabile è il vezzo dei ricchi e dei mascalzoni di far comprendere alla gente che tutto sommato da quando c’è Berlusconi al potere tutto va bene. Complice una sinistra rimbambita e ferma all’età della pietra, una razza speciale di adulatori si è fatta strada nei palazzi del potere, nelle sedi dei partiti di governo, nelle parrocchie delle chiese, e si è accasata nei centri radio-televisivi mostrando un deficit pauroso di etica e di moralità. Il compito di molti filo-berlusconiani è far finta di niente. Il paese funziona, e in ogni caso la crisi ha colpito meno in Italia e più negli altri paesi. Imbroglioni di prima e di seconda categoria stanno facendo il diavolo a quattro per imbrogliare la gente con una informazione pilotata e di bassa lega. Spegnere e raffreddare, questo è il motto. Ci ricorda I Promessi Sposi quando il Conte Zio dice al Padre Provinciale che è necessario "troncare, sopire, sopire, troncare". Nessuno fa più critica intelligente, nessuno esercita il libero arbitrio e tutti, per timore di perdere il ciuccio, si adeguano. Questo è il paese che attualmente Babbo Natale sta portando in dote agli italiani sotto l’albero. A fare da complice alla politica berlusconiana c’è stata la sinistra italiana, infarcita in questi ultimi decenni di finti e mediocri politicanti, incapaci di mettere a fuoco politiche intelligenti e razionali per il paese, complici inescusabili un trio sindacale che ha mille responsabilità per non aver colto i segnali di richiesta di giustizia e di equità dei cittadini che non fossero dipendenti pubblici e operai garantiti illicenziabili. Scandali nazionali, regionali e provinciali hanno creato nel paese una specie di ferrea collaborazione interclassista per rubacchiare il più possibile risorse della comunità e farle entrare nelle tasche di pochi. Grazie alla sordità e alla mancanza di lungimiranza di tantissimi italiani che invece di vigilare sulla correttezza delle azioni di governo e di mandare a casa, o meglio nelle prigioni, gli imbroglioni li hanno innalzati sulle poltrone del potere e là li mantengono con i voti di scambio e di favori reciproci. Questo è quello che meritiamo come italiani per essere conniventi con un potere immorale e per nulla etico. Non siamo degni di avere una classe politica a posto. Che disgusto!

lunedì 21 dicembre 2009

Pio XII oltre che venerabile diventa anche beato: una scelta opportuna?

Papa Benedetto XVI ha firmato il decreto con il quale rende beato, oltre che Giovanni Paolo II, anche Pio XII. Nel documento sono dichiarate le “virtù eroiche” del contestato Papa Pacelli che secondo alcune critiche ebraiche non difese adeguatamente i diritti dei deportati ebrei italiani partiti dalla stazione Tiburtina di Roma durante gli anni bui della storia nazista e fascista dell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale. Questo il fatto e passiamo alla nostra opinione. Diciamo subito che l’attuale Papa può rendere beato chi vuole. La questione è una vicenda interna alla Chiesa cattolica e pertanto è lecita qualunque decisione. Tuttavia …. la questione è anche storica e la storia, si sa, non è una questione di sola pertinenza della Chiesa cattolica ma si iscrive in un processo multilaterale che coinvolge tanti soggetti e istituzioni mondiali che hanno pari dignità di giudizio. Da questo punto di vista non si capisce il perché la Chiesa cattolica si sia intestardita a rendere beato un papa criticato come Pio XII. Diciamo solo che la nomina è stata un po’ “inopportuna”. Altro non ci sentiamo di dire se non che aspettiamo, se mai ci saranno, delle spiegazioni. A nostro giudizio, che non siamo degli esperti in questo campo, si è trattato di una beatificazione polemica fatta con l’intento di chiarire che la Chiesa non ragiona come gli uomini, i quali non possono capire il vero senso delle decisioni delle Autorità ecclesiastiche. E con tutte le polemiche che la Chiesa cattolica si ritrova in questo periodo, l’ultima è quella dei preti irlandesi pedofili, forse non è stata una mossa abile. Ma si sa, i disegni imperscrutabili della Santa Madre Chiesa non sono alla portata di noi poveri esseri umani. Forse si poteva evitare e la decisione non crediamo possa migliorare alcunché. Certo che accostare contemporaneamente il grande papa Wojtyla con papa Pacelli … forse sarebbe stato meglio pensarci un momentino di più. Naturalmente in our opinion.

giovedì 17 dicembre 2009

Incapacità di bloccare la pantagruelica fame del compare di affari.

Al capezzale dello spossato Berlusconi si sono presentati in ospedale in questi giorni i corvi della Lega Nord che hanno chiesto e ottenuto dal degente sofferente le presidenze delle due regioni del nord, Veneto e Piemonte, che si vanno ad aggiungere alle mille altre pretese per la “lombardità” del partito di Bossi. Continuando di questo passo, alla prossima aggressione, il Presidente del Consiglio Berlusconi sarà costretto a mollare altri pezzi del settentrione del paese per la voracità insaziabile e secessionista dei leghisti di acquisire il massimo nel più breve tempo possibile. La strategia è chiara: a piccoli passi, digerendo qualunque “porcata” legislativa prodotta dal duo Bossi-Berlusconi, infischiandosene dei concetti di etica e di morale, con la ipocrita scelta delle radici cristiane razziste e discriminanti, la Lega si sta appropriando dell’intero nord Italia. Quando sarà troppo tardi ci si accorgerà che la visione berlusconiana della politica del suo centro destra avrà fatto perdere il bene più prezioso che è l’unità della nazione. Il tutto con la complicità di quella destra nazionalista che fu il partito di Almirante prima, di Fini dopo e dei colonnelli di AN di oggi. Questa gente, dalla “pochezza” ciclopica nel campo dell'etica e della politica di alto livello, per la fame di potere dovuta al digiuno cinquantennale impostole dal dopo guerra, è riuscita a cambiare anche il significato della parola Patria. Che tempi! Che lupi!

martedì 15 dicembre 2009

La violenza in politica è sempre figlia della prepotenza.

Non possiamo non dire qualcosa sulla triste vicenda dell’agguato a Milano al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ce lo impone prima di tutto la nostra coscienza e subito dopo la valutazione politica del terribile evento che ha scatenato la mano dell’assalitore che ha ferito Berlusconi. E per dire che siamo risoluti nel condannare il vile gesto di violenza facciamo nostre le parole di Niki Vendola, noto uomo politico della sinistra italiana che noi apprezziamo come uomo di cui non ne condividiamo la linea politica. Vendola ha detto che : “il volto di ogni persona macchiato di sangue è un’icona della nostra sconfitta, che umilia tutti noi”. Bene. Le sue sono parole da condividere, perché sono rappresentative di una concezione democratica di alto profilo. Ma sono anche parole equilibrate e ricche di profondo significato valoriale. Si deve essere sempre contro la violenza, sia essa fisica, sia essa verbale. Ma, soprattutto, è necessario dire che in politica è preferibile essere sconfitti alle elezioni salvando la pacifica convivenza e il diritto alla non violenza piuttosto che vincere le elezioni e instaurare un regime di prepotenza e arroganza. Al Presidente Berlusconi diciamo che gli siamo contro in politica per la concezione che egli ha della politica stessa, ma gli siamo vicini e gli mostriamo solidarietà nel momento in cui è stato ferito dalla violenza di un’aggressione fisica inaccettabile. Questo è il nostro pensiero.

mercoledì 9 dicembre 2009

Nomine politiche imbarazzanti e lottizzazioni scientifiche in Italia.

C’è una notizia che agita le acque della scienza italiana che è impossibile far passare sotto silenzio. Sarebbe un delitto. Eccola. Il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, il fisico Nicola Cabibbo, ha criticato le recenti nomine politiche al CNR effettuate da organi governativi. Il prestigioso uomo di scienza ha sintetizzato il suo pensiero dicendo che: “il guaio non è il creazionismo, ma la cattiva politica”. Questa la notizia che intendiamo commentare oggi con le nostre opinioni. Dunque, a nostro giudizio il fatto è più deplorevole che insopportabile. Non è insopportabile perché nel mondo della scienza sappiamo bene che tutte le voci critiche intorno a un a teoria hanno pari dignità e lo stesso diritto di essere proposte e discusse della teoria medesima. E fin qui non ci piove. Ma in certi casi l’ombrello, quando piove, fa passare l’acqua. E nel nostro caso c’è un buco così grande che è impossibile non bagnarsi. Quale? Che le contro-teorie scientifiche devono provare senza ragionevole dubbio e in modo sperimentale che la teoria alternativa è migliore dell’altra, nel senso che spiega più cose e meglio. Ora secondo i paradigmi della scienza la teoria creazionista non spiega quasi nulla e il Vice Presidente del CNR Roberto de Mattei di nomina berlusconiana farebbe bene a prendere iniziative meno stravaganti come quella presa nell’organizzare un convegno antidarwiniano. Il rischio è che prenda lucciole per lanterne perché la teoria creazionista è sterile dal punto di vista delle conferme empiriche. Intendiamoci, il Vice Presidente del CNR è libero di organizzare non uno ma dieci convegni antidarwiniani. Ci mancherebbe altro. Ma ritorniamo alle nostre perplessità e diciamo che una di queste riguarda il fatto che non si è mai visto in circolazione uno scienziato ateo sostenitore dell’idea creazionista. Come mai? Possibile che da Galileo in poi tutti i creazionisti siano stati tutti credenti, mentre i darwiniani no, in quanto statisticamente si sono divisi un po’ qua e un po’ là? Questa dissimmetria lascia più che perplessi, diremmo sorpresi e introduce l’idea che il creazionismo non sia una vera teoria scientifica ma qualcosa di diverso da un’ipotesi scientifica. E poi, queste tesi antidarwiniane non hanno neppure seguito presso i biologi, e tra l’altro non trovano sostegno nemmeno nella Chiesa Cattolica, come ha giustamente rilevato Cabibbo. Si ripete la sceneggiata tipica di chi è un adulatore, in cui lo scienziato è più dogmatico dei religiosi medesimi, col rischio di farsi sbeffeggiare con sonore pernacchie. Il fatto è poi bizzarro perché il Vice Presidente del CNR non è neanche un biologo e le sue affermazioni non possono avere la credibilità di uno specialista del settore. E’ come dire che un macellaio, visto il comune interesse con i medici per gli animali, si proponesse di organizzare un convegno su qualche patologia del corpo umano. Ecco cosa succede quando si sostituisce alla credibilità degli specialisti la inattendibilità dei “competenti generici” nominati con assegnazioni politiche. Le lottizzazioni non hanno mai fatto bene alla scienza. Paradosso dei paradossi, in questa maniera, agivano proprio quei comunisti dell’URSS che con il caso Lysenko volevano creare una genetica sovietica da opporre a quella ufficiale, non comunista. E da parte di Berlusconi, che ha sempre tuonato contro i comunisti, diciamo che è … un tantino incoerente. Almeno, in our opinion, of course.

lunedì 7 dicembre 2009

Proteste e ragioni del nostro voler essere scrupolosi.

Ci accusano di essere troppo zelanti nelle nostre denunce contro l’immoralità dilagante in Italia. Siamo stati rimproverati molte volte con l’accusa di eccesso di rigore e severità nelle nostre analisi politiche e sociali della società italiana. Molto probabilmente è vero. Nel senso che le nostre accuse hanno colpito il bersaglio, identificato sempre come obiettivo della denuncia dell’ingiustizia perpetrata dal potente di turno e dalla mancanza di equità di chi detiene il potere. Tutto qui. Il bersaglio principale è sempre il governo in carica. E non poteva essere diversamente. E in questi ultimi lustri colui che più di altri è stato al potere in Italia è stato il Sig. Silvio Berlusconi . Dunque, è normale che sia stato il nostro bersaglio. Ma chi vuole, può leggere i nostri articoli e può trovare anche che il governo Prodi è stato oggetto di bacchettate sulle mani per avere svolto politiche ingiuste, non eque e perfino meschine. L’accusa di essere stati zelanti, pertanto, ha un fondo di verità. Invero, il fatto più singolare è tuttavia un altro e cioè che noi siamo dell’idea di non essere stati all’altezza del nostro compito nel rimproverare adeguatamente tutti gli ingiusti che si sono avvicendati sulla scena nazionale. Troppo spesso abbiamo sorvolato su alcuni fatti gravi e frequentemente non abbiamo avuto la capacità di denunciare adeguatamente la corrotta e disonesta politica svolta dai governi in carica come avremmo voluto. Quando noi diciamo che il governo Berlusconi manca di etica lo affermiamo da un doppio punto di vista. In primo luogo perché l’uomo Berlusconi è un cittadino amorale e senza ritegno come persona. Amorale perché non ha mai mostrato di possederne una. In pratica, se ne è sempre infischiato dei più umili, degli svantaggiati, dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro per le ristrutturazioni selvagge effettuate dalle aziende che operano sul suolo italiano. L’amoralità di Berlusconi ha una ragion d’essere perché è legata al suo essere ricco sfondato e, in più, malauguratamente narcisista, presuntuoso e spesso vuoto di quelle belle manifestazioni di umiltà e di modestia tipiche dei grandi. Non dimentichiamo che Gesù nel vangelo disse che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada nel Paradiso”. Berlusconi si sente un deus ex machina ma in fondo in fondo è un poveruomo che usa il potere per scopi personali. Con la scusa dei comunisti ha accresciuto il giro di affari delle sue aziende, ha tentato di manipolare persino la Costituzione per fini privatistici e per ultimo mantiene il paese in un conflitto perenne con l’opposizione, non da avversario ma da nemico. In secondo luogo perché non solo non fa leggi etiche, leggi cioè che interessano la generalità dei cittadini e ancor più le fasce più deboli della popolazione, leggi eque e giuste, ma spesso le fa per interessi personali. Ma che razza di uomo può essere un individuo che si definisce cattolico se poi fa una politica da avaro che non dà a chi ha bisogno ma continua a prendere da tutti? Orbene, per eliminare errate interpretazioni facciamo un esempio del perché il Signor Berlusconi, a nostro parere, è poco etico e molto amorale. Si badi bene che quello che segue è un esempio, ma molto pedagogico. Parliamo di franchigia fiscale. E’ noto che le spese sanitarie sostenute nell’ultimo anno dai cittadini che presentano nella loro dichiarazione dei redditi le detrazioni per spese mediche prevedono una franchigia, che ammonta attualmente a 129,11€. E’ morale questa franchigia? Per noi non lo è, perché un cittadino povero che vive di pensione vive la franchigia come un furto mentre un ricco nemmeno se ne accorge che esiste. Un pensionato che guadagna 25 euro al giorno con questa tassa perde una giornata di pensione al mese perché il 19% del valore della franchigia è pressappoco 25 euro. Al contrario un ricco che guadagna mille o diecimila euro al giorno con la medesima tassa perde a grandi linee meno di un centesimo di quanto guadagna in un giorno. E’ morale secondo voi che un ricco appartenente alla categoria dei ricchi si trovi così avvantaggiato su un povero che non può difendere il suo interesse? Perché questa franchigia non viene rimossa? Questo è un piccolo esempio di quello che noi chiamiamo immoralità nella politica, che denunciamo agli occhi del paese da sempre. Ecco di cosa si tratta: di ricchi senza scrupoli che oltre al superfluo negano a chi non ha neanche l’indispensabile di alleviare un po’ i suoi bisogni. Giovanni, in un passo del Vangelo, alla domanda della folla che diceva che cosa dobbiamo fare, rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Qui non prohibet cum potest, jubet.

sabato 5 dicembre 2009

Quando si dice che il pesce puzza dalla testa.

Finalmente un po’ di chiarezza, ma a che prezzo. Dopo più di due mesi, Feltri ammette che Boffo non aveva commesso alcunché di illegale e le sue dimissioni, perché accusato con nota anonima di essere omosessuale, lo hanno dispiaciuto. Questo il fatto che vogliamo commentare oggi. Prima però chiariamo i termini della questione. Feltri è il Direttore del Giornale, cioè del quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi, fratello di Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio dei Ministri. Boffo è l’ex Direttore del quotidiano l’Avvenire di proprietà della CEI, cioè dei Vescovi della Chiesa cattolica italiana. Il primo, Feltri, con un’azione di “killeraggio prezzolato”, ha fatto “fuori” il secondo, Boffo, facendolo dimettere perché quest’ultimo con i suoi articoli sull’Avvenire dava fastidio, sul piano dell’etica e della moralità, a Silvio Berlusconi. Adesso che abbiamo chiarito i termini della questione ecco la nostra opinione. Quando si verifica un’azione di sciacallaggio come quella condotta dal giornale di Paolo Berlusconi, fratello del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e si perviene alla conclusione che ci si è sbagliati, i casi sono due: o è stato fatto involontariamente e in tal caso, visti i clamorosi risvolti sulla vita privata di Boffo, l’Editore del Giornale rimuove Feltri e si scusa del danno arrecato a Boffo, oppure l’Editore - non licenziando Feltri per un’azione così platealmente malvagia e disgustosa sul piano morale - si accolla l’intera responsabilità, rimanendone coinvolto come il produttore di una attività immorale ed eticamente perversa di favoritismo familiare. Non esiste una terza via. O è bianco o è nero. Non esiste il grigio. Dobbiamo dedurre che si sacrifica un innocente a vittima per sporchi interessi di copertura mediatica delle cattive azioni e delle pessime abitudini di condotta morale di Silvio Berlusconi. Se noi fossimo stati nei panni del Presidente del Consiglio avremmo suggerito al fratello Paolo Berlusconi di licenziare Feltri. La ragione è che nei panni di Presidente del Consiglio non si può far finta di niente su un caso così odioso di calunnia in quanto la carica pubblica di Capo del Governo prevede la inattaccabilità sul piano dei principi etici e dei valori dell’uomo che rappresenta l’Italia. Purtroppo, così non è stato e “nulla di nuovo all’orizzonte”. L’attività immorale di un qualche Berlusconi continua.

martedì 1 dicembre 2009

Italia:solo un paese di individualisti pronti a svendere i valori in cambio di interessi personali o molto di più?

Dicono che la lettera, con la quale il Direttore dell’Università Luiss di Roma Pier Luigi Celli invita il figlio a lasciare l’Italia dopo la laurea, perché in questo paese non c’è futuro, ha ricevuto migliaia di commenti, alcuni dei quali di critica (in verità pochi) e altri di compiacimento (molti). Questo il fatto. E passiamo al nostro commento. Diciamo subito che di fronte a questa lettera ci sono due possibili atteggiamenti. Il primo di solidarietà al Sig. Celli, per il coraggio che ha avuto nel denunciare gli aspetti negativi della attuale società italiana. Il secondo di critica, per l’ipocrisia mostrata nella missiva in cui dimentica che il figlio è stato agevolato nei suoi studi dal suo ruolo di Direttore di una Università. Ma siamo proprio sicuri che non esistono altre posizioni in merito a questa faccenda? In fondo in fondo Pier Luigi Celli non ha detto nulla di inusuale. Ha solo confermato che in Italia non si vive bene e che il mondo del lavoro è accartocciato su se stesso impedendo ai giovani di trovare lavoro e vivere con sicurezza la propria vita nel futuro. D’altronde il Sig. Celli ha sicuramente avuto la possibilità di aiutare il figlio, anche solo con le possibilità economiche guadagnate nell’incarico di Direttore. Dunque, niente di nuovo all’orizzonte? No. Le cose non stanno così. Stanno molto peggio. Molto brevemente diciamo che il Direttore generale della Luiss fa un'analisi impietosa e veritiera della società italiana. Tuttavia si guarda bene dal dire, con nomi e cognomi, chi siano stati coloro che hanno causato questo autentico disastro. Ci prendiamo noi l’onere di dire quello che il Sig. Celli non ha detto, partendo subito dal fatto che in Italia le grandi Istituzioni hanno fallito. Indipendentemente da ciò che ha scritto il Sig. Celli è la Repubblica Italiana ad aver fallito il suo obiettivo. Una vera e propria bancarotta politica, etica e sociale. Nonostante l’impegno dei fondatori in fase costituente e negli anni immediatamente successivi possiamo dire che adesso, dopo più di sessant’anni, questa Repubblica è moribonda. Il vero disastro sta nella pochezza etica e morale delle personalità che hanno diretto questo paese negli ultimi trent’anni. Politici e dirigenti nella loro impazienza a comandare, nella loro fretta a entrare nelle stanze del potere, nel loro desiderio di guadagnare più soldi possibili, nella loro trasgressione sistematica a ricercare i piaceri del potere, nella loro collaborazione e indulgenza con la criminalità organizzata, hanno tutti fallito. In questo quadro sconfortante ha fallito anche la Chiesa Cattolica che con la sua ansia di fare in fretta i suoi interessi non proprio trascendenti non è riuscita ad impedire i fenomeni di mercimonio, che ha chiesto e ottenuto dal potente di turno sempre più favori, che ha impegnato le parrocchie come macchine di voti, che ha dimenticato i veri valori del cristianesimo (che sono l’interesse verso la povertà, la rinuncia alle cose del mondo, la lontananza dalle stanze del potere), che si è fatta notare per essere entrata spesso a gamba tesa nei fatti interni della Repubblica con la scusa che doveva fare magistero (mentre il vero magistero doveva essere a favore degli svantaggiati, dei lavoratori licenziati, dei poveri e dei bisognosi), che è stata silente, afasica e permissiva nei confronti della pedofilia di molti preti cattolici, che non si è tenuta lontana dalla speculazione finanziaria, etc. In questo paese hanno fallito tutti. E l’Italia di oggi è ciò che hanno voluto gli italiani di questi ultimi trenta anni, di quelli tanto per essere chiari che incontriamo ogni giorno al supermercato, in metropolitana, per le strade delle città, nelle chiese ad ascoltare le sante messe, etc. Hanno fallito perché si è creata l’Italia ma non gli italiani. Hanno fallito persino le ideologie: il comunismo, la rivoluzione di classe, il decentramento regionale, la politica del territorio, i verdi, l’ambiente, il socialismo, la Democrazia cristiana. Tutti hanno perduto e tutti hanno deluso. Non se ne è salvato nessuno. La bancarotta finanziaria del paese è stata evitata per i colpi di fortuna di essere agganciati politicamente con gli USA, per aver aderito a suo tempo alla NATO, per essere entrati prima nel MEC e successivamente nell’euro, per la proverbiale capacità di sopravvivenza degli italiani, tutti immersi nel fare denaro non importa come, tutti a infischiarsene dei valori e delle regole. Ha vinto l’imbroglio, la furbizia, l’italica predisposizione alla delittuosità, lo sfruttamento dei beni comuni per fini individuali, l’uso sempre più massiccio della droga, dell’alcool e delle trasgressioni sessuali tra i politici come anche tra i giovani, la cafonaggine, il declino della scuola, della sanità, addirittura della lingua italiana, che ormai nessuno parla più correttamente sostituendola sempre più con il dialetto. Ha vinto Berlusconi, quello scaltro e furbo vittimista che è l’attuale Presidente del Consiglio, padrone di Mediaset e della RAI, che è diventato l’uomo più ricco d’Italia di tutti i tempi, il più potente ma nello stesso tempo il peggiore degli italiani, divorziato una prima volta e una seconda volta in itinere, che si fa portare - tra una trattativa politica e l’altra - le escort nel palazzo, che ha tutte le televisioni ai suoi piedi, che ha il più grande e colossale conflitto di interessi, che ha trasformato l’Italia in un paese padronale, che invita gli italiani a fare festa comunque e a comprare anche l’inutile oltre che il futile, che non dorme la notte per ridurre la giustizia a inutile orpello, sempre a favore di indulti, di sanatorie, di condoni e amnistie varie per salvare se stesso e chi ha commesso reati. Adesso ci si accorge che le cose non vanno. Noi diciamo che le cose andranno ancora peggio. La ragione sta nel fatto che questa società è marcia. Si regge sui fannulloni che non fanno nulla nei luoghi di lavoro e sulla incapacità di chi detiene il potere di risolvere i problemi. Speculazioni, costruzione di strutture pubbliche abbandonate e inutilizzate con spreco di denaro pubblico, tangenti pagate a politici e dirigenti, favoritismi al potente di turno sono un piccolo campionario del modo di essere degli italiani di oggi. Al fondo di tutto governa in modo inesorabile l’imbroglio: nelle tasse dove è una vergogna vedere ricchi che dichiarano di guadagnare quanto un cassintegrato, nella delinquenza che viaggia in Ferrari e veleggia con gli yacht e che se ne infischia della crisi, nei privilegi dei ricchi che aumentano il divario economico e le certezze del futuro con gli svantaggiati che non hanno nulla, etc. E tutto ciò con il placet di chi non ti saresti mai aspettato che appoggiasse il nostro super Primo Ministro, ovvero dalle Eminenze Eminentissime della Romana Chiesa Cattolica. Che nausea!

venerdì 20 novembre 2009

Sdoganato il nepotismo a Roma.

Tutti d'accordo presso la Banca di Credito Cooperativo di Roma. L'accordo è ufficiale, con il visto dei Sindacati. Il babbo va in pensione e il posto va al figlio o al nipote. Questa la notizia. Ed ecco il nostro commento. Continuiamo a farci male. Dopo le vergogne delle nomine politiche agli enti comunali fatte dalla nuova giunta municipale di Roma ad amici e militanti adesso tocca a figli e nipoti. Finalmente i romani doc ce l'hanno fatta. Era da anni che speravano che si trovasse la maniera di sdoganare il vecchio, caro, amato e molto romanesco nepotismo di famiglia. Adesso è fatta. Si aprono scenari straordinari. Pensate alla possibilità di allargare l'idea non solo alle banche private ma soprattutto ai servizi pubblici. Con Berlusconi a capo del governo tutto è possibile. Una piccola leggina ad hoc ed è fatta! Presidi di scuole che vengono sostituiti dai nipoti, cugini dei medici degli ospedali che rilevano il posto del parente chirurgo, il vigile urbano nonno che va in pensione per far posto al figlio del cognato e, dulcisi in fundo, lo zio al catasto che viene sostituito dal fratello minore di secondo letto. Il tutto, naturalmente, con l'apprezzamento dei sindacati (in questo caso la Cisl romana). Cosa volete che possa accadere di peggio? Ma abbiate pazienza. I romani in questo campo hanno tanta fantasia e molta creatività: troveranno ancora la possibilità di stupire il mondo.

domenica 15 novembre 2009

Lezione 14 - Commento alla verifica relativa al quattordicesimo esercizio di pag.48


Quattordicesima lezione. Questa è l’ultima lezione del corso introduttivo di “Lettura e Scrittura” di Grammatica della lingua araba, cosiddetta “normativa”, della Sig.ra Laura Veccia Vaglieri. Tema della lezione di oggi sono alcune considerazioni relative alla vocalizzazione delle parole arabe e la risoluzione di alcuni esercizi riassuntivi relativi a questo argomento. Al punto in cui ci troviamo adesso dello studio della lingua araba possiamo affermare che conosciamo tutte le 28 lettere dell’abagiada, أَبْجَدَ cioè dell’alfabeto arabo. In verità qualcuno, che dice di “saperla lunga”, aggiunge anche una ventinovesima lettera, e cioè la cosiddetta لا lam-alif, qualcun altro dice che è necessario non dimenticare che la prima lettera dell’abagiada non è l’alif ma la hamza. In verità a questo proposito devo dire che ho un po’ di confusione e spero che il mio maestro prima o poi mi aiuti a dissiparne una certa quantità. Ma animo e vediamo di concludere bene il lavoro iniziato mesi fa. Oggi dovrò parlare di segni vocalici diacritici extra-alfabetici, perché l’esercizio che devo svolgere li riguarda molto da vicino. In sintesi posso dire che in arabo si chiama َحَرَكاتْ harakat (cioè movimenti) il metodo di vocalizzare le parole mediante segni particolari, detti diacritici. Questi segni sono molti, quasi una ventina. Per primo ne introduciamo cinque: i più importanti. Il resto verrà successivamente. Eccoli: fatah, kasrah, dammah, sukun e shadda. Servono per vocalizzare le parole, cioè per associare le vocali alle loro consonanti e permettere di produrre suoni accessibili e differenti all’orecchio umano, altrimenti la lingua araba sarebbe incomprensibile sebbene per molti lo è comunque, cioè “a prescindere”. Infatti se si dovessero pronunciare le parole solo con i suoni consonantici avremmo un risultato molto probabilmente identico a quello dell’età della pietra, in cui i primi esemplari di esseri umani comunicavano tra di loro. Un esempio per tutti. In arabo il nome insegnante si dice muhallim. In questo sostantivo ci sono tutti e tre i suoni vocalici cosiddetti brevi: la u, la a e la i. Se non ci fossero queste tre vocali la parola muhallim si dovrebbe pronunciare mhlm. Capite che sarebbe praticamente impossibile parlare e intendersi in questi termini. In verità la lingua araba non ha fatto purtroppo uno sforzo adeguato quando i grammatici arabi di quel tempo decisero di dare solo i tre suoni brevi dell’esempio, che corrispondono alla a, alla i e alla u. Le altre due (la e e la o) - che usiamo noi europei – in arabo classico non esistono e la e e la o, per forza di cose, sono sostituite dalla i e dalla u. Così per esempio il nome Zeno in arabo suonerebbe Zinu e Vincenzo si pronuncerebbe pressappoco finscinzu. Dunque l’harakat è necessario, almeno all’inizio, e possiamo dire che esso si divide in due specie di vocalizzazione differenti: quella lessicale (tasckil) che diremmo “di struttura” e quella grammaticale (i’rab) che definiremmo “di declinazione”. Ripeto che non ho le idee chiare su questo tema per me, neofita alle prime armi, difficilissimo da intendere. Spero di non avere sbagliato nella comprensione. Gli altri segni sono i seguenti: Alif wikaia, Alif wasla, Alif difettiva, Alif mamdura, Alif prostetica, Alif maksura, Alif madda, Hamza e Ta marbuta che sono veri e propri grafemi. Poi ci sono anche i tre tanwin della fatah, della kasrah e della dammah che riguardano la vocalizzazione delle vocali finali nei casi indeterminati. Insomma, come si suol dire in questi casi, c’è “da pedalare” parecchio per imparare tutte queste “stranezze” che mi preoccupano molto per una improbabile e difficile memorizzazione nella mia mente. Chi a questo punto e spudoratamente mi dice che l’arabo è una lingua facile gli tiro un cazzotto. Una curiosità che mi sento di aggiungere durante il commento alla lezione finale di oggi sono dei giochi di parole a forma di acronimi, cioè delle frasi mnemoniche, che aiutano a individuare delle lettere servili in grado di formare parole derivate ed estrarre facilmente radici dalle parole date. Eccone tre: ANTAMUSA (tu sei Mosè), SALTUMUNIHA (voi avete chiesto a lei), AMANUATASHIL (pace e facilità) e ANAITU. Se mi chiedete a cosa servono non ve lo so dire, ma il mio maestro sono sicuro saprà tutto di queste bizzarrie perché mi ha anticipato che è meglio memorizzarle subito. Certo a lui viene tutto facile perché conosce l’arabo. Lo stesso non posso dire io. L’esercizio che mi rimane da proporre è il quattordicesimo e si trova alle pagg. 48 e 49 del testo. Eccolo risolto da me con la speranza di non avere commesso troppi errori. A tutti un ringraziamento per l’attenzione prestata a questa iniziativa personale di semplice tentativo di “autodidattica” dell’apprendimento dell’arabo classico alfusha. Un caloroso ringraziamento al mio maestro che ha avuto la pazienza di continuare a seguirmi con i suoi preziosi consigli senza i quali qualunque mia iniziativa non avrebbe mai avuto successo. Grazie maestro!
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sabato 14 novembre 2009

Processo brevissimo : l’ultima trovata del funambolico Berlusconi per aggirare i processi.

La vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera del 13 novembre 2009 dice tutto. C’è il Presidente di un tribunale che alla presenza del Presidente del Consiglio in veste di imputato dice: “Berlusconi Silvio, imputato del reato di ….“. Immediatamente gli fa eco Berlusconi che, indicando col dito il proprio orologio, risponde: "tempo scaduto"! Ecco cosa succederà quando la leggina ad hoc presentata in Parlamento dal partito di Berlusconi per la prescrizione breve dei processi sarà approvata dalla sua maggioranza. Due sole osservazioni. La prima riguarda Berlusconi. Cosa aggiungere di più su un uomo che è riuscito a costruire una tela asfissiante sulla politica italiana con la quale produce una morte lenta e indolore della democrazia? Da parte di un uomo che ha un colossale conflitto di interessi, che sta trasformando a poco a poco la democrazia italiana da uno stato di diritto a uno stato padronale, che ha distrutto l’etica nella politica e, adesso, vuole distruggere anche il diritto nelle aule giudiziarie c’è da tremare alla sola idea di quali guasti può ancora produrre in futuro. La seconda osservazione la proponiamo ricordando che tutto questo sconcertante teatrino berlusconiano per mettere in ginocchio la validità dei processi giudiziari contro il malcostume si sta effettuando con la complicità della Lega Nord, ovvero con la complicità furbesca di quel partito che voleva far credere di essere un partito di giustizia e di equità mentre invece è complice di una porcheria accettata per un piatto di minestra chiamato “federalismo fiscale”. Da parte di entrambi gli attori di questa vergognosa azione mutilatrice di giustizia, la mancanza di etica si vede da distanze siderali. Non la vede solo chi non la vuole vedere.

venerdì 13 novembre 2009

Svelenire il clima di odio è cosa buona e giusta, ma senza fare i furbi.

Lo sanno anche i sassi che Silvio Berlusconi da quando è entrato in politica ha esagerato in tutto, soprattutto nei toni, riuscendo a creare nel paese un clima politico intollerabile e indecoroso. Mai nella storia della Repubblica si è avuto un clima così pesante e inaccettabile da quando esiste questo signore. Dunque, bene ha fatto il Cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, a invitare a smorzare i toni perché il clima di odio e di rancore che si respira oggi nel paese non giova all’Italia. D'altronde il Presidente della Repubblica è da anni che fa appello ai contendenti a moderarsi, senza riuscirci. Vogliamo ringraziare il Card. Bagnasco per questo suo intervento a favore di una ripresa civile del confronto in Parlamento. Ma a una condizione. Che l'Eminentissimo Cardinale, Presidente della potente Conferenza Episcopale Italiana, faccia nomi e cognomi di coloro che a suo giudizio hanno creato e continuano ad alimentare odio tra i cittadini. Sarebbe troppo comodo essere generici e lasciare nel vago l'invito. Non vale nulla dire che è necessario abbassare i toni quando poi non si capisce chi è l’autore dei “toni alti”. Chi è che crea l'odio tra i cittadini? E' la magistratura? E allora fuori i nomi dei magistrati che instillano odio a fiumi. E' l'opposizione? E dunque facciamo nomi e cognomi di questi irresponsabili capi dell'opposizione che gettano fango nel paese e nelle istituzioni. Sono i sindacati che sobillano i lavoratori licenziati o in cassa integrazione? Si facciano i nomi di questi screanzati che sputano nel piatto in cui mangiano. Sono i giornalisti di Repubblica, il nemico storico di Berlusconi, che alimentano una campagna di discredito tanto da produrre disprezzo e malanimo? E allora fuori i nomi. Si tratta del solo Direttore di Repubblica, del solo proprietario De Benedetti oppure di entrambi? E se si, quali altri giornalisti italiani sobillano insieme a loro due? Come si vede le opzioni sono molte ma, a nostro parere, manca la più importante e la più probabile. Perché esiste un’altra possibilità. E se a sobillare e ad alimentare l’odio nel paese fosse proprio il Presidente del Consiglio, quel distruttore dell’etica chiamato Silvio Berlusconi, che da quando è entrato in politica, ogni giorno, ci fa il sermoncino dei comunisti che mangiano i bambini per giustificare i suoi interessi? Se il Presidente del Consiglio ha guai con la giustizia faccia l’unica cosa seria che può fare, e cioè dimettersi e lasciare il posto ad un altro esponente del centrodestra che può fare molto meglio di lui. Tutti siamo importanti e nessuno è indispensabile

giovedì 12 novembre 2009

Che sta succedendo a polizia penitenziaria e carabinieri?

Definire fuori del normale, dal punto di vista del rispetto dei diritti del cittadino indagato, ciò che sta accadendo oggi alle forze dell’ordine preposte al controllo dei detenuti è quanto meno il minimo che si possa dire dopo i tragici eventi accaduti in queste ultime settimane. Ultimamente sono avvenuti dei fatti gravi e censurabili che coinvolgono agenti penitenziari e non solo. Diciamo subito che a questo proposito le nostre sensazioni oscillano tra la perplessità indotta dai deplorevoli avvenimenti accaduti in queste ultime settimane e l’inquietudine prodotta dalle possibile conseguenze sul modo di interagire delle forze dell’ordine con i detenuti. Il caso Marrazzo, con quattro carabinieri indagati per reati gravi, e i casi Cucchi e Saladino, in cui due giovani arrestati hanno perso la vita forse per le lesioni ricevute dalle botte delle forze penitenziarie, sono emblematici dei cambiamenti in atto nel modo di operare delle forze dell’ordine nei confronti dei cittadini. La domanda allora diventa: possiamo ancora fidarci dei tutori dell’ordine? A leggere i giornali che elencano i vari possibili reati commessi da questa categoria c’è la sensazione che sia in atto un cambiamento del modo di operare. Stanno emergendo modi brutali e inaccettabili adoperati senza scrupoli da elementi delle forze penitenziarie. Ci si sta forse adeguando ai pessimi metodi coercitivi e sevizievoli statunitensi di Abu Graib? Pestare e torturare un povero disgraziato, probabilmente ammazzandolo di botte perché antipatico è un fatto talmente dirompente e scandaloso da poter parlare di cambiamenti irreversibili nel modo di procedere di chi dovrebbe tutelare lo status dei detenuti. Qui interessa individuare le responsabilità di un siffatto grave modo di procedere dalle forze penitenziarie affinché si possano denunciare gli inaccettabili metodi polizieschi che non fanno parte della tradizione italiana. C’è pertanto qualcosa che non va in un ramo delle forze dell’ordine oggi. Che cosa fa a questo proposito il Presidente del Consiglio? Sembra proprio nulla. A nostro parere avrebbe dovuto convocare il responsabile del Ministero di Grazia e Giustizia e dirgli a chiare lettere che le “mele marce” o vengono immediatamente rimosse oppure saranno guai per tutti coloro i quali hanno responsabilità in questa vicenda, perché irresponsabili e incapaci, nel non essere in grado di fermare questo genere di azioni. Silvio Berlusconi ha preso questa posizione? Non sembra proprio. Perché? Probabilmente ha altre gatte da pelare. Sta forse impegnando tutte le sue energie per imporre al Ministro della Giustizia di adoperarsi per far approvare dalla sua maggioranza l’ennesima legge ad hoc per salvarsi dai processi. Per noi il conflitto di interesse di Silvio Berlusconi continua, alla grande.

mercoledì 11 novembre 2009

Lezione 13 - Commento alla verifica relativa al tredicesimo esercizio di pag.32.


Tredicesima lezione. Questa ultima lezione del corso introduttivo di “Lettura e Scrittura” del libro della Sig.ra Laura Veccia Vaglieri (in verità l’ultima è la 14ma, e riguarda un esercizio riassuntivo con considerazioni relativi alla vocalizzazione) è organizzata in modo tale da proporre lo studio ortografico e morfologico della scrittura delle due ultime lettere dell’alfabeto arabo rimaste da studiare, che sono la ain ( ع ) e la gain ( غ ). Ricordo che l’ordine di studio delle 28 lettere date dalla Veccia non corrisponde allo standard ordinato dell’alfabeto arabo, che è diverso. La "stranezza" sta nel fatto che la Veccia ha fatto una scelta personale di sviluppare l’alfabeto secondo una sua precisa idea didattica che è differente dalla normale elencazione delle lettere. La lettera ع si trascrive con un semplice apostrofo mentre la lettera غ si traduce con una g sormontata da un puntino. La novità, se si vuole, è la conoscenza del fatto sorprendente della presenza finale di una gallinella , cioè della ya ( ى) senza puntini sotto il morfema (alif maksura), che dal punto di vista fonetico assume la forma di una alif finale. La ta marbuta in genere si pronuncia come la vocale a. In condizioni particolari tuttavia si pronuncia ta ed è scritta con una ha sormontata da due puntini ( ۃ) e si trova sempre in finale di parola. Desidero qui dire con chiarezza che a mio parere la pronuncia della ain è un esercizio frustrante e praticamente condannato al fallimento per la stragrande maggioranza degli studenti italofoni. La ragione sta nel fatto che per pronunciare con chiarezza il suono della ain è necessario azionare dei muscoli che non sono mai stati azionati nella nostra vita a causa del fatto che la nostra lingua non lo prevede. Pertanto mi vergogno a dirlo ma nonostante i miei sforzi questa lettera dell'abagiada (alfabeto in arabo) non riesco a pronunciarla correttamente. Il mio maestro mi ha suggerito di ripetere il verso del cammello quando vocalizza i suoi suoni. Ma non ci riesco neanche così. L’esercizio che pubblico in calce è molto lungo. Si tratta di ben nove righe di traslitterazione dall’arabo all’italiano e di altre sei righe di traslitterazione in senso inverso. Probabilmente la Veccia, consapevole di essere alle ultime battute di questa prima parte del suo eccellente e unico lavoro si è guardata bene di proporre un esercizietto, facile e breve. L’esercizio, infatti, è contenuto in una facciata completa del suo libro a pag.32. Il solo vederlo riempire l’intera pagine incute un sano timore. Ed ecco il risultato del mio impegno (faticosissimo) di oggi. Mi rivolgo al mio maestro sperando di non avere commesso troppi errori. Spero nella sua comprensione. Ma si sa che chi non sbaglia non impara.
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sabato 7 novembre 2009

Lezione 12 - Commento alla verifica relativa al dodicesimo esercizio di pag.29.

Dodicesima lezione. Questa è la penultima lezione del corso introduttivo di “Lettura e Scrittura” del testo di grammatica araba della Sig.ra Laura Veccia Vaglieri che riguarda le prime 50 pagine (da pag.1 a pag.50). La lezione di oggi è organizzata in modo tale da proporre lo studio ortografico e morfologico della scrittura della ha ( ه ) e sulla conoscenza della alif maqsurah e della ta marbuta. La lettera ه si trascrive ha. Questa lettera è una delle poche che si scrive in quattro maniere diverse a seconda se è legata o meno. Mi ha colpito la forma mediana in cui la ha si scrive come una specie di otto, a forma di farfalla, per non parlare della ha iniziale che sempre un nodo fatto con una corda. La forma finale poi è veramente notevole perché sembra un piccolo ricciolo. La novità vera, se si vuole, è la conoscenza del fatto sorprendente della presenza finale di una gallinella, cioè della ya (ى) senza puntini sotto, che dal punto di vista fonetico assume la funzione di unaaliffinale. La ta marbuta invece si pronuncia ta ed è scritta con una ha sormontata da due puntini (ۃ) e si trova sempre in finale di parola. In conclusione la lezione di oggi è interessante più per motivi calligrafici che per altro. L’esercizio posto in calce è abbastanza lungo. Si tratta di sette righe di traslitterazione dall’arabo all’italiano e di altre tre righe di traslitterazione in senso inverso. Un'ultima osservazione la desidero fare a proposito di tutte le lettere che riguardano la alif. Ce ne sono ben 6 che hanno a che fare con questo carattere jolly che definire importante è poco. Eccole: أ ، إ ، آ ، ﺍ ، ى ، ئ ، ﷲ ، ا . La prima è quella normale che, alcune volte se compare alla fine si chiama "alif wiqaya". La seconda che compare nella parte alta della parola Allah si chiama "alif difettiva". La terza e la quarta sono entrambe delle "alif maksura" con o senza hamza. La quinta con sopra un ricciolo si chiama "alif wasla". La sesta si chiama "alif madda". La settima e l'ottava sono delle semplici "alif hamzate" rispettivamente per essere pronte a prendere la vocale breve fatha, damma e kasra. E adesso ecco il risultato della mia fatica.

















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venerdì 6 novembre 2009

Roma e Milano: due città condannate a essere lontane l'una dall'altra.

Oggi non parleremo bene delle due città più importanti d'Italia, ovvero di Milano e Roma. Pensiamo che sia necessario svegliare le coscienze di chi nutre un interesse vero e autentico nei confronti delle due città su uno dei mali peggiori che caratterizza la vita del nostro paese, che è il "campanilismo etnico". Qui per "campanilismo etnico” intendiamo una variante del razzismo, vale a dire una specie deleteria e criminale di municipalismo locale, in grado di produrre comportamenti razzisti, devianti e discriminatori verso altri. Diciamo che questo modo di intendere gli aspetti relazionali tra due comunità, ma in generale lo stesso avviene tra tutte le comunità regionali d'Italia, da sempre, può essere considerato un vero e proprio modello negativo di intendere le relazioni tra gruppi sociali appartenenti alla medesima nazione. Sosterremo la tesi che gli italiani sono dei “razzisti provinciali”, cioè una sottospecie umana che è razzista e discriminante non tanto per motivi di "superiorità razziale", quanto soprattutto per tradizione regionalistica e municipale che considera gli altri alla maniera di "guelfi e ghibellini", cioè come nemici e non, semmai, come avversari. E’ noto da sempre che nella storia italiana i Comuni hanno sempre preteso dai loro cittadini una completa adesione all’idea tribale di clan, ovvero di comunità chiusa, nascondendone la matrice razzista con la scusa di tradizioni culturali e storiche giustificate da radici linguistiche autoctone. Prendiamo per esempio le due città di Roma e Milano. Ammazza come semo bravi noi romani e mi sun milanès sono due tipiche espressioni provinciali e particolarmente significative in questo panorama di povertà culturale che la dicono lunga su come la pensano gli uni dagli altri. Le due città di Milano e Roma sono due grandi metropoli, ricche da tutti i punti di vista (economico, industriale, sociale, culturale, artistico, etc.), orgogliose della loro storia e della loro tradizione. Fin qui tutto bene. Avrebbero tutto, ma non si sono mai accontentate e non riconoscono possibile alcun tipo di apertura verso l’altro. Vivono la loro natura con sentimenti che oscillano tra l’odio e l'inimicizia, sullo sfondo di una profonda avversione per i caratteri dell'altro. Ci sono esempi illuminanti di questi cattivi sentimenti che vanno dall’insofferenza verso i rispettivi dialetti, all’animosità del tifo tra i sostenitori delle due squadre di qualunque sport, etc. Noi vogliamo tentare di individuare le responsabilità recenti di questa pessima abitudine di relazionarsi tra loro, per smascherare chi ha potere e non ha fatto nulla per modificare questo atteggiamento negativo di chiusura. Parliamo dei due primi cittadini, cioè della Sig.ra Moratti e del Sig. Alemanno che, a nostro giudizio, sono i principali responsabili della barriera che impedisce oggi qualunque visione di apertura tra le due città. Noi non conosciamo di persona i due primi cittadini ma da quel che si legge sui media devono essere due persone per bene alle quali non abbiamo nulla da contestare sul versante del loro comportamento privato. Come si vede, abbiamo un'idea positiva delle due persone se considerate come privati cittadini. Quando però passiamo al comportamento pubblico le cose cambiano profondamente. Un solo esempio per tutti. Non hanno mai fatto nulla per smussare questa acredine tra le due città e non hanno fatto nulla per incanalare le energie positive delle due città verso una proficua collaborazione. Per esempio non hanno mai sollecitato progetti per favorire la politica dei trasporti tra le due città, non hanno mai incentivato l'uso di mezzi di trasporto pubblico per le merci, come le ferrovie. Non hanno mai collaborato ad alcun progetto di integrazione industriale, nè sportivo, nè finanziario, nè di alcun genere. Insomma non hanno fatto nulla di nulla. A dire il vero si sono fatti da sempre la guerra. E dire che entrambi appartengono allo stesso partito al potere, ovvero appartengono a quel Pdl di Berlusconi che predica spesso cose buone e poi razzola sempre male, non facendo nulla di concreto o, peggio, facendo gli interessi di parte. Cosa dire della coppia di Sindaci, assolutamente inadeguata, che staziona nel proprio minuscolo palazzo comunale disinteressandosi delle grandi opportunità che ne deriverebbero da una collaborazione fruttuosa e ricca di ricadute nel paese? Ci sembrano due figure politiche inutili, vuote, di cui se ne farebbe volentieri a meno perchè sono piccoli individui estremamente lontani da quei sentimenti di buona politica che l'Italia purtroppo non ha mai avuto. Due autentiche personalità in negativo che pensano solo al proprio orticello e che non producono cose virtuose in grado di migliorare il grado di coesione del paese. Insomma, secondo il linguaggio del Ministro Brunetta si tratta di due autentici "fannulloni" che non garantiscono nulla per il futuro. Come definire il comportamento pilatesco dei due? Schizofrenico, immorale, pieno di fannullaggine? Fate voi. A noi il compito di ricordare che inerzia e inettitudine significano, in fondo in fondo, incapacità a fare il bene pubblico. Come dire che al peggio non c'è mai fine.

martedì 3 novembre 2009

Lezione 11 - Commento alla verifica relativa all’undicesimo esercizio di pag.27.

Undicesima lezione. Questa lezione si basa quasi esclusivamente sullo studio ortografico della scrittura della mim (م) con la novità di alcuni esempi di scrittura a castello. La lettera م si trascrive con una semplice m senza puntini ed orpelli vari. La novità forte di questa lezione è invece data dalla scrittura in verticale di alcune lettere nelle parole. Una vera novità, che introduce uno dei motivi della bellezza della scrittura araba e cioè che si possono scrivere delle lettere una sull’altra creando una vera e propria arte calligrafica. Certo, chi vede scritte queste lettere una sull’altra ne rimane sulle prime sconvolto, perché non ha mai visto nulla del genere nelle lingue latine. Diciamo che è una originalità araba che per l’appunto rende piacevole e variegata questa bellissima lingua. E’ naturale che ci siano delle norme che regolino questa scrittura a castello. Non tutte le lettere possono essere inserite una sopra l’altra. Ma questo è un altro aspetto. La Veccia non ne fa cenno. La propone e basta. Mi sarei aspettato qualche spiegazione da lei, ma la capacità di sintesi della Veccia è talmente potente e proverbiale che era prevedibile il non farne cenno. Ho imparato qualcosa sul tema frequentando quattro lezioni di un maestro calligrafo arabo, che ne ha parlato in un suo corso di calligrafia araba tenuto a Roma nell’inverno del 2009. Il maestro è Nasser El Gilani, egiziano del Cairo (nella foto). Un vero portento della calligrafia araba. Le cose stanno così. Le lettere che si possono scrivere una sopra l’altra sono sei, dette “lettere libere”, per la loro libertà a far parte di una composizione verticale. Esse possono essere scritte indifferentemente sopra , sotto o in mezzo e sono: ج, ح, خ, م , ه , ي. Sei altre lettere non possono stare nel castello, né sopra, né sotto. Ed è importante conoscere quali. Esse sono: ا, د ,ذ ,ر ,ز ,و. Infine, le rimanenti sedici lettere possono stare solo sopra. Ripeto, solo sopra. Facile no? Nell’esercizio posto in calce, nella terza riga la prima parola è scritta due volte. La prima con scrittura normale e la seconda con scrittura a castello. In questo modo la Veccia presenta un caso del genere molto semplice e chiaro.Presento di seguito un esempio di studio calligrafico delle lettere arabe svolto da Nasser a mo' di esempio della bellezza dei caratteri arabi. Passiamo adesso a evidenziare un terza “distrazione” dell’Autrice della nostra grammatica che abbiamo preso a modello di studio nel nostro corso di arabo elementare. Ricordo che già nella terza e nella settima lezione ho rilevato analoghe imprecisioni presenti nel libro della Veccia. Adesso, nella decima lezione, si ripresenta un caso simile a quello precedente, in cui si chiede di traslitterare dall’italiano all’arabo la lettera ه che si trova nella parola presente nell’ultima riga dell’esercizio di pag.25. La Veccia non avrebbe dovuto inserire questa lettera in questa lezione per il semplice fatto che la lettera ه non è stata ancora introdotta e spiegata. Lo sarà a pag.28 col prossimo esercizio. Nello stesso esercizio inoltre ci sono anche due errori (il quarto e il quinto), probabilmente dovuti a errori di stampa. Nella quinta riga di pag.27 la quarta parola (mumkinun) manca del puntino sulla ن lungo la verticale che passa per il tanwin della dammah. In mancanza di esso l’ultima lettera, appunto la ن , non sarebbe pronunciabile come n. Nella riga undicesima, la prima parola (lakinna) ha l’accento circonflesso sulla prima vocale a con il quale si pronuncia una vocale lunga quando invece la vocale è solo breve. Tutto qui. E adesso di seguito propongo l’esercizio che ho svolto oggi.


















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lunedì 2 novembre 2009

Politici, trasporti e mascalzonate alla città di Roma.

Sono ormai passati decenni da quando in Italia è stato modificato il sistema elettorale che decideva l'elezione dei Sindaci nelle città. Fino ad allora i sindaci erano ostaggio di maggioranze raccogliticce, con intese politiche che si basavano sui reciproci favori. I ricatti erano dietro l'angolo in ogni momento. Si diceva che i Primi Cittadini non avevano potere per un sistema elettorale che impediva loro di avere un uomo forte al municipio o alla presidenza di regione o di provincia. Alla fine si è riusciti a fare questa benedetta riforma elettorale, ma nella città di Roma i risultati non si sono mai visti. Altrove si. Soprattutto nelle regioni settentrionali il nuovo sistema ha funzionato benissimo e lo vedono ogni giorno, in modo concreto, tutti i cittadini che vivono in quelle località, che sono da invidiare. Ma a Roma no. A Roma non ha funzionato. Facciamo un esempio: la politica dei trasporti nella capitale. E' un'indecenza che tutte le amministrazioni comunali (di sinistra e di destra) che si sono alternate in Campidoglio da almeno vent'anni a questa parte non sono mai riusciti a risolvere il problema del traffico cittadino. E' un vero scandalo che gente come Rutelli, Veltroni e Alemanno, con alle spalle un apparato di potere che non ha eguali nella storia della Repubblica, non hanno nemmeno tentato di iniziare un progetto di rivoluzione dei trasporti. Perchè? L'ipotesi che trova più consensi è che i politici romani sono dei dilettanti, incapaci di effettuare riforme ampie e complesse. In verità, il dilettantismo dei politici romani non è la vera ragione che ha impedito finora di cambiare in modo concreto l'abitudine degli automobilisti a Roma. No. La vera ragione sta nel fatto che un progetto di questa ampiezza non interessa loro, nè a livello locale, nè a livello provinciale, nè a livello della regione Lazio. Perchè? Per la semplice ragione che questo genere di riforme non producono nè giri di denaro allettanti, nè possibilità di lucrare in modo consistente. In più, un progetto di rivoluzione del traffico imporrebbe scelte politiche e tecniche insostenibili per amministratori poco severi, in genere abituati a ragionare con la logica del laissez-faire piuttosto che con quella della intransigenza e della severità. Mica a Roma siamo nei luterani paesi scandinavi! Avete mai visto un amministratore, di qualunque genere, a Roma che impone correttezza, trasparenza, interesse generale per la cittadinanza e moralità alle lobbies controparti, interessate a lucrare il massimo dai finanziamenti pubblici? La conclusione amara di questa vicenda è che sinistra, centro e destra a Roma non governano per il popolo, non svolgono alcun ruolo per favorire il popolo, ma fanno bassa cucina per gli interessi propri e della propria famiglia. Che misera conclusione per un popolo che non perde mai occasione di parlare di tradizione e cultura. Ma quale tradizione e cultura! Qui si tratta di interessi di bottega. Altro che.

sabato 31 ottobre 2009

Una conferma autorevole della deficiente politica televisiva della Tv di Berlusconi.

L’autorevole giornalista Sergio Romano sul Corriere della Sera risponde a una lettera di un suo lettore che lo ha invitato a prendere atto che, visti gli ascolti record della trasmissione “Il Grande Fratello” (più di sei milioni) trasmessa dalle reti televisive della TV del Presidente del Consiglio, è lecito pensare che in Italia le cose non vadano poi così male come la sinistra vuol far credere. In altre parole, il lettore si pone la domanda se è vero o meno che la televisione italiana e tutto il paese da quando c’è Berlusconi al potere sono caduti così in basso come la stampa di sinistra tenta di accreditare. Il lettore è dell’idea che se si macinano record di ascolti televisivi è perché il paese va bene e tutti sono contenti. Sergio Romano risponde in modo impareggiabile. Osiamo dire che ha risposto se non meglio almeno pari a come avrebbe risposto Indro Montanelli. Dice infatti Romano: “Io ne trarrei un’altra conclusione. Ma non vorrei offendere né sei milioni di italiani, né la TV che realizza il programma”. Bene. Noi adesso intendiamo commentare questa notizia. Quella di Romano ci sembra una straordinaria ed efficacissima risposta per dire in sintesi che i sei milioni di ascoltatori sono degli sciocchi che si fanno abbindolare da un programma vuoto di idee e indecente fino al punto di essere trasgressivo, che è poi la caratteristica che accomuna in questi ultimi lustri entrambe le televisioni monopoliste italiane della RAI e di Mediaset, come dire più del 90% di tutto quello che viene lanciato nell’etere del Bel Paese dal monopolista per eccellenza che è il padrone di tutto il vapore pubblico e privato in Italia, ovvero da quello sfrontato Silvio Berlusconi che ha un gigantesco conflitto di interessi che non vuole risolvere per interesse e potere. Una televisione da scemi. Ecco di cosa si tratta. Più di una volta abbiamo criticato il fatto che la televisione di un paese di grande tradizione culturale come l’Italia dovrebbe privilegiare la tradizione che, com'è noto, ha a che vedere più con l’arte e la cultura che per il velinismo berlusconiano. Assistiamo pertanto a mediocri programmi antieducativi, violenti, volgari, negativi, con contenuti inopportuni nelle immagini, inaccettabili alla morale e alle persone. Sonny Rollins il grande jazzista, all’età di ottanta anni, ancora oggi dice che quello che è importante nella vita di una persona che conta è mantenere l’equilibrio. Appunto. Quell’equilibrio che manca al proprietario televisivo italiota la cui mancanza ci sta facendo perdere l’unico tesoro che i nostri antenati ci hanno lasciato: la cultura. Ma gli Eminentissimi ed Eccellentissimi Cardinali della CEI non hanno nulla da dire su questo perverso e diabolico abbraccio del loro amico Berlusconi con l’immoralità televisiva?

venerdì 30 ottobre 2009

Ministri, politica e inganni.

Chi è un Ministro della Repubblica? Dovrebbe essere un politico, onesto e competente, che giura nelle mani del Presidente della Repubblica che servirà lealmente la Nazione. Lealmente e senza inganno. Abbiamo posto il verbo “dovere” al condizionale perché da qualche lustro in qua (prima non era così) molti ministri che partecipano in televisione a dibattiti di qualunque genere invece di parlare come ministri della Repubblica e, quindi, di tutti i cittadini parlano solo come ministri del partito di appartenenza, facendo bassa propaganda politica per la loro parte. Questo modo di fare dei ministri non ci piace. Noi riteniamo che un ministro che viene intervistato su una questione che attiene al suo ministero non dovrebbe parlare in difesa del suo partito o della coalizione che rappresenta o, più frequentemente, a giustificare le “stranezze” del Capo del Governo a cui appartiene ma dovrebbe parlare come responsabile di quel dicastero in rappresentanza di tutti i cittadini, di maggioranza e di opposizione, e non solo di una sola parte. Invece, assistiamo a ministri che vanno in tv a difendere il Presidente del Consiglio o il Segretario del loro partito facendo filippiche e sostenendo tesi insostenibili e indifendibili. Diciamo subito che questi personaggi sono squallidi, non hanno rispetto della loro funzione generale e utilizzano la carica di ministro per sbrigare le “loro faccende”. Sono dei veri e propri ingannatori del ruolo che dovrebbero svolgere e che non svolgono. Sono di uno squallore indescrivibile.

giovedì 29 ottobre 2009

Lezione 10 - Commento alla verifica relativa al decimo esercizio di pag.25.

Decima lezione. La decima lezione segue lo stesso iter delle ultime lezioni precedenti e propone lo studio ortografico della scrittura delle due lettere ta (ط) e ta (ظ ) e della cosiddetta alif waslah. Le due lettere, anch’esse enfatiche, si trascrivono con una ṭ e una ẓ col puntino sotto. Non c’è molto da dire se non che per noi italiani la (ط) è importante perché è la lettera t presente nel nome del nostro paese (Italia). Dunque Italia si pronuncia con la (ط) enfatica e non con la (ﺖ) normale. L’alif waslah è una alif con sopra un segno a forma di ricciolo, che serve per mettere in risalto il processo di elisione tra due parole. La Veccia descrive il fenomeno linguistico chiamando l’alif in esame “prostetica”, perché dovuta secondo il vocabolario a esigenze eufoniche di facilità di articolazione di un fonema vocalico o semivocalico all’inizio di una parola. Passiamo adesso a evidenziare un terza distrazione dell’impaginatore del nostro libro di testo scritto dalla Veccia. Ricordo che già nella terza e nella settima lezione ho rilevato analoghe imprecisioni presenti nel libro. Adesso, nella 10ma lezione, si ripresenta un caso simile a quello precedente in cui si chiede di traslitterare dall’italiano all’arabo la parola huwa che si trova nell’ultima riga dell’esercizio di pag25. La Veccia non avrebbe dovuto inserire questa lettera in questa lezione per il semplice fatto che la lettera huwa di pag.25 non è stata ancora introdotta e spiegata. Tutto qui. E adesso di seguito propongo l’esercizio che ho svolto oggi.

















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martedì 27 ottobre 2009

Lezione 9 - Commento alla verifica relativa al nono esercizio di pag.22.

Nona lezione. Come la precedente, anche la nona lezione mette sul piatto dell’apprendimento due aspetti: la conoscenza e il ruolo della maddah e le due altre lettere dell'alfabeto arabo che sono la sad (ص) e la dad ( ض) . Per queste ultime potrei affermare le stesse cose dette in precedenza per la qaaf, e cioè che parlare con una buona pronuncia araba significa capire che i suoni delle due lettere sad e dad non esistono nella lingua italiana, in quanto la sad e la dad sono consonanti fortemente enfatiche che richiedono alla lingua una posizione nella bocca per noi italiani sconosciuta e disagevole. Ne consegue che ogni italiano mostra forti difficoltà ad articolare bene i due suoni. La Veccia a tale proposito è stranamente sintetica. In mezza paginetta liquida la conoscenza delle due lettere sbrigativamente a pag. 23, lasciando lo studente, a mio giudizio, un po’ disorientato. Evidentemente lo studente che affronta lo studio di queste due lettere “non sa cosa l’aspetta”. Pensate che durante i famosi vespri siciliani per capire se una persona era francese gli insorti chiedevano di pronunciare la parola “ceci”. I francesi, com’è noto, pronunciano questa parola dicendo “sesi” e di conseguenza venivano scoperti e passati per le armi. Bene, gli arabi per vedere se siete bravo vi fanno pronunciare la dad e, credetemi, sono dolori riuscire ad azzeccare la pronuncia giusta. Questo per farvi capire la difficoltà di intonazione di questa micidiale lettera dell’alfabeto arabo, tanto che una modalità di definire l’arabo è che l’arabo è considerato la lingua del dad. Per quanto riguarda invece la maddah c’è da dire che essa è il segno (~) che si mette sopra l’alif (Ĩ )ed ha l’ufficio di rappresentare, in forma sintetica, una doppia alif. In forma matematica sarebbe qualcosa del genere: أ + أ = آ . Non mi chiedete perché non si mette una shadda (w) che, com’è noto, significa raddoppio di una lettera, perché non so rispondere. Anzi, devo chiedere al mio maestro la ragione del perché di questo fatto. La traslitterazione che la Veccia adopera a piene mani nel suo libro presenta le due lettere con ṣ e ḍ scritte come si vede con un puntino sotto, mentre l’alif maddah si traslittera come una vocale a lunga del tipo â. Tutto qui. Un’ultima osservazione. Per completezza di informazione dico che per quanto riguarda la traslitterazione c’è una profonda differenza nella didattica dell’arabo a seconda che a insegnarlo sia rispettivamente un docente di madre lingua oppure un docente italiano autoctono (soprattutto universitario). Il docente arabo non solo non usa mai la traslitterazione, ma addirittura la ritiene dannosa perché disabitua lo studente all’uso diretto e immediato della scrittura coranica. Viceversa, tutti i docenti italiani, compresa la Veccia, traslitterano abbondantemente trasformando la bellezza e complessità dei caratteri arabi in comuni lettere latine. Personalmente mi schiero con la posizione del docente di madre lingua araba che invita ad evitare la traslitterazione. Purtroppo, qui non è possibile ometterla per evidenti ragioni dovute al fatto che noi seguiamo il testo della bravissima signora Laura Veccia Vaglieri. E adesso di seguito propongo l’esercizio che ho svolto oggi.

















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giovedì 22 ottobre 2009

Lezione 8 - Commento alla verifica relativa all'ottavo esercizio di pag.19.

Ottava lezione. Il programma della lezione di oggi comprende due elementi di studio: la comprensione del concetto di hamza e l’apprendimento ortografico e fonetico di altre due lettere importanti dell’alfabeto, molto simili tra loro, ovvero la fa e la qaaf. Dal punto di vista delle suggestioni la giornata di oggi presenta sensazioni forti perché i due temi all’ordine del giorno sono di quelli veramente considerevoli e sostanziosi. Oserei dire che sono tra i temi più caratteristici e peculiari della lingua araba e studiarli fin dall’inizio del corso è gradevole e affascinante. Cominciamo dalle due lettere fa e qaaf. Avete notato che non ho scritto kaaf o, peggio, caaf ma qaaf con la q invece della kappa o della c. C’è un motivo perché il mio maestro mi ha detto che la qaaf è un suono che non esiste nella lingua italiana. Dunque, siamo in pieno arabismo fonetico con una delle tante novità assolute nel suono di una lettera. Non per niente nella lingua araba ci sono ben 28 lettere. Da qualche parte alcuni di questi suoni possono benissimo non esistere nella nostra lingua, no? La Veccia ne parla abbondantemente alle pp. 16, 17 e 18. Spende ben tre pagine del suo straordinario libro per far capire l’importanza dell’hamza. Voi che seguite il corso di grammatica della Veccia ve ne siete sicuramente resi conto. Il mio maestro dice che sull’hamza non si scherza perchè ci sono studi centenari e pubblicazioni che da sole riempirebbero un’intera biblioteca. In effetti la Veccia definisce la hamza come compressione della faringe per indicare “l’erompere o il brusco cessare della corrente di aria che produce quando si riaprono le corde vocali, dopo averle chiuse”. Che belle parole e come è chiara nell’esprimere un concetto difficile come quello dell’hamza! In alcuni esempi tira fuori delle parole dove c’è l’alif che spesso funge da sostegno. A questo proposito la Veccia dice che l’alif ha un doppio senso: di allungamento e di semivocale. Da un vecchio e bravo professore somalo di arabo ho appreso, in una forma didatticamente felice ed efficace, che l’alif può essere scritta nel duplice modo di alif di allungamento ا e di non allungamento أَ. Il primo non ha altro segno grafico che la semplice astina verticale e per questo viene detto “nudo”, mentre il secondo modo prevede un particolare segno grafico l'hamza, aggiunto all’astina verticale, detto “vestito”. E per far comprendere meglio la questione ha tirato dal cappello tre parole scritte in arabo: la prima ab أَب col significato di padre e le altre due senza significato, ovvero ib إِب e ub أُب, ma utili per far comprendere tutti i casi in cui l’alif può essere presente in funzione di a,i e u di tipo “vestito” e non nudo (in quest’ultimo caso ripeto ha il solo significato di allungamento del suono della vocale a). Devo dire che è una maniera semplice, elegante ed efficacissima di far apprendere la delicata questione grafica relativa alla hamza. E adesso passiamo all’esercizio di oggi che è molto lungo. Per rimanere in tema di vocale di allungamento l’esercizio di oggi potrei definirlo senza tema di smentita un esercizio “moolto” lungo con una doppia o a mo’ di vocale lunga, che lascia intendere che non si può studiare l’arabo alla maniera della Veccia se non si lavora e si fatica parecchio. Altro che noccioline! Ecco l’esercizio risolto da me.

















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martedì 20 ottobre 2009

Ora di islam a scuola: si o no?

La proposta di introdurre nella scuola italiana un'ora di religione islamica facoltativa e alternativa a quella cattolica ha scatenato il finimondo. Tutto è precipitato improvvisamente quando giorni fa dal partito di AN è stata lanciata l'idea di istituire nella scuola nazionale l'ora di religione islamica. C’è stato un diluvio di interventi. Una serie di personalità, tutte legate da un robusto cordone ombelicale che si richiama al centro-destra berlusconiano, hanno fatto a gara per dire di no, con la speranza di farsi belli davanti alle gerarchie cattoliche. Si sono scomodati la CEI, giornalisti di alto rango cattolico che intervengono sulle prime pagine dei giornali nazionali, televisione pubblica e privata orientate a evidenziare solo l'aspetto negativo della proposta e da ultimo, perché da meno, la Lega Nord che dichiara guerra alla proposta secondo la sua matrice razzista e xenofoba. Questi i fatti e passiamo adesso alle opinioni. E' raro che su una proposta come quella accettata anche dal Presidente della Camera che, lo ricordiamo, nel suo ruolo superpartes non è nè di sinistra, nè di centro, nè di destra, si scateni una guerra mediatica di tali proporzioni per bloccare qualunque discussione pacata e seria sull'argomento. La proposta è figlia di due aspetti: l’enorme aumento del numero di giovani musulmani che frequentano la scuola italiana e l’esigenza di non lasciare a se stessi o, peggio, in balia di pessimi istigatori estremisti pseudo-coranici i giovani studenti. Dunque, perché no? Noi non ci uniamo al coro dei pseudo-cattolici del centro-destra e neanche a quello della sinistra, più o meno massimalista, che vuole immediatamente tutto quello che non vuole il centro-destra. Sono entrambe posizioni sbagliate e sintomo evidente della incapacità di questi settori della politica italiana di affrontare le grandi scelte del futuro. Qui non è in ballo la cattolicità del paese, che è un valore inalienabile. Ci mancherebbe altro. Qui sono in ballo il senso dell'accoglienza, la capacità di integrazione delle giovani generazioni figli di immigrati stranieri e, soprattutto, l'orientamento a far crescere questi giovani come futuri italiani da vedere come ricchezza, non già come povertà. Noi siamo per una integrazione completa dei giovani di fede musulmana nella italianissima società del Bel Paese perché crediamo che tutte le religioni abbiano diritto di essere aiutate nello sviluppo della religiosità dei fedeli, soprattutto se giovani. Noi abbiamo un grande rispetto di tutte le religioni, in special modo delle tre monoteistiche, che rappresentano sicuramente una ricchezza quando operano nella società con il loro ufficio di pace, di tolleranza e di rispetto fra loro. Noi non vediamo scandalo nella proposta dell'On. Fini. Crediamo anche che il problema non può essere affrontato con le urla dei leghisti che, lo ricordiamo per chi avesse memoria corta, sono le stesse urla che a suo tempo fecero contro Berlusconi, definendolo mafioso, mentre adesso vanno con lui a braccetto. Bella coerenza. Le posizioni estremiste come quelle della Lega non fanno bene al confronto delle idee. Parliamone pacatamente, con serenità e cerchiamo di trovare ragioni positive per una più efficace integrazione dei giovani musulmani nella scuola e nella società italiana, anche offrendo loro la possibilità di riflettere sul senso religioso della loro fede nella scuola. Certo il problema è complesso perché ci sono in ballo un ordinamento costituzionale che non lo prevede e soprattutto i Patti Lateranensi con lo Stato della città del Vaticano. E’ ovvio che senza l’accordo di tutti, il Parlamento non potrà decidere in modo univoco perché il problema non è solo una questione di laicità dello Stato ma è anche una questione tra Stati che attualmente prevede la presenza dell’IRC nella scuola italiana in base a un accordo diplomatico e in base alla tradizione religiosa del paese. Ma se si vuole si può. E, soprattutto, sarebbe un bene evitare di lasciare abbandonati i giovani musulmani nelle mani di pericolosi imam estremisti. Perderemmo così non solo le cocuzze ma anche l’intero cocuzzaro. Noi la pensiamo così.

domenica 18 ottobre 2009

Vittimismo e responsabilità.

Dicono che a Messina dopo l'alluvione ci sia stata una forte richiesta della politica e della gente di avere come l'Aquila il lutto nazionale per la morte dei messinesi rimasti sotto le macerie causate dalla frana. Dicono che la gente, i politici e persino le gerarchie cattoliche del luogo hanno chiesto solidarietà per le vittime e per il cattivo destino che ha provocato il luttuoso evento. Dicono, altresì, che per non fare disparità con l'Aquila sarebbe necessario adesso un gigantesco progetto di ricostruzione per aiutare la popolazione del luogo a riprendersi e a ricostruire le abitazioni distrutte nello stesso luogo dove sorgevano prima. Dicono ancora che simili tragedie non possono essere previste da nessuno e, dunque, che si lascino stare le responsabilità, si mettano da parte le inadempienze e si provi a ricostruire. Dicono, infine, che in questi casi è necessaria la massima tolleranza per voltare pagina. Dicono. Questo il fatto che intendiamo commentare oggi. E veniamo alle nostre opinioni. Noi non siamo d'accordo nel chiudere le polemiche. Anzi. Le polemiche, forse sarebbe meglio chiamarle "le accuse", dovrebbero essere rinforzate perchè si muovono contro il conformismo politico e contro tutte le omertà tipiche della società siciliana che intende nascondere le responsabilità e passare subito alla gestione dei fondi governativi e magari lucrarci sopra. Quella messinese, e più in generale quella siciliana, è una società che, come si è visto in questo caso e in cento altri esempi, ha permesso lo scempio del territorio per anni senza che nessuno abbia protestato minimamente. I fatti sono completamente diversi da come i politici locali vogliono farli apparire e riguardano le connivenze di un potere politico che per decenni ha permesso l'abusivismo nelle zone della frana. E adesso si chiede di ricostruire le abitazioni abusive ed illegali nello stesso posto con i soldi di una gigantesca colletta nazionale. Una sfacciataggine da rasentare la sfrontatezza. Abbiamo usato più volte il verbo "dicono" al plurale impersonale, in modo tale da generalizzare le categorie che a Messina, in modo ipocrita e subdolo, sono responsabili della tragedia e che ora vogliono allontanare l'idea dello scandalo delle costruzioni abusive mai combattute da alcuna forza politica siciliana a tutti i livelli di Comune, Provincia e Regione da almeno cinquant'anni, da quando cioè si è permesso di costruire in modo difforme dalle norme di legge senza intervenire per stroncare gli abusi. Lo scandalo del disastro messinese sta tutto qui, e cioè che le responsabilità ce l'hanno tutti. Hanno responsabilità incredibili tutti coloro, politici e cittadinanza, che hanno vissuto allegramente nel territorio incriminato costruendo case illegali in posti vietatissimi dalla geologia, dove era chiaro che prima o poi si sarebbe verificata una tragedia. Ma in questi casi, si sa, che finchè la tragedia non avviene i siciliani vi vivono e convivono allegramente e in modo incosciente e irresponsabile. Perchè le Autorità hanno permesso di costruire le case abusive in totale irregolarità? Perchè i Sindaci e i Presidenti della Provincia di Messina a iniziare dagli anni post-bellici non si sono dati da fare per evitare questi scempi del territorio stroncando le attività illecite? Tutta la colpa sta in un nesso perverso di illegalità diffusa e connivente che intercorre tra costruttori, autorità istituzionali, politici da quattro soldi e ceppi di magistratura che avrebbero dovuto impedire, in un modo o nell'altro, le costruzioni. Persino la cittadinanza è colpevole di avere omesso di vigilare e di denunciare gli abusi secondo il luogo comune "nulla vidi, nulla sentii e se c'ero dormivo". E invece si sarebbero dovuti denunciare tutti i responsabili fin dall'inizio. Persino Gesù Cristo (è scritto nel Vangelo) più di una volta ha chiamato le Autorità di quei tempi iprocriti. Perchè di questo si tratta. A Messina il partito più numeroso è il partito degli ipocriti, dei mentitori e dei farisei che hanno nascosto la possibile tragedia annunciata più volte da anni al primo temporale d'autunno. La città di Messina non ha fatto nulla per meritarsi la solidarietà del resto del paese. Tutti sono corresponsabili della tragedia compreso il Vescovo che per anni non ha mai denunciato le responsabilità di un sistema corrotto che non ha mai badato al bene della collettività ma solo all'interesse personale e di famiglia. Vero Eminenza?

venerdì 16 ottobre 2009

Ecco la prova che la RAI è un covo di dilettanti del giornalismo.

Oggi possiamo tranquillamente dimostrare che la critica da noi manifestata nei confronti della RAI è valida e risponde al requisito della validazione. Seguiteci nel ragionamento. Tutti i servizi mandati in onda ieri sera dal pachiderma RAI relativi alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Berlusconi da Sofia hanno mostrato con chiarezza l'insipienza e l'incapacità dei giornalisti che dirigono le redazione RAI a fare correttamente il lavoro di informazione per cui sono pagati. Pensate che tutti i telegiornali che il nostro pessimo servizio pubblico dispensa ai cittadini italiani hanno mostrato la conferenza stampa di Berlusconi nella sola parte in cui il Presidente del Consiglio ha parlato esclusivamente di politica interna. In nessuna parte dei servizi giornalistici relativi al viaggio di Berlusconi in Bulgaria si è data informazione del perché Berlusconi è andato a Sofia. Nessun giornalista RAI ha avuto l'accortezza di informare i telespettatori circa le ragioni del viaggio e men che mai ha citato temi relativi ai rapporti italo-bulgari. Nessun giornalista RAI ha commentato l'incontro di Berlusconi col Capo di Governo bulgaro. Nessun giornalista RAI ha dato la minima informazione sul paese che ha ospitato il nostro Premier e addirittura tutti i giornalisti RAI hanno evitato accuratamente di dire il nome del Premier bulgaro e del Presidente della Bulgaria. Alla faccia dell'informazione non abbiamo saputo nulla del mondo bulgaro in questa circostanza. Insomma, i giornalisti RAI sono andati nella capitale bulgara solo per riprendere lo spezzone polemico di conferenza stampa di Berlusconi per mettere in onda la solita tiritera del nostro Premier relativa alla pessima sinistra di opposizione che esiste in Italia. Se abbiamo capito bene, dunque, lo staff giornalistico che ha seguito Berlusconi è stato inviato quasi esclusivamente per registrare l’ennesimo sfogo di Berlusconi contro l’opposizione, parlando solo di politica interna e infischiandosene delle ragioni politiche e diplomatiche del viaggio nella città di Sofia. Vi pare serio questo modo di lavorare in Rai? E di grazia, quando si dovrebbe parlare di relazioni bilaterali, di progetti internazionali in comune tra Italia e Bulgaria, di amicizia italo-bulgara, di rapporti economici con questo paese, etc.? Quando? E così è per tutte le visite all'estero di Berlusconi. In qualunque paese estero la RAI invia giornalisti e operatori televisivi principalmente per esaudire il desiderio di Berlusconi di vedere registrate le sue sfuriate contro la sinistra all’opposizione. Insomma, un classico esempio di servitù a disposizione per le faccende di politica interna del nostro Premier. Un codazzo di giornalisti fannulloni, che non informano sui fatti ma sui desideri del potente di turno è quello che è emerso dalla serata televisiva alla RAI. E questo sarebbe giornalismo serio adeguato agli stipendi dei dirigenti che vi comandano? Pessima RAI, pessimi giornalisti, pessimi dirigenti. Siamo proprio nella melma della palude dell'informazione. E poi ci lamentiamo che gli italiani sono tra i pochi europei che soffrono di provincialismo e non sanno nulla di cosa succede negli altri paesi dell'Unione Europea. Ma si può essere più insulsi di così nel fare discorsi di nessun valore sul piano culturale generale relativi al paese oggetto della visita?

sabato 10 ottobre 2009

Sporcizia e mancanza di etica nella politica italiana.

Oggi commenteremo due fatti di politica interna. Due fatti che a dichiararli indecenti è poco. L’aggettivo indecente ha qui il significato di evidenziare l’inaccettabile comportamento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dal punto di vista etico, a proposito dei due fatti che lo riguardano direttamente. Vediamo di cosa si tratta.
Primo fatto: la RAI. A leggere i giornali si rimane senza fiato. E’ ormai assodato che la RAI non solo perde audience; non solo produce programmi spazzatura, ma fa regali indecenti e spudorati al “concorrente” Mediaset di proprietà di Berlusconi
perdendo incassi. Tra l’altro la RAI si trova anche in fortissimo indebitamento. I dirigenti che hanno prodotto questo dissesto, pensate, sono stati nominati dal Governo Berlusconi che è, com’è noto, contemporaneamente anche padrone del colosso televisivo “concorrente”, il quale al contrario non solo non perde e non ha debiti ma addirittura incassa forti guadagni. Come mai? Abbiamo messo tra virgolette la parola concorrente perché nelle intercettazioni telefoniche effettuate dalla magistratura e rivelate dai media sono state individuate telefonate tra i massimi dirigenti delle due aziende televisive che si mettevano d'accordo sulla messa in onda o meno di alcune notizie nei telegiornali. Ripetiamo la domanda: come mai l'una guadagna e l'altra perde? Semplice. Si tratta di una cosa da far vergognare tutti i cittadini di questo paese perché non si può accettare che il proprietario di un’azienda (Berlusconi) avversario di un’altra azienda (RAI) nomini i dirigenti di quest’ultima. Ma vi rendete conto dell’enormità dello scandalo in cui ci troviamo?
Secondo fatto: approvazione della legge dello scudo fiscale. Anche qui c’è da rimanere senza parole. Silvio Berlusconi è riuscito nel suo intento di aiutare gli evasori. Dunque, adesso chi ha evaso il fisco portando capitali italiani all’estero non può temere più nulla dall’Agenzia delle Entrate perché la nuova legge gli consente di pagare solo una percentuale irrisoria. Vi sembra giusto che si premino i mascalzoni? Tra l’altro la norma vale anche per Berlusconi medesimo, il quale, volendo, potrebbe rimpatriare gli eventuali denari in suo possesso all’estero utilizzando la norma prodotta da se medesimo. Che ne dite? Come vogliamo definire questi due fatti, fortemente voluti da Silvio Berlusconi, se non con un gigantesco e colossale “conflitto di interesse”? Kant soleva dire che “sopra di lui c’era il cielo stellato, dentro di lui c’era la legge morale”. La verità è che Berlusconi, oltre a prendere in giro con la storiella di essere il più bello e il più amato dagli italiani, si è "fatto i soldi" a scapito dei milioni di poveri italiani che non riescono a sopravvivere durante la crisi, mentre le sue aziende si stanno ingrassando come polli e la RAI perde. Ma l’ingiustizia più grande risiede all’interno della Chiesa Cattolica che continua a sostenerlo. Vero Eccellentissime Eminenze che il voto dei cattolici è meglio darlo a lui che ai suoi avversari?

giovedì 8 ottobre 2009

Rozzezza e irrefrenabilità di Berlusconi nell’accusare gratuitamente tutte le figure istituzionali.

La Costituzione italiana dice che il potere esecutivo è uno dei poteri dello Stato, non l’unico. C’è il potere legislativo e c’è il potere giudiziario. In cima c’è anche la figura istituzionale del Presidente della Repubblica. Ricordare che l’Italia non è una monarchia sembra importante a chi è il Capo del governo, il quale invece non perde occasione per far finta che in Italia di potere ce n’è uno solo, che si chiama Silvio. Subito dopo avere appreso della incostituzionalità della legge, chiamata Lodo Alfano, Silvio Berlusconi si è scagliato “in modo rozzo e senza limiti” contro la Corte Costituzionale, contro la Magistratura e contro il Presidente della Repubblica. In serata, per “svagarsi”, ha anche telefonato al conduttore di una trasmissione televisiva di successo ribadendo con maggiore enfasi le accuse insensate già proposte. In chiusura di trasmissione se l’è presa poi contro una parlamentare del PD, Rosy Bindi. Per offenderla, ha detto: "lei è più bella che intelligente". Questo il fatto accaduto ieri. Ed ecco le nostre opinioni. Da parte di Berlusconi c’è stata a nostro parere una caduta di stile, oltre all’irrituale e inutile gesto di maleducazione nel voler umiliare la Bindi, la quale poveretta non aveva detto praticamente nulla di male. Come commentare questa ennesima perla del Presidente del Consiglio che non perde occasione per autodenigrarsi con queste battute fuori dai canoni di sensatezza? Da quando è diventato di nuovo premier Berlusconi si è sempre distinto per il piacere di offendere i rivali, per le parole disdegnose verso gli avversari, senza pensare minimamente alle buone maniere, allo stile e alla sobrietà che dovrebbe avere un Capo di Governo quando parla in pubblico di politica. Se aggiungiamo che è diventato, ogni settimana che passa, sempre più prepotente, aggressivo e litigioso si arriva alla conclusione che sta rovinando in modo irreparabile il dibattito politico in Italia. Ci ricorda il prepotente di turno nei gruppi di giovani, che altera le regole del gioco e alla fine non accetta nessun dialogo con gli altri ma risolve tutti i problemi e i conflitti con la forza dei propri muscoli e con la cattiveria. Ecco dove siamo arrivati oggi in Italia. Praticamente abbiamo smarrito la strada della civile convivenza. Ahi! Poveri noi! Bisognerebbe dire in faccia a Berlusconi che è uno screanzato, un insolente e un individuo rozzo. Anche se ha i soldi.

martedì 6 ottobre 2009

Dilettanti allo sbaraglio.

Eccoli di nuovo in azione. Sono gli “stimatori di folle” che in Italia non perdono una sola occasione per dire la stupidaggine di turno. Tema di oggi è l’incapacità dei responsabili preposti da un'organizzazione a stimare con precisione il numero di persone che manifestano in una piazza, in uno stadio, a un comizio elettorale, a un concerto o a una manifestazione sindacale. A questo proposito ci sono due scuole di pensiero: quella della questura e quella degli organizzatori. Diciamo subito che entrambe sono sempre eguali nel metodo e nel merito e si presentano con le stesse caratteristiche di forzare il risultato in un senso e nel senso opposto. In pratica, a qualunque latitudine della penisola, si presentano alla stessa maniera, ovvero sono fotocopie replicate della peggiore interpretazione dei mali italiani, cioè la faziosità. Rimane inteso che aderendo ad una o all'altra delle due correnti di pensiero gli esiti saranno differenti. Per esempio, in una delle ultime manifestazioni a Roma i primi hanno stimato la presenza di sessantamila persone mentre i secondi in trecentomila. Facendo il rapporto tra i due numeri forniti si ottiene che la stima suggerita dagli organizzatori è cinque volte maggiore di quella proposta dalla questura o, se si vuole in modo speculare scambiando numeratore con denominatore, si ottiene che la questura ha stimato che la folla presente fosse un quinto di quella stimata dagli organizzatori. Facciamo presente, tra le righe, che gli addetti a queste stime spesso fantasiose di entrambe le parti sono persone come noi, vive e vegete, che guadagnano uno stipendio spesso molto maggiore del nostro! Ma torniamo alla questione. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima. E sapete perché non sarà l'ultima volta? Perché in Italia chi sbaglia non paga mai. In pratica, la gente sa che c'è una diffusa convinzione di impunità a tutti i livelli. Di solito nei paesi stranieri chi sbaglia paga, e subito! Vi pare poco? Eppure basterebbe un minimo di "sale in zucca" per far cessare questo scandalo dei numeri folli per la moltitudine stimata a casaccio. Come? Basterebbe studiare un po' i criteri scientifici che vengono applicati all'estero da demografi e statistici. In pratica, si fanno delle fotografie aeree dell'area interessata. Si trasmettono istantaneamente le foto a un centro preposto il quale in un batter d'occhio ingrandendo un quadratino dell'area contano il “numero di persone per quadratino” e alla fine moltiplicano questo “numeretto” per il totale dei quadratini presenti nell'area. Semplice no? Eppure in Italia non si fa. Perché? Perché questurini da una parte e distributori di volantini pro-manifestazione dall'altra perderebbero il posto. E noi purtroppo dobbiamo sorbirci gli inganni di questi dilettanti allo sbaraglio per ancora chissà quanto tempo. Cosa dire di più? Un appello. Per favore, Sig. Questore e Sigg. Organizzatori dei prossimi eventi di folla informatevi prima di come si fa una valutazione (stima) di una folla con criteri scientifici per non sparare alla fine frottole colossali che fanno ridere la gente. E, si sa, il Colosseo è molto grande. Quello che invece dovrebbe essere piccolo (e non lo è) è lo stipendio di questi dilettanti da corrida, che di professionisti non hanno proprio nulla.

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