martedì 23 febbraio 2010

Corruzione, politica e vizi nazionali.

Ernesto Galli Della Loggia ha scritto recentemente che la corruzione in Italia non ha radici solo nella politica ma è dovunque nel paese ed è ben radicata nell’intera società civile. Ha aggiunto anche che è vero che destra e sinistra politica usano la corruzione per fini politici e personali ma non corrisponde al vero l’idea che la società sia sana e la politica no. Questo, in estrema sintesi, il pensiero del giornalista. Adesso noi esprimiamo la nostra opinione al riguardo. Siamo soddisfatti che Della Loggia la pensi come noi. Sono ormai sette lunghi anni che su questo blog ripetiamo ossessivamente l’adagio che la corruzione italiana affonda in “radici solide e profonde nel corpo sociale del paese”. A nulla sono valsi i rari e vani tentativi di porvi rimedio. Della Loggia conferma quello che noi andiamo dicendo da anni. E cioè che non è l’Italia ad essere sotto accusa ma gli italiani. Fa differenza? Certo che fa differenza perché sebbene per pochi anni, dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Italia fu un paese affidabile e onesto, diverso da quello attuale. La ricostruzione, il senso della sconfitta immane del paese, l’interiorizzazione dell’idea che era necessario ricominciare da capo “rimboccandosi le maniche”, la presenza nel Parlamento di personalità oneste di specchiate virtù provenienti dal mondo della Resistenza (e da dove sennò), il ritorno del paese alla democrazia e nell’Europa, permisero, sebbene per pochi lustri, di mostrare al mondo che l’Italia poteva essere considerata un paese normale, come gli altri. I guai cominciarono dopo, col boom economico e con il denaro che cominciava a circolare in abbondanza per merito della politica. Come mai ad un certo punto tutto cambiò? L’analisi è complessa ma facendo delle consistenti semplificazioni possiamo dire che due furono i fattori politici principali che portarono al disastro attuale. In primo luogo la “solidarietà nazionale”. Fino a quando i due massimi partiti di riferimento del tempo, DC e PCI, mantennero saldo il timone della loro politica, distinguendosi uno dall’altro e controllandosi a vicenda, il paese tenne e la corruzione operò solo a livelli fisiologici. Certo il paese non aveva anticorpi democratici e di civiltà come nei paesi del nord Europa. Tuttavia, la vita sociale e politica si sviluppò secondo standard e modelli europei accettabili. I guai nacquero quando negli anni ’70, con la nascita dei terrorismi rosso e nero, fu giocoforza condividere la lotta contro gli estremismi. DC e PCI di allora fecero un patto di collaborazione. Fu un successo a breve ma un disastro sui tempi lunghi perché abituò gli italiani agli inciuci. Cominciò da quella innaturale collaborazione politica e sindacale di cattolici e comunisti l’adesione degli italiani alla corruzione. Appalti e spartizione di grandi lavori, ripartizione della RAI per canali politici, edilizia rampante dei palazzinari, finanziamenti che arrivavano nel meridione dall’Europa e che prendevano strade diverse da quelle programmate, collusioni fra politica e criminalità, magistratura gerontocratica assente e, nel migliore dei casi, interessata solo agli agi e agli onori e, buon ultimo, la fame di potere della nuova classe politica socialista trovarono il terreno fertile per permettere alla parte peggiore del paese di arricchirsi e macinare consenso (ricordate la “Milano da bere”?). Fu in questa situazione che gli italiani cominciarono a sviluppare la propria personalità all’insegna di una diseducazione che giustificava l’immoralità. Soldi facili guadagnati illegalmente e portati all’estero, vita spendacciona sostenuta da una criminalità sempre più presente nella scena politica ed economica, piccole a grandi mafie regionali che cominciarono a pensare in grande trasferendosi nel nord più sviluppato, scandali piccoli e grandi di tutti i colori, un sistema scolastico rivoluzionato dalle fondamenta da leggi e norme pseudo-progressiste che penalizzavano il merito, una sanità che macinava consenso e lottizzazione, dirigenti e classe intellettuale selezionata dalla DC e inviata nei posti chiave a dirigere il paese in modo indecente, produssero l’abitudine alla disonestà. La vita degli italiani divenne una continua attività di violazione delle norme di comportamento etiche e morali, con un crescendo rossiniano. Insomma, fu una epidemia che colpì una buona parte del sistema Italia a cui nessuno, per infamia o per interesse, si oppose. Per giustificare più approfonditamente questo cambiamento di marcia degli italiani dall’onestà alla corruzione è necessario però avvalersi del secondo motivo in grado di giustificare l’adesione convinta e consapevole degli italiani alla corruzione. Si tratta della presenza in Italia della Chiesa cattolica come istituzione debordante. Fatto più unico che raro nel mondo, l’Italia ha nella sua capitale la sede dell’altro potere temporale detenuto dal Papa. La Chiesa cattolica presenta sotto il profilo sociale e politico il dogma del perdono. In altre parole, il criminale che delinque, per i principi relativi all’ideologia cristiana, non viene visto dalla Chiesa come un nemico da combattere e da mettere in condizioni di non nuocere mai più ma come “pecorella smarrita” da reinserire nella società dopo essersi pentito. Non entriamo qui, ovviamente, sulla giustezza dei dogmi. Ci mancherebbe altro. Vogliamo fare soltanto un’analisi socio-politica delle ragioni, ovvero della cause più profonde della corruzione in Italia. Il perdono e la conseguente assoluzione del peccato, è noto, produce assuefazione e pertanto disposizione a nuovi delitti. Si produce cioè la giustificazione degli illeciti e una difesa delle ragioni del reo. Il paese, pertanto, sviluppatosi all’insegna di un cattolicesimo indulgente e “perdonista” non trovò di meglio che ancorarsi velocemente alla parte più retriva e subalterna della DC che aveva profondi legami con la Chiesa cattolica, fu il principale referente e lo sponsor unico del partito di maggioranza relativa del tempo. I valori cattolici vennero così ad assumere piena valenza politica e culturale, ma in una versione diremmo personale e utilitaristica. Chi poté non si lasciò sfuggire l’occasione. Gli italiani, svegli e attenti come sono in questo campo, compresero subito le potenzialità dell’adesione al credo democristiano e la conseguente possibilità di ottenere un tornaconto sostanzioso. Essi mostrarono la parte peggiore di se stessi perché aderendo in toto al credo religioso cattolico non solo impedirono alla parte più rigorosa ed esigente (ovvero calvinista) della popolazione di evitare la “rilassatezza” degli usi e dei costumi ma addirittura estromisero dalla società italiana la componente più inflessibile e severa (ovvero luterana) della cittadinanza attiva, con danni inimmaginabili. Il paese si ammalò. Fu una malattia acquisita dall’esperienza di vita vissuta in coabitazione quotidiana con modelli culturali e sociali in negativo, che abituarono gli italiani alla immoralità e alle ruberie sistematiche. Ogni giorno i giovani poterono osservare gli adulti mentre commettevano gravi violazioni alla morale e alla legge. Si diffuse la cultura dell’imbroglio, della raccomandazione e del privilegio che non ebbero pari nell’estromettere da incarichi pubblici e statali i pochi irriducibili e i più ostinati rigoristi. Si sviluppò a macchia d’olio l’abitudine alle tangenti fra gli amici di partito e di fede, ai concorsi truccati, alle graduatorie manipolate, all’illegalità diffusa a tutti i livelli, all’evasione fiscale, alla violazione di regolamenti, alla trasgressione di norme di tutti i tipi (basta vedere cosa succede nei condomini), alla corruzione generalizzata, alle assunzioni irregolari di furbi raccomandati da politici e sanate con leggi, leggine, commi di articoli di leggi inseriti improvvisamente e votate dal Parlamento nelle estati torride con gli italiani distratti da “pinne ed occhiali” al mare. Nel paese emersero solo le personalità della politica e delle istituzioni implicati in scandali e corruzione, vinsero i Congressi politici i leader di correnti dediti agli scambi di favori, alle dazioni più o meno forzate, alla tribalizzazione dei posti di lavoro e alle assunzioni clientelari negli enti statali e parastatali. Insomma fu un’orgia di imbrogli e truffe ai danni dei più deboli e degli onesti, ormai minoranza quasi in estinzione. Ce ne fu per tutti. E poi vennero “mani pulite”, con l’azzeramento della prima Repubblica e, successivamente, in modo più consistente, con Berlusconi: come dire “dalla padella alla brace”. In tutti questi anni non ci furono mai reazioni scandalizzate e severe a questo malcostume nazionale da parte di chicchessia. Nessuno, ripetiamo nessuno, di sinistra, di centro o di destra tentò di rompere questo cerchio di omertà e di connivenza. La stessa Chiesa Cattolica fu implicata nel giro della corruzione con lo IOR, la banca privata del Vaticano, a speculare e lucrare denaro poco pulito con la finanza mafiosa dei vari Sindona. Ci fermiamo qui. Questa è la nostra ricostruzione che può essere considerata semplicistica e superficiale, ma onesta. Può non piacere ma è un punto di vista che ha diritto di cittadinanza. Adesso, non ci resta che piangere e aspettare la nottata: che sarà più lunga della giornata precedente, perché a governare non c’è un sistema di persone severe, inflessibili, resistenti e rigorose, di specchiate virtù morali. No. C’è esattamente il contrario e i fatti lo dimostrano. Siamo un paese di marionette.

domenica 21 febbraio 2010

E adesso Emanuele Filiberto come Papa Woityla: Santo subito.

Il festival di Sanremo l’ha vinto Emanuele Filiberto di Savoia. Il giovane Valerio Scanu ci perdoni se non lo riconosciamo vincitore ma il Principe ha la precedenza. Ci interessa riconoscere che a vincere il primo posto, pardon, il secondo, sono stati gli SMS, ovvero la goduria dei fan festaioli italiani dal dito veloce, dei puponi furbacchioni, che con un po’ di soldini messi in gioco sapientemente hanno fatto vincere il trio nazional-popolare della canzone italiana. Adesso, siamo sicuri di interpretare i desideri di S.A.R. il Principe Emanuele Filiberto, dicendo che è necessario ridare agli italiani il giusto riconoscimento. E cioè, che è necessario cambiare l’inno di Mameli con il motivetto del Principe “Italia, amore mio”. A parere del rappresentante della Real Casa Savoia, nella sua canzone c’è molto di più dell’astruso e sempre ostico “Fratelli d’Italia”. C’è l’amore del Principe per il Suo paese, c’è il gusto nazionale e popolare di Pupo e dei suoi pacchi di soldi messi in gioco, e c’è infine anche la ciliegina sulla torta della lirica alla Pavarotti che non guasta. Che cosa si vuole di più? Ebbene, noi ci permettiamo di fare una proposta: perché non si fa un referendum, a colpi di SMS naturalmente, del tipo SI o NO a “Italia, amore mio” come nuovo Inno d’Italia? Siamo sicuri che avremmo l’approvazione del giovane Savoia. Daremmo così l’opportunità al discendente dell’ultimo Re d’Italia di avere la rivincita sull’altro referendum, quello perduto nel 1945 dal nonno Umberto, su Monarchia o Repubblica. Rimetteremmo le cose a posto e vivremmo tutti più felici. Chissà, forse l’orchestra di Sanremo farebbe rientrare la protesta raccogliendo gli spartiti appallottolati e buttati per protesta sul pavimento del teatro di Sanremo. In questi casi conviene Ludere non laedere.

giovedì 18 febbraio 2010

Cattiva stampa, malafede degli ambientalisti e disinformazione.

Sappiamo chi sono gli italiani e cosa preferiscono leggere sui quotidiani. Certamente non prediligono gli articoli seri, o i resoconti di dibattiti tipo quelli che si possono ascoltare sulla BBC, che analizzano con serenità problemi importanti per la società. Da noi imperano o il gossip, ovvero la versione spazzatura di quello che una volta si chiamava sfavorevolmente l’informazione “per le sartine”, oppure gli scandali che nel nostro paese abbondano e non conoscono crisi. Dunque, sarà sfuggita a molti la notizia che il Presidente degli USA, il democraticissimo Obama, apre al nucleare dichiarando che è pulito e sicuro. Ha detto proprio così. Il Presidente della più grande democrazia del mondo ha annunciato che chiederà un prestito di 8,3 miliardi di dollari per altri due reattori. La ragione l’ha condensata in una sola riga, affermando che : “è la strada per soddisfare il crescente fabbisogno di energia e prevenire il cambiamento climatico”. Cosa dire di questa notizia? Noi non crediamo che l’ex ministro Pecoraro Scanio, napoletano e verde doc della sinistra italiana, sarà d’accordo. Tuttavia non può accusare Obama di essere il rappresentante di un governo di destra, reazionario e conservatore. Stiamo parlando di Obama, mica di George Bush. Dunque? Semplicemente si omettono le informazioni e la comunicazione politica non tratterà, se non in modo ideologico, questo fatto. Ne parliamo qui esplicitamente perché in merito a questo fatto vogliamo svelare la disinformazione e la malafede degli ambienti politici di sinistra. In genere da noi i politici di sinistra parlano di energia senza sapere un’acca di questioni energetiche. In poche parole più sono ignoranti di scienza e più sono contrari all’energia nucleare. La loro è una posizione ideologica dovuta più al credo filosofico che a logiche scientifiche. D’altronde, che le armi e i ragionamenti di questi piccoli sabotatori della verità sono spuntati lo si sapeva da anni. Infatti , nella confinante Francia esistono ben 59 centrali, dico cin-quan-ta-no-ve , mica una o due, in USA 104, in Giappone 53, ecc. I reattori nucleari nel mondo occidentale conosciuti fino ad oggi sono ben 439, la maggior parte dei quali concentrati nel continente nordamericano (Usa e Canada) e il resto in Europa. Come la mettiamo? Per caso tutti questi governi che hanno deciso di investire nel nucleare sono stupidi e noi italiani, invece, siamo i soli intelligenti al mondo? Sul piano della logica poi ci basterebbe fare questo semplice ragionamento che “tutti i paesi industrializzati del mondo le costruiscono mentre solo noi no” per diffidare della giustezza della posizione politica degli ambientalisti. Adesso, entrambe le candidate alla poltrona di Presidente della Regione Lazio, si sono dichiarate contrarie alla costruzione di centrali nucleari. Piccola differenza è che mentre la Bonino (di sinistra) è contraria in assoluto la Polverini (di destra) è contraria solo a che si costruiscano nel Lazio. Fuori da questa regione possono fare quello che vogliono. Che bei ragionamenti. E poi dicono che abbiamo il peggior sistema politico del mondo. Certo, con questi politici che argomentano in questi strani modi, l’una per ideologia e l’altra per cinismo e convenienza, non si ha fiducia neanche ad essere inguaribilmente ottimisti. O no?

lunedì 15 febbraio 2010

«Quando potei non volli, adesso che voglio non posso».

L’ex Sindaco di Roma Valter Veltroni ha dichiarato in questi giorni che “solo il merito e le competenze possono battere le degenerazioni della politica”. Prendiamo atto della dichiarazione dell’On. Veltroni. Il fatto è che non vale a nulla riconoscere oggi la necessità di un provvedimento auspicabile del genere quando per tutta la vita si è operato contro il medesimo. Ci spieghiamo meglio. Com’è noto, il ’68 ha portato via dalla scuola, ma più ancora dalla società, il “merito” e le competenze. Al loro posto sono state individuate altre finalità (noi le chiamiamo più precisamente “controbiettivi”), che hanno avuto lo scopo di trasformare la scuola (e la società) da istituzione meritocratica a organismo permissivistico, in cui il merito è stato bandito dagli obiettivi generali e specifici perché contrario all’ideologia politica di sinistra allora dilagante. L’On. Veltroni e tutti coloro che la pensano come lui, adesso e solo adesso, si accorgono che la società italiana versa in condizioni pietose e per riprendersi dal baratro culturale e dal vuoto delle idee in cui è caduta ha bisogno del merito, quel “merito” che è stato vergognosamente spedito in soffitta ad ammuffire proprio dal suo partito di allora. Questa parolina, adesso tanto usata e abusata da politici di sinistra (e di destra), decenni fa, quando imperversava la stagione della violenza terroristica e del pan-sindacalismo della triplice sindacale, era diventata sinonimo di eresia e di conseguente scomunica per chi l’avesse proposta come valore. Il “merito” fu estromesso addirittura dal linguaggio corrente e non si vide mai un solo politico di quegli anni avere il coraggio di pronunciarlo. Noi che il “merito” lo abbiamo perseguito sempre e che lo abbiamo continuamente invocato come obiettivo didattico-educativo del nostro modo di operare nel mondo della scuola siamo stati tacciati di essere retrogradi e, addirittura, reazionari. A quel tempo tutti i politici e i sindacalisti di sinistra, responsabili in solido del sacco culturale, politico e sociale ai danni della scuola e del paese dal ’68 in poi, si sono sintonizzati sempre e sistematicamente su idee esattamente opposte al merito. Allora imperava il motto della trasgressione delle regole, della ribellione allo Stato che dettava norme meritocratiche da combattere, della contestazione al potere che si manifestava nella scuola nel rifiuto al voto di condotta e della richiesta, prontamente accettata da docenti e presidi di sinistra, del sei politico e della promozione garantita. Adesso leggiamo editoriali scandalizzati di direttori di giornali e di televisioni che propongono la necessità di perseguire il “merito”. Ma cosa dicevano gli stessi individui allora, quando si parlava di merito? Queste anime belle di oggi sono stati i principali responsabili della trasformazione in negativo dell’intera società italiana. Opporsi al “merito” allora è stato facile, perché l’obiettivo della sinistra settaria e massimalista fu la demolizione dei cardini della società del tempo. Vero è che quella società era una società arcaica che doveva essere riformata, ma la rivoluzione culturale sessantottina non ha trasformato la società italiana da conservatrice a progressista. No. Quella rivoluzione classista e autoritaria per realizzare l’obiettivo del cambiamento rivoluzionario l’ha demolita dalle fondamenta e adesso scuola e società non riescono più a svolgere neanche il minimo dei compiti per i quali ha senso parlare di servizio (scolastico e sociale). Chi ha prodotto questa gigantesca implosione dell’intero sistema? In primo luogo i partiti della sinistra italiana - tra i quali ci sono alcuni transfughi autorevoli ex-socialisti nel centrodestra di Berlusconi - che dal ’68 in poi hanno lavorato in sinergia col sistema sindacale (altro coimputato principale, i cui Segretari Generali hanno la responsabilità in prima persona della distruzione del tessuto politico e sociale italiano e, in fondo in fondo, del degrado attuale della politica) per ottenere un solo obiettivo: quello di distruggere il sistema scuola (e società) così come era stato concepito dal fascismo prima e dalla DC dopo. In secondo luogo tutte le forze politiche retrive che a chiacchiere hanno detto di volere il riformismo e con i fatti lo hanno ostacolato in mille modi, non ultimo con il metodo della sottrazione delle risorse attraverso saccheggi e imbrogli sistematici con la scusa del finanziamento ai partiti (ricordate i tesorieri dei maggiori partiti dell’”arco costituzionale” di allora?). Infine oggi, con la sottoscrizione di un patto politico becero e immorale tra berlusconismo, leghismo, cattolicesimo intransigente e intollerante, nonché forze retrive recuperate dal mondo della destra politica ispirata ai canoni di un neofascismo subdolo e servile, si è prodotta l’attuazione di una politica di protezionismo dei centri di interesse aziendale (vedi protezioni e favori alle imprese televisive private, ai palazzinari, alla finanza cosiddetta “creativa”, etc.) facenti riferimento all’attuale maggioranza di governo. Nessuno di questa accozzaglia di attori, vecchi e nuovi, ha avuto, ieri e oggi, il coraggio di rompere con gli schemi e i modelli prevaricatori e arroganti della protezione dei gruppi di potere che hanno continuato l’opera di distruzione della meritocrazia nella scuola e nella società. Nessuno dei vecchi e dei nuovi ha mai chiesto e ottenuto severità nei comportamenti dei politici (dediti spesso a rapporti con trans, ad assumere droghe e a partecipare a festini non proprio da Cappuccetto rosso), onestà intellettuale nelle grandi scelte della politica, rigore etico e morale nei modi di fare dei politici a tutti i livelli (nazionale, regionale e provinciale). Nessuno ha voluto prendere provvedimenti normativi contro il male italico del fare politica per interessi personali e i fatti che quotidianamente sono accaduti fino ad oggi lo dimostrano nella loro drammatica evidenza. Anzi, al contrario, si è proceduto tutti insieme e allegramente con condoni, indulti e amnistie varie. Il “merito” è stato sempre visto come l’avversario principale da combattere perché sinonimo di autonomia, di impegno, di serietà e di correttezza professionale. Politici di sinistra e di destra hanno sempre osteggiato la ricetta del merito perché “merito” voleva dire onestà e non condiscendenza e/o sottomissione che invece erano atteggiamenti desiderati e auspicati. A molti politici che hanno sempre sguazzato nell’acqua del dogmatismo ideologico di sinistra e a quelli corrispondenti dall’altra parte che hanno accettato di appartenere al sultanato berlusconiano, oggi rimane loro una sola cosa da fare: riconoscere di essere stati e di essere inutili e dannosi alla società e, conseguentemente, dimettersi da qualunque incarico più o meno lucroso e da qualsivoglia funzione politica e lasciare spazio agli onesti. Ma l’onestà intellettuale di riconoscere i propri errori non fa parte del DNA degli italiani. Essi se ne infischiano delle leggi morali. Essi non possono comprendere la grandezza di coloro che erano come Kant, il quale soleva dire: “sopra di me il cielo stellato, dentro di me la legge morale”. E, paradosso conclusivo, questi infedeli continuano purtroppo ad essere eletti. Te capì?

venerdì 12 febbraio 2010

Il fallimento di un’intera società che ha creato solo divisioni ed egoismi.

Italia brutto paese. Italiani pessima gente. Basta guardare cosa fanno, come vivono e come operano i nostri politici (di destra, di centro o di sinistra non fa differenza alcuna) e si ha uno specchio fedele di com’è l’Italia oggi: un insulto a qualunque forma di etica e di morale. Insistiamo su un semplice concetto: i nostri politici sono stolti e dissennati perché non guardano all’interesse del paese ma si fanno i dispetti l’un contro l’altro alla stessa maniera. Perché? Perché sono vuoti e immorali. Renato Rosso, l’imprenditore veneto teorico del “be stupid”, cioè dell’essere stupido non come difetto ma come coraggio a fare le cose contrarie al conformismo depravato e vizioso diffuso uniformemente sull’intera superficie del paese da nord a sud, dice: “Guardiamo i nostri politici. Ognuno pensa solo a scaldare la sedia. Guardiamo il Governo e l’opposizione: possibile che uno faccia una cosa e l’altro sappia solo urlargli contro? Mai uno che porti avanti un’idea e l’altro lo critichi, proponendo però una soluzione alternativa. Siamo in mano a persone che non sanno neppure cos’è la tecnologia e pretendono di fare leggi per i nostri figli”. Renato Rosso, a nostro parere, ha colto nel segno. Ha detto in poche parole, apparentemente semplici, una grande verità: abbiamo dei politici che non meritiamo perché non riescono a capire che il bene del paese è superiore a qualunque polemica sterile e inutile di contrapposizione partitica e a qualsivoglia interesse particolare. Non la vogliono proprio capire! I nostri parlamentari sono degli abusivi che hanno approfittato di un espediente immorale (la legge elettorale voluta da Silvio Berlusconi con la quale il Capo di un partito nomina a suo piacimento i membri del Parlamento) per mostrare al loro Capo come sono bravi ad ubbidire agli ordini di scuderia. Vi ricordate lo spettacolo indecente delle dimissioni del Governo Prodi e l’eccitazione dei parlamentari del centrodestra, con deputati che stappavano bottiglie di spumante e altri che mangiavano fette di mortadella? Una cosa mai vista. Abbiamo un Presidente del Consiglio che in un altro paese lo avrebbero fatto dimettere velocemente per la sua mancanza di etica e di moralità. Un pluridivorziato che si porta a letto delle squallide veline che ha il coraggio spudorato di professarsi cattolico, il cui massimo desiderio è di essere considerato dalle gerarchie cattoliche un amico e un benefattore, peraltro riuscendovi pienamente. Abbiamo un’opposizione che fa finta di fare opposizione, mentre in effetti vegeta con indifferenza nel mondo della politica virtuale. Un’opposizione che nel tempo si è talmente dequalificata da creare equivoci e sorpresa tra i suoi stessi sostenitori in modo tale che qualunque cosa faccia, anche intelligente, la fa sembrare stupida. In poche parole non fa opposizione seria e credibile e, soprattutto, su leggi importanti per il paese non collabora mai con il Governo. Non parliamo poi di coloro che credono di essere gli intellettuali del paese. Sono tutti impegnati o a fare carriera (e soldi), oppure a collezionare condoni, sanatorie e amnistie per i troppi reati fiscali che hanno commesso in anni di vacche grasse. Insomma, ci troviamo davanti una società marcia, immorale, che predica l’apparire piuttosto che il fare concreto, senza orizzonti etici e valoriali, che ha deciso di vivere all’insegna dell’indifferenza nei confronti dei più deboli e nell’egoismo nei confronti di chi ha veramente bisogno, esasperando l’ingiustizia che è il vero credo di chi governa e amministra attualmente la cosa pubblica. Tutte queste mezze figure di politici di oggi hanno un solo motto: “rubare è peccato ma non quando rubo io”. E’ il fallimento collettivo di una società e di una chiesa cattolica che a parole hanno sempre detto che erano disponibili a fare sacrifici per valori cristiani e religiosi salvo poi il fatto che appena escono dalle messe della domenica continuano sempre a fare mercimonio. E poi si dichiarano tutti uomini di fede, seguaci di Gesù Cristo, con un forte senso dell’attaccamento alle cosiddette radici giudaico-cristiane. Alla faccia dell’ipocrisia. Non se ne salva neanche uno.

mercoledì 10 febbraio 2010

Statistiche bugiarde e prese in giro.

Le provocazioni non ci sono mai piaciute. Soprattutto quando fanno apparire il meglio di ciò che non si ha, nascondendo il peggio di cui si è. Questa dichiarazione è valida sempre. Nel nostro caso la vogliamo applicare agli amministratori regionali delle due regioni più a Sud d’Italia: Sicilia e Calabria. Noi non abbiamo nulla contro la gente di queste due belle regioni. Anzi. Per alcuni aspetti ci sono più simpatiche di quelle del profondo nord. Ma all’apparire di una statistica da “furbetti del quartierino” ci siamo sentiti beffati e derisi. Questo è il motivo per cui scriviamo questo articolo, che ha il solo scopo di smascherare i furbacchioni che amministrano le due regioni meridionali con politici di sinistra e di destra. Perché di questo si tratta e non di altro. Il vizietto di considerarsi scaltri gli italiani ce l’hanno tutti nel sangue ma vi sono alcuni politici regionali che si sentono più furbi degli altri. Ecco il fatto. Da un’analisi della Ragioneria Generale dello Stato è emerso “un quadro sconcertante” a proposito delle spese che le Regioni effettuano ogni anno nei vari capitoli di spesa. La cosa apparentemente strana è che le due regioni della Sicilia e della Calabria appaiono quelle che in Italia investono di più nella sanità e nella scuola. A momenti neanche la Svezia investe tanto. Nella Sanità, per esempio, in testa alla lista della spesa c'è la Sicilia, con 439 euro procapite, mentre nel settore scolastico un bambino alle elementari in Calabria costa 394 euro battendo in modo clamoroso tutti gli altri. Se non ci fossero sotto i garbugli dei politici locali dovremmo gridare ai miracoli di Santa Rosalia e di San Giorgio Megalomartire messi insieme. Ma a quanto pare queste statistiche vengono confutate facilmente e in modo palese dalla realtà. Basti pensare allo stato pietoso in cui versano gli ospedali in Sicilia, che fanno vergognare l’intero genere umano, per non parlare della qualità del sistema scolastico in Calabria, che peggio di come è messo non potrebbe. Se qualcuno è scettico può fare una cosa semplicissima. Se ha qualche malattia che necessita di un intervento chirurgico vada a farsi operare in un ospedale della Sicilia e potrà vedere di persona come sarà trattato. Noi per un infelice caso del destino lo abbiamo fatto e vi garantisco che si esce traumatizzati da un’esperienza che dire drammatica è poco. Se non dovesse bastare, il consiglio è di andare a sfogliare i quotidiani dell’isola e contare il numero dei decessi contestati ai medici ospedalieri avvenuti negli ultimi anni negli ospedali siciliani. Per quanto riguarda poi la Calabria è noto che è una delle peggiori regioni dal punto di vista dei risultati ottenuti con il test nazionale Pisa, per non parlare poi della dequalificazione dei curricoli liceali, laddove le scuole calabresi battono il record nazionale dei massimi punteggi gonfiati dati ai candidati che hanno superato gli esami di Stato. Roba da Guinness dei primati. Come stanno veramente le cose? Semplice. A fronte di statistiche truccate ci sono un sistema sanitario e scolastico che fanno pietà. Tuttavia, con piccoli artifici - tipo l’allargamento indiscriminato della base degli occupati dequalificati - si riesce a far guadagnare stipendi e pensioni immeritati agli amici degli amici con la piena soddisfazione dei vertici regionali. Ci viene in mente la dichiarazione di quel produttore siciliano di arance che aveva trovato la maniera, a suo dire, di “fregare” gli importatori tedeschi perché nella parte superiore dei carri merci distribuiva uno strato superficiale di arance buone mettendo sotto la maggior parte di arance guaste. E per giunta si vantava della truffa chiamandola furbata. Peccato che appena i tedeschi scopersero il trucco non acquistarono più una sola arancia dalla Sicilia rivolgendosi per sempre da quel momento al mercato spagnolo. Uno stolto che si intendeva scaltro ma che ha danneggiato in primo luogo l’immagine e in secondo luogo l’economia dell’intera regione. Il grave tuttavia non è tanto il fatto in sé, quanto piuttosto l’inerzia e l’indifferenza degli organi politici regionali che invece di denunciare il furbetto lo hanno elogiato come uno che “ci sapeva fare”. Te capì?

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