sabato 31 dicembre 2011

Il vero motivo della crisi.

Giornali e tv hanno scritto e parlato di una pluralità di cause che hanno prodotto la crisi pazzesca in cui il paese versa da troppi anni. Ne hanno pensate e dette di tutti i colori. Alcuni hanno riflettuto bene ma hanno concluso male e alla fine non sono stati in grado di sintetizzare le vere cause della crisi italiana. Altri hanno pensato poco e, per motivi ideologici o di schieramento, hanno individuato conseguenze ma non cause. In ogni caso quasi tutti, in modo colpevole, non sono riusciti a individuare la vera causa del male. Gli italiani, come si sa, mancano di cultura pragmatica e non sanno fare riepiloghi unificanti. Sono bravi nelle analisi e nelle scomposizioni ma pessimi nelle sintesi. Questo non significa che non ci sono bravi teorici della politica o bravi giornalisti. Significa piuttosto che non possono individuare il vero movente perché non riescono a comprenderlo. A nostro parere l’Italia ha un solo problema, risolto il quale tutti gli altri problemi sarebbero risolti solo con una questione di tempo. Si permetterebbe così al Paese di poter veleggiare velocemente con il ristretto numero di paesi virtuosi del mondo per realizzare una società invidiata. Qual è questo problema che da solo potrebbe creare le condizioni per risolvere d’incanto la crisi, migliorando in modo consistente l’economia, il rigore, la crescita e l’equità? Semplice. Si chiama elezione di persone giuste in Parlamento. Tutto qui. Dice un saggio proverbio contadino che “chi ben inizia è a metà dell’opera”. E per iniziare bene il lavoro di ricostruzione della società italiana (perché di questo si tratta) è necessario approvare una sola legge, con pochi articoli, scritta non in politichese ma in linguaggio chiaro, scarno, con periodi brevi, senza fronzoli. La legge deve prevedere i casi di ineleggibilità e i requisiti dei soggetti che dovrebbero essere posseduti dai candidati in modo tale da impedire l’elezione dei “soliti ignobili mascalzoni”. Da qui discenderebbero una serie di conseguenze che eviterebbero gli imbrogli, la formazione di cricche, la connivenze tra politica e criminalità, etc. che sono le vere ragioni della crisi italiana. Finora le discussioni in Parlamento sono sempre state di sola polemica tra governo e opposizione perché le persone elette, di qualunque schieramento, si sono prestate a questo gioco. Basta eleggere persone giuste per impedire l’esistenza di soggetti squallidi come quelli che finora hanno rappresentato l’Italia in Parlamento. Mettete le persone giuste al posto giusto e vedrete i cambiamenti. Provare per credere.

mercoledì 28 dicembre 2011

Per favore non fateci rimpiangere Craxi: non lo meritiamo.

(PD+TerzoPolo+PDL) + Presidente della Repubblica = Governo Monti. Sembra essere questa l'equazione che ha risolto il problema della serietà del governo della Repubblica italiana quando ancora manca più di un anno alla fine della legislatura. E poi? Chi ci garantisce che alle prossime elezioni le cose non ritorneranno come prima o più di prima? Abbiamo sentito fare questa analisi a molti commentatori politici e alcuni di questi hanno detto più o meno che era meglio quando si stava peggio. Non siamo d'accordo. Noi non siamo tra quelli che rimpiangono Craxi. Non abbiamo mai avuto paura di dire con chiarezza che non abbiamo sbagliato nulla nel criminalizzare la pratica di partito di Bettino Craxi. L’errore è stato un altro e l’hanno commesso tutti coloro che hanno infierito contro la sua memoria. Ma questa è un’altra storia che non ci riguarda perché noi non abbiamo mai confuso la lotta alle idee politiche, che è contesa culturale, con la lotta al politico nemico e avversario, che è lotta personale. Chiariamo pertanto un fatto: noi non apparteniamo alla cultura di coloro che si sono appropriati del potere con il gioco del comunismo e del socialismo. Vogliamo dire con franchezza che siamo stati, viceversa, tra coloro che hanno considerato giusto e doveroso condannare l’opacità politica e morale del compagno Craxi. Lo abbiamo fatto in buona fede, visto che non abbiamo mai voluto accettare che l’etica venisse messa sotto le scarpe da lui e da tutto il gruppo dirigente socialista del tempo che, lo ricordiamo per i distratti, è diventato poi e lo è tuttora, l'asse portante del berlusconismo catto-leghista. Noi giovani di quel tempo siamo usciti dolorosamente dal PSI di allora perché a un certo punto abbiamo capito quale fosse il gioco immorale del craxismo che si praticava nelle federazioni socialiste a favore della compravendita di voti congressuali e non solo. Nelle federazioni pullulavano più i procacciatori di voti e gli "appaltatori" di favori che normali iscritti che avvertivano l'esigenza di dibattere temi e prospettive politiche di partito. Un sottobosco di professionisti inutili e strapagati che vivevano di politica e che non sapevano fare altro. Questa autentica lobby, in cui primeggiavano per qualità e quantità più i profittatori che gli indifferenti, faceva gli interessi non solo del partito ma anche dei suoi dirigenti. Quando abbiamo capito l’imbroglio che questa teppaglia di piccoli burocrati e di acclamati e applauditi capipartito, che si chiamavano tra di loro con solennità «compagni», stava perpetrando ai danni delle coscienze di tanti giovani ignari militanti della giovanile socialista, ci siamo dimessi dalle cariche e dal partito. Questi sbarazzini, tra i quali ci riconosciamo, avevano aderito negli anni ’60 al credo socialista con spinta ideale e valoriale. Essi non erano a conoscenza del vermicaio di compagni che affollavano le sezioni e che brillando per ipocrisia e cinismo tenevano nella mano scoperta i volantini di partito e nell'altra, nascosta in tasca, le banconote con le quali avevano effettuato la compravendita dei voti congressuali. Noi abbiamo avuto la sfortuna di essere tra coloro che sono stati imbrogliati da Craxi e dai craxiani, perché tutta questa gentaglia che ruotava intorno al potere delle federazioni ci ha rubato in gioventù il fascino dell’etica e la grazia della morale. E’ passato molto tempo da allora ma ricordiamo nitidamente due episodi che ci hanno marchiato a vita la memoria, perché siamo stati testimoni di fatti disonesti che la dicono lunga su chi sono stati Craxi, il craxismo e quella cloaca che fu il sottobosco politico in cui hanno sguazzato bene gli arrivisti di partito di allora e i berlusconiani delle cricche di affari di oggi. Vogliamo ricordare il fatto affinché rimanga traccia dell’accaduto. Nel periodo in cui Craxi prese “confidenza” col potere siamo stati studenti universitari prima e salariati dopo e, alla luce delle politiche conservatrici della DC del tempo, abbiamo creduto bene di aderire al PSI (ma non al PCI) perché ritenuto da noi un partito le cui idee erano centrate sui paradigmi fondanti della libertà, del riformismo e dell'europeismo. A nostro avviso c’era un abisso di differenze tra il PSI e il PCI di allora e noi, nenniani dell’ultima ora, abbiamo seguito con entusiasmo e interesse la politica del partito che fu di Filippo Turati. In realtà sul piano ideologico avremmo dovuto iscriverci al PSDI di Saragat o al PRI di La Malfa, ma un sistema malvagio di condizionamenti psicologici e di fattori pragmatici ce l'hanno impedito. Ci riunivamo nelle sezioni e ci riconoscevamo nella federazione giovanile socialista di cui noi eravamo segretari di una sezione. Militavamo accanto ai dirigenti di sezione e di federazione e imparavamo l’arte di amare la politica riformista. Dopo un decennio di politica giovanile, nel 1976 all'Hotel Midas di Roma, Bettino Craxi diventa Segretario nazionale del Partito Socialista Italiano. Nel 1981 si doveva svolgere a Palermo il 42° Congresso del PSI. Durante i mesi che lo precedettero siamo stati avvicinati da alcuni maggiorenti del partito che ci proposero di scambiare 5000 lire di allora per ogni voto dei giovani che erano iscritti alla sezione. Al nostro stupore per la proposta indecente ci dissero che “così facevano tutti”. Rifiutammo sdegnati la proposta e togliemmo la parola ai miserabili. Ma la querelle non finì a quel punto. Quasi subito dopo, prima del Congresso, fummo nominati Presidente del seggio elettorale della intera sezione nella quale militavamo, col compito di garantire la correttezza delle votazioni. Mezz’ora prima della chiusura del seggio il Segretario della Sezione, insieme al Delegato Provinciale della Federazione, ci chiesero di far comparire nel registro del verbale, a fronte dei 33 votanti effettivi, ben 62 falsi votanti in più sul totale di 103. Ci dissero che questa “circostanza” era di vitale importanza perché avrebbe permesso alla delegazione di congressisti della nostra amata Sezione di ingrossare il proprio pacchetto di voti per aumentare il loro potere di condizionamento e favorire la maggioranza alla elezione del Segretario nazionale al Congresso. Alla nostra netta opposizione fummo rimpiazzati in tronco da altri soggetti. L’indomani inviammo la lettera di dimissioni dal partito. Fu un momento terribile della nostra esistenza che ci segnò per tutta la vita. Non ci iscrivemmo più ad alcun partito e non votammo mai più quel movimento politico che di riformismo, di democrazia e senso di giustizia non aveva proprio nulla da insegnare. Ecco perché consideriamo Craxi il principale responsabile di quel modo di operare. Non che fosse il solo ma certamente fu in buona compagnia con gli altri. Le conseguenze si videro in seguito quando quindici anni dopo la stagione del lungo dopoguerra e della partitocrazia dominatrice, con le inchieste di "Mani pulite", Craxi fu costretto all’esilio in Tunisia perché indagato dalla magistratura per corruzione che ne chiese l’arresto. Se si osserva attentamente la foto in alto, si può tranquillamente affermare che tra i due soggetti c'è stato un vero e proprio passaggio di testimone in politica. Ecco perché siamo sempre stati fieri oppositori di Silvio Berlusconi e del berlusconismo. Ha fatto più male alla Repubblica Italiana la continuità tra i due che una guerra perduta.

venerdì 23 dicembre 2011

«Realismi socialisti». La pittura al servizio della politica.

Roma. Palazzo delle Esposizioni. 11 ottobre 2011 - 8 gennaio 2012. Titolo della mostra: “Realismi socialisti. Grande pittura sovietica 1920-1970. Aleksander Rodčenko”. Avevamo visto in Via Nazionale il titolo di questa mostra. Ci era sembrato non valesse la pena di sciupare tempo e fatica per vederla. Troppo lunga, troppo scontata, troppo discussa, troppo di tutto. Qualcosa però ci aveva colpiti. Quel plurale l’avevamo trovato originale. L’aggettivo “socialisti” è stato molto usato (e abusato) dalla stampa e dalla televisione, ma il sostantivo “realismi” no. Questa voce al plurale era nel nostro immaginario una novità. Così alla prima possibilità abbiamo scelto di andare a vederla. D'altronde di visita a una mostra museale “non è mai morto nessuno” ci siamo detti. Qualcosa di interessante ci sarà. E così abbiamo affrontato due ore e mezza di passeggiata museale per le sette sale della mostra con spirito di servizio. All'interno di ogni galleria abbiamo visto da vicino un numero sufficiente di tele che hanno mostrato una varietà di temi e di approcci formali all'arte di ciascun periodo in cui è stata suddivisa la mostra particolarmente affascinanti. In particolare abbiamo notato soluzioni pittoriche prevedibili nel contenuto ma assolutamente nuove nel metodo con cui gli artisti reagirono alla sfida del Realismo socialista. Ammirevole ed esemplare ci sembrano due aggettivi possibili per definire questa straordinaria mostra della pittura sovietica del ‘900. La realtà ha superato qualunque fantasia. Sono capolavori di pittura veramente interessanti e pregevoli. Colori, soggetti, sfondi, apparenze, sensazioni, sono alcune degli aspetti che ci hanno colpiti in questa mostra. Più di tutti ci ha colpiti "La cerimonia di apertura della Terza Internazionale" (1921-24) di Isaak Brodskij. Da notare il particolare della scena, accanto al cartello in francese, quello in italiano contiene un errore di grammatica. Una considerazione a margine della visita. Diciamo la verità: ci ha impressionati vedere il Realismo Socialista celebrato a Roma, la capitale del fascismo di quel tempo. Chi, in quegli anni, avrebbe mai potuto immaginare che la città eterna sede dell’allora governo Mussolini avrebbe celebrato le opere e gli artisti della potenza che fu invasa dall’esercito italiano ma inesorabilmente battuta?

mercoledì 14 dicembre 2011

Immigrazione e razzismo: il lato oscuro degli italiani.

L’assassinio di due uomini del Senegal a Firenze e l’incendio del campo Rom a Torino mostrano per intero l’enorme responsabilità che pesa sulla testa della politica italiana. L’Italia e gli italiani hanno la grave responsabilità di avere creato le condizioni socio-culturali per permettere al primo balordo di estrema destra l’omicidio in Toscana e alla prima testa calda di effettuare incursioni violente contro i diversi in Piemonte. Tutti i politici, nessuno escluso, sono responsabili della forte penetrazione razzista e xenofoba che si è incuneata nella società italiana da decenni a questa parte. Anno dopo anno il razzismo di estrema destra si è radicato sempre di più prima nelle teste rasate e poi negli elettorati integralisti e violenti (come il calcio) con pericolose ricadute sul tessuto sociale in cui vivono gli italiani. La nostra opinione è che la responsabilità di tutto questo è dei partiti. Nessuno ci toglie dalla testa che essi, principalmente essi, hanno creato le condizioni per il delitto. A furia di far finta che l’Italia e gli italiani fossero immuni dal razzismo lo hanno in verità agevolato. Movimenti estremistici di destra, delinquenti professionisti della violenza e tifosi sovversivi del calcio, da anni hanno fatto "il bello e il cattivo tempo" senza che alcun governo si fosse preoccupato di trovare il modo di colpire con efficacia questi movimenti fascisti e debellarli. Nonostante la nostra Costituzione parli chiaramente di antifascismo e di antirazzismo si è permesso a questi facinorosi di avere finanziamenti, strutture sociali, stampa e anche agevolazioni per la loro sopravvivenza. Noi da sempre abbiamo criticato i movimenti violenti di destra e di sinistra. Pertanto siamo nelle condizioni di essere tra i pochi a poter accusare l’intera classe politica di indegno pilatismo e di sudicia politica buonista che ha, alla fine, agevolato gli assassini e i delitti. Che vergogna! Gravi sono le colpe del centrodestra e di Berlusconi che in diciannove anni da quando calca le scene della politica non ha mai partecipato una sola volta alle manifestazioni del 25 Aprile, lasciando intendere all’estremismo di destra di essere lontano dalla ricorrenza della liberazione e dell’antifascismo. Gravissime sono le colpe della Lega Nord con quel ciarlatano di Umberto Bossi che ha permesso che fecondassero nel suo partito le idee dei Borghezio e di tutti quegli amministratori leghisti che hanno dato seguito alla discriminazione degli immigrati. Gravi sono le colpe del centrosinistra che si è illuso di essere il taumaturgo di turno per debellare con la sua sola presenza sulla scena politica i pericoli del razzismo. Mai è intervenuto concretamente su questa massa di violenti di tutti i tipi che hanno gravitato sempre nell'area della sinistra per far cessare le sfide allo Stato. Con la sua colpevole inerzia ha permesso la degenerazione dei «No-Tav» e dei Centri sociali che sono un pericolo per la democrazia. Gravi sono le colpe della Chiesa cattolica che è sempre stata lontana dalle richieste legittime al potere esecutivo di intervenire concretamente contro tutti i razzismi. Grave è da sempre l'atteggiamento corrosivo di Pannella che fa di tutto per far uscire i delinquenti dalle galere e si permette anche di definire lo Stato italiano il vero colpevole e il vero delinquente. Avrebbe dovuto, viceversa, far costruire più penitenziari per eliminare il male del superaffollamento. Su tutti costoro pesa la gravissima responsabilità di essere loro, e solo loro, i veri colpevoli.

martedì 13 dicembre 2011

Direttori di TG1 e squallore della politica.

Augusto Minzolini non è più il direttore del Tg1. E’ stato rimosso dal Consiglio di amministrazione della Rai. Il resto non ci interessa. Non ci interessa come sia stato rimosso, né con quanti voti sia stato mandato a casa. Ci interessa soltanto che fosse allontanato e al più presto dalla più importante testata giornalistica televisiva italiana perché noi vogliamo che il TG1 ritorni a essere un elemento importante e credibile del giornalismo obiettivo e non fazioso. In verità la sua rimozione ci interessa anche perché ci vergognavamo di vivere in un paese che potesse accettare un settarismo e una partigianeria così estremista. Guardate Mentana a La7. Era un bravo giornalista e nulla di più. Nominato Direttore del suo telegiornale è diventato in pochi mesi il migliore sulla piazza. Autentico, genuino, frizzante, ambizioso, gran lavoratore e, soprattutto, obiettivo. La nomina di Minzolini e la successiva difesa della sua faziosità da parte di Berlusconi ci ha convinti che l’Italia del centro destra è stata, in questo campo, un paese da dittatura fascista. Si è trattato di un vero e proprio squallore politico e culturale e un cattivo esempio di come i politici italiani intendono il giornalismo al servizio della ideologia dei loro partiti, di sinistra e di destra. Altro che BBC. Il caso Minzolini ha avuto un solo merito: quello di avere messo in mostra tutti i limiti della politica dell’informazione e della cultura del centro destra. Una vera sconfitta dei valori del giornalismo serio, del giornalismo alla Montanelli, del giornalismo che ha a cuore la difesa del pluralismo e della obiettività. E per favore diffidate di coloro i quali dicono, da sapientoni, che nel giornalismo non esiste l'obiettività e chiunque ha un prezzo. Non è vero. La ragione è che le notizie le fabbricano gli uomini. E gli uomini si dividono in due categorie: i venduti alla politica (all'ideologia e ai ricchi editori) da una parte e coloro che credono nella imparzialità dall’altra. E nel caso di Minzolini sappiamo benissimo a quale delle due tipologie ha aderito. Ecco perché oggi è un giorno speciale e piacevole da vivere.

sabato 10 dicembre 2011

Euroscetticismo e politica di bottega della Gran Bretagna.

«Il lupo perde il pelo ma non il vizio». E’ un vecchio ma sempre valido proverbio che definisce bene l’atteggiamento cinico tenuto dal Primo ministro inglese David Cameron che col suo testardo no ha bloccato la modifica dei trattati dell’UE all’ultimo vertice tenuto a Bruxelles dai Capi dei 27 governi europei. In pratica il giovane premier inglese, conservatore fino al midollo, ha posto il veto al piano di modifica proposto dalla Commissione e dal tandem Merkel-Sarkozy. Un vero e proprio schiaffo all’unità europea. Su 27 paesi aderenti all’UE ben 26 hanno accettato il piano, con la sola esclusione di Londra. In pratica la sola Gran Bretagna contro tutti. Dunque, il rapporto di collaborazione verso l’unificazione politica dell’UE è stato bruscamente interrotto per l’intransigenza inglese. Non è stata una bella pagina di alta politica quella del Primo ministro inglese. Noi definiamo il gesto inglese come una specie di “schiaffo di Anagni” che nella sostanza mostra per intero la debolezza della GB in quanto fa emergere, una volta per tutte, le reticenze del Regno Unito e fa uscire allo scoperto la loro ambiguità mostrandone definitivamente il vero volto. La Gran Bretagna ha sempre avversato il sogno europeista dei Grandi Capi di Stato europei. Finora era riuscita, con una politica astuta da “furbetti del quartierino”, a nascondere la sua vera natura. Ha sempre finto di voler collaborare al progetto di unificazione politica dei popoli europei mentre, in realtà, Londra è entrata nell’UE per sorvegliare e controllare dal di dentro il processo di integrazione e costruzione dell’Europa. L’arma adoperata dai fautori dell’Union Jack è sempre stata quella volta a spegnere entusiasmo per l’ideale europeo e frenare il sogno unitario degli Stati europei. Adesso il giochino è finito e a rimanere col cerino in mano sono stati loro, gli “splendidi isolazionisti” inglesi che ancora credono nell’utopia del vecchio retaggio colonialista di essere sempre indispensabili nel mondo. Non hanno capito che contro colossi economici come la Cina e l’India e con molti paesi emergenti in grado di creare ricchezza a ritmi insostenibili per le economie europee, l’ultima cosa intelligente da fare è voler correre da soli. Certo, la lingua inglese e il solido legame con gli USA permette loro di avere qualche vantaggio in più degli altri. Ma adesso tutti parlano inglese e alcuni lo fanno meglio degli inglesi stessi, proprio perché manca loro l’accento di Oxford o di Cambridge. A noi la decisione di Londra ci ha colpiti perché la giustificazione che tutti i media inglesi hanno dato è che Cameron col suo no ha fatto gli “interessi inglesi”. Proprio così: il no per gli euroscettici va decisamente letto come l’unica modalità di tutela degli interessi di Sua Maestà britannica. Piccola domanda: ma gli altri 26 paesi, con il loro si, per caso hanno fatto gli interessi contrari verso i propri cittadini? O forse sono stati più stupidi dell’"intelligente" Prime minister conservatore inglese? Gli Angli stanno giocando una pessima partita a pocker, perché rischiano di veder delocalizzare tutte le ricchezze dei 26 Stati, oggi presenti nella City, a migrare nel Continente. Un piccolo esempio? La Borsa di Londra FTSE, com’è noto, con una operazione discutibile fatta dal perverso governo Berlusconi si è appropriata della Borsa di Milano. E se l’Italia adesso uscisse dalla City e si agganciasse a Francoforte che ne direbbero i sapientoni della finanza inglese? Noi auspichiamo che la GB ci ripensi. Se l’euro si salverà (e noi ne siamo più che convinti) saranno dolori per la sterlinetta. Ah! Dimenticavamo. Mentre Londra nella sala conferenze si rifiutava di firmare, isolandosi dal resto d'Europa, in un'altra sala la Croazia ha firmato con entusiasmo il trattato di adesione all'UE diventando il 28mo paese che aderisce all'Unione. A buon intenditor poche parole.

giovedì 8 dicembre 2011

Il “manuale Cencelli” degli scioperi.

CGIL da una parte e CISL e UIL dall’altra hanno deciso di scioperare insieme. Lo faranno nei prossimi giorni, per protestare contro la manovra del governo Monti. Cosa dire dell’evento? A prima vista c’è da rimanere soddisfatti. Avere un sindacalismo unito, che manifesta contro provvedimenti legislativi iniqui e ingiusti è un fatto positivo e sempre auspicabile. Dunque, siamo contenti. Un po’ meno lo diventiamo quando abbiamo saputo che lo sciopero avverrà con il “manuale Cencelli”. Il motivo è che inizialmente CISL e UIL avevano deciso di scioperare solo due ore mentre la CGIL aveva deciso di scioperare quattro ore. Il risultato è che hanno trovato l’intesa sulla media aritmetica, cioè (2+4)/2=3 ore. E’ evidente che questo non inficia il giudizio positivo dato prima, ma certamente rappresenta una pulce nell’orecchio che ci fa capire come il grado di affidabilità di questo sindacalismo che trova l’unione copiando dal pessimo manuale politico della casta è, come minimo, ambiguo. Non entriamo in questo post sulle questioni di merito, chè troveremmo sicuramente ragioni per non essere d'accordo. La diffidenza per le decisioni prese da organizzazioni sindacali screditate da anni di collaborazioni interessate col potere è in questi casi necessaria. Noi pretendiamo equità che spesso è un concetto che non coincide con quella dei sindacati politicizzati fino all'inverosimile, siano essi di sinistra o di destra. Si può avere fiducia in questi sindacati? In passato ne abbiamo viste di tutti i colori e diciamo che entrambe le due figure, governo e sindacato, la fiducia se la devono meritare. C’è comunque una non piccola differenza fra i due soggetti. Mentre il governo Monti è nato da pochi giorni e potrebbe fare bene, anche con provvedimenti pesanti purché sintonizzati sull’equità e l’imparzialità e che deve essere "debole con i poveri" e "forte con i ricchi", i sindacati Cgil, Cisl e Uil (e altre piccole sigle e siglette come l'Ugl) hanno da farsi perdonare un peccato originale. Quello di avere provocato, con la loro politica sindacale lobbistica, tutti i vizi del passato pansindacalismo di Stato, che ha sempre favorito le famigerate pensioni baby. Il risultato è stato una difesa corporativa anche dei mediocri e dei fannulloni a scapito dei dipendenti migliori che avrebbero dovuto incentivare con politiche di merito. La corsa alle prebende degli ultimi anni per aumentare vergognosamente l'ultimo stipendio, che nel sistema retributivo ha regalato, soprattutto alle fasce alte, retribuzioni vantaggiose, torte e prebende a scapito dell'equità, è da considerare una vera e propria vergogna nazionale. E se siamo a questo punto, con le "pezze al sedere", lo dobbiamo anche a loro: ai “cari amici” del sindacalismo della triplice e della destra sindacale. Questo non lo si deve mai dimenticare.

martedì 6 dicembre 2011

Tutti contro tutti, pronti a sfruttare vantaggi per il proprio orticello.

I sindacati CGIL e CISL-UIL si dividono tra loro (come sempre) e fanno sciopero contro il governo Monti. L’Idv di Di Pietro di divide (come sempre) dalla maggioranza e vota contro il governo Monti. La Lega Nord si divide (ancora una volta) dal suo ex alleato Berlusconi e vota contro il governo Monti. L’estrema sinistra (come sempre) si divide dal riformismo del PD e va contro il governo Monti. La Fiat si divide dalla Confindustria e impone un contratto vantaggioso (come sempre) alla sua azienda e va contro i sindacati e i lavoratori. Insomma, tutti si dividono tra di loro per ottenere piccoli vantaggi contingenti e non aiutano il governo Monti a migliorare la manovra con pochi e mirati emendamenti al testo del DL. Nessuno ha fiducia negli altri, tanto che per coprirsi le spalle viene invocato da Berlusconi e Casini il voto di fiducia. Ma così si impedisce la possibilità che il testo possa essere migliorato con pochi ma significativi emendamenti a favore della crescita e per smorzare alcuni effetti iniqui della manovra. Un solo suggerimento. Perché non si aumenta di qualche punto in più il prelievo sui capitali dello scudo fiscale per aumentare la soglia di perequazione delle pensioni più basse fino ad almeno quattro volte il minimo? Fra tutti, però, il più meschino è Di Pietro. Fa l’inflessibile, dimenticando che è colpa sua la scelta di quel tale Scilipoti, nominato in Parlamento proprio da lui, che ha mantenuto in vita il governo Berlusconi per più di un anno.

domenica 4 dicembre 2011

Bollette Acea, prese in giro ed errori a ripetizione.

Abbiamo ricevuto l’ultima bolletta di pagamento che “Acea energia” ci ha inviato, informandoci che è in atto il rinnovamento della veste grafica. Memori del detto romano del Senatore Andreotti, vera icona della romanità, che afferma che “a pensare male ci si azzecca sempre” e arciconvinti di correre il serio rischio di essere presi in giro dalle Aziende comunali romane che spesso “fanno cassa” in modo poco trasparente ci siamo subito preoccupati delle conseguenze. Non per nulla il primo controllo che abbiamo effettuato sulla nostra bolletta è stato il totale da pagare che è risultato, non ne avevamo dubbi, il maggior importo di sempre. Scopriamo così che Acea prevede in questa fase disservizi producendo in noi un aumento del livello di allerta. Scopriamo altresì che la bolletta contiene, nonostante ci sia stato installato un contatore elettronico “superspaziale” a lettura intelligente e automatica del numero di kWh, un valore di consumo superiore al bimestre previsto dal contratto. Abbiamo tentato di decifrare la nuova veste grafica la quale, lungi dal migliorare la leggibilità dei dati, complica ulteriormente lo sforzo di interpretazione dei consumatori. Viene infatti proposto un quadro di dettaglio costituito da una miriade di voci che prevedono il prezzo dell’energia elettrica secondo «fasce orarie», «prezzo di dispacciamento», «componenti di dispacciamento», «componenti di perequazione», «quota potenza», «quota fissa», «quota variabile», «imposta erariale», «quota variabile» e dulcis in fundo «addizionale» degli enti locali. Insomma, si tratta del più terribile ammasso di numeri che mente umana abbia mai potuto ideare che frastornano gli ignari consumatori. A una più attenta lettura dei dati scopriamo che il prospetto consumi non è stato conteggiato come” lettura effettiva” del contatore elettronico-telematico ma con una imprecisata “lettura stimata”. A questo punto il livello di preoccupazione è entrato nella “zona rossa”, come si fa nei rari casi di rischio esplosione di una centrale nucleare. Escludendo la prima parte riassuntiva della bolletta, nel solo quadro di dettaglio - costituito da una serie di tabelle relative alle varie voci su accennate - abbiamo contato ben 74 righe, in caratteri microscopici, ognuna delle quali aventi 9 colonne che portano il totale dei numeri, presenti nelle 74x9 celle della tabella, alla stratosferica cifra di 666 che è, come è noto, un numero satanico! Meno male che noi non siamo superstiziosi, altrimenti ci saremmo trovati nei guai. Ci siamo chiesti e chiediamo ai “capoccioni” degli ingegneri che hanno progettato una simile diavoleria perché hanno fatto questo cambiamento così eccessivamente complesso? Non potevano trovare una formula più semplice? Nella lettera di accompagnamento si asserisce che il “restyling” è stato effettuato per “facilitare” la lettura di tutte le informazioni. Hanno scritto proprio così, usando il verbo facilitare. In realtà hanno conseguito l’obiettivo opposto. Invece di facilitare hanno complicato. Il controllo è un’impresa di difficoltà colossale. In fondo alla lettera di accompagnamento si informano i clienti che per maggiori informazioni c’è la “modulistica” nel sito web dell’azienda. Con la speranza di trovare informazioni più semplici e chiare relative alla legenda ci siamo collegati in rete e grande è stata la sorpresa nell’avere constatato che il “Glossario Acea: per saperne di più”, relativo alla terminologia adoperata nella bolletta, contiene degli errori. Si tratta di errori gravi, inaccettabili, che lasciano trasparire una certa trascuratezza e superficialità nell’uso allegro di termini che in linguaggio scientifico sono, viceversa, rigorosi e severamente disciplinati. In particolare sono presenti gravi errori relativi alle unità di misura che non seguono gli obblighi previsti dalla normativa vigente (leggi dello Stato pubblicate sulla G.U. e terminologia standard del Sistema Internazionale). E’ grave che ingegneri, probabilmente super pagati dall’Acea, non conoscano le norme obbligatorie in materia di unità di misura del SI relative all’uso formale dei simboli delle grandezze fisiche elettriche (e non) previste dall’organo mondiale di controllo metrologico. Ecco alcune perle.
• “Differenza di potenziale elettrico misurato in Volt” [c’è un errore]
• “1 TJ = 1012 Joule” [ci sono due errori]
• “Volt Unità di misura della tensione elettrica” [un errore e una imprecisione]
• “ChiloWatt (kW) Unità di misura pari a mille Watt” [tre errori, di cui uno ripetuto due volte]
• “1 kWh corrisponde a circa 3,6 x 106 Joule” (3,6 MJoule) [tre errori, di cui uno ripetuto due volte]
• “Gigawatt (GW) L’unità di misura pari a un miliardo di Watt (1.000 Megawatts)” [due errori e una imprecisione]
• “109 Joule (1 GJoule) corrispondono a circa 277,7 kWh” [tre errori]
• "Chilovolt (KV)" [due errori]
• "GigaWatt (GW)" [un errore]
• "MegaWatt (MW)" [un errore]
• "MegaVoltAmpere" [un errore ripetuto]
• "Potenza generalmente misurata in cavalli vapore (simbolo CV), Watt (W) o multipli del Watt come il chiloWatt (kW) o il megaWatt (MW)" [quattro errori].
Come si noterà c’è una inconcepibile concentrazione di errori per m2 tale da far rabbrividire qualunque insegnante di matematica e fisica di qualunque scuola media superiore e di Università.
In realtà, ci sono da fare anche osservazioni critiche relative al linguaggio adoperato, che mostra una scarsa capacità di rigore nella terminologia adoperata. Si veda per esempio l’uso improprio del termine “tensione elettrica” laddove si dovrebbe dire sempre, e non alcune volte, “differenza di potenziale elettrico”. Oppure laddove si parla di definizione di unità di misura intesa come “energia elettrica prodotta o consumata[…]” mentre si dovrebbe dire “energia elettrica prodotta o trasformata […]” evitando termini scorretti come “creazione” o “distruzione” perché l’energia di qualunque tipo non si crea né si distrugge ma si trasforma da una forma a un’altra. E così via.
La conclusione è amara, perché qui “al danno si aggiunge la beffa”. Non solo non si spiegano con semplicità i numeri presenti nella bolletta in modo adeguato a un pubblico in generale poco abituato al linguaggio chiuso della scienza ma, addirittura, si propongono glossari contenenti errori macroscopici da segnare con la matita blu. Che fiducia possiamo avere come consumatori in un’Azienda che mostra di non conoscere nemmeno le più banali unità di misura delle grandezze fisiche dalle quali e con le quali “fa cassa” in modo sbalorditivo? Adesso pretendiamo che almeno si correggano gli errori presenti nel glossario in Internet. C’è il serio pericolo che vengano individuati all’estero da veri esperti del settore e che ci facciano le pernacchie come faceva nei suoi film il grande Totò! Sul sito dell'Acea non sono presenti indirizzi di posta elettronica ai quali comunicare suggerimenti per la rimozione degli errori. La blindatura delle pagine web è completa e non aiuta a migliorare la collaborazione. Non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare.

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