lunedì 28 aprile 2008

Magistratura e paradossi.

Parlare male della magistratura in Italia non è mai stato uno sport nazionale. Semmai vale il famoso detto: “Piove. Governo ladro!” Ma questa dichiarazione di riferisce alla politica non alla giustizia. Eppure oggi la magistratura non è più considerata come una volta l’istituzione prestigiosa intoccabile. Ormai con “i pretori d’assalto” che non assaltano nessuno e con “i giudici di mani pulite” che non condannano un solo delinquente, la considerazione di cui godeva il ruolo del magistrato è scomparsa. Il risultato è un popolo di cittadini sfiduciati e in piena crisi di rigetto civile. I giudici di oggi sono ormai nel mirino della gente comune. Questo è un guaio serio perché quando il giudice arriva ad essere vituperato dalla gente comune vuol dire che siamo messi veramente male. Ci ritroviamo una magistratura burocratizzata in cui le sentenze, quando vengono emesse, ricordano più le grida manzoniane del seicento che un elenco puntiglioso di fatti contestati agli imputati. Non esiste più il principio di causalità: a una causa (un reato) non corrisponde più un effetto (una sentenza) che porta in carcere chi ha commesso il reato. La conclusione è che il cavillo giuridico o la norma ad hoc producono sentenze che hanno del paradossale. Ecco un esempio di ciò che è successo recentemente. L’ex deputato Caruso di Rifondazione comunista è stato assolto per i fatti di Napoli e del G8. L’ex no-global campano, dopo la pubblicazione della decisione del giudice, ha dichiarato che “la sentenza di non colpevolezza ha stabilito il diritto alla sovversione”. Ripetiamo, “diritto alla sovversione”. Come dire: ma se è il giudice che mi riconosce l’innocenza nonostante io abbia fatto la sovversione! Sorpresi? Sergio Romano sul “Corriere della Sera” ha affermato che “in vita sua non gli era mai capitato di leggere il resoconto di un processo in cui l’imputato si compiace dell’assoluzione con parole che danno ragione al suo accusatore”. Dunque, Caruso, il contestatore che bloccava le stazioni ferroviarie, è stato assolto. W la giustizia. E poi parliamo male di Berlusconi! E ci lamentiamo che l’italiano medio ha perduto la fiducia nel paese. Ma va là.

domenica 27 aprile 2008

Confusione o ambiguità?

Il settentrionale Sindaco di Venezia Massimo Cacciari e il meridionale Direttore del “Riformista” Antonio Polito, per apparire originali a tutti i costi e a caccia di bizzarrie giornalistiche, sferzano il leader del PD Walter Veltroni per mettergli ansia e condizionarlo nella definizione della linea politica del partito all'indomani della sconfitta alle elezioni. A voler essere generosi la posizione del duo Cacciari-Polito potrebbe essere un fatto positivo. Sferzare, criticare, stimolare sono ottimi strumenti intellettuali per cambiare in meglio la linea politica del nuovo partito. In questa chiave la proposta di fare uno spezzatino del PD per creare tre nuovi soggetti ancorati al territorio e avere così un PD del Nord, uno del Centro e un altro del Sud potrebbe essere letta come una possibile soluzione per la rivincita dell’ex-centrosinistra sul centrodestra berlusconiano. Si tratterebbe di copiare la ricetta vincente della Lega Nord che, allo stesso modo della CDU bavarese, potrebbe permettere all'ex Sindaco di Roma di ritornare più forte nel Settentrione d'Italia. Questo il fatto che desideriamo commentare brevemente oggi con le solite nostre opinioni. Dunque, Cacciari e Polito hanno detto la loro: per recuperare il divario con il partito di Bossi è necessario alimentarsi a spezzatino di camoscio bergamasco, magari in salsa verde con polenta orobica. Noi riteniamo che il menù sia inaccettabile nel merito e assolutamente sbagliato nel metodo. Creare tre partiti federati del PD che in prospettiva dovrebbero fronteggiarsi con altri tre partiti federati con la Pdl (due ci sono già e sono la Lega Nord e l’MPA di Lombardo) sarebbe la fine dello stato unitario. Insomma, sarebbe un bel regalo alle tesi secessioniste del nordista Bossi che creerebbero di fatto tre stati diversi tra loro. Le successive spinte centrifughe fra i tre spezzoni farebbero il resto. Già immaginiamo i titoli dei giornali: «il PD del Nord contro quello del Centro per motivi di linea finanziaria auspica una separazione dei due partiti». Oppure, «il PD del Sud in disaccordo con quello del Centro chiede che la separazione tra i due partiti sia netta e ognuno vada per la propria strada», ecc... Vogliono questo i nostri guru della politica? Ci hanno sempre creato imbarazzo i cosiddetti intellettuali, meridionali o settentrionali, che fanno proposte pericolose e che giocano a incendiare gli animi. La proposta ci sembra come minimo sconclusionata e, nel caso peggiore, ci sembra in malafede tanto da fare il gioco dell'avversario. Tra le tante cose i due non sono nuovi a proposte shock. Ma da due soggetti come loro, che si professano critici nei confronti del cosiddetto centralismo romano e che sono il primo più nordista di Bossi e il secondo sostenuto economicamente dall'editore del giornale “Libero” che è più filo settentrionale di tutti ci puzza un po'. Forse sarebbe il caso di far chiarire meglio la proposta ai diretti interessati e capire se si tratta di confusione o di ambiguità. Di questa seconda ipotesi non mi meraviglierei molto, visti i soggetti e il loro curriculum politico.

venerdì 25 aprile 2008

Una doverosa autocritica: rifioriscono i modelli Fiat.

Non posso più aspettare. Anzi, ho aspettato fin troppo. Mi sento in dovere di fare un rimprovero alla mia analisi. Dopo le ultime notizie giornalistiche che affermano esattamente il contrario di ciò che ho affermato io qualche anno fa, ho fretta di ritornare sulla mia errata previsione e fare autocritica. L’Economist l’ha definito Il miracolo di Torino. Ecco di che si tratta. Agli inizi del 2005 la Fiat non godeva buona salute. Soffriva di una crisi generalizzata. E’ stata una crisi finanziaria, produttiva e d’immagine. Se aggiungiamo gli scioperi e l’uscita di modelli poco affidabili abbiamo il quadro di una serie di aspetti negativi che il mercato aveva tradotto in rischi per gli investitori. Insomma, il fallimento della casa produttrice torinese era più che un’ipotesi. Ed ecco il “miracolo”. Due uomini giusti, messi nei posti giusti hanno prodotto il prodigio. Sergio Marchionne e Luca Cordero di Montezemolo hanno fatto recuperare all’industria torinese, in modo insolito quanto straordinario, una nuova vita facendola rinascere. Una ristrutturazione efficace, una politica industriale convincente, nuovi investimenti e nuovi modelli di autovetture hanno prodotto la svolta. Adesso tornano gli utili, e che utili, e il titolo vola in borsa. Avevo previsto nero e invece il futuro è diventato d’oro. Capperi che virata! Sono contento che la mia previsione non si sia verificata. Alcune volte gli errori, riconosciuti con una buona dose di autocritica, fanno bene. Fanno sentire di essere uomini che pensano, ragionano e decidono consapevolmente. Spesso, cioè, il riconoscimento di errori commessi fa sentire un essere umano che sbaglia e riconosce l’errore una persona onesta e corretta. E’ un fatto positivo. Auguri Fiat.

mercoledì 23 aprile 2008

Ritratto inedito e tetti parigini.

Ecco un quadro interessante di un bravo artista che vogliamo commentare in modo semplice e argomentato. Si tratta di un'opera ad olio su tela del 1964. L'Autore è Vincenzo Brasella, genio artistico poliedrico, eclettico e audace. L'Artista lo ha dipinto su commissione nei suoi primi anni di lavoro. Rappresenta il ritratto di uno studente di fisica visto in chiave metaforica come uno scrittore di prosa ottocentesca. Brasella è un ritrattista originale che in gioventù, nel quartiere di Montmartre con studio in Rue Chappe, nasce come Artista multiforme e variegato (pittore, scultore, architetto e maestro di vita). Egli trova la sua maturazione sul piano artistico con componimenti che ricordano l’impressionismo. In effetti il ricorso al tema artistico francese si ferma solo in superficie perché la concezione di Brasella, dalla maturazione in poi avvenuta a cavallo tra Parigi ed Amsterdam, è differente. Più Dalì e meno Renoir sarebbe una prima descrizione rozza della sua arte. Insomma, una sintesi personale fra surrealismo ed espressionismo. Le sue rappresentazioni, gli scorci, le stanze, i panorami ristretti, come la veduta dei tetti parigini da una vecchia e malandata mansarda del quartiere di Montmartre dell'opera in esame, individuano categorie statiche, in cui vi è limitata fluidità. In essi la vita scorre lenta, senza scatti, con vedute solitarie e con personaggi naïf e poco propensi all’azione. L'ambiente del quadro appare in penombra e povero. Al posto della scrivania c'è un modesto banchetto sul quale, a mala pena, si può scrivere appoggiando il braccio destro. Un foglio di carta è appuntato sulla parete. L'abbigliamento appare sciatto, essenziale, misero. Il viso è pensieroso e lo sguardo è privo di espressione. Lo scrittore è seduto su un cuscino sdrucito, forse anche sporco, appoggiato su una vecchia sedia insicura. Dalla finestra appare un orizzonte monotono. Si intravedono tetti e mansarde. Il cielo appare poco azzurro con un fondo di foschia bianca. Nel colore è presente una spiacevole sensazione di grigio, con muri calcinati, bianco sporco, intonaco invecchiato e macchiato. La parete è povera di arredi. I muri sono scrostati. L'angolo di visuale in primo piano fa immaginare una stanzetta non curata, senza mobili e con nessuna comodità. Il quadro appare spento. Domina lo scuro che ha prevalenza sulle zone chiare. Lascia pensare a un'esistenza grama, di stenti. Il soggetto sembra essere in difficoltà economica con un futuro non certo rassicurante. L'Artista è stato severo con quest'uomo. Noi apprezziamo molto l’arte di Brasella che in questo quadro, uno dei primi suoi dipinti, fa intravedere in nuce i germi del destino di un Artista che è stato ed è “viaggiatore e moderno Odisseo” nel nostro ormai disastrato mondo.

domenica 20 aprile 2008

Alla Rai irrompe il 2° principio della termodinamica.

Non è necessario essere scienziati, cioè persone che conoscono la scienza, per capire come i marziani, almeno nel senso metaforico del termine, esistono in Italia, soprattutto quando si presentano sotto la veste di giornalisti conduttori di trasmissioni televisive che fanno ascolto. Ci spieghiamo meglio. Ieri sera, nella trasmissione “Che tempo fa” di Rai3 il conduttore Fabio Fazio, presentatore televisivo di successo ma ignorante di scienza, durante l’intervista fatta a Roberto Vacca, un divulgatore scientifico tra i tanti, gli ha posto la domanda su cosa dicesse il 2° principio della termodinamica. L’ing. Vacca, navigato conferenziere, ha risposto provocatoriamente dicendo che “se si bolle un acquario si ottiene una cattiva zuppa di pesce, mentre se si raffredda la stessa zuppa è difficile che si riottenga l’acquario di prima”. E’ questa la classica risposta che si dà a una domanda provocatoria o leggera, in cui si desidera fare ironia su un fatto insolito o singolare della scienza del calore. Sul piano divulgativo la risposta è corretta, ancorché non la si trova su nessun manuale di fisica perché incompleta sul piano concettuale e totalmente mancante dell’aspetto simbolico e matematico, ovvero quantitativo. La nostra sensazione è che la risposta ha reso perplesso il conduttore, incapace di approfondire il senso dell’asserto proprio perché ne ignorava in modo totale il contenuto. Si è reso allora protagonista di una serie di sberleffi e di atteggiamenti stucchevoli che volevano comunicare al pubblico da un lato buon umore per la stranezza della risposta e dall’altro ironia sulla scienza che è portatrice, a suo dire, di fatti talmente inconsueti e atipici da sfiorare il ridicolo. Questo il fatto di oggi che commenteremo al solito con le nostre opinioni. Diciamo subito che ad apparire marziano non è stato l’intervistato, bensì l’intervistatore il quale, a nostro parere, non si è reso conto di come si rendano ridicoli quei conduttori televisivi incolti che - ignorando i fatti della cultura scientifica e, dunque, impossibilitati a sostenere una discussione nel merito dei contenuti della scienza - producono sul pubblico pericolosi effetti distorsivi sul senso da dare alla scienza e alla cultura scientifica. Se ci è permesso concludere con una morale, ci sentiamo di affermare che il fatto grave non è che moltissimi giornalisti televisivi di tutte le televisioni italiane siano ignoranti in fisica e nelle altre scienze. No. Il fatto grave è che rimangano lì, immobili, a condurre programmi che hanno un largo seguito di pubblico senza porsi criticamente la domanda se con la loro conduzione possono produrre aspetti diseducativi sul telespettatore medio, il quale, confortato da queste singolari risposte, continuerà più di prima a pensare che la scienza è inutile e che è meglio non conoscere. In altre parole, questo significa considerare cultura solo ciò che ha a che vedere con l'asse umanistico e relegare la scienza tra le macchine e la tecnologia. Si badi bene che questo grave fatto si verifica su un canale televisivo pubblico, in cui i giornalisti sono pagati col canone dei telespettatori! Ma vi rendete conto in che mondo viviamo?

venerdì 18 aprile 2008

Fave, piselli e fiori di zucca.

Oggi parleremo di nuovo di cucina. In particolare, soffermeremo la nostra attenzione su un piatto di stagione. Ci siamo sempre deliziati all’idea di consumare un piatto cucinato con i prodotti del luogo e del tempo. Consideriamo questo elemento uno dei pregi della dieta mediterranea che utilizza a piene mani i prodotti locali freschi e genuini. Ripercorriamo pertanto il percorso della preparazione di una pietanza gustosa, verde con qualche striscia di giallo. Si tratta di un piatto di verdure costituito da piselli, fave e fiori di zucca. La pietanza può essere consumata a scelta come un secondo, oppure come contorno o, meglio, come condimento con pasta corta, come orecchiette o pennette.

Ingredienti per 4 persone: 400 g di piselli freschi sgranati dal baccello piccolo (5 mm) ● 400 g di fave fresche sgranate e senza buccia di piccolo taglio (lunghezza 1,5 cm) ● 12 fiori di zucca ● 2 spicchi di aglio fresco ● un mazzetto di foglie di menta brodo vegetale ● due cucchiai di olio extravergine d’oliva ● sale pepe

Preparazione: Sbucciare i due spicchi d’aglio e farli rosolare in una padella antiaderente di circa 30 cm di diametro con i due cucchiai di olio extravergine di oliva. Aggiungere prima i piselli e poi le fave sgusciate, mescolare e lasciare insaporire pochi minuti. Unire qualche fogliolina di menta, bagnare il tutto con un mestolo di brodo caldo, coprire con un coperchio e lasciare cuocere a fiamma media per circa 20 minuti. Pulire i fiori, tagliare le parti estranee e meno morbide, versarli nella padella, insaporirli con sale e pepe e farli saltare per uno-due minuti a fiamma alta. Aggiungere come tocco finale un cucchiaio di foglioline di menta fresca e servire.

Considerazioni culinarie: La pietanza è ottima per il gusto e dà un pieno di proteine vegetali (oltre 5 g), fibre (5-6 g), ferro (1,7 mg) e vitamina C (33 mg sempre ogni 100 g). I piselli più sono piccoli e dolci più sono gustosi. Lo stesso vale per le fave. Devono essere teneri e di dimensioni piccole. I fiori devono essere freschi di giornata, dal colore giallo intenso. L’aglio deve essere soffritto in maniera non esagerata. La menta deve essere di tipo classico e profumata. Niente imitazioni di mentucce strane e dall’odore inesistente. Il brodo vegetale può essere sostituito da un pentolino pieno d’acqua con mezzo dado per brodo per esempio della Maggi . L’olio deve essere rigorosamente extravergine di oliva con spremitura a freddo. Diffidate delle imitazioni, o da bottiglie con lo sconto. Ricordate che l’olio non deve superare l’anno da quando è stato prodotto. Sale fino e pepe nero. La pietanza può essere accompagnata da un vino rosso secco, sui 12-13 gradi di gradazione alcolica in volume. Il brodo a fine cottura deve essere completamente assorbito dai vegetali. Evitate cioè la formazione di brodini vari. Mal si gusterebbero. Last but not least, mangiate lentamente, gustando il cibo. E’ una fortuna poter apprezzare ancora i profumi dell’orto. Fra qualche anno sarà impossibile! Buon appetito.

mercoledì 16 aprile 2008

E adesso giù con la scure.

Elezioni 2008: il centrodestra batte il centrosinistra per 4-0! E bravo il nostro Cavaliere, Silvio Pigliatutto. Pensate, in un solo colpo, come al supermercato, il capo di Mediaset ha pagato uno ed ha preso quattro (ha vinto le elezioni, si è liberato dell’Udc di Casini, ha fatto il vuoto alla sua destra ed ha buttato fuori dal Parlamento con una spallata tremenda Sinistra Arcobaleno, Sdi e pattuglia radicali). Scusate se è poco. E’ stato un vero e proprio terremoto! Dopo questa convincente vittoria, noi cittadini che abbiamo sofferto non poco con il precedente governicchio Prodi dell’ammucchiata rivoluzionaria e massimalista dei no-global nostrani, adesso vogliamo tutto e in una sola volta. Chiediamo: dieci centrali nucleari, cinque Tav, sette termovalorizzatori, nove gassificatori, cinque basi militari a Vicenza, due Malpense, tre cordate italiane per acquistare Alitalia (una del Nord, una del Centro e una del Sud), un ponte sullo Stretto, quattro tesoretti e, dulcis in fundo, cento kg di rifiuti napoletani freschi di giornata a casa di Pecoraro Scanio ogni giorno da mettere sotto le coperte del suo letto. Quando si stravince, come ha fatto il Cavaliere volante, alias Nembo Kid, si può chiedere molto, ed è quello che stiamo facendo. Noi lo ringraziamo per avere mandato a casa i nipotini di Stalin, pensionandoli una volta per tutti. Per favore, però, finiamola con questo piagnisteo che dispiace a tutti che il lider maximo dei rifondaroli, il compañero Fausto, non sia più in Parlamento. Noi invece siamo più che soddisfatti che “questa” sinistra sia fuori dai giochi parlamentari. Questa sinistra, cosiddetta radicale, non dimentichiamolo, era costituita dai seguenti desaparecidos elencati in stretto ordine di incapacità politica e di capacità a “fare danni” al paese. Finalmente non ci saranno più. Ecco i nomi dei deprecabili: Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Cento, Oliviero Diliberto, Lidia Menapace, Francesco Caruso, Luigi Manconi, Marco Boato, Giovanni Russo Spena, Paolo Ferrero, Ramon Mantovani, Katia Bellillo, Franco Turigliatto, Fausto Bertinotti, Enrico Boselli, Angelo Monelli, Gavino Angius,Cesare Salvi, Fabio Mussi, Franco Giordano, Gloria Buffo, Maurizia Cossutta, Vladimir Luxuria, Manuela Palermo, Heidi Giuliani, Sergio D’Elia. Ci fermiamo qui, ma l’elenco è molto più lungo. E noi dovremmo essere scontenti che questi Signori non ci siano più? Ma per favore, diceva in questi casi Totò, mi faccia il piacere! Purtroppo il Cavaliere ha imbarcato sui suoi velieri da guerra anche dei marinai di bandiera che, in quanto a incapacità e impresentabilità, non hanno nulla da invidiare ai desaparecidos sopra elencati. Fortunatamente sono in numero minore ma sempre impresentabili: Sig. Ciarrapico, Sig.ra Stefania Craxi, Sig.ra Alessandra Mussolini, Gen. Roberto Speciale, Sig. Carlo Giovanardi ed altri che ci risparmiamo di citare per evitare pubblicità immeritata. Staremo a vedere.

domenica 13 aprile 2008

Giornalismo d’impegno e furbizia islamica.

Il giornalista Magdi Cristiano Allam, convertitosi recentemente al cattolicesimo ed esperto di problemi mediorientali, è stato citato ripetutamente in Tribunale da un’associazione di musulmani d’Italia, l’UCOII, per risarcimento danni per avere pubblicato articoli definiti diffamatori. Questo il fatto e passiamo alle opinioni.
Di per sé una notizia del genere non dovrebbe interessare nessuno. Quella di citare in giudizio un giornalista per articoli sgraditi è una prassi consueta. Ma qui le cose stanno diversamente perché non si tratta di una questione privata tra il giornalista e l’associazione musulmana. No. Qui la questione è pubblica perché interessa i principi costituzionali italiani e rischia di creare un precedente pericoloso per la libertà di pensiero e di stampa. Allo scomodo osservatore cattolico anti-islamista, il suo avversario, l’UCOII (ovvero Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, una associazione di musulmani ostinati che non si vogliono piegare alle richieste di adeguamento delle loro attività religiose alle leggi italiane), gli ha dichiarato una inedita guerra, più pericolosa perché più subdola di quelle tradizionali, che intimidisce e mette a disagio. Si tratta della “Guerra Santa islamica tramite i tribunali”. In inglese suona pressappoco come “Jihad by Court”. Di che si tratta? In poche parole, gli estremisti islamici dell’UCOII, visto che in Italia fino ad ora non sono riusciti a nascondere l’attività di formazione e indottrinamento religioso di tipo fondamentalista che Allam sistematicamente denuncia, hanno ripiegato sulla meno eclatante, ma sempre efficace, guerra di logoramento. Hanno individuato in Allam il soggetto più pericoloso per la loro causa e lo hanno sommerso di citazioni strumentali in Tribunale. Una, dieci, cento denunce, tutte con la stessa accusa: richiesta di risarcimento danni e processi penali e civili per costringere Allam a “distrarsi” dalla sua attività giornalistica di critica ai violenti e ai fanatici del fondamentalismo islamico per concentrarsi, con enormi perdite di tempo e di energie, sulla sua difesa nelle decine di cause in tribunale. Noi che conosciamo la psicologia e la cultura dei gruppi più esaltati degli abitanti della sponda est del mediterraneo non ci sorprendiamo più di tanto di questa iniziativa. Conosciamo l’intelligenza delle menti di origine araba, spesso trasformata, per la causa pro-islamica, in furbizia e doppiezza. Ci dispiace che l’azione di fanatismo dell’UCOII produca confusione tra la ricchezza della cultura, della storia e della straordinaria tradizione araba e la bassezza d’animo dell’oltranzismo musulmano. Quello che indigna di più in tutta questa squallida vicenda è l’astuta scelta di inondare di processi i Tribunali italiani contro Allam, di per se ingolfati da un arretrato mai smaltito, per bloccare l’attività giornalistica di informazione del bravo anche se polemico giornalista. Sull’UCOII ci sentiamo di dire quanto segue. A nostro parere questa associazione ha fallito miseramente il suo progetto politico di scardinamento della società italiana. Il suo insuccesso è palese. Avrebbe voluto imporre la sua ingombrante presenza nella politica estera italiana. Non c’è riuscita. Ma proprio per questo si impone una riflessione che abbia come destinatario la vergognosa scelta di mancata adesione dell’UCOII al protocollo di intesa tra Religione musulmana e Stato italiano. A questa associazione bisogna rendere la vita difficile e incalzarla inesorabilmente sul terreno dell’accettazione delle regole italiane. Cosa possiamo fare noi modesti cittadini per aiutare il bravo giornalista in questa battaglia di libertà dalla violenza e dalla prevaricazione? Una sola cosa: insistere in tutte le sedi, politiche e sociali, nella richiesta di costringere questa associazione ad accettare totalmente le leggi dello Stato italiano. E senza fare i furbi.

sabato 12 aprile 2008

Tribuna elettorale Mediaset: trasmissione parziale e conduzione inadeguata.

Era inevitabile e facilmente prevedibile. La trasmissione elettorale di ieri sera su Canale5, condotta da Mentana nel programma Matrix, non è stata imparziale. Il conduttore, in evidente difficoltà a causa del conflitto di interesse del proprietario di Mediaset, non è riuscito a uniformare le due interviste agli stessi standard. Sciolto e scrupoloso con Veltroni, ingessato e debole con Berlusconi. E’ stato privilegiato in modo inopportuno Berlusconi, ovvero il datore di lavoro dello stesso Mentana. Niente di eccezionale, s'intende. Piccoli trucchi per avere la meglio sull’avversario. Si va dalla forzatura di ridurre drasticamente il tempo di interruzione dello spot pubblicitario (lungo per Veltroni, brevissimo per Berlusconi) alla imposizione di una durata complessiva differente delle interviste (più corta per Veltroni, leggermente più lunga per Berlusconi). Ma la violazione più grave ha riguardato il fatto che il candidato Berlusconi, per l’intera durata della intervista, non ha permesso al conduttore di fargli le domande in libertà. Berlusconi ha sempre parlato velocemente, a raffica, rispondendo a domande mai fattegli, dirigendo l'intervista ad usum delphini in modo da impedire gli interventi del conduttore. Ne è uscita fuori un’immagine spiacevole di irritante tracotanza di Berlusconi che si impone, come al solito, non per la "qualità" delle risposte ma per le continue denigrazioni dell’avversario. Inaccettabile.

venerdì 11 aprile 2008

Il Presidente della regione Lazio Marrazzo come Pinocchio?

Le notizie che riguardano l’On. Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo sono pessime. Da Bruxelles arriva un giudizio impietoso contro il Capo della Regione Lazio. La sua attività nella gestione della politica regionale è un completo fallimento. Lo si accusa in questo caso di non essere riuscito a risolvere il problema dei rifiuti (argomento non nuovo, purtroppo alle basse latitudini) nonostante la procedura di infrazione contro la Regione gli sia stata notificata all’inizio del suo mandato. La sua incapacità a varare un piano di smaltimento dei rifiuti credibile e soprattutto certo sta alla base della salatissima multa che la Regione dovrà pagare per insolvenza. Cos’altro aggiungere su questo pinocchietto della politica laziale, ex conduttore di successo in una popolare trasmissione televisiva con la quale aveva suscitato entusiasmi a non finire nei cittadini, che finalmente avrebbero visto alla Regione una persona onesta? La nostra opinione è peggiore di quella che un amante tradito in amore ha del partner perduto. Il Pinocchio Marrazzo sarà stato una persona onesta, ma è stato anche una persona inetta, perché incapace di gestire adeguatamente il ruolo di Presidente di una grande regione. Cosa si chiede a un uomo che vince le elezioni a una carica così prestigiosa? Di mantenere le promesse elettorali e niente di più. Invece abbiamo visto la fotocopia sbiadita del Governo Prodi, con le solite liti da comari, i no a ripetizione, e mille e una ripicca. D’altronde lo stato confusionale in cui versa la Regione Lazio non riguarda solo ‘a monnezza ma anche i Trasporti, la Sanità ecc.. Che vergogna vedere un novello Catone che censurava i potenti arroganti e spesso corrotti scadere a piccolo Nerone “alla matriciana”. Che tempi!

giovedì 10 aprile 2008

Da una parte stanno i buoni, dall'altra .....

La storia dell'umanità da Abele e Caino in poi ci insegna che il bene e il male fanno parte della vita dell'uomo. Lo stesso Dio nella Bibbia ci informa che alcune volte è stato costretto a punire con durezza gli uomini, come per esempio con il diluvio universale. Dunque, il bene e il male esistono, e come! Da una parte stanno coloro che accettano le regole, dall'altra stanno coloro che le infrangono. E' sempre stato così. Questo non significa però che non si possano prendere decisioni drastiche in grado di evitare questa nefasta asimmetria. Anzi, sarebbe necessario passare dalle dichiarazioni di intenti ai fatti concreti, anche per lanciare un messaggio educativo ai tanti potenziali cattivi che vedendo l'inerzia dei buoni ne possono approfittare subito. Noi la vediamo così. Ai cattivi dovrebbero essere interdetti alcuni benefici che la società dà normalmente a tutti. Proponiamo che lo Stato penalizzasse tutti coloro che dovrebbero andare in pensione avendo commesso dei reati puniti da un tribunale. Per esempio, se un pensionando dovesse andare in pensione incensurato, essendo un buono, il suo trattamento di quiescenza dovrebbe tenere conto di questa sua attitudine al bene e confermare il 100% dell'importo del rateo. Viceversa, se un soggetto dovesse andare in pensione con due reati sanzionati dal giudice, dovrebbe avere una trattenuta, diciamo del 20% circa. Se poi il reato fosse gravissimo, come l'omicidio tanto per fare un esempio e la Chiesa cattolica non ce ne voglia se ritorniamo su questa vecchia querelle del figliol prodigo, la riduzione del rateo dovrebbe raggiungere valori più elevati, diciamo il 70% circa. Siamo perfettamente convinti che un provvedimento legislativo del genere, ancorchè giusto, non verrebbe mai attuato. La ragione? Lasciamo a voi lettori la possibilità di sbizzarrirvi a trovare le infinite combinazioni attraverso le quali gli azzeccagarbugli nostrani bloccherebbero il provvedimento. Ma se persino Dio dal Paradiso ha punito più volte i cattivi, perchè ciò non è possibile qui in Terra? Noi siamo dell'opinione che Dio gradirebbe molto la decisione. Altrimenti, che campamo a fa'?.

martedì 8 aprile 2008

Un racconto romanesco da osteria che fa piangere.


Ecco il testo del celeberrimo dialogo tra un poliziotto e un orfano che viene arrestato per furto. Questo dialogo veniva raccontato negli anni '30 quasi sempre nei luoghi di mescita del vino, a Roma. Tempi duri quelli. Tempi in cui davanti a un bicchiere di vino gli alcolisti del tempo non esitavano a raccontare frottole ma anche storie di vita drammatica e vissuti che "intenerivano er core" pur di dimenticare i tempi bui della Roma mussoliniana. A memoria, pubblichiamo questa originalissima e quasi introvabile poesia.

Fui preso da una guardia al camposanto,
proprio nel mentre che rubavo un fiore;
e fui portato via con gli occhi in pianto,
tutto tremante e pieno di paura
per essere interrogato su in Questura.
- "Quanti anni avete?"
- "Dodici compiuti."
- "Incominciate bene la carriera... E vostro padre, è vivo o morto?"
- "E' morto in guerra, al San Michele,
spirando come scrisse il comandante,
accanto alla bandiera svolazzante".

- "E non vi vergognate! disonorar quel nome che portate,
un nome che fu scritto nella Storia
di chi dette la vita per la gloria?
E quando un po' più tardi vostra madre saprà,
che dirà d'un figlio che non conosce umanità?"

- "Perdonate un orfanello,
ché pure mamma bella m'ha lasciato;
là, che da tre mesi è sotterrata,
in mezzo a una fossa abbandonata!
Ecco perché, in preda allo sconforto, al Verano,
vagando solo tra tante tombe illuminate
con marmi bianchi pieni di rose rosse e profumate…
ho preso un fiore per portarlo a mamma!"


Si racconta che un anziano bevitore, noto come Piriccollu, sotto l'effetto del vino bevuto, ascoltando la tenera poesiola ben raccontata da un avventore spiritoso e teatrale di nome Salvatore, davanti ad una allegra brigata nella bottega di tal Cicciu 'nchimma, si commosse a tal punto che fra una lacrima e l'altra chiese al narratore del dialogo se alla fine il poliziotto, toccato dalla drammatica storia del bambino, avesse o meno esclamato all'indirizzo del declamante: "Poverillicchiu, ma puoi u commissariu u libberau, nonevvera?", cioè se avesse lasciato libero o meno il giovane. Potenza del nettare di Bacco e della bravura teatrale dell'avventore .

La banca circolare: una bufala?

E' da qualche anno che siamo bombardati da una pubblicità sottile e aggressiva, che pubblicizza la famosa "banca circolare" del Sig. Ennio Doris. Televisioni, quotidiani, settimanali, mensili, tabelloni con annunci grandiosi, promotori finanziari, pubblicità in cassetta e porta a porta, tutti propongono questo Signore, in giacca e cravatta col viso sorridente, che in mezzo al deserto disegna con un bastone un cerchio e alla fine si mostra soddisfatto in una poltrona all'interno della linea circolare. I brevi flash pubblicitari parlano velocemente, con antipatici inglesismi, di "best brand", di "family banker", persino di un approccio "circolare" di cui non abbiamo mai capito cosa significhi. Orbene, cosa ne pensiamo di tutta questa montatura virtual-pubblicitaria del Sig. Doris? Che al circolare Presidente della Mediolanum (questo è il nome della banca) non affideremmo neanche un centesimo di euro. Diffidiamo sempre delle super-iper-virtuali pubblicità che abbondano in tecnicismi e con un uso esagerato di parole straniere. Abbiamo l'impressione, come direbbe il grande Totò, che "c'è del marcio in Danimarca". Speriamo di no, soprattutto per gli ingenui che hanno affidato alla sapiente regia del Sig Doris i loro risparmi. Noi continueremo a mettere i nostri pochi soldini in affidabili titoli di stato: pochi interessi, molta sicurezza. Alla faccia della circolarità.

domenica 6 aprile 2008

Scienza e Religione: proviamo a fare un discorso diverso.

Sono sempre stato contro lo scientismo. Conosco la differenza tra scienza e scientismo. Mi sono preoccupato, pertanto, di dare senso alla mia contrarietà contro l’innalzamento della macchina a virtù. Tuttavia, e non solo per simmetria, c'è da fare un analogo discorso con la religione. Visto che accanto alla scienza esiste la sua degenerazione, che è lo scientismo, allo stesso modo accanto alla religione esiste la sua degenerazione, che è l'integralismo. Hanno qualcosa in comune le due alterazioni? Credo di si. Nel loro ottimismo ingenuo hanno un solo obiettivo: sminuire le conquiste della scienza e impedire che scienza e religione trovino delle sintesi. Ecco perché è necessario opporsi a entrambe le degenerazioni. L’uomo ha bisogno della scienza e della tecnica perché entrambe più di ogni altra potenza riescono a cambiare il mondo. La ragione è che non pensano solo a “smuovere le montagne, ma anche le anime”. Pertanto, ricercare Dio è importante. Ma non dimentichiamo di ospitare la scienza. Insieme, le due possono fare cose buone per l’uomo. Contrapporle è una rovina.

sabato 5 aprile 2008

Immagine sporca e danni irrimediabili: il caso dei fratelli Scanio.


Consideriamo l'Onorevole Alfonso Pecoraro Scanio il principale responsabile del disastro spazzatura a Napoli. Non è facile trovare nella nostra Galassia, dal nome pulito "Via Lattea", un caso sporco come quello che lo vede colpevole dell'esistenza del monnezzaio partenopeo. Essere contemporaneamente un Verde, Ministro dell'Ambiente e Responsabile della sofferenza ambientale di un'intera Regione è una contraddizione non solo logica ma anche esistenziale. Di oggi la notizia che la magistratura indaga per reati gravi, come la corruzione e l'associazione a delinquere, anche il fratello Senatore Marco Pecoraro Scanio. Due fratelli, uno Onorevole e l'altro Senatore (però, mica scemi i Pecoraro), due probabili malfattori, una sola conclusione: perchè non si dimettono e se ne vanno a coltivare pomodori nella loro ormai irrimediabilmente danneggiata Campania?

venerdì 4 aprile 2008

Presi con le mani nella marmellata.

Sindacati irresponsabili. Con le loro pretese hanno fatto fallire la trattativa tra Air France e Alitalia. Adesso se ne pentono. E amaramente. Sono in imbarazzo e cominciano ad essere contestati dai loro stessi iscritti. Stiamo parlando della Triplice Confederale, cioè dei tre furbetti del sindacalismo nostrano: Epifani, Bonanni e Angeletti. Con le loro richieste massimaliste, il loro alto tasso di litigiosità e l'indeguatezza del loro pragmatismo hanno affossato non solo l'Alitalia ma soprattutto quei lavoratori che avrebbero dovuto difendere. Un autogol eccezziunale veramente, direbbe Abatantuono. Credevano di imporre a Jean-Cyril Spinetta le tecniche di ricatto che normalmente permettono loro di vincere nelle trattative italiane. Solo che hanno dimenticato che il padrone del vapore, questa volta, non è italiano, è francese. L'A.D. di Air France non ha accettato il ricatto. E' stato un vero gentleman, non ha rilasciato nessuna dichiarazione e se ne è tornato a Parigi in silenzio. In realtà avrebbe voluto dire agli "amici" sindacalisti, ovvero ai Signori delle tessere della CGIL-CISL-UIL, che decidono tutto per tutti e che si sostituiscono anche al Capo del Governo italiano, le seguenti poche parole: "ma andate a morì...". I tre furbetti sindacalisti meriterebbero di essere messi alla gogna. Ma ormai in Italia "tutto svampa, Signò" direbbe Ariel, il filippino di Zelig.

giovedì 3 aprile 2008

Faccenda Alitalia: siamo al ridicolo.

Ci siamo. Il fallimento della compagnia aerea di bandiera si avvicina sempre di più. Il caos regna sovrano. Una sola osservazione a margine di questa inverosimile situazione, che a definirla grottesca è poco. Si tratta di richiamare la capacità del cosiddetto "sistema Italia" di evitare la crisi. Facciamo un esempio. Com'è noto, uno dei pilastri della scienza è la capacità del sapere scientifico di essere in grado di spiegare e prevedere. Si parla più precisamente di capacità esplicativa e di capacità predittiva. In altre parole, una legge scientifica deve possedere i due elementi logici senza subordinazione e limitazione alcuna. Se sa spiegare perchè un fenomeno naturale si manifesta sempre, senza eccezione di sorta, e secondo quelle circostanze, e in qualunque posto (si dice nello spazio-tempo), vuol dire che il primo elemento è acquisito. Se, oltre a quanto precede, sa anche prevedere prima quello che succederà dopo, secondo certe condizioni iniziali, allora anche il secondo elemento andrà ad arricchire il "carniere epistemologico" e l'asserto diventa legge. Uscendo dalla metafora questo significa che se il "sistema Italia" avesse posseduto le due capacità, l'Alitalia non si sarebbe trovata nelle condizioni pietose in cui versa. Cosa avrebbe dovuto capire il "sistema Italia"? Semplice. Partiamo dalle condizioni iniziali possedute dall’Alitalia nel 2001 anno in cui iniziò il famoso quinquennio berlusconiano del record di stabilità politica. Eccole:
1.emarginazione progressiva internazionale del marchio nei diversi paesi esteri a causa di una forte caduta d'immagine del Made in Italy;
2.rissosità del sistema politico nazionale che si è rimpallato responsabilità gestionali e strategiche da una parte all'altra;
3.incapacità gestionale del management Alitalia nominato più per servizi politici che per capacità e professionalità;
4.ottusità nel non aver capito che i difetti italiani si sarebbero progressivamente introdotti nella organizzazione del lavoro creando difficoltà via via crescenti;
5. ruolo rissoso del sindacato che avrebbe comunque piegato a logiche di convenienza sindacale alcune scelte di fondo della compagnia impedendo a tutti i costi il risanamento;
6. ruolo devastante sul piano dell'immagine delle contrapposizioni politiche tra città (Milano e Roma) che reclamano di essere il centro del mondo per soddisfare esigenze di localismo e l'interesse nazionale;
7. sacche di furbizia e di malcostume che caratterizzano tutto ciò che in Italia non è privato;
8.corporazioni e lobbies di piloti, controllori di volo, servizi gestionali di terra, boss politici locali, ecc...).
L’Alitalia avrebbe dovuto comprendere che con queste condizioni iniziali non era assolutamente possibile continuare, per cui si richiedeva im-me-dia-ta-men-te un piano manageriale drastico in grado di salvare l'esistenza stessa della compagnia sul mercato. E invece no. Il “sistema Italia” non è riuscito a prevedere il corso degli eventi. Cosa che invece ha capito perfettamente il Presidente di Air France, Monsieur Spinetta. Dunque, è da bocciare completamente qualsiasi tentativo, cordate o salvataggi possibili, di continuare a far vivere ciò che è morto. Ripeto che ciò che è morto non può risuscitare. Questo stato comatoso della compagnia ci ricorda un passo del bellissimo libro di Carlo Collodi, il famoso Pinocchio.

A questo punto si sentì
nella camera un suono
soffocato di pianti e di singhiozzi.
Figuratevi come rimasero
tutti allorché, sollevati
un poco i lenzuoli, si
accorsero che quello che
piangeva e singhiozzava
era Pinocchio.
“Quando il morto piange,
è segno che è in via di guarigione,”
disse solennemente
il Corvo.
“Mi duole contraddire il
mio illustre amico e collega,”
soggiunse la Civetta,
“ma per me, quando il morto
piange, è segno che gli dispiace
di morire.”


L'unica soluzione è la svendita delle cose fallimentari. Non bastano nè l'orgoglio nazionale, nè i proclami politici dei vari candidati di turno alla Presidenza del Consiglio. La verità è che è il "sistema Italia", da quando il Sig. Berlusconi è entrato in politica, non esiste più. Ripeto, non esiste più alcun interesse nazionale, per la semplice ragione che se esistesse verrebbe a confliggere con gli interessi della Lega Nord, grande sponsor del Sig. Berlusconi. E visto che ci siamo ecco, come domanda finale, la ciliegina sulla torta: ma può un sindacato imporre a un Governo che ha deciso di vendere, essendo il proprietario dell'Alitalia, di fare come dice lui, cioè di non vendere?

mercoledì 2 aprile 2008

Sedani rigati alla zucca.


Questa mattina, dopo il semiconfronto di ieri sera tra i due maggiori candidati che si sono sfidati in TV a distanza, ho deciso di non scrivere nulla di politica. Sono mezzo rassegnato per gli sviluppi politici che sta assumendo questa campagna elettorale. Dunque, oggi niente politica! Mi butto in cucina, almeno gusto qualche pietanza. E di pomeriggio vado a vedere il film "La banda". Dicono che sia un film veramente interessante. Vedremo. Andrò allo spettacolo delle 16,30 e uscirò, presumibilmente, alle 18.30. In tempo per fare ancora qualcosa in città.
Il titolo della pietanza è già un programma. Ricetta semplice, economica e gustosa. Oggi a pranzo desideravo mangiare qualcosa di diverso. Questa mattina alle 9.00 circa sono andato al mercato. Ho comperato una fetta di zucca del peso di 3 newton circa. Dopo un'ora di attenzioni girando nella calca del mercato, con i mariuoli pronti a scippare qualche portafoglio agli sprovveduti, ho deciso che era arrivato il momento di rientare a casa. In cucina ho tagliato a metà una piccola cipolla e ne ho tritato circa 20 g. In una padella del diametro di circa 30 cm ho imbiondito la cipolla tritata con un cucchiaio abbondante di olio extravergine di oliva a spremitura a freddo (sapete, a tavola come nella vita sono un po' esigente). L'ho fatta friggere a fuoco basso per circa 2 minuti. Nel frattempo avevo sbucciato la zucca e l'avevo tagliata a tocchetti non troppo grandi, nè troppo piccoli. Li ho messi nella padella con il soffritto, ho aggiunto circa un bicchiere di 150 g di acqua, un pizzico di sale (i cuochi professionisti dicono q.b.) ed ho raschiato un quarto circa di dado da brodo della Maggi. Perchè la Maggi? Ve lo avevo detto che sono esigente. Allora "pipa e silenzio" e andiamo avanti. Ho coperto la padella con un coperchio, lasciando una piccola fessura ed ho fatto cuocere per circa mezz'ora, sempre a fuoco lento, il tutto. Nel frattempo ho cotto circa 80 g di sedani rigati della De Cecco in abbondante acqua salata. A cottura, dopo circa 12 minuti, ho scolato la pasta ed aggiunto la zucca con una spolverata di formaggio grana grattuggiato. Da leccare i baffi. Adesso con la pancia piena e sazio sono qui a scrivere il post di oggi. Ho saltato il secondo, sapete io non sono un mangione. Mangio poco, misurato, ma bene. Che ci volete fare. Dicevo che non ho preparato il secondo ma il dessert si. Ho preparato una pera decana di circa 350 g, sbucciata e tagliata a metà. Tolto il torsolo ho riempito il vuoto con del formaggio filadelfia molle. Sul ripieno ho aggiunto una spolveratina di noci tritate e sopra mezza gheriglia, sempre di noce. Cosa ho bevuto a pranzo? Bella domanda. Vi meraviglierò. Non ho bevuto vino. Ho bevuto una lattina di birra Guinness, naturalmente scura e fredda q.b. Adesso sto benone. Ah, quasi dimenticavo. Per coloro che non avessero contezza dell'unità di peso nel Sistema Internazionale di misure ho messo il newton come unità di forza gravitazionale dovuta all'attrazione della Terra sulla massa della zucca. In effetti, alla buona, per i neofiti di scienza, 3 newton di zucca equivalgono a circa 300 g. Lo sapevate? Allora bravi. Siete sicuramente in gamba. Vi saluto. Almeno per oggi.

martedì 1 aprile 2008

Corteggiamenti e matrimoni.


Tranquilli, non stiamo parlando del corteggiamento di qualche bella candidata del PD di Veltroni a uno dei figli di Silvio Berlusconi per sistemarsi. Si tratta di tutt'altra cosa. Per fortuna. La stampa politica sta facendo circolare in questi giorni il nome di Mario Monti per il ministero dell'Economia nel caso in cui vincesse Veltroni. Se le cose stanno veramente così diciamo subito che questo, per quanto ci riguarda, è un atout di straordinario valore aggiunto nella campagna elettorale di Veltroni. Noi siamo dei "montini" arciconvinti da tempi non sospetti. Guardate cosa avevamo scritto venerdì 25 gennaio 2008
«[...] il governo brillante che noi desideriamo per i prossimi mesi deve avere per colla il dialogo con Berlusconi, almeno sulle tre grandi questioni della riforma elettorale, della riforma istituzionale e dell'economia. Il nome noi lo abbiamo: si tratta dell’ex Commissario UE alla concorrenza Mario Monti, uno dei pochi uomini in grado di garantire le tre condizioni della credibilità, della equidistanza e della
apartiticità, oltre al prestigio internazionale. Riceva il gradimento dei due principali partiti del Parlamento e faccia una riforma elettorale proporzionale alla tedesca con forte sbarramento. Si impegni al meglio per gestire le gravi emergenze. Introduca una ventata di onestà e di moralità nella vita politica governativa e poi si vada subito a votare con la nuova legge.»

E mercoledì 27 ottobre 2004 a proposito della sostituzione del Commissario europeo Buttiglione abbiamo altresì detto:
«Il Presidente del Consiglio ha commesso un grossolano errore di sottovalutazione, dovuto al fatto di aver preferito l’On. Buttiglione all’eccellente, unico e bravissimo Mario Monti. Ha sbagliato. Il paese ne esce male da questa sua maldestra decisione.»
E poi sabato 24 luglio 2004
«L’ex-Commissario Mario Monti è stato sostituito dall'On. Buttiglione alla Commissione Europea. L’avevamo pensato. L'avevamo scritto. Eravamo preoccupati che si avverasse, ma facevamo gli scongiuri. Se nella zucca del Presidente del Consiglio ci fosse stata intelligenza politica, l'eccellente Mario Monti avrebbe dovuto essere riconfermato. Così non è stato. Cosa volete. I politici che ci governano sono questi. Se Monti fosse stato ungherese, il Primo ministro magiaro Medgyessy Péter non lo avrebbe mai cambiato, neanche a cannonate. Ma noi siamo italiani».
Dunque, il corteggiamento di Mario Monti da parte di Veltroni ci fa piacere e lo caldeggiamo vivamente. Desideriamo concludere questo post con una curiosa e singolare attività foriera di guai per Berlusconi. La più grossa sciocchezza commessa dal Cavaliere è stata quella di avere licenziato i migliori collaboratori facendosi contemporaneamente aiutare dai peggiori. Un esempio? Ha iniziato con il licenziamento di Montanelli. Ha proseguito con l'uscita dell'avv. Vittorio Dotti. Ha continuato con l'ex presidente del WTO l'indipendente Renato Ruggiero. Licenziato anche lui. Con Dini e Urbani la stessa cosa, licenziati entrambi. Si è messo contro Follini e lo ha fatto dimettere. A Commissario europeo con Barroso ha fatto dimettere Mario Monti sostituendolo con l'inadatto Buttiglione. E poi il Cavaliere si chiede perchè i migliori gli sono contro? Se lo faccia spiegare da Paolo Bonaiuti che com'è noto è un uomo collaboratore "imparziale" e molto in gamba.

Facenti funzione e posizioni pilatesche.

A Brdo, vicino Ljubljana, ieri l'altro si sono riuniti i Ministri degli Esteri dei 27 paesi dell'UE per decidere il boicottaggio degli imminenti giochi olimpici di Pechino. I 27 hanno deciso di "non decidere", per la mancanza di identità di vedute. Spicca in questo giudizio di "equidistanza" l'unico Ministro degli Esteri (quello italiano) che non compare nella foto di gruppo perchè a casa a farsi la campagna elettorale nazionale. E' stato sostituito con il semisconosciuto SottoSegretario Famiano Crucianelli che in sede di decisione si è distinto per avere assunto la posizione intermedia alla Ponzio Pilato, riassunta dal classico "ni". Fra i decisionisti, i si arciconvinti della Francia e l'analogo no dell'Inghilterra. Questi i fatti. E passiamo alle opinioni. Il Sottosegretario Crucianelli Famiano, f.f. (facente funzione) del Ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha avuto l'onore di partecipare a pieno titolo alla riunione. Da buon ex comunista, quale egli è, ha preso la decisione di dire che l'Italia è "mezzo a favore" e "mezzo contraria" al boicottaggio del governo cinese per i tragici fatti del Tibet. Domanda. Immaginiamo che a decidere questa posizione sia stato l'On. D'Alema, titolare della Farnesina al quale giriamo la domanda: perchè il Ministro non ha avvertito l'esigenza di spiegare il perchè di questa decisione al paese? Da quando in qua un Ministro degli Esteri che rimane a casa per interessi personali prende una decisione così importante e non sente il dovere di far conoscere le motivazioni ai media? Almeno avesse speso qualche ora del suo "prezioso" tempo a convincere qualche delegato in più a votare per Milano nell'assegnazione dell'EXPO 2015! Questa è l'ennesima beffa del pauroso vuoto pneumatico prodotto dal Governo Prodi, che è stato e rimarrà nella memoria storica italiana come il becchino dell'unico governo di centrosinistra che doveva permettere il "salto di qualità". Ammazza che salto! Si, ma della quaglia, cioè dei vinti per incapacità. Che fine meschina di un governo che doveva durare cinque anni.

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