giovedì 30 aprile 2009

Conferme delle buone notizie: il senso dell’editoriale di Mario Calabresi.

Diciamo la verità: eravamo curiosi di leggere l'editoriale di Mario Calabresi con il quale il giovane nuovo Direttore si sarebbe presentato ai suoi lettori firmando il primo numero del giornale "La Stampa" di Torino. Eravamo sicuri che avrebbe scritto un buonissimo editoriale. Sapevamo anche che sarebbe stato volutamente sotto le righe, avrebbe parlato con modestia sia nella forma, come nei contenuti. Ma non sapevamo come lo avrebbe fatto. Oggi abbiamo avuto il piacere di leggerlo e siamo rimasti più che soddisfatti. Ci è piaciuto molto. C'è tutto il Mario Calabresi che lo contraddistingue. Modestia, senso critico, apertura verso il nuovo, conferma della tradizione, difesa dei valori, sfida per il futuro, ma soprattutto non c'è nulla di nulla di pretenzioso, di sovrabbondante, di vanitoso, di altezzoso, di fuori delle righe. Ecco l'URL per l'edizione integrale dell'articolo. A noi è piaciuto in particolar modo il passaggio finale, quando dice:

La sfida per i giornali è oggi quella di riuscire a decifrare la complessità offrendo chiavi di lettura. È di essere credibili, affidabili, corretti e curiosi. Il giornalismo non è intrattenimento, tanto meno l’inseguimento dell’ultima stranezza: mi sta a cuore che si spieghi se la febbre suina è davvero pericolosa, senza cadere in un sensazionalismo fine a se stesso, o se un terremoto può essere previsto senza farsi condizionare dalle convenienze politiche. Adesso per me comincia un’avventura nuova come direttore di questo giornale, e ho un doppio debito di gratitudine verso Giulio Anselmi non solo per avermi lasciato un giornale bello e autorevole, ma anche per aver creduto in me quando mi assunse all’Ansa diventando il mio primo direttore. Il direttore che invece non ho mai avuto è stato Indro Montanelli. Quando vent’anni fa mi chiese se volevo fare il praticante, non ne avevo l’età e stavo iscrivendomi all’università, però poi mi regalò una passeggiata nei giardini di Porta Venezia, a Milano. Di quella camminata mi piace ricordare la sola cosa che secondo lui avrei dovuto stamparmi in testa: “I giornalisti sono al servizio dei giornali e i giornali dei lettori. Chi pensa il contrario farebbe bene a cambiare mestiere.

Il richiamo a un maestro come Indro Montanelli non poteva non farci che piacere. Anche noi abbiamo messo all’inizio del nostro blog un riferimento al grande giornalista toscano che abbiamo sempre seguito con piacere e deferenza. Siamo sicuri che Mario Calabresi sarà un ottimo Direttore. Gli auguriamo buon lavoro.

giovedì 23 aprile 2009

Mario Calabresi è stato nominato direttore della “Stampa”.

Finalmente una buona notizia. Proprio una buona notizia. Mario Calabresi è stato nominato nuovo direttore del quotidiano torinese “La Stampa”. Brevemente, vogliamo compiacerci, una volta tanto, della felice e indovinata scelta dell’Editore al quale va il nostro plauso per il coraggio dimostrato nel nominare il giovane giornalista a capo della famosa testata piemontese. Mario Calabresi è un giornalista di talento, onesto e pulito, moderato e intelligente, che noi apprezziamo molto, soprattutto dopo aver letto il suo bel libro Spingendo la notte più in là pubblicato nel 2007 da Mondadori con il sottotitolo Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo. Si tratta di una straordinaria autobiografia che, nel desolante panorama della saggistica del terrorismo italiano, rappresenta un raro esempio di narrazione credibile e convincente dei fatti che hanno visto la sua famiglia subire la violenza assurda e sconvolgente del terrorismo rosso. Oggi siamo proprio contenti.

venerdì 17 aprile 2009

Berlusconi vincente in “sorrisilandia”: sorride, prende in giro gli italiani e aumenta la sua popolarità.

Eccolo di nuovo in azione, più Pinocchio che mai. Stiamo parlando del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il più straordinario Pinocchio mai esistito in Italia e nel resto del mondo. Con un coupe du theatre eccezionale è riuscito a prendere “sei piccioni con una fava”. Laddove un altro Presidente del Consiglio sarebbe caduto dalla poltrona immediatamente, provocando una crisi di governo, lui, Pinocchio per eccellenza, riesce sempre a trasformare una sconfitta (il ricatto della Lega a non accoppiare il referendum con le elezioni europee) in una vittoria (per il bene del Paese si è dovuto piegare al diktat di Bossi evitando la caduta del governo). Volendo usare un linguaggio statunitense il Pinocchio Premier (o viceversa, tanto il concetto rimane lo stesso) è riuscito a passare dal KO all’OK. Geniale! Ecco i sei piccioni: 1.accolla tutta la responsabilità del rinvio del referendum alla Lega; 2.esce dalla palude della caduta di governo e di immagine di essersi piegato al ricatto trasformando una possibile Waterloo in una sicura Marengo; 3.rafforza il cemento della coalizione politica che guida; 4. fa cadere in ginocchio con reverenza non solo la solita “casalinga di Voghera” ma anche il vituperato marito di quest’ultima, chiamato il “pensionato di Voghera”, trasformandolo da acerrimo nemico ex-comunista a nuovo fan filo Pdl; 5.blocca il tentativo dell’opposizione di metterlo in difficoltà; e dulcis in fundo 6. aumenta lo share personale portandolo al 96% (una volta si diceva con una maggioranza bulgara) lasciando solo il 4% al nemico forcaiolo Di Pietro, perché il PD con la proposta D’Alema di rinviare il referendum non ha più alcuno share.
Noi desideriamo dire solo che in realtà Silvio Berlusconi non ha vinto nulla. Per noi semmai ha perso il Paese, cioè l’Italia che lo ha votato, perché per l’ennesima volta ha fatto uso di mezzucci da furbacchione in quanto gli italiani che ragionano hanno capito che con questi vecchi trucchi da teatrino della politica (lui che ha sempre criticato il “teatrino della politica”) è cosa non buona trasformare la serietà e l’etica di uno Stato in una presa in giro. Quando noi su questo blog parliamo spesso, in modo sgradito, del politico Berlusconi lo facciamo non perché non gli riconosciamo alcun merito, ma perché avendo lo scudo politico della Chiesa Cattolica alle spalle avremmo preteso un “Premier etico”, cioè un Primo Ministro che vivesse il suo lavoro come missione per introdurre, e se fosse il caso di imporre, nel paese valori fondanti della dignità umana, come Giustizia, Disciplina, Onestà, Incorruttibilità, Dirittura morale, Imparzialità, Severità con chi sbaglia, e nessun Perdonismo (indulto, condoni, sanatorie, leggi ad personam, etc). Invece lui ha fatto finora tutto il contrario. Il Referendum ne è la prova. Una norma costituzionale che viene resa vana e considerata un fastidio da un Premier, strattonato dal cinismo e dall’utilitarismo del suo maggior alleato Umberto Bossi, come possiamo definirla se non “una porcata” come la legge elettorale approvata dalla sua maggioranza che ha eliminato la preferenza e invia al Parlamento le persone che vuole Berlusconi? A questo proposito gli Eminentissimi Cardinali della Santa Chiesa Cattolica Romana hanno qualche problema di udito?

mercoledì 15 aprile 2009

Classe politica italiana e scelte vergognose nelle candidature alle elezioni europee.

Venire a conoscenza delle scelte effettuate dai leader dei partiti sui nomi dei candidati alle elezioni al Parlamento europeo di Strasburgo fa indignare, per non dire altro. Sembra che il Parlamento europeo, che dovrebbe essere il massimo dell’ambizione dello Stato italiano a farsi rappresentare nel migliore dei modi da uomini e donne della cultura e della politica, sia pieno di personaggi che sono esattamente il contrario di come dovrebbero essere. Scrive il giornalista Alessandro Trovino sul Corriere della Sera che il Parlamento europeo di Strasburgo è “pieno di pensionati italiani di lusso che bighellonano dalla mattina alla sera”. Basta leggere i nomi dei nostri rappresentanti nel Parlamento di Strasburgo per capire come stanno le cose. La sinistra fa eleggere sindacalisti a riposo mentre la destra invia parlamentari in pensione. In pratica si tratta di “eurofannulloni strapagati, assenteisti cronici e pensionati di un residence di lusso”. I nostri straordinari capibastone dei partiti italiani, ovvero i detentori del potere politico, cioè i vari Berlusconi, Franceschini, Bossi et Company hanno finora trattato Bruxelles come “un parcheggio in attesa di incarichi più prestigiosi”. Questa è la notizia che vogliamo commentare oggi. Lo sapevamo. Diciamo la verità, lo sapevamo tutti che la situazione fosse questa. Ma per svariati motivi lo avevamo dimenticato. Presi da altri pensieri, preoccupati dalla crisi economica, dal terremoto, dall’idratazione di Eluana, dal razzismo romano che spranga i poveri immigrati di colore, dalla caccia al rumeno e da mille altre incombenze lo avevamo perso di vista. Cosa volete che possa interessare all’”italiano quadratico medio”, cioè al “pensionato di Voghera”, dei nomi dei parlamentari europei che l’Italia invia a Strasburgo ogni inizio legislatura se la maggior parte degli italiani, ignoranti su tutto e in particolare sulle lingue e sulla geografia, non sanno neanche dove si trovi e che cosa rappresenta Strasburgo nella politica europea? E’ l’ennesimo sdegno che siamo costretti a mostrare per un fatto politico che l’Italia onesta non merita. Questo è un paese che non riesce a pensare in grande e in maniera pulita neanche se lo metti a pane e acqua per lustri. Il nostro, purtroppo, è un paese che è interessato solo dai fatti di politica locale, in cui ciò che conta per la gente sono la televisione con i suoi programmi stupidi e diseducativi come il Grande Fratello, il calcio con la solita violenza negli stadi in cui il paese dà il peggio di sè, la lettura dell’oroscopo del furbacchione astrologo Branko ogni mattina, la politichetta dei municipi, la politica “in grande” del nostro Super-Iper-Mega Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che facendo volare parole grosse come “popolo delle libertà, democrazia e anticomunismo” è riuscito persino a entusiasmare eminenti esponenti del Vaticano che tutti felici hanno detto che “finalmente i cattolici italiani hanno un vero partito di riferimento nel Pdl”. Alla faccia della separazione tra Stato e Chiesa e, soprattutto, alla faccia di quell’etica che è stata la bandiera delle grandi figure della politica nazionale ormai sepolta e dimenticata come nel caso di due nomi che valgono per tutti: Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. La nostra proposta è duplice: da un lato a Strasburgo dovrebbero andare i nostri migliori giovani che si affacciano alla politica con entusiasmo e voglia di fare e dall’altra di lasciare a casa i vecchi e superati tromboni della politica italiana che ci fanno solo vergognare di essere rappresentati da gente del genere. Il nostro voto sarà dato solo ai giovani. I vecchi stiano a casa!

venerdì 10 aprile 2009

Sindaco Alemanno: se ci sei batti un colpo!

Vogliamo essere chiari e schematici per evitare confusioni. Il Sindaco di Roma Gianni Alemanno finora, almeno dal punto di vista della vivibilità della capitale, non ha fatto niente, assolutamente niente. Questa accusa è precisa e la confermeremo con un esempio concreto. Prima però vogliamo informare chi ci legge che il Sindaco Alemanno non sta mantenendo le promesse elettorali. E se non le sta mantenendo adesso che siamo nei primi mesi del suo mandato di primo cittadino, negli anni a venire forse sarà peggio. Ecco perché è necessario dire le cose come stanno. La vita dei cittadini di Roma è diventata ancora più precaria di prima. Qui a Roma non funziona quasi nulla. Il traffico è sempre più impazzito e gli automobilisti danno il peggio di loro stessi nella guida, nei parcheggi e nell’inosservanza delle regole. I vigili urbani sono spariti dalla circolazione. Non se ne vede uno solo a fare il suo lavoro, che è poi quello di gestire il traffico. Lanciamo pertanto un altolà al Sindaco, sollecitandolo sul lato debole del suo ruolo: quello di essere un politico di destra. Per favore Alemanno, faccia qualcosa di destra perché la città di Roma continua a non permettere ai suoi cittadini di vivere come in una normale città europea. La realtà è che Roma sta manifestando sempre di più comportamenti rozzi e primitivi a causa di molti suoi abitanti indigeni. Ecco un esempio che la dice lunga sul malfunzionamento della macchina dei servizi relativi al traffico e alla gestione dei vigili urbani a Roma. Alcune mattine fa in una strada consolare della capitale, la Via Appia Nuova, uscendo dalla metropolitana notiamo una decina di autovetture in doppia fila e addirittura due Suv posteggiati sul marciapiedi. Osservando la difficoltà di alcuni anziani che dovevano attraversare la strada scorgiamo una coppia di vigili lì vicino. Ci dirigiamo prontamente verso di loro facendo notare che era necessario fare delle contravvenzioni, non foss’altro che “per motivi educativi”. Uno dei due vigili tergiversa e incalzato ci confessa candidamente che "fanno tutti così" e che era inutile fare delle multe perché non sarebbe cambiato nulla. Abbiamo insistito e alla fine abbiamo scoperto che a loro interessava poco fare le multe perché a loro dire "l’educazione ai romani gliela dovevano insegnare le loro famiglie e non i vigili urbani". Abbiamo concluso dicendo loro che quella sera, prima di addormentarsi, avrebbero fatto bene a pensare se i veri responsabili del grado di inciviltà dei romani erano solo le famiglie degli automobilisti oppure altri che non facevano il loro dovere. Ci hanno risposto con ironia che avrebbero preso appunti per i "pensierini notturni" ma non per le contravvenzioni. Egregio Sindaco Alemanno, se i romani non osservano le norme del codice della strada è perché i Sindaci di Roma, tutti quanti, di sinistra e di destra, di oggi e di allora, non hanno mai fatto il loro dovere. I colpevoli del degrado romano hanno dei nomi e cognomi precisi che sono, senza andare troppo indietro nel tempo, i seguenti: Francesco Rutelli, Walter Veltroni e, adesso, Lei caro Gianni Alemanno. Non faccia il finto tonto perché se i vigili urbani di Roma, che hanno poco di urbano e molto di inurbano e che per pigrizia o per incapacità non fanno il loro dovere rispondendo alle critiche con argomenti inverosimili come quelli che abbiamo ascoltato con le nostre orecchie allora vuol dire che le cose sono messe veramente male. La invitiamo pertanto a prendere provvedimenti per far ritornare i vigili in strada e far fare loro il lavoro per cui sono pagati. Altrimenti vorrà dire che lei sarà il principale responsabile del grado di inciviltà della città. E una di queste sere, per favore, prima di prendere sonno al posto dei due suoi vigili, ci pensi un tantino e trovi il tempo di vergognarsi se le cose continueranno ad andare così male come nella sua città. E si ricordi che le ragioni di carattere educativo accennate sopra stanno tutte nella efficacissima massima di Seneca che dice: Bonis nocet qui malis parcet e cioè che "chi risparmia i malvagi danneggia i buoni". Se lo ricordi.

mercoledì 8 aprile 2009

In certi casi dire “fatti gli affari tuoi” è l’unica risposta giusta da dare agli sfrontati.

Il neo Presidente degli Stati Uniti Barack Obama chiede all’Europa di far entrare la Turchia nell’UE. Lo ribadisce più di una volta affermando che l’Europa “deve far entrare” Ankara nella famiglia europea, perché non si può lasciare un grande paese musulmano come la Turchia fuori dall’Unione. Questo il fatto che intendiamo commentare oggi con le nostre solite opinioni. Siamo sbalorditi due volte. Una prima volta perché la stampa nazionale e internazionale non ha per niente ripreso l’argomento lasciandolo cadere nel dimenticatoio. In secondo luogo la dichiarazione del Presidente USA suona come una nota stonata nel panorama delle relazioni diplomatiche. Il paragone che meglio spiega il fatto è che la richiesta di Obama è come “l’entrata a gamba tesa” di un giocatore che commette un fallo pericoloso su un altro. Mr. Obama improvvisamente perde il suo fair play e commette una gaffe pesantissima nei confronti dei paesi europei, soprattutto quelli più laici, che hanno più di un dubbio sulla richiesta turca di far parte dell’Unione. Mentre in Europa tutti lo osannavano noi siamo rimasti sconcertati nell’apprendere la sua sfrontatezza nel chiedere quasi perentoriamente che l’Europa “non può non” far entrare il paese di Atatürk nell’UE. Il primo pensiero che ci è venuto in mente è stato: “ma come si permette di chiedere di invitare a casa altrui un estraneo”? Gli inviti, da che mondo è mondo, li fa il padrone di casa e non gli estranei. Voi ve la sentireste di accettare a casa vostra, per sempre, un ospite che non vi piace? Bene ha risposto il Presidente francese Sarkozy dicendo che la questione dell’entrata o meno della Turchia nell’Unione è europea e sarà risolta solo dagli europei. E veniamo al problema. Noi desideriamo chiarire che sul piano teorico non abbiamo nulla contro la Turchia, il cui popolo ci è simpatico e ci è amico. A nostro parere il problema è stato posto male. Noi europei possiamo accettare benissimo di far entrare la Turchia nell’Europa a condizione che il grande paese della mezzaluna risolva i problemi serissimi che a tutt’oggi non ha mai risolto. Quali? Ne elenco qualcuno. Intanto deve abolire la pena di morte. Successivamente deve separare Stato e Chiesa e metterlo per iscritto nella sua Costituzione. Infine, deve dare in maniera integrale i diritti alle donne. Ci sono anche altre questioni di minore importanza che qui sorvoliamo. Il simpatico neo Presidente statunitense, a questo proposito, pensa che questi diritti siano noccioline di nessun a importanza? A nostro avviso si sbaglia di grosso. Infine, abbiamo una domanda per Mr. Obama: perché non fa anche lui la stessa cosa con i paesi dell’America Latina? Perché, per esempio, non comincia lui per primo a togliere le sanzioni contro Cuba che è a due passi dalle coste USA e risolvere il contenzioso con quel popolo? Ci dispiace ma in questa occasione Obama l’ha fatta grossa. Tacciamo poi, per carità umana, del modo di fare del nostro Presidente del Consiglio Berlusconi che in questa vicenda, come in altre, ci ha fatto fare mille cattive figure con le sue gaffes a ripetizione.

domenica 5 aprile 2009

Test, viaggi e geografia. Viaggiare diventa sempre più difficile.

In genere i test sono domande che un autore pone agli altri su un tema specifico per ottenere una risposta dalla quale valutare una performance. Per esempio, un classico test potrebbe essere questo: “Un corpo cade liberamente nel vuoto. Quant'è la distanza percorsa dopo 1 secondo”? Oppure: “Se al numero 0,888 si addiziona un solo centesimo si ottiene 0,898. Si o no”? Infine: “Quale è la seconda persona singolare del congiuntivo imperfetto del verbo ergere”? L'altro giorno sono stato protagonista di un autotest, cioè di un test costruito da me, per me stesso. Curioso no? Volevo misurare la mia performance relativamente alla conoscenza che ho della localizzazione di alcuni miei obiettivi di viaggio. Bene. Anzi, male. Non ha funzionato, almeno sotto il profilo dei risultati. Sono andato malissimo. Perché? Perché la mia autovalutazione è stata un disastro. Insomma, ho scoperto di non essere preparato. Dunque sarei, come si dice dal punto di vista docimologico, impreparato a fare escursioni all’estero perché “ignorante” nella geografia dei viaggi e pertanto non all’altezza di viaggiare. Nonostante in questo periodo l’economia mondiale non vada bene, ansia e preoccupazione per il mio futuro finanziario non ne ho. Mi sento consapevole di essere un soggetto equilibrato che contiene le spese, ho l’abitudine di fare sempre delle economie di bilancio e quando devo fare delle spese cerco sempre di risparmiare. In ogni caso, non sono preoccupato per le mie entrate, che sono comunque limitate, ma sono letteralmente sgomento per l'inaccettabile risultato ottenuto nell’autotest. Questo si, lo ammetto, mi ha depresso. Di che si tratta? Curiosi, vero? Bene, adesso vi dirò. Si tratta di un test che prevede di individuare su una cartina dell'Europa fisica la posizione delle città mie mete di viaggio. La cartina fisica è quella che io definisco “antipatica”, perchè non ci sono linee di demarcazione tra i confini degli Stati e mancano del tutto i puntini più o meno grandi delle città. Dicevo che ho preso una cartina del genere ed ho voluto misurare la mia preparazione relativa alla localizzazione delle capitali dei ventisette Stati dell'Unione Europea. Facile direte voi. In fondo in fondo, stiamo parlando di casa nostra, cioè del nostro continente e della nostra nazione. Dicevo, dunque, che ho preso la matita, ho puntato la punta sul foglio ed ho proceduto a disegnare per primo il puntino di Roma. La mente è corsa al nome della capitale italiana e mi sono chiesto se era meglio scrivere Roma o Rome in inglese. E’ più chic, mi dissi, scrivere Rome al posto di Roma. Ma poi, mi chiesi, siccome lo Stato più importante dell'Unione è, dal punto di vista del numero degli abitanti, la Germania forse era il caso di mettere Rom invece di Roma o Rome. Sapete, i numeri sono molto importanti, come per esempio chi tiene aggiornato il proprio blog e conta con attenzione giornaliera il numero dei visitatori. Si, mi dissi, forse è meglio privilegiare il nome tedesco. In un baleno mi venne in mente che Berlino è la capitale della Germania e mi chiesi dove fosse. E qui cominciarono i guai. Dove si trova questo benedetto posto in cui gli antenati degli attuale berlinesi hanno edificato la bellissima Berlino con la sua spettacolare Porta di Brandemburgo? A proposito, mi chiesi, devo scrivere Berlino o Berlin? E gli abitanti di Berlino si chiamano berlinesi o berliners alla maniera dei dubliners di James Joyce? Quando JFK andò a Berlin non disse la celebre frase “mi sento berlinese” ma disse letteralmente Ich bin ein Berliner. Vero? Dunque, cosa scelgo? Un brivido mi colse per ciò che mi stava venendo in mente. Ma allora, quando devo scrivere Sofia dovrei usare l'alfabeto cirillico e scrivere Cофия, che traslitterato dovrebbe essere Sofija e non Sofia. Perbacco, pensai, ma allora Lubiana non si scrive così ma più correttamente Ljubljana. E dove sarà localizzata Praga o meglio Praha, e Atene o Athens o meglio ancora Αθήνα? Dove si trovano esattamente tutte queste città? E Nicosia, o meglio, Lefkosia in greco-cipriota o Lefkoşa in turco-cipriota? E se in quest'ultimo caso sbaglio la localizzazione di qualche chilometro sulla cartina della capitale cipriota, non è che andando nell’isola di Afrodite rischio di trovarmi nelle mani dei militari turchi che mi rimanderebbero indietro attraverso il passaggio di Via Ledra ai loro colleghi greco-ciprioti? E questi ultimi non è che mi aggrediranno a parolacce con fare indagatore del tipo “tu essere italiano! tu essere come Berlusconi, mafia e conflitto di interessi”? Perché quando sono stato nella bella capitale cipriota, non ci crederete, ma mi è successo proprio questo. Un poliziotto greco-cipriota dopo aver visto il mio nome scritto sul passaporto, mi apostrofò e, in mezzo a decine di turisti increduli, mi gridò tutta la sua rabbia per essere io connazionale del nostro Presidente del Consiglio. Probabilmente, lo fece perché Berlusconi è amico del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan; ed è noto che turchi e greco-ciprioti non si amano. Mio malgrado mi è successo quello che, nel suo interessante libro Non sparate sul turista Duccio Canestrini afferma che “il turista si trova ad essere identificato come corresponsabile della politica, sia interna sia esterna, del proprio paese d’origine”. A pensare a quella scena avvenuta al varco della linea di confine cipriota stavo ricadendo in depressione, con qualche accenno di attacco di panico. Guardando la cartina geografica, deturpata da punti e linee che sembravano essere stati disegnati da uno schizofrenico viaggiatore al rientro da un viaggio all’aeroporto di Fiumicino in concomitanza dell’ultima “vertenza Alitalia”, sconsolato mi dissi: “e poi dicono che la geografia è una materia facile”! Ma mi ripresi subito, con una promessa: devo andare a Sofia (o Sofija, o Cофия) per colmare questa lacuna e imparare meglio dove essa si trova. E quando arriverò nella piazza principale, guarderò il mio cellulare ultramoderno che mi darà le coordinate della bella città con i valori della latitudine e della longitudine. Così non sbaglierò più e risolverò meglio il prossimo autotest sui viaggi. Ma poi mi venne un altro brivido, al solo pensare che i due numeretti che i cellulari visualizzano nel piccolo display, in realtà hanno davanti a sè o il segno più o il segno meno, per indicare da quale parte del meridiano e dell’equatore si trova il luogo scelto. Mamma mia mi dissi, alla maniera degli Abba nel film con Meryl Streep, fare viaggi sta diventando tanto difficile che è necessario avere una laurea in matematica per poter interpretare i segni della latitudine e longitudine della mia meta di viaggio. Fra non molto dovremo conoscere i logaritmi di Nepero e le matrici quantistiche di Heisemberg per poter viaggiare; ed io, francamente, non me la sento di mettermi a studiare matematica e fisica. Mi sentirò ancora in grado di viaggiare in maniera tradizionale oppure, per il prossimo viaggio, dovrò aspettare il teletrasporto?

giovedì 2 aprile 2009

Il mio ventiduesimo viaggio nell’UE: Sofia.

София (29 Marzo - 1 Aprile 2009)


Ho visitato Sofia, l’antica città dei Traci, nominata successivamente dai romani capitale della provincia della Dacia. Il viaggio, il ventiduesimo nelle capitali dell'UE, mi ha portato dal 29 marzo al 1 Aprile 2009 a Sofia, capitale della Repubblica della Bulgaria. Il viaggio fa parte del progetto "visita alle 27 capitali dell'UE" e Sofia è una tappa importante di questo programma. Questo mio ventiduesimo viaggio attraverso i simboli delle capitali dell'UE lo ricorderò sempre nella mia vita. Non per una, ma per molte ragioni. La più immediata è relativa alla perdita di un mito, quello della caduta per sempre dell'immagine di Sofia capitale della fedeltà assoluta all'ex-alleato sovietico dell'URSS. E' stata questa l'immagine che i media del tempo hanno sempre proposto negli anni in cui esistevano i due blocchi politici dell'Est e dell'Ovest in Europa. Non a caso il detto "essere eletti con maggioranza bulgara" significa proprio un unanimismo che non era solo di facciata ma che era giustificato dalla storia e dalla comune religione e lingua col grande alleato sovietico.
La Sofia che ho visto in Bulgaria nel 2009 non è la Sofia immaginata negli anni passati. Di quella immagine praticamente non esiste quasi più nulla se non alcuni resti di monumenti eretti a suo tempo in favore dell'alleato sovietico e adesso in rovina fra graffiti multicolori e cartacce.Le due foto si riferiscono allo stesso monumento. Sopra, pulito e ben curato, com'era negli anni della guerra fredda. Sotto, oggi, si vede un particolare della stessa immagine alla base del monumento, così come l'ho visto io quando ho scattato la foto. Mi ha messo tristezza vedere un simbolo storico del passato così mal ridotto. Che la bella capitale bulgara abbia avuto una mutazione, ancora in atto, è indiscusso. Certo, lo sviluppo economico e finanziario del paese, l'entrata nell'Unione Europea, l'aprirsi ai mercati internazionali e all'occidente dopo la caduta del comunismo ha prodotto dei cambiamenti visibili, concreti e irreversibili. Oggi Sofia è una normale capitale di un normale paese europeo, dove chiunque può vivere benissimo la propria vita, adattandosi abbastanza bene. Ne avevo avuto un avvertimento leggendo il bel resoconto di viaggio pubblicato da Einaudi di Flavia Capitani e Emanuele Coen dal titolo A EST Belgrado Bucarest Sofia Tirana Varsavia. Il volto della nuova Europa. Si tratta di "un viaggio sorprendente a quasi vent'anni dalla caduta del muro di Berlino" che evidenzia, nel caso di Sofia, di una inaspettata vitalità della bella capitale bulgara. In pratica, se si potesse trasportare con il "teletrasporto" una persona ignara di tutto in Via Vitosha o in Tsar Osvoboditel bulevard (cioè nel Viale dello Zar Liberatore che è il viale dedicato allo Zar russo Alessandro II che liberò i bulgari dal giogo ottomano nel 1879, che è poi l'anno in cui nacque Albert Einstein) chiedendole a bruciapelo in quale città si trovi in quel momento, sono dell'avviso che molti, come risposta, potrebbero affermare di essere a Berlino come a Bruxelles. Sono ormai lontani e irrimediabilmente perduti i tratti staliniani e comunisti che resero famosa nel "Patto di Varsavia" la figura di Zivkov, l'ex Segretario generale del Partito comunista bulgaro, il più fedele all'ortodossia sovietica. In pratica i sofiesi hanno di colpo azzerato le differenze con i cugini occidentali e sono a metà cammino della loro crescita economica e politico-sociale. Personalmente sono contento di questo fatto. I simpatici amici bulgari meritano un loro boom economico come lo abbiamo avuto noi italiani nei decenni passati. Stiano però attenti a escludere gli eccessi del capitalismo, soprattutto quello selvaggio: rischiano di perdere i tratti più spontanei e migliori della loro bella società. Successivamente, mi soffermerò ancora su questi aspetti che meritano una ulteriore riflessione. Prima però devo elencare un secondo motivo che mi impedirà di dimenticare, mio malgrado, la bella Sofia. Un solo concetto: un caldo torrido di agosto nel mese di marzo! Mai visto da secoli. Sono stati quattro giorni di sauna ininterrotta. Non è facile sopravvivere per ben quattro giorni con un abbigliamento da spedizione polare per più di ottanta ore consecutive con 25° C di temperatura diurna con quell'abbigliamento. Si, perchè di questo si è trattato: ho sbagliato completamente tipo di vestiario. Non so a chi attribuire la colpa. So solo che ero partito da Roma con una statistica inequivocabile prelevata in internet che evidenziava delle temperature medie minime nella città dei leoni molto basse. I numeri erano chiarissimi: -2 °C la minima, con punte massime di circa 10°C per la massima. Mi sono ritrovato, viceversa, catapultato in una specie di clima mediterraneo estivo, con indosso pesanti maglie di lana, camicie e maglioni invernali, pantaloni con mutandoni, scarpe che sembravano più degli anfibi da truppe da sbarco di marines che leggere calzature per passeggiare piacevolmente e con leggerezza in Boulevard Tsar Osvoboditel. Dimenticavo di citare il mio giaccone antigelo che, anche con la zip aperta, sembrava il contenitore che si usa normalmente nelle saune per sudare. In pratica è un giaccone a prova di bora triestina. Terribile. Si è trattato di un'esperienza indimenticabile che mi ha fatto comprendere l'esistenza di una mia sorprendente capacità di sopportazione che non mi riconoscevo. Per non parlare degli occhi stupiti di molti sofiesi che mi incontravano per le strade della loro bella città sfoggiando braccia denudate come se fossero in piena estate e io l'uomo delle nevi. Insomma, un vero e proprio inferno dantesco. E adesso passiamo al Report di viaggio che mi sembra la cosa più importante.
Il mio ventiduesimo viaggio nell'UE inizia con la partenza dal binario 12 della Stazione ferroviaria di Roma Ostiense il giorno 29 marzo 2009, alle ore 11.00. Il prezzo del biglietto per l'aeroporto di Fiumicino è di 5,50 €. Sulla banchina, ad aspettare il treno, ci sono molte persone. Non capisco subito il perchè di tanti viaggiatori. Lo capirò più tardi. Alle ore 11.18 in punto, tra la ressa, salgo sul treno. Riesco a trovare un posto e mi metto seduto. A una fermata successiva si seggono di fronte a me due ragazzi cinesi, un ragazzo e una ragazza che parlano un discreto italiano, con una accentuata inflessione dialettale romanesca. Sono probabilmente figli di prima generazione di immigrati cinesi. Cominciano a parlare sottovoce davanti a me dei loro problemi. Io faccio finta di essere disinteressato alla loro discussione. Sono vestiti in perfetto completo alla moda. Lui lecca un chupa chupa alla fragola tenendolo in bocca come un malandrino siciliano tiene uno stecchino serrato tra le labbra, mentre lei lo osserva con timidezza. I due si confidano tra loro i tipici problemi adolescenziali che si situano tra la prospettiva dell'amore fra adolescenti e la voglia di colpire l'attenzione dell'altro con atteggiamenti da persona matura. Lei gli dice che vorrebbe frequentare un ragazzo olandese ed andare ad Amsterdam per vivere insieme nella città dei tulipani. Lui invece ciuccia con provocazione il chupa chupa e ambisce ad apparire ai suoi occhi come un profondo conoscitore della realtà giovanile. Insomma, assume la parte di colui che "la sa lunga". Lei appare imbarazzata, anche perchè al contrario di lui avverte la mia presenza, estranea e condizionante. Alla fermata della Fiera di Roma almeno l'ottanta per cento dei viaggiatori scende. Praticamente il treno si svuota di colpo. Ecco spiegato il perchè della folla di viaggiatori. In effetti ho capito che sono delegati del "partito di Berlusconi" che vanno alla Convention della nascita del nuovo soggetto politico nato dalla fusione tra Forza Italia (FI) , il partito personale di Berlusconi, e Alleanza Nazionale (AN) il partito di Gianfranco Fini. I due cinesini smettono di parlare e guardano distrattamente fuori dal finestrino. Alla prossima fermata scendono. Rimango solo ad osservare il panorama e penso alla mia prospettiva di viaggio. Chissà come troverò Sofia tra poche ore. Me la immagino ancora avvolta nell'atmosfera grigia del comunismo, sebbene penso che sicuramente qualcosa del tempo passato sia cambiata irreversibilmente. Mi pongo più di una volta la domanda se tristezza e desiderio la faranno da padroni come al tempo del "Comitato centrale del partito comunista bulgaro" oppure se Sofia sarà adesso una moderna e occidentale capitale dei consumi. Non so rispondere a questa domanda ma sono sicuro che non ci sarà più la stessa atmosfera "di prima". In un mondo che ha azzerato di colpo le differenze è molto probabile che si possano mangiare a Sofia degli ottimi spaghetti "all'amatriciana" (con una spruzzata di pecorino grattuggiato) come, al contrario, si può cenare a Siracusa con una ottima insalata fredda bulgara Tarator Meze o, analogamente, con una Shopsa condita con yoghurt e servita con frittelle Parlenki. Ormai il mondo è immerso, in modo irreversibile, in un brodo uniforme di inquinamento industriale e di piatta uniformità, col massimo possibile di aumento di entropia che ne ha annullato le differenze e le disuniformità. La stessa domanda me la sono posta quando ho visitato nel 2004 la mia seconda capitale ex comunista, cioè Budapest dopo essere stato nel 2003 a Berlino. Questa bellissima città me la immaginavo come ai tempi della rivoluzione del 1956 ed invece, una volta arrivato in città, fui colpito dal fatto che sembrava una normalissima capitale europea, bella, asburgica e incantevole come tutte le altre della parte occidentale, con un Lungo Danubio che invitava a fare una bella e piacevole passeggiata come se fossimo a Vienna davanti alla Cattedrale di Santo Stefano o a Piazza del Popolo a Roma.
Arrivo all’aeroporto di Roma Fiumicino. Scendo dal treno e imbocco il tunnel per andare al Terminal C dell'aerostazione. Il percorso è lungo. Anzi è il più lungo di tutti i possibili percorsi per partire da Fiumicino in aereo, perchè dopo il check-in si deve prendere la navetta per spostarsi, su rotaia, vicino al Terminal 5, che è quello di massima sicurezza dove si imbarcano i passeggeri per gli USA e Israele. In ogni caso sono piacevolmente in anticipo. Mi aspetta un aereo Alitalia, volo AZ520, prenotato in internet con biglietto elettronico LRHE5V e partenza alle 14.40 per Sofia. Il volo di ritorno l'ho prenotato con lo stesso sistema, ed è da Sofia a Roma Fiumicino l'1 aprile 2009, alle ore 18.30 ora locale, col volo AZ521 e arrivo a Roma alle ore 19.55. Naturalmente non credo assolutamente che questi orari saranno rispettati. Mi basta solo riportarli qui sia per completezza di informazioni, sia un po' per abitudine. Viaggiare con Alitalia partendo e ritornando dall'aeroporto italiano meno preciso d'Europa (Fiumicino) non c'è di che avere fiducia di niente. Ma questa è un'altra storia, che preferisco non approfondire per carità di patria. Il viaggio di andata e ritorno costa 98,99 €, che è una tariffa convenientissima. Eccomi fotografato da un gentile passeggero in transito in un negozio del Terminal C, vicino a tanti collodiani pinocchi.Rapide formalità al chek-in e alle 14.45 l'aereo si libera in volo con me seduto vicino al finestrino. Il viaggio è breve ma lo ricorderò a lungo per le ripetute e pericolose turbolenze incontrate nel cielo dei Balcani. Pensate che non mi ha calmato per niente la lettura del quotidiano e non ho potuto bere nessun caffè perchè le hostess, per le turbolenze, non lo hanno potuto preparare. Vibrazioni in continuazione e ansia da precipitazione mi hanno condizionato il volo. Dall'alto, sul territorio bulgaro, ho potuto osservare un paesaggio monotono con molte righe di neve su lande deserte e poca vegetazione. All'aeroporto di Sofia i tassisti abusivi, tanto famosi in tutte le guide di viaggio e nel sito di Virtualtourist, sono rimasti con le "pive nel sacco" perchè io, avendo solo il bagaglio a mano, sono uscito immediatamente dal cancello da solo e nessuno di loro ha capito che ero un viaggiatore da spennare come un pollo. Così ho avuto il tempo di individuare il box della compagnia di taxi autorizzata e all'incredulo impiegato ho mostrato il seguente bigliettino in russo col quale chiedevo di prenotarmi un taxi in maniera ufficiale. Ecco la frase con la quale mi sono tolto dai guai, almeno penso: Дайте, пожалуйста, формуляр по регистрации ОК такси, с указанием стоймости, числа, часа, номерного знака такси и моего личного багажа по такому маршруту: София, гостиница Мария Луйза, бульварь княгини Мария Луйза. Credo che in tanti anni nessun tassista bulgaro avesse mai trovato un passeggero così singolare come me. All'autista del taxi gli ho chiesto di portarmi all'hotel con un'altra frase in russo che lo ha disorientato completamente: "Хотел Мария Луиза бул. Мария Луиза 29 - София". Durante il viaggio verso l'albergo è stato difficile far capire al conducente del taxi che io non ero russo ma italiano. Solita conversazione sui motivi della mia visita e dopo un po' mi sento dire in un italiano stentato che lui era disponibile ad accompagnarmi a un casinò per giocare ai tavoli: "come fan tutti" furono le sue testuali parole. Gli dissi che io non mi trovavo a Sofia per giocare ai tavoli verdi e lui impassibile mi fece presente che se volevo potevo essere accompagnato in ritrovi piacevoli con donnine allegre. Gli risposi che i pochi motivi per cui mi trovavo a Sofia erano di carattere culturale, cioè mi trovavo nella capitale bulgara per visite a musei, chiese, monumenti e per assaggiare la cucina bulgara che era famosa non solo per le pietanze gustose ma anche per i buoni vini prodotti. E, in ogni caso, le donnine allegre non mi interessavano. Penso che abbia capito la lezione e non mi importunò più. Ma già eravamo arrivati all'hotel. La corsa mi costa 10 leva, cioè approssimativamente cinque euro, tariffa completamente diversa da quella praticata dai tassinari romani che fanno pagare, se tutto va bene, dieci volte di più, cioè 50 euro. Arrivo all’albergo alle 18.00, che in realtà sono le 19.00. Il fuso orario sofiese è un'ora avanti di quello di Roma. L’albergo si chiama Hotel Maria Luisa e si trova in Maria Luisa Boulevard, 29 vicinissimo alla Moschea Banya Bashi. E' un buon albergo con una ottima posizione. Si trova a pochi passi dalla moschea e dalla sinagoga. Pensate che nel raggio di duecento metri si trovano tutti e quattro i simboli religiosi più famosi di Sofia, e cioè oltra alla sinagoga e alla moschea, ci sono anche la cattedrale ortodossa bulgara e l'unica chiesa cattolica.La camera da me occupata è una bella camera, ampia e spaziosa, con vista sul viale Maria Luisa. Alla reception non hanno fatto storie a darmi la camera con l'affaccio sulla strada principale. A sinistra ciò che si vede dalla finestra e dal bell'interno della camera d'albergo finemente arredata.Dalla finestra della camera si vede anche la moschea e sui marciapiedi c'è un discreto via vai di persone. A sinistra due foto della moschea, fuori e dentro. L'indomani, quando l'ho visitata ho osservato il raccoglimento di un giovane bulgaro che mi ha scambiato per un musulmano iraniano.Alle otto di sera dopo una doccia ristoratrice provo l'adattatore di tipo tedesco, quello cilindrico con due pioli, per caricare la batteria del mio palmare. Non sistemo neanche la biancheria pulita nell'armadio perchè dopo pochi minuti sono nella hall per farmi dare una cartina topografica della città. Una impiegata della reception mi scatta una pessima foto con me seduto sul divano della sala. In pochi minuti sono in strada ad assaporare il piacere della "prima volta" a Sofia. Mi trovo a 42° 43' di latitudine nord e 23° 20' di longitudine est, come dire in pieno est Europa. La latitudine è quasi uguale a quella di Roma ma la longitudine no. Qui ci troviamo molto più ad est dal meridiano passante per l'Italia. Una piacevole sensazione di diversità geografica da quella romana mi prende e mi dà un po' di euforia. Non vedo l'ora di uscire in strada. Ho modificato l'ora del mio orologio. Non mi era mai accaduto di dover spostare le lancette dell'orologio nello stesso giorno per ben due volte. La prima per il cambiamento dell'ora legale, mentre la seconda per il cambiamento di fuso orario. Che curiosa coincidenza. Qui il tempo è spostato di un'ora in anticipo rispetto al fuso orario di Roma. Esco in strada nel bulevard Maria Luisa ed ammiro le prime cose che vedo davanti a me. Neanche a farlo apposta si staglia davanti ai miei occhi la bella e piacevole figura della moschea Banya Bashi. Non credevo che fosse così vicina all'albergo. Sulla mappa mi è sembrata più distante. Ho desiderio di visitarla ma devo aspettare l'indomani perchè è chiusa. Tiro diritto per Piazza Nedelya per una passeggiata in centro. Qui centro significa strade principali, perchè appena prendi una stradina laterale, rischi di non raccapezzarti più. E poi di sera non è proprio il caso. Sono le 21 ora locale e fuori c'è poca gente. Vuol dire che la domenica sera i sofiesi sono tutti a casa, magari a vedere la partita di calcio della propria squadra oppure a seguire qualche programma televisivo di alto gradimento. E' già buio e sento la stanchezza della giornata nei muscoli delle gambe. Così decido di cercare un localino, il primo che capita, dove mangiare qualcosa. Nel raggio di centinaia di metri riesco a trovare soltanto una pizzeria aperta. Conosco il nome perchè è evidenziato nella guida turistica. Si tratta della "Pizzeria Einstein" (a sinistra nel centro della foto, appena dietro la macchina parcheggiata nella piazza) che ha la caratteristica di trovarsi vicino all'albergo e all'entrata c'è la celebre foto di Einstein che fa la famosa linguaccia. Mi sento determinato a entrare, e un po' la curiosità ma di più la fame scendo velocemente i gradini che mi portano in uno stanzone da carbonari. Chiedo alla ragazza che serve da cameriera se posso mangiare una pizza. In realtà si può mangiare anche altro. Il menù propone vari tipi di pizze con i nomi di alcuni fisici dell'Ottocento. Io scelgo quella più digeribile associata con uno dei nomi che ho sempre amato, e cioè "pizza Ampère". Si tratta in realtà di André-Marie Ampère il grande fisico francese nato nel 1775 e morto nel 1836. Tanto per intenderci uno dei miei fisici preferiti perchè ho sempre considerato il suo "teorema della circuitazione del campo magnetico" come una delle leggi più importanti dell'elettromagnetismo classico. La pizza Ampère è una pizza con pomodoro, formaggio molle (che non è mozzarella) e rotelline di salsiccia locale. Una specie di margherita con fettine di salsiccia, insomma. Ordino anche un contorno di patate con pancetta al forno e un buon bicchiere di birra locale. Mi basta abbondantemente. Intorno a me pochi avventori. Una signora anziana con il suo partner con il quale scambia effusioni.Due coppie di giovani e un signore che doveva essere molto affamato perchè non si distrae neanche un minuto dai cibi che ha davanti e che ingurgita con veloci movimenti della forchetta. L'ambiente è un po' squallido, ma considero necessario il rito della cena soprattutto quando si ha lo stomaco vuoto. Pago in tutto 14,47 leva, circa 7,20 euro ed esco all'aperto. La serata stranamente non è fredda come mi aspettavo e decido di fare un'altra piccola passeggiata verso la Cattedrale ortodossa bulgara come assaggio alla scorpacciata di movimento che prevedo per l'indomani. Un piccolo campanello di allarme mi informa che la temperatura ambientale non è per niente bassa come previsto. Boh! Saranno le stranezze del tempo, mi dissi. Non sapevo quello che sarebbe successo nei giorni a venire su questo delicato tema delle previsioni atmosferiche, che a definire infernale è poco. Saranno poche centinaia di metri verso la direzione opposta al mio albergo. Ci sono molte insegne luminose di banche straniere, tra le quali spicca quella italiana di Unicredit-Bulbank. Decido che l'indomani cambierò cinquanta euro in valuta locale. Rientro in albergo a dormire.La notte ho dormito come un ghiro. La stanchezza mi ha fatto perdere il senso del tempo. La mattina mi alzo con un buon appetito. Sento in strada i rumori dei mezzi di trasporto. Dalla camera, nella penombra, sento lo sferragliare dei tram sulle rotaie che mi mettono una certa malinconia di altri tempi. Scendo nella sala ristorante per la colazione. Una bella tazza di latte con miele, due minipanini con burro e marmellata di fichi (ottima) e una piccola porzione di una torta bulgara con un espresso macchiato mi rimettono su. Mi aspetta un lungo giro di visite a chiese e luoghi d'arte. Chiedo alla cameriera di farmi una foto. Sono le nove del mattino del 30 marzo quando esco dall'albergo. Mi sento carico di energia e nonostante la giornata sia piena di nuvole e manca il sole sono contento di iniziare questa prima giornata di scoperte turistiche sofiesi. Stranamente non fa freddo. Anzi la temperatura è decisamente alta per l'orario. L'abbigliamento è pesante e mi tiene troppo caldo. Qualcosa mi fa dire che non pioverà. Però prendo lo stesso l'ombrello tascabile, la guida e il borsello e sono subito in strada. Ogni volta che faccio la mia prima uscita mattutina in una capitale dell’UE sono affascinato dalle possibilità di effettuare scoperte, vedere cose nuove, mai viste prima, provare sensazioni forti, sentire odori e profumi differenti, vedere case, monumenti e strade diverse da quelle a cui sono abituato. Insomma, in questi "giri" mi sento sempre immerso in un’atmosfera di piacevoli ed eccitanti attese. L'assaggio di ieri sera, subito dopo essere arrivato in albergo dall’aeroporto, è stato diverso. Nelle strade i negozi erano tutti chiusi e non c'erano molte persone in circolazione. Ma era domenica: dunque la mancanza di animazione era pienamente giustificata. Oggi le cose sono completamente diverse. Le vie sono piene di gente che ha fretta di andare al lavoro. Stranamente non fa freddo e questo mi colpisce molto perchè io indosso un abbigliamento pesante e terribilmente caldo. E' lunedì mattina e la gente è in strada per la normale attività di lavoro o per sbrigare altre faccende. Ho chiaro in mente il doppio percorso che mi attende in mattinata. L'ho studiato per giorni e giorni sulla mappa della guida di Sofia. Per primo farò il giro delle Chiese ortodosse più importanti e dei palazzi governativi. Successivamente passeggerò nella Via Vitosha, la strada dei negozi e dello shopping. Voglio vedere che vetrina della città propone al visitatore interessato a comprendere un po’ come stanno le cose, oggi, a Sofia. Per "contorno" ho da visitare gli interni della Moschea e della Sinagoga. Quindi, le due stazioni, degli autobus e delle ferrovie. A quel punto penso che sarò abbastanza stanco da approfittare di una pausa di riposo in albergo. Sono tappe rituali obbligate e prescrittive per me che visito le città capitali di uno Stato. Le stazioni sono importanti perchè permettono di osservare la gente comune e non solo. Il programma è denso di impegni, quindi cercherò di muovere i muscoletti delle gambe nella speranza di reggere gli sforzi prolungati di chilometri di passeggiate. Dunque, al lavoro. La prima chiesa che visito la trovo molto vicina all'albergo. E' la Cattedrale ortodossa, situata a qualche centinaio di metri dalla moschea, chiamata Ploshtad Sveta Nedelya, quella bulgara per intenderci. Si perchè a Sofia c'è anche un'altra cattedrale ortodossa, molto più grande, che è la Cattedrale Nevsky, che però è russa. Dentro a quella bulgara c'è un'aria di grande tensione emotiva prodotta da alcuni fedeli intenti ad esternare la loro spiritualità con gesti ripetuti di forte intensità. I pochi fedeli presenti fanno ripetutamente il segno della croce e poi toccano terra con la mano. Uno, due, tre, dieci volte almeno. Lo fanno in modo molto devoto, con profondità e partecipazione. La chiesa è poco illuminata. Dominano i colori scuri. In un angolo c'è un quadro di Gesù Cristo che richiama la mia attenzione. E' bellissimo. Gesù è stato dipinto con una tunica bianca e con un viso naturale e sobrio, un po' naif per la verità, ma forse per questo straordinariamente bello. E' la semplicità del viso che mi sorprende. Non avevo mai visto prima un viso così bello, profondo e pulito. Sono veramente colpito dalla bellezza del dipinto. Anzi, sono affascinato. Con il mio limitato lessico, consistente di poche parole come blagodarià, dobar dien, dobar viecer, izvinete, kolko struva, do vizdane, da, ne, smeta, chiedo al chiosco informazioni a una gentile signora anziana se c'è la possibilità di comprare come souvenir una immagine che lo richiami alla mente. Con difficoltà capisco che di quel quadro non esistono immagini in vendita, né cartoline. C'è solo un libro completo di tutta la storia della chiesa ortodossa bulgara che dovrei comprare in un luogo indefinito dietro la chiesa. Ci rinuncio. Saluto e vado via. Sono costretto a fare una riflessione. Penso che le rappresentazioni artistiche ortodosse a me appaiono molto più belle ed espressive di quelle cattoliche. Non so spiegarmi questa differenza ma questa idea è da un po’ di tempo che mi viene in mente anche se solo adesso la esplicito adeguatamente. Forse perchè gli ortodossi nutrono con maggiore intensità la loro fede. Oppure perché gli artisti dei paesi in cui si pratica la religione ortodossa, messi davanti alla prospettiva di rappresentare figure fortemente sentite nella loro fede, si esaltano e diventano molto bravi. Non lo so. Fatto sta che questa è la mia impressione. L’avevo avuta altre volte nei giri di chiese ortodosse, come ad Atene e Nicosia, ma solo ora riesco a manifestarla con capacità critica perchè qui a Sofia è più evidente. Le immagini di Gesù nelle chiese cattoliche sono stucchevoli.Decisamente gli ortodossi, a mio parere, in questa sfida battono i cattolici per 1-0. Qui la fede si vede che non è un "atteggiamento" come nelle chiese cattoliche. Ne sono più che convinto. Ringrazio la signora con il classico "bladogarià" ed esco.Mi dirigo adesso verso la chiesa Rotonda di Sveti Georgi. Come avevo letto bene nel manuale effettivamente è stata eretta sotto il livello della strada. E' piccola, a pianta circolare, decisamente bella. Accanto si vedono i resti di una costruzione romana in mattoni rossi. Mi dirigo all'entrata scendendo gli scalini. Davanti a me una giovane donna con la sua bambina. Mi camminano davanti. Osservo con attenzione il loro abbigliamento. La mamma indossa un pantalone vecchio e decisamente demodè mentre la bambina ha un cappottino azzurro anch’esso poco pulito. I loro vestiti sono decisamente semplici. Devono essere poveri. La bambina avrà avuto non più di cinque anni. Insomma penso che l'immagine di una sfilata di "Pitti Bimbi" a Firenze fosse in quel momento decisamente fuori luogo. Comprendo che lo stato indigente non poteva non essere che proprio così. Improvvisamente la donna si gira di scatto verso di me, si avvicina e in bulgaro mi dice qualcosa. Vengo colto di sorpresa. Naturalmente non capisco nulla di cosa abbia detto ma mi basta poco per intuire che mi sta chiedendo l’elemosina. Fa il gesto di mettere la mano in bocca e mi dice qualcosa che serve per far mangiare la bambina. E per togliermi qualsiasi dubbio ripete il gesto della mano più di una volta. Non me l'aspettavo. Devo dire che sono rimasto senza parole. In un certo senso desideravo che questa scena si manifestasse in modo tale da poterla aiutare ma non credevo mai e poi mai che si verificasse là in quel momento, in quel modo, senza preavviso. Decido subito di darle del denaro. Pochi euro che tradotte in leva avrebbero potuto soddisfare le esigenze della bambina e anche le sue. Desideroso di ascoltare la voce della bambina, ingenuamente, in uno stentato inglese, le chiedo come si chiamasse la figlia. Lei prima non capisce, ma poi comprende la mia richiesta e mi risponde che si chiama Isha o qualcosa del genere. Io chiamo la bambina la quale si avvicina sorridendo. Non mi ha dato l'impressione di essere d'accordo con la mamma. Mi ha sorriso e basta. Io le tocco la testolina e le dico ciao Isha. Dò alla mamma il denaro e nel frattempo un prete che aveva seguito la scena riprende la donna che è costretta ad andare via. Tutto si è verificato in meno di un minuto. Non avevo avuto neanche il tempo di pensare all'accaduto che decido di invitare mamma e figlia a mangiare un po' di pizza calda in un chioschetto che avevo visto li vicino. Guardo ma loro non c'erano più. Spariti. In un battibaleno erano scomparse. E dire che non c'era gente nelle vicinanze. Ci sono rimasto male. Peccato, avrei offerto volentieri e con piacere qualcosina da mangiare. Scosso dall'accadimento entro nella chiesetta (a sinistra nella foto). Mi guardo intorno. E' piccola e c'è solo qualcuno che la tiene in ordine. Che sia la più antica chiesa di Sofia si capisce subito. Osservo le pareti e la volta. Sono state restaurate male e gli intonaci non sono in buono stato.Qualche disegno qua e là sui muri ricordano la sua origine. Tra le tante cose si trova chiusa all'interno di una specie di cortile stretta tra un grande albergo e il palazzo della Presidenza della Repubblica. E poi a fianco ci sono i resti di rovine romane che a mio parere sono impressionanti perchè per me che vivo a Roma vedere delle rovine simili a quelle che vedo ogni giorno mi fa senso. Gli affreschi praticamente non si riescono a vedere più, nonostante il restauro. In ogni caso si vede anche che è stata ricostruita quasi interamente perchè, dicono, è stata colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Peccato perchè come succede sempre a fare le spese dei bombardamenti sono sempre i migliori tesori dell'arte e della cultura."Piove sul bagnato" come si suol dire in questi casi.Continuo il mio giro. Le due chiese russe dovevano essere a questo punto il mio prossimo bersaglio. Eccole di seguito. Nella prima foto c'è un salice che si "intromette" tra la macchina fotografica e la chiesa mentre nella seconda ci sono io fotografato da una ragazza che in quel momento stava passando lì vicino. Il resto sono foto della grande cattedrale ortodossa costruita in memoria dei russi.I bulgari fumano come turchi. Non è una battuta, ma la verità. Ovunque fumo a ripetizione. Tutti fumano. Nelle strade, nei caffè, al ristorante. Anche agli angoli delle strade dove temerarie impiegate escono a braccia scoperte con la sigaretta in bocca a dare senso alla mattinata. L'episodio della mamma con la bambina non è il solo che incontro questa mattina. La stessa cosa si è verificata altre due volte. E' accaduto con una vecchietta che chiedeva l'elemosina con un atteggiamento che francamente mi ha prostrato. Era lì, seduta su un marciapiede, con un bicchiere di plastica in mano e un viso che era il ritratto preciso della povertà. Mai mi sono sentito così avvilito come questa mattina. Vedere situazioni di questo genere manifestate dal desiderio primario del mangiare mi ha messo addosso una carica polemica contro il mondo e l'opulenza dell'occidente che non si può capire. Ho dato un po' di denaro anche a lei che con lo sguardo e con le parole mi ha ringraziato ripetutamente. D'altronde cosa potevo dirle? Non parlavo la sua lingua, e non avevo neanche parole per ciò che avevo visto.Terzo caso quando ho acquistato un panino da una anziana contadina che vendeva questo alimento sottoforma di anelli che sono una caratteristica bulgara della cucina locale. Le ho dato due leva, cioè un euro e lei mi voleva dare il resto. Le ho fatto capire che non lo volevo e allora non vi dico quanti ringraziamenti mi ha fatto. Era entusiasta. Poveretta. Il quarto e ultimo caso della giornata è stato ancora più penoso. Mentre andavo alla Sinagoga ho visto un vecchio seduto su una sedia sul marciapiedi con il corpo curvo con davanti a se un treppiede al quale vi era appesa una cassetta. Scuoteva ritmicamente un contenitore pieno di sferette metalliche per richiamare l'attenzione. Da lontano credevo fosse un pittore che dipingeva un quadro sostenuto dal treppiede. Ma avvicinatomi ho capito che era un vecchio cieco che non vedeva. Era con il collo chino e distorto, con le palpebre chiuse che cercava disperatamente di richiamare l'attenzione dei passanti per fargli l'elemosina. Una scena penosa. Ho preso tutte le monete che avevo e gliele ho messe in una cassettina appesa al treppiede. La gente passava lì vicino e neanche lo guardava. C'era una indifferenza micidiale. Si rimane scossi da questi fatti. All'ora del pranzo mi affretto per andare a mangiare qualcosa di caratteristico. Ho optato per un ristorante tipico della cucina bulgara, indigeno, con pietanze locali tipicamente del posto. Si chiama "La casa di Hadjidraganov" e si trova in Via Kozloduy,75. Naturalmente non lo troverete mai scritto in caratteri latini perchè a Sofia esiste solo il carattere cirillico. In questo posto si può assaggiare la vera cucina nazionale bulgara. Mi siedo e ordino una specialità della casa, ovvero un piatto di agnello allo spiedo con verdure arrostite. Ho mangiato due buoni contorni costituiti da patate al forno all'aneto e fette di vegetali arrostiti (zucchine, melanzane, cipolle e peperoni) e una gustosa ma poco tenera carne di agnello allo spiedo. Un bicchiere di vino rosso locale ha fatto dimenticare taluni bocconi di agnello decisamente difficili da masticare. Nelle foto l'esterno e alcuni interni del ristorante, con me alle prese con una oblunga portata di pezzi di agnello mischiati con alcuni pezzi probabilmente di vecchio montone.
Per digerire un po' la pesantezza del piatto e dare respiro alla lunga masticata ho fatto a piedi il percorso finale del bulevard Maria Luiza fino alla stazione degli autobus prima e, successivamente, all'estremo nord a prendere un caffè alla stazione dei treni. Per arrivarci ho fatto una bella passeggiata nella parte finale nord del bulevard Maria Luiza. Sono arrivato al ponte con i quattro leoni all'intersezione del bulevard Slivnitsa che è il viale che costeggia il fiume di Sofia. Non lo sapevate? Anche Sofia ha il suo fiume. Beh! Più che un fiume sembra un rigagnolo, come si vede nella foto a destra mentre a sinistra c'è Piazza Lavov Most. Il fiume un po' maleodorante si chiama Vladayska e all'intersezione tra bulevard Slivnitsa e il bulevard Vasili Levsky c'è una bella piazza che prende il nome proprio del fiume, ovvero Piazza Vladayska.In un certo senso è come il Tevere a Roma perchè l'acqua, oltre al tanfo, ha lo stesso colore marrone di quella del fiume romano. Il che è un'altra maniera di etichettare un canalone sgradevole da vedere.Nella grande piazza della stazione, chiamata Piazzale Predgarov, si vede un po' di abbandono generalizzato sia nelle strade poco pulite, sia nella conservazione delle facciate degli immobili manifestata in modo diffuso da un'edilizia fatiscente. Nelle due foto di sinistra e di destra un esempio non certo piacevole a vedere. Per oltrepassare la piazza devo fare lo slalom facendo attenzione alle auto. Arrivo alla Stazione ferroviaria. Sapete io ho un debole nei confronti delle stazioni ferroviarie. Mi hanno sempre attratto. Forse perchè da giovane mi davano sicurezza e trovavo svago. La Stazione delle FF.SS. bulgare è decisamente meno piacevole di quella degli autobus. L'atmosfera è grigia. L'enorme costruzione è anonima e disarmante. Ricorda molto i tempi passati, tutti orientati al "necessario" nella logica di una architettura minimale e sovietica di regime. Ci sono molte persone sedute sulle panchine nel centro dell'area di attesa, ma più che aspettare un improbabile treno nel futuro sembrano là sedute per trascorrere il tempo presente, forse anche per ricordare il tempo passato. Non è un gioco di parole ma la verifica attenta delle caratteristiche antropologiche dei presenti. Nel soppalco vi è un solo bar squallido e semplice. Non c'è alcun servizio ai tavoli. Sono costretto a chiedere il caffè al barista che me lo serve in un bicchiere di plastica con un cucchiaino che è sempre di plastica a mo' di stecchino e due modeste porzioncine di zucchero. I tavoli sono occupati da giovani e un altoparlante diffonde una antipatica e irritante musica rock.Guardo con animo triste il via vai dei pochi viaggiatori che pagano il biglietto e corrono velocemente ai binari. Sull'enorme parete dello stanzone della Stazione c'è ancora una specie di stemma che deve risalire a occhio e croce ai tempi di Zikov. Decido che è ora di abbandonare la stazione dei treni per passare a quella degli autobus.La stazione degli autobus di Sofia è più bella di quella ferroviaria. E' moderna e ben tenuta. E' accogliente e piena di persone indaffarate o almeno mostrano di esserlo. Ci sono molti giovani che sono presenti in tutti i bar e le rosticcerie del piano superiore. Nella foto si vede un primo piano di una parte dei locali. Per uscire sono costretto a passare da un buio, anonimo e sporco sottopassaggio dove l'incuria e l'indifferenza di chi dovrebbe curarlo sono evidenti. L'ambiente non è dei più sicuri, così affretto il passo ed evito accuratamente di proseguire nel successivo sottopassaggio di cui non si vede l'uscita. Salgo una rampa di scale e mi trovo al di la del viale. Costeggio la strada fino ad arrivare di nuovo al ponte sul fiume. Oltrepasso il ponte con i quattro leoni e mi tuffo nella trafficatissima Maria Luiza bulevard. Fa caldo e la temperatura si è decisamente alzata di almeno dieci gradi. Con il mio abbigliamento da polo nord sto sudando maledettamente. Osservo la gente. Hanno tutti fretta. Vedo una notevole quantità di macchine che viaggiano al rallentatore. Sto sudando come matti e non vedo l'ora di arrivare in albergo.
L'impressione è che interi quartieri di Sofia si siano dati appuntamento in questa via al mio passaggio per complicarmi il rientro in albergo. Il fatto è che sono stanco e fortemente accaldato. Vado subito a riposarmi in camera. Esco in strada dopo tre abbondanti ore di riposo. L'obiettivo della serata è percorrere a piedi l'intero Hristo Boulevard. Ci riesco per un po'. Fa ancora caldo nonostante siamo al tramonto. Poi si fa sera. La stanchezza accumulata la mattina mi impedisce di continuare. Decido allora di andare a riposarmi nell'Internet Cafè Garibaldi dopo aver passeggiato un po' per via Pozitano. La sera non ho fame perchè la portata di agnello al forno mi ha saziato. Così in hotel opto per una piacevole tazza di the al latte. Il letto mi aspetta. Buona notte.Questa mattina è il 31 marzo. Siamo al penultimo giorno di visita. Domani sera si ritorna a Roma. Il programma di oggi prevede delle visite programmate da tempo. Per esempio ho da fare la visita ai monumenti russi, al palazzo del lavoro e in generale ai simboli ex-sovietici della bella capitale bulgara. E poi ieri ho dimenticato di vedere la Cripta della Cattedrale Nevsky. So che c'è un pregiato numero di icone bulgare che vale la pena vedere. Alle 9.30 sono già in strada per visitare la Sinagoga che finora per un motivo o un altro è rimasta fuori dalle visite. Discussione in italiano con il custode. Appena ha capito che venivo da Roma si è gentilmente messo a mia disposizione illustrandomi le caratteristiche più salienti della Sinagoga, concludendo che essa è la sinagoga più grande d'Europa. Gli ho contestato il primato facendogli osservare che anche la sinagoga di Roma è altrettanto grande. Dopo una piacevole discussione in un buon italiano ci siamo alla fine messi d'accordo sottolineando che quella di Sofia è vero che è la più grande sinagoga d'Europa ma solo di tipo "sefardita". Nelle foto la parte esterna e interna della bella costruzione ebraica.All'uscita della sinagoga mi dirigo di nuovo alla Cattedrale Nevsky per la visita alla cripta. Passo sul retro della moschea e prendo il bulevard Aleksander Donkunov. Questa via del centro è una strada che presenta un flusso di macchine rilevante. Mi sorprende sia per la rumorosità del traffico sia per il fatto che per rientrare nella Moskovska è necessario percorrere strade con salite mozzafiato, sia per il caldo. Non è affatto agevole transitare da questa parte della città. Li vicino c'è la sede del Parlamento che visito perchè le due guardie mi permettono di entrare. Gli interni sono vellutati. C'è un via vai di persone che salgono e scendono le ampie scale del salone. Il tempo di dare uno sguardo furtivo che sono fuori per entrare nella cattedrale Nevsky. Scendo nella cripta da un'entrata laterale. La direttrice mi informa che ho diritto al biglietto scontato. Preso atto che sono italiano mi indica un quadro del 13mo secolo che ricorda Cimabue, il maestro di Giotto. Ringrazio ed osservo attentamente l'esposizione. Interessante. Vi sono tavole molto antiche e altre del secolo scorso. La collezione abbraccia un periodo molto lungo. Chiamo la Direttrice per informarmi su quale fosse il quadro più antico. Mi risponde in un ottimo inglese che la domanda è mal posta perchè sarebbe opportuno specificare a quale periodo storico mi riferisco. Vedendomi interessato mi fa da Cicerone per una breve spiegazione dei quadri più importanti. Alla fine ringrazio calorosamente.Mi dirigo adesso verso il grande parco di Sofia, a lato dell'Università, dove si trova un monumento eretto in memoria dei russi. Il monumento è in uno stato di totale abbandono. Ci sono delle scritte sulle pareti, sugli scalini sono abbandonate bottiglie di birra vuote, i gradini sono sporchi di cartacce e l'intero panorama è squallido e poco piacevole da osservare. Fa un certo effetto vedere questo ex simbolo del potere sovietico ridotto in queste condizioni di abbandono e sporcizia. Certo che a pensarci oggi, in piena rivoluzione economica e politica del paese che si è aperto all'Europa, al turismo e ai commerci, è facile convincersi del perchè si trovi nello stato di incuria e di abbandono. Nei paesi ex comunisti la vecchia ideologia è diventata insopportabile e malvista. Ma a pensarci bene, cinquanta anni fa, sarebbe stato impensabile. Diciamo la verità nessuno avrebbe mai immaginato la rivoluzione copernicana che si è abbattuta sul grande ex impero marxista-leninista. Mi fa un certo effetto vederlo così. Abbandonato, nell'incuria generale, senza nessun interesse da parte di alcuna autorità politica o municipale. In fondo in fondo fa parte della storia del paese. A mio parere è sbagliato trattare così simboli storici passati, anche se tragici.Vedo lì vicino un vecchio musicista bulgaro che suona la fisarmonica. Pochi distratti passanti non lo degnano nemmeno di un di uno sguardo distratto. Io mi fermo e ascolto un po'. Decido di dargli una banconota di 2 leva. Probabilmente nessuno gliela aveva data prima. Si alza immediatamente all'impiedi e non sa come ringraziarmi. Gli dico che sono italiano e che mi piace la sua musica, perchè le note della fisarmonica sono universali. Non credo che mi abbia compreso. In ogni caso non sapeva più cosa fare. Lo saluto e vado via. Mi sembra opportuno fare a questo punto una osservazione che riguarda non solo il viaggio a Sofia ma tutti i miei viaggi già effettuati e quelli che ancora riuscirò a fare. Considero le vestigia del passato di una nazione, anche se si tratta di simboli reietti, strumenti importanti della identità di quel popolo. E' sbagliato, a mio parere, a Sofia considerare i monumenti ai russi come cose d'altri tempi, simboli cattivi da distruggere per eliminare il ricordo di una storia brutta e piena di amarezze. Credo invece che tutti i monumenti cittadini devono essere preservati, non solo per permettere di conservare la memoria storica dei fatti ma soprattutto perchè essi comunque rappresentano l'anima di quel popolo. Dunque, i simboli fascisti in Italia, quelli nazisti in Germania e quelli russi (o sovietici) adesso negli ex paesi del patto di Varsavia devono essere preservati dall'incuria e dalla distruzione. Detto questo, la mia sensazione nel vedere questi resti della potenza imperiale che fu l'ex URSS è quella di colui che vede in questi simboli la storia e il passato della Bulgaria. E il mio collocare qui in questa pagina web foto e immagini che mi ricordano com'era e com'è Sofia adesso, com'era e com'è ora il monumento ai russi mi fa venire in mente lo stupendo quadro futurista del Severini dal titolo "Ricordi di viaggio". Come la straordinaria tela del 1911 ricompone nei ricordi il colore della memoria, anche qui mi sento di procedere nello stesso verso attraverso un assemblaggio di figure, luoghi e momenti vissuti con molta partecipazione nell'immediatezza del ricordo, prima che il tempo e la mia mente facciano sfumare nell'oblio l'intera serie di frammenti di ricordi impossibili poi a ricomporre.Devo percorrere un tratto lungo del bulevard Levsky per andare al Palazzo Nazionale della Cultura dove desidero vedere l'altro grande mausoleo, addirittura gigantesco nelle dimensioni e sicuramente il più grande di Sofia dedicato ai Russi. Purtroppo è completamente avvolto da impalcature per una ristrutturazione. I cartelli di una multinazionale coreana, che fanno pubblicità, lo avvolgono completamente nascondendolo del tutto. Entro nel Palazzo della Cultura, che fu forse il massimo santuario del comunismo bulgaro, in fondo alla piazza ma ne esco subito inorridito perchè si tratta di una fiera delle costruzioni. Praticamente identica a quelle che si vedono alla Fiera di Roma che non ho mai potuto sopportare.All'uscita imbocco Via Vitosha e a un semaforo sento parlare in italiano. Erano due ragazze italiane. Dico loro di fare attenzione alle macchine quando attraversano la strada. Mi sorridono e mi dicono che c'e' sempre un italiano che si incontra inaspettatamente all'estero, anche nei posti più impensati. Confermo l'idea. Ci mettiamo a ridere e ci salutiamo. Si è fatto mezzogiorno ed io ho desiderio di un po' di frutta. Non mi va a Sofia di prendere un cappuccino al bar, preferisco una banana.E adesso una serie di foto che ho scattato nel corso delle tre giornate di permanenza nella bella capitale bulgara. Si vede una bella statua bronzea di ragazzi che giocano al tiro alla fune e una accanita partita di scacchi tra due appassionati. Alla fine vincerà il giovane che ha il bianco. L'avversario sconfitto guarderà gli astanti con irritazione per lasciare posto al prossimo sfidante.

Sopra il pratico e conveniente "Mercato delle donne", vicino alla moschea, in bulevard Maria Luiza.
Sopra la via Vitosha con sullo sfondo la neve sui monti Vitosha e a destra il palazzo di giustizia con i due leoni simboli della città.
La facciata un po' vetusta di un palazzo in bulevard Maria Luiza e davanti a un cippo di memoria militare ai caduti alle spalle della cattedrale Nevsky.
All'Università due simboli in memoria della scienza e della tecnica: Darwin e il monumento all'automobile.Prima di venire a Sofia ero un po' preoccupato per la presenza nell'alfabeto bulgaro dei caratteri cirillici. Il perchè, com'è noto, è dovuto ai vescovi Cirillo e Metodio che hanno a suo tempo cristianizzato la parte est dell'Europa. Mi chiedo allora perchè non sono stati chiamati caratteri "metodici" visto che i santi patroni erano due e non uno. Forse Cirillo è stato più importante di Metodio. Sarebbe già una spiegazione. In ogni caso ero un po' in ansia per le indicazioni topografiche nella vie della città, col rischio di disorientarmi nella topografia della città. In realtà poi questa preoccupazione è risultata infondata. Mi sono trovato benissimo. Certo ho dovuto imparare l'alfabeto ma "quando c'è bisognino", diceva mia madre, si impara tutto. Per imparare la mappa della città ho memorizzato un modello di mappa a forma di quadrato in cui il lato nord è la Slivnica quello sud il bulevard Patriarh Evtimij quello est il bulevard Vasil Levsky e quello ovest il bulevard Hristo Botev con la dorsale interna verticale rappresentata dalla Via Vitosha e dal suo prolungamento che è il bulevard Maria Luiza mentre la via orizzontale il bulevard Zar Osvoboditel con la sua prosecuzione a ovest dalla Savorna. Naturalmente questo è un modello molto rozzo di mappa di Sofia ma funziona perchè le coordinate sono chiare e semplici. In genere nei miei viaggi faccio sempre un modello di piantina del genere. Mi aiuta molto e soprattutto mi dà certezze di non perdermi. Certo se dovessi andare in Cina probabilmente le cose sarebbero più complicate ma qui, nella vecchia e cara Europa tutto funziona. D'altronde siamo a casa, no? E quindi a casa nostra non è possibile perdersi. A proposito, in bulgaro "viale" si dice "bulevard", senza la o. I francesi invece la o la mettono e lo chiamano boulevard.Dopo aver visitato il giardino dell'Università che è pieno di statue che ricordano le grandi figure della scienza e della tecnica mi sono fermato a osservare la grande statua dello Zar Alessandro che si trova di fronte al Parlamento. Volevo fare una foto a questo monumento e in quel momento ho visto un signore che stava passando vicino a me. Gli ho chiesto in inglese se poteva farmi una foto con la statua sullo sfondo. Non ci crederete ma si trattava di un milanese che con tipico accento lumbard mi chiese di quale città italiana io fossi. Sorpreso per avermi riconosciuto abbiamo piacevolmente conversato un po' sulle possibili conseguenze che una foto scattata lontano da casa avrebbe potuto creare nella mia vita privata. Abbiamo convenuto che all'estero le contrapposizioni campanilistiche tra le due città di Roma e Milano sono quasi inesistenti. Un in bocca al lupo per entrambi è stato il saluto che ci siamo scambiati l'un l'altro.E' l'ora del pranzo e mi è venuta un po' di fame. Scelgo un posticino economico, vicino all'albergo. Il locale si chiama "TroPs Kzscia". Si trova in Viale Maria Luisa di fronte all'albergo a pochissima distanza. Il menù del 31 marzo consiste in una gustosissima zuppa di patate, di polpette cucinate a mo' di spezzatino di patate, un piccolo panino e un bicchiere di birra locale. Il tutto 2,15 euro. A destra la foto dell'interno della tavola calda. Il successivo menù si riferisce al pranzo del giorno della partenza. E' più buono e gustoso di quello del giorno precedente. Consiste in una zuppa vegetale veramente gustosa con una porzione di salsiccia bulgara cotta alla piastra, un "contorno" di risotto ai funghi e un bicchiere di birra locale. Si tratta di pietanze digeribili e gustose: un pregio che riconosco alla cucina bulgara. Consiglio vivamente la famosa salsiccia bulgara: digeribile e piacevole al gusto.Sopra la famosa salsiccia alla piastra e un'immagine serale del Parlamento nella bellissima Plostad Nezavisimost.In centro, lungo una via perpendicolare a Via Vitosha ci deve essere una Piazza Garibaldi perchè so che in un angolo della piazza ci deve essere un internet cafè. Con mia somma meraviglia la trovo, nella foto, ma con una scritta al neon esageratamente pubblicitaria, con caratteri latini e non cirillici. Non trovo la targa del municipio che la indichi nei consueti caratteri cirillici. Mi insospettisco e cerco nella piazza qualche targhetta ufficiale del Comune di Sofia. Invano. Dopo più di un quarto d'ora di ricerche attente, da agente segreto 007, ci rinuncio perchè non ho trovato nulla. Sembra che a Sofia esistano soltanto due soli elementi viari che richiamano il Bel Paese e sono i due nomi italianissimi di Via Positano e Piazza Garibaldi. E dire che di esempi di personalità italiane vissute a Sofia che meriterebbero di essere citate ce ne sono. Una per tutte: Giovanna di Savoia, figlia del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia, sposata con il doppio rito cattolico e ortodosso, con il sovrano Boris III di Bulgaria. Ma di via Giovanna di Savoia non c’è alcuna traccia nello stradario di Sofia. Per la via Pozitano, come la chiamano i bulgari, non ho avuto problemi. Eccola nella foto. Invece piazza Garibaldi, a mio parere, probabilmente non esiste se non nella scelta del proprietario dell'internet Cafè, nonostante molte mappe e cartine di Sofia la riportano quasi sempre. A Sofia, dunque, solo una piazza e una via con nomi italiani. Nulla invece sul fronte di una Via Roma o di un Viale Italia.Neanche una neutra via, del tipo via Venezia o via Firenze è possibile incontrare. Ragionando un po' si arriva a una conclusione logica. Diciamo la verità, i due nomi Positano e Garibaldi sono i soli due nomi di personaggi storici che per i bulgari hanno avuto senso e valore risorgimentale. Il primo perchè fu un coraggioso e intraprendente console italiano che nel 1879, insieme al suo collega console di Francia Lege, salvarono la città di Sofia dall'ira ottomana che durante la ritirata voleva metterla a ferro e fuoco per l'aiuto dato ai bulgari dai russi che stavano arrivando. unque, niente luoghi italiani anche perchè l'Italia è stato un paese ostile alla Bulgaria nei rapporti a livello di politica estera in tutti gli anni del '900. Garibaldi invece è stato il progenitore del progetto di costruzione della nazione italiana. E per i bulgari, che in quegli anni si liberarono dal gioco ottomano grazie ai russi, è evidente il riferimento simbolico alla leggendaria figura del grande combattente per la libertà dei popoli. Le due foto sotto mostrano alcune statue presenti nel parco di fronte alla Cattedrale Nevsky. Sono in stile comunista e rappresentano momenti di grande afflato popolare.Le foto che si vedono qui di seguito le ho scattate la mattina del giorno della partenza. Ho avuto l'intera mattinata libera che ho trascorso passeggiando nelle strade alle spalle del bulevard Maria Luiza, soprattutto in un piccolo mercato rionale. Il mercato di una città dell'est europeo è sempre una attrazione e la sua visita è spesso interessante nonchè fortemente educativa. Si imparano molti aspetti della vita indigena ed emergono quasi sempre accadimenti curiosi, strani, infrequenti. E poi, è piacevole scoprire i tipi di prodotti ortofrutticoli e di altro genere che vengono offerti in vendita; così come è interessante confrontare i prezzi dei prodotti in vendita sui banchi e fare dei raffronti con quelli in Italia. Spesso si può fare anche qualche piccolo spuntino a base di prodotti locali e genuini piacevole. La visita al mercato è interessante e poi una lunga passeggiata a vedere stradine e luoghi caratteristici dove non si è mai stati fa sempre bene. Di solito ai mercatini, nelle ore antimeridiane, compro almeno un frutto e interrompo così il digiuno mattutino, ma adesso non avevo fame. Il fatto è che la sera precedente, ultima sera trascorsa a Sofia, ho avuto un invito a cena da un mio amico, ingegnere italiano che lavora in Bulgaria.La serata è trascorsa piacevolmente in un ristorante italiano, chiamato "La Capannina". Si trova in posizione centralissima, al n.9 di Narodno sabranie. Il menù è stato a base di pesce, con una insalatina di prodotti locali veramente deliziosa, un gustoso dessert a base di mandorle e noci e un eccellente vino bianco locale.
La visita a Sofia volge al termine. Come sempre accade in questi casi l'immagine che si ha della città è profondamente diversa da quella che si aveva prima della visita. Dopo qualche giorno di permanenza a Sofia tutto mi è familiare, anche la lingua e i segni in cirillico che tanto mi avevano preoccupato in precedenza a casa, quando ho programmato il viaggio. Avrei voluto fare tante altre cose, ma i tempi del viaggio di ritorno mi impongono scelte di rigore negli orari. Dunque, è ora di ritornare in albergo per lasciare libera la camera entro le ore 12.00. Devo ancora fare la valigia e pagare il conto. Questi sono sempre i momenti meno belli del viaggio.L'approssimarsi dell'orario della partenza mi produce sempre una doppia sensazione, di ansia per l'orario implacabile del check-in e di malinconia per l'imminenza del ritorno. Due aspetti inconciliabili di chi viaggia per amore e per diletto. La brevità della vacanza, d'altronde, non mi ha permesso di approfondire nessun elemento del viaggio. Questo è purtroppo un fatto negativo e una costante dei miei viaggi. Non è possibile fare diversamente. E dunque la migliore cosa è concludere con sicurezza e precisione gli ultimi adempimenti. Anche questo appartiene al viaggio. Un piccolo momento di velata tristezza mi prende nel percorrere la strada che ormai conosco a memoria. Ma godiamoci ancora il viaggio di ritorno. Anche questa è vacanza. Ciao. Al prossimo viaggio! Ci vediamo a Bucarest. Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

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