domenica 30 agosto 2009

Logica e giornalismo sempre più distanti negli articoli dei direttori dei giornali pro-Berlusconi.

La singolare logica del direttore del Giornale Vittorio Feltri, in relazione alla polemica giornalistica nata da un suo articolo scritto contro il suo collega direttore del giornale cattolico l’Avvenire, merita un commento. Infatti, a nostro avviso, il suo duro articolo non calza né con la logica, né con il buon senso. Ecco perché ci permettiamo di criticare il Sig. Feltri, un abile professionista della polemica e nulla più. Abbiamo letto l’articolo di Feltri e siamo rimasti di stucco per il modo di ragionare dell’aggressivo neo-direttore del Giornale. Siamo dell’opinione che egli vive di polemiche e riesce bene a portarle all’estremo limite, con una prosa sorprendente nel merito e nel metodo. A noi questo genere di giornalismo non piace. Peccato poi che il suo modo di comunicare idee e concetti presenta delle “stonature” sul piano della Logica che, com’è noto, non è una disciplina politica (dove Feltri può eccellere) ma è Matematica pura, in cui il combattente ardimentoso Feltri a quanto pare difetta. Vediamo di dimostrarlo. Ecco il suo ragionamento. Dopo avere accusato il direttore dell’Avvenire di avere avuto una relazione omosessuale con un altro uomo, Feltri afferma che Boffo “non ha smentito una riga di quanto scritto; già, non poteva farlo, perché la notizia che lo riguarda è vera, e purtroppo per lui non è una sciocchezza irrilevante. Detto questo, nessuno, tantomeno al Giornale, si sarebbe occupato di una cosa simile se lui, il Principe dei moralisti, non avesse fatto certe prediche dal pulpito del foglio CEI per condannare le presunte dissolutezze del Cavaliere. Adesso i cittadini sanno che il lapidatore non ha le carte in regola per lapidare alcuno”.
Dunque, secondo Feltri il Direttore dell’Avvenire non ha le carte in regola per scrivere articoli contro Berlusconi. In altre parole, siccome egli ha avuto noie con la giustizia, per questo fatto perde il diritto di fare il giornalista. Vale a dire, secondo Feltri, che chi ha avuto un problema giudiziario perde il diritto giornalistico di essere preso in considerazione e, soprattutto, deve stare zitto perché non può da quel pulpito criticare il Presidente del Consiglio Berlusconi. Te capì? Feltri ci ricorda il ritornello della canzone che dice “No, tu no! E perché? Perché no”. Singolare ragionamento quello di Feltri che, se portato alle estreme conseguenze, alla fine afferma che ciò che conta nel giornalismo non è il contenuto di un articolo ma la fedina penale di chi scrive. Se ci si permette un parallelo è come dire che siccome Galileo ha avuto noie con il Tribunale dell’Inquisizione per questo fatto le cose che ha scritto nelle sue opere non hanno valore e, soprattutto, Galileo dopo la sentenza di condanna non avrebbe dovuto più sostenere le sue idee relative al metodo scientifico e al sistema copernicano, perché aveva perduto la sua “verginità” di scienziato. Ammazza che fior fiore di ragionamento. Sappiamo come è finita la storia di Galileo in cui dopo quattrocento anni un Papa polacco dovette chiedere scusa dopo che la Chiesa Cattolica si è coperta di ridicolo per quella sentenza. Un’ultima chiosa. Ma come fa Feltri a conoscere vita, morte e miracoli dei destinatari delle sue polemiche? Per caso ha al suo servizio il fior fiore degli investigatori privati e, forse anche, qualche soggetto dei servizi deviati che gli passano le notizie riservate? E questo sarebbe giornalismo serio? Ma mi faccia il piacere avrebbe detto Totò. Il fatto è che dopo gli scandali berlusconiani di questi ultimi mesi, nel mondo del giornalismo italiano tutti hanno perduto la testa. Dal momento in cui Berlusconi ha forzatamente introdotto nel paese un regime sciagurato al suo servizio, al Gruppo Repubblica-Espresso non è rimasta altra strada che insistere sulle “debolezze” del Cavaliere, preso atto che c’è stato un attacco alla libertà dell’informazione portato dalla stampa e dalle televisioni del Premier, compresa la pilatesca RAI che è diventata la pessima fotocopia dei programmi televisivi di Mediaset. Noi pensiamo che la Chiesa Cattolica si sia svegliata tardi per protestare contro lo strapotere berlusconiano e adesso paga pegno perché si è messa contro tutti i lacchè del regime, soprattutto quello della carta stampata che ha nel Giornale di Paolo Berlusconi il suo massimo guerrafondaio.

sabato 29 agosto 2009

Berlusconi attacca gli ultimi avversari rimasti in Italia a contrastarlo.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha denunciato il giornale La Repubblica per diffamazione, chiedendo un milione di euro di risarcimento. Questa la notizia di oggi e passiamo alle nostre opinioni. La decisione di Berlusconi di denunciare alla magistratura il giornale del suo più acerrimo nemico, cioè il gruppo mediatico L’Espresso, è non solo insolita, ma a nostro giudizio inopportuna e calcolata male, perché costituisce un potenziale autogol di cui lo stesso Berlusconi potrebbe pentirsene amaramente. La ragione è duplice. In primo luogo non si è mai visto in tutto il mondo un Capo di governo di un paese democratico che denuncia un giornale perchè gli pone delle domande scabrose alle quali finora non ha mai risposto. In pratica Berlusconi, con questa insensata azione, si è già screditato da se. Ma non finisce qui, perchè se la magistratura non gli riconoscerà le ragioni del suo gesto potrebbe addirittura condannare lui al pagamento di una penale per aver portato in tribunale un, si fa per dire, innocente. Al danno si aggiungerebbe, a questo punto, anche la beffa. A nostro sindacabile giudizio il Presidente del Consiglio non dovrebbe vincere e noi speriamo che la sua sconfinata presunzione sia giustamente punita per avere osato con la sua corte di azzeccagarbugli, a cui ha regalato anche e in modo vergognoso un seggio in Parlamento, di chiudere la bocca all'unico soggetto che in Italia ha avuto il coraggio di resistergli. Il pericolo del berlusconismo consiste nel fatto che al suo intollerabile egocentrismo Berlusconi aggiunge la sua idea di volere diventare a tutti i costi il nuovo Re d'Italia con un potere fuori di ogni limite. Ma durerà? Noi, a causa del suo colossale conflitto di interesse e per la sua condotta morale, crediamo che quando sarà sconfitto lo sarà per sempre. Montanelli docet!

mercoledì 26 agosto 2009

Il mio ventitreesimo viaggio nell’UE: Bucarest.

Bucureşti (26 Agosto - 28 Agosto 2009)

Bucarest, in rumeno Bucureşti, dal nome del pastore di origine albanese Bucur, è la mia ventitreesima tappa del progetto "visita delle 27 capitali dell'UE".Il viaggio è durato poco, appena due notti e tre giorni ma intenso e piacevole. Bucarest è una tappa importante di questo programma. E' una capitale popolata da più di due milioni di persone e presenta alcuni aspetti originali per un viaggio che è tutto da scoprire.Alla stessa maniera di Sofia, la bella capitale rumena ha la prerogativa di rappresentare la perdita di un mito, quello della caduta di un regime comunista spietato e assoluto. Ma è anche la città della bella architettura francese (la petit Paris) e di una buona cucina, con ottimi vini e una prospettiva futura largamente positiva e ottimistica di sviluppo economico e di consolidamento democratico delle sue giovani istituzioni democratiche.Tuttavia, è bene che io dichiari subito, in anticipo, quello che penso. E’ inutile cioè che io tenti di nascondere la realtà delle cose che riguardano questa e le altre visite alle città europee che mi rimangono ancora da effettuare. Non servirebbe a nulla. Questi miei ultimi viaggi, cioè i viaggi oltre il ventesimo, sono i meno appetibili dell’intero progetto di visita alle ventisette capitali dell’Unione Europea. Non è possibile nascondere a nessuno, e men che mai a me stesso, che almeno dal punto di vista dei luoghi comuni le prime capitali visitate non potevano non essere che quelle che in genere colpiscono di più l’immaginario del turista "quadratico medio", come mi piace definire un tipo medio di turista viaggiatore, come me. In ordine, parlo di Londra, Parigi, Berlino, Madrid e, successivamente, tutte le altre capitali a cominciare dalla più a ovest, ovvero Lisbona, alla più ad est cioè Nicosia. Non so se le quattro capitali più importanti dell'UE sono quelle che ho elencato prima perché rappresentano le quattro nazioni più importanti d'Europa oppure perché presentano effettivamente una dote di interessi per il turista veramente più consistente delle altre. Che nel nostro subconscio esista una graduatoria dell'interesse turistico relativo alle capitali europee è cosa ovvia e scontata. Quello che è meno scontato è che in genere, dopo aver fatto visita a tutte le capitali, si scopre che la graduatoria finale è diversa da quella che avevamo in mente prima dei viaggi. Come si suol dire in questi casi l'esperienza cambia la percezione delle cose. E spesso si è contenti delle novità. Si dice in questi casi: "chi l'avrebbe mai detto". Dunque, se è vero che alcune capitali indubbiamente sprigionano un fascino tutto particolare, altre il fascino lo scoprono in ritardo o in forme diverse. D'altronde, era nell’ordine delle cose avere alla fine le capitali più piccole e "meno" desiderate, senza assolutamente togliere nulla al fatto che comunque la visita a queste belle "piccole" città europee è stata per me più che suggestiva e interessante. E’ ovvio che andare a Sofia non è come andare a Parigi. Così come andare a Vienna non è come andare a Nicosia. Le due città, Sofia e Parigi, belle nella loro profonda diversità, appaiono completamente differenti nell’idea di tappa turistica e Parigi ovviamente tra le due vince, perché offre di più. Ma questo non toglie nulla al fatto che l’Unione Europea è tutte le capitali e non solo le più richieste alla borsa del turismo. Senza togliere nulla, mi sento di dire che Ljubliana è meno interessante di Berlino. Tuttavia Ljubliana è Lubljiana, perché possiede un suo fascino particolare e originale. Lo stesso dicasi per Bucarest, città che osservata senza gli stereotipi conosciuti, oltre a un suo modo unico e irripetibile di apparire al turista, manifesta la piacevole consapevolezza della propria identità. Bucarest, dunque, è il mio 23° viaggio. Siamo quasi arrivati alla fine del progetto e, pertanto, le ultime visite diventano sempre più mete fuori dei circuiti più conosciuti dei tour europei. Dalla mia lista iniziale ho già eliminato in ordine Roma, Amsterdam, Londra, Parigi, Madrid, Lisbona, Vienna, Berlino, Budapest, Varsavia, Praga, Atene, Stoccolma, Copenhagen, Helsinki, Dublino, Tallin, Riga, Nicosia, La Valletta, Lubiana e Sofia, cioè ventidue capitali delle ventisette da visitare. E con l'approssimarsi dell'ultima, la meravigliosa e importante Bruxelles, lasciata volontariamente per ultima perché rappresenta, nell'immaginario di noi europei, la "capitale" per antonomasia dell'Unione Europea, stanno aumentando le difficoltà per raggiungere le destinazioni di queste ultime mete di viaggio. Per esempio Bratislava, Vilnius e Città del Lussemburgo sono città quasi irraggiungibili direttamente da Roma, perché o non esistono collegamenti aerei diretti, oppure perché a viaggiare per queste due città ci sono solo voli low cost con disagi nei tempi e nei luoghi di collegamento. E a me non piace volare con le compagnie che fanno pagare il trasporto aereo poco, troppo poco. Nella mia filosofia del viaggio, tutte e ventisette le capitali mi appaiono nella loro splendente complementarità, come la famosa dualità della materia e dell’onda scoperta dal fisico francese De Broglie agli inizi del secolo scorso o, se si vuole, come la straordinaria dualità delle due facce di una medaglia: non ci può essere testa senza croce e viceversa. Considero questo paragone calzante alla perfezione. L'Europa non è, e non sarà mai un paese come gli Stati Uniti d'America. Noi non abbiamo nè una lingua comune, nè un sistema politico unico. Non abbiamo neanche un esercito comune. La vera Europa ancora non esiste ma già è molto quello che abbiamo realizzato. E in ogni caso siamo un'Unione di tanti Stati, con tante diversità che sono un valore aggiunto. Ritornando alle differenze tra le capitali posso dire che non è opportuno parlare solo di Parigi e Londra quando esistono e sono presenti, nella loro dimensione più intima e familiare, molte altre "piccole" capitali altrettanto belle e interessanti, come per esempio Tallin o La Valletta. E poi, anche le capitali lasciate per ultimo, alla fine manifestano un fascino tutto particolare, coinvolgente, con quadri di vita pieni di attrattive da vedere e di visite da effettuare. Ma ritorniamo a Bucarest. La prima cosa che mi viene in mente quando penso a Bucarest è l’ex Segretario generale comunista Ceausescu e la sua consorte Elena. Per chi ha vissuto l’esperienza del dopo seconda guerra mondiale, cioè dell’Europa divisa a metà tra paesi occidentali e paesi orientali di oltre-cortina, Bucarest fece parte del comunismo più feroce, il meno interessante e per giunta il più duro degli ex- regimi comunisti, senza nulla togliere a altri paesi come la ex-DDR tanto per citarne un altro che non scherzava. Certo, adesso, dopo la caduta del muro non è più così. Ma i pregiudizi sono duri a morire. Da questo viaggio mi aspetto, pertanto, di vedere una città alla quale sono interessato più per le diversità di com’era che per le novità di com’è. Per carità, niente idee preconfezionate e massima apertura alla realtà osservabile. Questa è la premessa alla mia ventitreesima tappa nelle capitali dell’UE. Il viaggio a Bucarest inizia molto prima di arrivare all’aeroporto Henri Coanda della bella capitale romena. Quando? Dipende. Joshua Piven e David Borgenicht nel loro piacevole libretto dal titolo Nel peggiore dei casi. Manuale di sopravvivenza: viaggi affermano che "il viaggio comincia non appena metti il naso fuori di casa, sia che stia andando giù in città, sia che tu stia per attraversare l'equatore". In ogni caso è difficile decidere con precisione quando è il vero momento in cui si parte. La partenza è quando si lascia casa per dirigersi all’aeroporto o quando si mette piede per la prima volta sul suolo, all’arrivo, nella città di destinazione del viaggio? Paolo Cagnan nel suo piacevole libretto di viaggio, dal titolo Con tutti i posti che ci sono... dice che: "ogni viaggiatore indipendente ha le sue fissazioni". E' vero. Io ne ho più di una, che mi prendono tutte le volte che devo partire. Mi sento di appartenere alla categoria dei viaggiatori cosiddetti programmatori perfezionisti, nel senso che sono l’autore in toto del programma di viaggio nei suoi minimi dettagli. Scelgo con cura i particolari e definisco con largo anticipo tutto ciò che riguarda il viaggio. E poi, diciamolo pure, non esiste una norma internazionale, codificata e riconosciuta universalmente, che decide per tutti e in modo standard, quando e dove inizia con certezza un viaggio e quando termina. Anzi, mi sento autorizzato a dire che il viaggio inizia quando pare e piace al viaggiatore. E se cambia la tipologia di viaggiatore è ovvio che cambia l’orario o il tempo di inizio del viaggio. Cagnan, nello stesso libretto di prima, dice a questo proposito che : "la parte più bella di un viaggio è la sua pianificazione". E non c'è esercizio più interessante che pianificare il proprio viaggio. Dal conoscere i luoghi nei quali si arriverà al prendere nota del minimo che si deve vedere. Vuoi mettere il piacere di arrivare all'aeroporto di Bucarest e, invece di lottare con i soliti tassisti che ti vogliono a tutti i costi portare con la loro macchina nel centro, tu con sicurezza li eviti e prendi quell'autobus preciso che ti porta alla stazione ferroviaria da dove con un altro autobus arrivi a cinquanta metri dal tuo albergo avendo pagato in tutto solo 1,50 €? Vuoi mettere il sottile piacere di collegarti in internet per tempo con l'azienda trasporti della città da visitare e studi il percorso, le fermate, le distanze e i tempi i percorrenza degli autobus che ti interessano? Per me questo modo di programmare il viaggio non ha prezzo. Altro che comodità del taxi o viaggi organizzati! Per le scoperte e le originalità del viaggio ci penserò dopo, all'arrivo, e soprattutto senza patemi d'animo. Come dice Andrea Bocconi, nel suo piacevole libro Viaggiare e non partire, “si può viaggiare in tanti modi: c’è chi viaggia sempre e non parte mai; c’è chi parte e va lontano senza bisogno di viaggiare; c’è chi parte e viaggia e chi non parte e non viaggia”. Completa e stuzzicante questa come definizione del tipo di viaggiatore. Cosa vuol dire? Che ognuno viaggia come gli pare e piace, per diletto, per scelta o per costrizione. Dunque, "quando partire" è una decisione individuale. Io, per esempio, parto molto prima di prendere un mezzo di trasporto. Addirittura mi sento di partire qualche mese prima, quando inizio a leggere qualche manuale di viaggio e studiare i dettagli del viaggio, oppure quando inizio a fare la valigia il giorno prima e metto in pratica la difficile arte del cosiddetto packing and travelling. Dunque, il viaggio per Bucarest inizia, a mio modo di concepire un viaggio, molto prima di essere arrivato a destinazione. Perché? Per il semplice motivo che si impara ad apprezzare il viaggio tappa dopo tappa, sbagliando e verosimilmente arricchendo l’intera serie di accorgimenti e di tecniche che rendono piacevole ed eccitante il viaggiare. Come molti, ho anch’io il mio "protocollo" di viaggio che osservo scrupolosamente ogni volta che inizio un viaggio. Lo chiamo “memorandum partenza per l’estero” e contiene tutte le regole che, viaggio dopo viaggio, con puntualità e minuziosità, scandiscono i miei tempi relativi alla partenza. Inizio con l’iscrivermi al sito web www.dovesiamonelmondo.it . Si continua con la localizzazione, all’interno della valigia, del posto più adatto per tutti gli elementi del viaggio. A questo link l’elenco personalissimo del mio modo di fare la valigia.Si parte. E' ancora buio quando salgo a Roma sull'autobus che mi porterà alla stazione ferroviaria Ostiense di Roma per prendere il treno per l'aeroporto di Fiumicino. L'aereo per Bucarest parte nella prima mattinata e non voglio correre il rischio di perderlo. Sono sempre puntuale e spesso sono in anticipo sui tempi programmati. Ho sempre paura di perdere l'aereo e se lo perdessi perderei tutto: "effetto domino" lo chiama qualcuno. D'altronde a Roma può succedere di tutto. Un inaspettato blocco della linea ferroviaria per i motivi più strani e imprevedibili, oppure un più probabile, improvviso e inatteso sciopero dei macchinisti o per altre mille ragioni. Così alle sei del mattino, all'alba di una giornata già calda senza il sole mi trovo, unico passeggero, a fare compagnia a un non loquace, forse è meglio dire scorbutico, conducente. Non c'è nessuno in strada. Timbro il biglietto alla macchinetta obliteratrice e mi siedo al primo posto che trovo pensando come sarà questo mio ennesimo viaggio nel continente europeo.
Nonostante la mia esperienza di viaggiatore ormai più che decennale, ogni volta che parto avverto sempre un po' di piacevole ansia, dovuta contemporaneamente all'idea del partire come allontanamento dalle certezze dell'ambiente in cui normalmente vivo e come avvicinamento alle incertezze del nuovo che troverò nella "sconosciuta" destinazione. Ma dura poco, solo per l'inizio del viaggio. Basta mettere piede sul suolo di destinazione e l'ansia scompare. Mi rendo conto che parlare di insicurezza in un viaggio europeo, in una capitale europea, nell'anno 2009, sembra troppo, addirittura mi sembra una provocazione, ma la destinazione rumena come meta turistica viene dipinta da molti siti web che ho consultato in internet come una delle più insicure, non foss'altro che per i cani randagi che circolano nelle strade della capitale. Dico subito che in tre giorni di vita trascorsi nella bella città del fiume Dâmboviţa, di cani ne ho visti pochissimi e per giunta mi sono sembrati più che addomesticati. Potenza delle notizie incontrollate sul web. A me Bucarest è sembrata una città più che sicura. Ma ritorniamo alla partenza che a mio giudizio fa parte integrante del "viaggio". La corsa dell'autobus è stata effettuata quasi sempre senza fermate. Tranne un immigrato di colore seduto dietro di me e salito dopo poche fermate, sull'autobus non ci sono altri passeggeri. Il mezzo si è mosso sempre velocemente nelle strade di una capitale senza traffico, che definirei come insolita, scorrevole e piacevole. All'approssimarsi della fermata prevista mi sposto vicino all'unico passeggero, credo, africano, il quale mi osserva un po' e con uno sguardo rassegnato mi dice che lui si sente stanco e sfiduciato. Colpito dalle sue parole gli chiedo il perché. Il poveretto, in un buon italiano, mi confida che ha dormito appena due ore, che vive con padre, madre, moglie e due figli e che non ce la fa più a provvedere alle esigenze economiche e di vita della sua famiglia. Si vede benissimo che è assonnato, stanco e sfiduciato. Traspare con evidenza che ha bisogno di aiuto, ma con grande dignità non mi chiede soldi. Capisco la delicatezza del momento e lo rincuoro dicendogli che non deve mollare, che la vita in Italia è difficile per tutti, specialmente se si è immigrati ma che deve insistere a percorrere la sua strada e che deve tenere duro perché se molla adesso ne va di mezzo il futuro dei suoi cari, che meritano invece di vivere nel migliore dei modi. "Lo faccia per loro" gli dico e non si fidi di questo paese che è diventato un paese difficile e ingiusto, sempre più estraneo ai valori della solidarietà e della tolleranza. Nel frattempo sono arrivato alla fermata. Gli auguro buona fortuna e mi accingo a scendere. Lo vedo sorridere. Mi ringrazia ripetutamente e mi aiuta a prendere la valigia, salutandomi con trasporto e gratitudine. Gli dico ciao. Forse ho fatto una buona azione e sono contento che la mia giornata sia iniziata così.Dalla via Ostiense prendo la salita verso la stazione ferroviaria di Roma-Ostiense che si vede in fondo nella foto. Sono all'estremità di Piazza dei Partigiani e questa è la solita strada che faccio tutte le volte che vado all'aeroporto di Fiumicino. A quest'ora insolita, è piacevole camminare. Il mio ventitreesimo viaggio nell'Unione Europea inizia come al solito con la partenza dal binario 12 della stessa Stazione ferroviaria di Roma Ostiense il giorno 26 agosto 2009, alle ore 06.38. Compro all'edicola due biglietti: uno per l'andata e l'altro per il ritorno, non si sa mai. Meglio averlo già in tasca all'ora del ritorno. Non vorrei perdere il treno per tornare a casa nel caso ci fossero file alla biglietteria.Il prezzo del biglietto per l'aeroporto di Fiumicino è rimasto lo stesso da qualche anno ed è di 5,50 €. Per i prezzi romani è un ottimo prezzo. Soprattutto poi perché mi evita di prendere un taxi che, ne sono sicuro, mi rovinerebbe la giornata. I tassisti romani finché posso li evito. Ne va di mezzo l'umore, la tasca e forse anche la salute. Si litiga sempre con loro perché cercano spesso di ottenere il massimo con il minimo.La scala mobile che porta al binario 12 è rotta e, dunque, devo trasportare di peso la valigia. Cose romane. Ci sono poche persone sulla banchina ad aspettare il treno. Arrivo all’aeroporto di Fiumicino. Scendo dal treno e imbocco il tunnel per andare al Terminal C dell'aerostazione. Il percorso è lungo perché il cancello d'entrata è il 45. Sono piacevolmente in anticipo. Mi aspetta un aereo Alitalia, volo AZ494, prenotato in internet con biglietto elettronico ML3JT5 e partenza alle 09.30 per Bucarest Coanda e arrivo previsto alle 12.45. Il volo di ritorno l'ho prenotato con lo stesso sistema, ed è da Bucarest a Roma Fiumicino il 28 agosto 2009, alle ore 13.35 ora locale, col volo AZ495 e arrivo a Roma alle ore 14.55. Il viaggio di andata e ritorno costa 118,49 €, che è una tariffa più che accettabile per un volo di andata e ritorno tra due capitali europee. C'è ressa e molta folla al cancello d'entrata. Ci sono molti viaggiatori rumorosi che telefonano ripetutamente e mangiano panini. L'ambiente è freddo per i molti condizionatori d'aria in funzione che fanno rumore.Rapide formalità al chek-in e con abbondanti venti minuti di ritardo, alle 09.50 l'aereo si libera in volo con me seduto vicino al finestrino. Il viaggio è ottimo e il comandante ci informa che cercherà di recuperare il ritardo accumulato fino a quel momento. Davanti a me quattro obesi viaggiatori napoletani chiacchierano ad alta voce, ridendo in modo sconveniente. Mi immergo nella lettura del quotidiano sperando che il tempo trascorra velocemente. Il mio compagno di viaggio si mostra molto chiuso e taciturno. Dall'alto, sul territorio rumeno in prossimità di Bucarest, il paesaggio diventa piacevole perché l'atterraggio è imminente. La foto sotto si riferisce ad alcuni minuti prima di toccare il suolo. All'aeroporto Henri Coanda di Bucarest la prima cosa che noto è l'aggressività dei tassisti indigeni (come a Roma) che fiutando la mia presenza di turista mi inseguono per cercare di ... spennarmi come un pollo. Non ci sto al gioco e faccio finta di nulla e non appena vedo un taxi autorizzato della compagnia Cristaxi lo prendo al volo preferendolo agli altri. Nelle guide di viaggio di Bucarest si consiglia i turisti di non fidarsi dei tassisti privati e ricordano che la Cristaxi è una delle poche compagnie certificate in grado di assicurare correttezza nelle tariffe. ln auto mi accordo con il conducente per la cifra di 1.59 lei/km. Non si sa mai. Il percorso misura 17 km e la strada è sgombra fino al francesissimo Arc de Trionf di Bucarest. Nella parte finale del percorso ci sono imbottigliamenti del traffico per i molti lavori stradali. C'è caldo ed io osservo le case e l'architettura circostante. Mi viene in mente l'incipit del bellissimo libro di Flavia Capitani ed Emanuele Coen dal titolo A EST con i nomi di cinque capitali tra cui Bucarest.In questo agile e interessante volumetto si legge: "Il taxi sobbalza ogni cinque metri ma Vasile non ci fa neanche caso. Tra una parola di italiano e due di inglese, continua a raccontare come Bucarest stia cambiando ogni giorno sotto i suoi occhi. La strada che collega l'aeroporto al centro della città è un cantiere continuo, una lunga linea diritta spezzata da file di auto più o meno sgangherate e Tir stracarichi di materiali per costruzioni. Impressionante, qui dopo il Duemila tutto è impazzito dice il tassista.[...]" Bene. In pratica la stessa cosa è successa a me durante il viaggio dall'aeroporto verso il centro. L'unica differenza è che io durante il viaggio non ho quasi aperto bocca perché ero troppo intento a osservare quanto i miei occhi potessero vedere in quei momenti e confrontarlo con ciò che hanno scritto gli autori del libro su Bucarest. Nessuna differenza, o quasi, dissi tra me. Bucarest continua ad essere un cantiere, con buone prospettive di sviluppo economico. Tale e quale gli altri paesi dell'est che sono entrati nell'UE nell'ultima carrellata di ben dieci nazioni in un solo colpo. A ben pensarci la decisione di Bruxelles di far entrare tutte queste nazioni è stata saggia e lungimirante. Siamo europei e viviamo nello stesso continente. Dunque, tutte le politiche volte all'integrazione e alla collaborazione tra i paesi dell'Unione è positiva e io la vedo bene. Siamo quasi arrivati. La corsa mi costa 32 lei, cioè approssimativamente otto euro. Penso di avere fatto bene a evitare il bus: sarei arrivato in hotel molto tardi.Arrivo all’albergo in Piata Revolutiei, ovvero in Piazza della Rivoluzione alle 14.00 ora locale, che in realtà sono le 13.00 ora italiana. ll fuso orario di Bucarest è un'ora avanti di quello di Roma. L’hotel si chiama Athénée Palace Hilton e si trova in via Episcopiei,1-3, vicinissimo al Palazzo della Rivoluzione, dove fu arrestato Ceausescu. E' un buon albergo con una ottima posizione. La via Episcopiei è la strada che collega trasversalmente le due principali strade di Bucarest e cioè Calea Victoriei e Bulevard Magneru che proseguendo prende il nome di Bulevard Nicolae Balcescu. A fianco la camera da me occupata per le due notti. E' una bella camera, finemente arredata, ampia e spaziosa, con vista panoramica su Piazza della Rivoluzione. Alla reception la gentile impiegata ha accettato di darmi la camera 346 al terzo piano. A sinistra la foto dell'albergo. Dalla finestra della camera a sinistra si vede il Palazzo della Rivoluzione mentre a destra la bella sagoma dell'Ateneu Român dove si tengono i concerti di musica classica. Nella tre giorni di Bucarest l'Ateneu è stato sede di una mostra in memoria del grande compositore rumeno Adrian Edescu. Il suo nome mi ricorda una serie di balletti aventi come maestro di ballo la brava Liliana Cosi. Ricordo che Adrian Edescu è nato proprio a Bucarest e quindi è un vero bucuresteno, nome rumeno di abitanti di Bucarest. Arrivato in camera, faccio una doccia ristoratrice e provo l'adattatore elettrico a due pioli per caricare la batteria del palmare. E' l'unico dispositivo veramente universale che permette di accoppiare la presa elettrica presente in molti alberghi dei paesi europei con quella italiana dei miei utilizzatori elettronici di viaggio. Mi cambio velocemente e subito dopo sono in strada ad assaporare il piacere della "prima volta" a Bucarest. Mi succede sempre così in tutte le capitali dopo essere arrivato in albergo. A differenza di Sofia dove mi trovavo a 42° 43' di latitudine nord e 23° 20' di longitudine est, qui a Bucarest sono a 44° 33' di latitudine nord e 26° 10' di longitudine est. La differenza si restringe a pochi gradi verso Nord-Est. Qui il tempo è spostato di un'ora in anticipo rispetto al fuso orario di Roma. Decido di visitare la hall dell'albergo al rientro pomeridiano. Esco in strada nella Piazza della Rivoluzione e non ho che da scegliere la mia prima passeggiata. Decido di percorrere Calea Victoriei verso sud per trovare un ristorante e mangiare qualcosa. Sapevo di un ristorante dal nome strano, chiamato Caru' cu bere, in grado di offrire pietanze locali. Si trova nella Strada Stabropoleos e mi incammino verso di esso osservando le prime cose che vedo davanti a me. Il mio primo giro per la città avviene ad un orario poco adeguato.Sono le due del pomeriggio, il sole onnipresente in cielo fa sentire la sua presenza con un caldo afoso e lo stomaco, a digiuno ormai da troppe ore, fa sentire l'esigenza di inghiottire qualche boccone di cibo, magari con qualche buon bicchiere di birra fresca. Decido subito di prendere due piccioni con una fava. A circa mezzo chilometro di distanza, in fondo a Calea Victoria c'è questo ristorantino che fornisce piatti della cucina locale. Mi metto di buon passo per raggiungerlo e nel frattempo osservo le strade e i palazzi. Avverto nell'aria qualcosa di strano. E' come se in quelle strade io ci abbia abitato per anni e adesso, dopo molto tempo, sia ritornato a vedere ciò che avevo lasciato molti anni fa. Che strana sensazione. Mi è già successo altre volte in altri luoghi e ho sempre interpretato il fatto come una specie di ricordo di immagini confuse viste in qualche film. Devo dire che non mi sono mai preoccupato di questi pensieri e anche qui il fatto lo vedo come una sensazione e basta. Ma a pensarci bene, visto che molte parti di Bucarest mostrano una eccellente architettura di tipo francese. E' probabile che l'influenza parigina abbia lasciato il segno nel condizionarmi nei ricordi di strade e palazzi di altri tempi visti in altri posti. In Calea Victoria il sole colpisce il marciapiede di sinistra muovendomi verso sud. Faccio diversi tentativi di attraversare la strada per passare sul marciapiedi di destra. Le macchine non si fermano e di strisce pedonali sulla strada non se ne vedono. L'ombra mi attira sempre più e a costo di qualche rischio alla fine riesco ad attraversare la strada. Adesso nell'ombra cammino meglio, senza sudare. Com'è diversa la sensazione che ho provato adesso da quella provata nel mese di luglio di qualche anno fa quando arrivato a Stoccolma sono uscito dall'albergo per farmi la prima passeggiata. Là un freddo pazzesco, qui un caldo infernale. Là non più di 3°C con un vento boreale, qui non meno di 35 °C con una calura nordafricana. Le stagioni ormai sono sempre più estremizzate: troppo caldo e troppo freddo nella stessa stagione a diverse latitudini. E poi dicono che la latitudine non è importante nel giustificare la diversità dei tratti del carattere delle persone. Voi credete che un cittadino di Stoccolma se venisse ad abitare nella città di Catania sarebbe un introverso? Non credo proprio. Dopo qualche anno di vita siciliana sarebbe forzato a modificare qualcosa in ordine al proprio carattere. Mentre faccio questi ragionamenti vengo colpito dal fatto che non vedo accattoni, nè mendicanti per le strade. Eppure tutti i giornali e le guide di viaggio ne parlano come di una caratteristica riconosciuta della capitale. L'osservazione mi colpisce perché avevo letto nel sito di Virtual Tourist che a Bucarest brulicavano orde di ragazzini sbandati e di cani randagi abbandonati. Invece, vedo pochissimi cani e ancor più rari ragazzi per le strade della città. Anzi, non vedo nessun rom nè alcun assembramento di zingari. Come mai mi chiedo? Mi convinco sempre più che spesso la stampa presenta articoli non veritieri e completamente diversi dalla realtà. Sarà per superficialità sarà per pregiudizio fatto sta che le cose che ho visto io sono differenti. E me ne rallegro. Guardando con attenzione la gente, le strade ampie e ben tenute del centro non si nota alcuna differenza tra Bucarest e qualsivoglia altra città europea. Certo la Madeleine a Parigi, o lo Strand a Londra oppure il Ring a Vienna si fanno notare per l'eleganza e la bellezza. Ma in generale ci sono luoghi a Roma, Berlino o Lisbona che presentano dei tratti architettonici e urbanistici impresentabili. Sono sicuro che fra qualche anno con il miglioramento urbanistico della città e con il rifacimento delle strade e delle facciate degli edifici più malmesse Bucarest sarà molto più bella di quella che appare adesso. In alcuni punti riconosco qualche strada che avevo visto in qualche foto sul manuale di viaggio. Finalmente arrivo nella via del ristorante. Eccola con in fondo un edificio ottocentesco in stile francese che è la Cassa di Risparmio Nazionale. Sulla destra della strada nella foto si vedono le tende del ristorante nel quale entro risolutamente senza pensarci minimamente su.Ci sono dei tavoli apparecchiati all'aperto. Fuori fa caldo, così decido di pranzare all'interno. Salgo al piano superiore dove c'è meno gente e mi seggo a un tavolo. Il menù fisso del mercoledì, a 22,4 ron, prevede: Ciorbă de văcuţă, file de porc la grătar, piure de cartofi, salată de roşii cu telemea rasă, tiramisu făcut in casă e birra locale. Io ho ordinato alla carta tre specialità della cucina rumena che si vedono sotto: Ciorba de burta, sarmale e carnati mititei. La ciorba de burta è una specie di trippa, di colore bianco, diciamo una minestra di tipo balcanico di vitello con la presenza di yogurt o qualcosa del genere. Devo riconoscere che è molto gustosa. Non è "pesante" come la trippa alla romana e il colore tende al bianco per la presenza di yogurt e assenza di pomodoro. I mititei sono piccole salsicce di carne tenera di manzo tritata cotte alla griglia. Buoni anche loro. La terza pietanza sono le sarmale, cioè pallottoline di carne tritate avvolte in foglie di cavolo cotte con pomodoro e panna. Il contorno è un ottimo purè di patate veramente squisito. Cosa dire di più? Dimenticavo la gentilezza del cameriere che mi ha anche scattato la foto. Un buon pranzo, non c'è che dire. Nelle tre foto all'interno del ristorante si vede me alle prese con la celebre minestra ciorba de burta. Veramente squisita. Il pane è speciale. Si chiama paine alba ed è un buonissimo pane casareccio veramente gustoso. Tochitura moldava e cartofi cu rozmar. Ho bevuto Bere. A Bucarest "bere" non significa l'infinito del verbo bere, ma la bevanda birra, della normale birra chiara locale. Chiarisco subito che le bevande alcooliche che ordino nei miei viaggi sono sempre e solo bevande prodotte in loco. Non mi va di pranzare in un locale all'estero, magari mangiando della ottima salsiccia del luogo, accompagnata da vino chianti o da una birra Guinness. La Guinness la bevo al pub quando vedo una bella partita di rugby del Six Nations; non la bevo certamente a Bucarest. Non avrebbe senso.
Il pranzo è stato eccellente ed adesso avverto la necessità di fare una passeggiatina. Esco dal ristorante e decido di rientrare in albergo per riposarmi un po' nel letto. Cambio strada in modo da osservare qualche altra via della città. Opto per il Bulevard Nicolae Balcescu in modo tale da aggirare plata Revolutiei da destra muovendomi verso nord e così mi metto in movimento.
Sotto si vede il Circolo Militare come l'ho visto io e come era un secolo fa, a distanza di cento anni circa. Il confronto fa un certo effetto e l'immagine sbiadita di una Bucarest che non c'è più porta un po' di malinconia. Una colazione frugale in albergo la prima mattina dopo l'arrivo mi mette un po' di allegria prima di iniziare i miei giri per le strade della bella capitale rumena. A destra un bell'edificio in Piazza della Rivoluzione. Presento adesso alcune immagini della stazione ferroviaria di Bucarest chiamata Gare du Nord. Il biglietto da visita è quello che mi aspettavo. Una serie ripetuta di visioni prevedibili di gente che arriva e gente che parte non certo con treni di lusso. I viaggiatori manifestano chiaramente di vivere una vita semplice e tuttavia dignitosa. Lo si nota da tanti particolari. Mi ricordano quando ero un ragazzo tredicenne, nel momento in cui arrivavo alla stazione ferroviaria da casa mia per frequentare le scuole superiori nella città di provincia dove ero stato mandato da miei genitori. La stazione dei treni mi attraeva enormemente perché mi infondeva sicurezza e costituiva peraltro un legame ideale forte col paese che avevo lasciato per andare a studiare in città. Il grande tabellone colorato mi ha fatto ricordare quello meno appariscente degli orari di partenza quando ritornavo a casa e sprizzavo felicità da tutti i pori. Sensazioni lontane che mi hanno fatto piacere ricordarle. A seguire ci sono alcune foto di piacevoli momenti della mia visita alla bella capitale rumena. Ho desiderato tante volte potervi passeggiare per le strade della "piccola Parigi" ed ammirare l'architettura parigina dei pochi, purtroppo, edifici originali rimasti. Ecco cosa propongo. Qui sopra la Dâmboviţa e accanto l'Hotel Capşa in Calea Victoriei. La Strada Lipscani degli artisti e una vecchia pubblicità italiana della Incom. Potevo non andare nel larghissimo e incantevole Bulevard Unirii con sullo sfondo adesso Palatul Parlamentului, prima Casa Poporului simbolo della dittatura di Ceausescu? A destra una foto del bel gioiello architettonico che è la Cassa di Risparmio Nazionale. Pranzo in un ristorantino dalla parte di Calea Grivitei a base di un gustoso spezzatino di vitello con patate al forno. Una eccellente ciorbă de vacuta come primo piatto insieme a un buon bicchiere di vin Pahar Rosu.


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