mercoledì 22 aprile 2015

Generosità e menefreghismo.


Un colossale e piramidale grazie al signor Yuzo Yagi, mecenate giapponese, che ha speso di tasca sua due milioni di euro per aver restaurato in appena un anno la Piramide Cestia a Roma. Nessuno l’aveva mai fatto prima. Dovrebbe essere un giorno di festa per Roma. Ma non è così perché alla festa, a parte i soliti scrocconi di tartine, prosecco, maritozzi e mozzarelline campane, i presenti erano pochi. I romani da oggi, se fossero gente seria, davanti a ogni turista giapponese a Roma dovrebbero fare i salti mortali per farli sentire "a casa loro". Ma non lo faranno. Non lo faranno perché i romani non sono in grado di farlo. Non hanno la più pallida idea di che cosa significhi sensibilità, disponibilità, generosità, filantropia, etc. Non è nel loro Dna avere la sensibilità di comprendere quanto altruismo ha avuto questo signore giapponese nel donare il proprio denaro (2 milioni di €) alla città di Roma. Anzi. Andiamo oltre. Il romano non solo non sarà mai grato al turista giapponese medio (perchè della gratitudine se ne infischia) ma addirittura tra poco tempo sfregerà in modo indegno la bella e pulita facciata principale della Piramide che si offre alla piazza. Questi galantuomini, che non sono pochi, sono gli stessi che ti bloccano la metro negli orari di punta, che ti occupano le piazze con i loro mercatini di cianfrusaglie, che oziano seduti davanti ai bar, che ti sporcano le strade della città con cartacce, rifiuti, deiezioni dei loro curatissimi cani, etc. e che ti fanno vergognare di vivere nella capitale, una città sporca, incivile e invivibile. La stazione della metro A di Manzoni dopo il bellissimo restauro di qualche anno fa è stata presa di mira dai deturpatori di muri capitolini che l'hanno scandalosamente e trasgressivamente imbrattata. Faranno così anche con la Piramide Cestia ne potete stare certi, magari con la complicità più o meno scoperta delle Autorità di controllo romane che intascano lo stipendio con il loro ponziopilatismo e assenteismo, facendosi beffe dell'intera cittadinanza. Te capì?

sabato 18 aprile 2015

Le contraddizioni del sistema Italia.


Siamo ridotti veramente male. Si elogia in modo esagerato un dirigente scolastico (una volta si chiamavano presidi) di una scuola secondaria altoatesina per aver vietato l’uso dei cellulari in classe mentre migliaia di altri dirigenti scolastici disattendono la regola e nessuno li sanziona. Il dirigente scolastico in questione, a nostro giudizio, non ha fatto nulla di eroico. E lo ha ripetuto ai giornalisti che lo hanno intervistato. Ha semplicemente messo in pratica il buon senso e applicato i regolamenti scolastici. La stampa straparla di questo dirigente scolastico come se avesse fatto chissà quale alto gesto di eroismo e poi al contrario è silenziosa nei confronti delle migliaia di altri dirigenti scolastici che permettono non solo l’uso ma addirittura l’abuso dei cellulari con conseguenze gravi per esempio nella falsificazione dei risultati delle prove scritte, dove "il copia copia" è la prassi. Perché il Ministero della P.I. non invia gli ispettori per sanzionare i migliaia di dirigenti scolastici che non fanno rispettare il regolamento? L’aspetto eclatante sta tutto qua: si elogia un caso unico di dirigente scolastico che fa il proprio dovere e non si sanzionano i moltissimi altri che non lo fanno. In verità la scuola italiana è il vero specchio della realtà italiana. E’ un universo di persone che dovrebbero creare servizi a fronte dell’altro universo costituito da studenti che dovrebbero utilizzare questi servizi. Ma se i servizi sono pessimi come possono essere positivi i risultati dell’apprendimento che, com'è noto, inizia prima di tutto dalle regole e poi dai saperi? Il guaio è che coloro che dovrebbero produrre servizi non li producono se non al ribasso della qualità, sfruttando la connivenza di dirigenti scolastici, docenti e non docenti, tutti concentrati a lavorare al minimo ma coesi in un vincolo delittuoso di do ut des. Questo vincolo poi è diretto e realizzato da una “cupola” formata in tutto da poche persone che “contano”, e cioè da pochi docenti cosiddetti referenti e vicari nominati responsabili di qualcosa (che percepiscono un bonus integrativo di stipendio), naturalmente dal dirigente scolastico capo della cupola, dal direttore dei servizi amministrativi di segreteria e dulcis in fundo dai peggiori, che sono i docenti sindacalisti, capetti che passano il loro tempo a studiare circolari ministeriali che consentano loro di far emanare direttive su come spremere al massimo il limone dei piccoli finanziamenti dati alle scuole. Non estranei a questa cupola c’è un’altra non trascurabile componente fatta dai pochi rappresentanti degli studenti, alcuni dei quali frequentemente pilotati ideologicamente dal vice di turno, invitati ad assumere comportamenti di supporto alla cupola per realizzare piccoli “successi”, tra i quali spicca il diritto all’occupazione della scuola per periodi imprecisati (almeno finchè alcuni loro genitori non si stufano) in cui la scuola viene vandalizzata in modo indecente, l’altro diritto dei “cento giorni”, dai viaggi di istruzione, etc . Ecco, questo è il ritratto più o meno adeguato della scuola italiana nella quale un dirigente scolastico, che si chiama Stefan Keimm, di un liceo della “Autonome Provinz Bozen – Südtirol”, solo ed esclusivamente perché è un dirigente scolastico di quella regione, si permette il lusso di far rispettare una norma con il pieno e convincente ringraziamento dei genitori senza correre rischi di alcun genere . Vi siete chiesti perché un provvedimento del genere è stato preso nella “antipatica e poco importante” Bolzano e non nella “simpatica e più importante” Roma o Milano? La spiegazione è semplice. In quella fredda città, "terra di mezzo" tra la civile e pratica gente germanica caratterizzata dalla consapevolezza del valore delle regole e la calda e mediterranea Roma (ma il discorso si può benissimo riferirsi a qualsiasi città italiana in cui la sua latitudine diminuisce in modo inversamente proporzionale alla confusione e alla incivile abitudine di lasciar perdere rigore e senso delle regole. Complici di questo costume spudorato è una stampa nazionale, corporativa e indecente, che non ammette intrusioni nella informazione distorta e scorretta che fa della “cosa scolastica”. Solo qui in Italia si poteva registrare il “non senso” di elogiare un lavoratore perché fa il suo dovere mentre l'esercito "dei diecimila rimanenti" possono tranquillamente non fare applicare la norma senza che vengano presi provvedimenti disciplinari a loro carico. E’ questa la civiltà giuridico-amministrativa di un “grande” paese democratico che si richiama alla Cultura del Diritto Romano? Se è così, stiamo freschi!

venerdì 17 aprile 2015

25 Aprile anniversario della Liberazione. Mattarella saluta i partigiani e in aula si canta “Bella ciao”.


Al termine delle celebrazioni dell’anniversario della Liberazione tenutesi a Montecitorio per il settantesimo anniversario, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Presidente della Camera Laura Boldrini e il Presidente del Senato Pietro Grasso, si sono recati nell'emiciclo per salutare i partigiani presenti. Prima però la Presidente della Camera Boldrini rivolgendosi ai presenti ha detto: "Voi non siete qui come ospiti. Voi siete qui come padroni di casa". Bellissime parole. Ci siamo commossi. Vedere nell'emiciclo del Camera dei deputati un centinaio di vecchietti in festa riconoscibili dal fazzoletto tricolore avvolto intorno al collo ci ha fatto provare una forte emozione, come una scarica di adrenalina, seguita da alcune lacrime sul viso. La canzone Bella ciao ha fatto il resto. Ebbene si. Quei vecchietti incanutiti, al limite della non deambulazione, ci hanno fatto piangere di gioia e di felicità per la lampante ragione che si riferisce alla premessa della nascita della nostra Repubblica Italiana. Non ci vergogniamo di riconoscere che abbiamo pianto di gioia. Anzi siamo orgogliosi di ciò. I simboli e i ricordi come questi sono delle belle medicine per il nostro futuro. Grazie a tutti coloro che si sono opposti all’immorale nazi-fascismo. Oggi la Repubblica ci avvicina di più ai partigiani del tempo che con il loro sacrificio ci hanno permesso di vivere settantanni di libertà respirata a pieni polmoni. Grazie vecchi partigiani. Ciao Belli.

giovedì 16 aprile 2015

Stupidità e riti inaccettabili della politica renziana.


Saggezza e intelligenza. Con le clamorose dimissioni del Capogruppo alla Camera la minoranza del Pd ha deciso di oltrepassare il Rubicone e adesso finalmente ha le carte in regola per dare lezioni di politica, con la P maiuscola, ai fautori del decisionismo. Finora la efficace e decisa minoranza del Pd ha alternato dichiarazioni di contesa politica a proposte pacificatorie. Ma adesso ha finalmente capito che non era più possibile continuare a subire il supplizio della graticola renziana. La minoranza del Pd ha finalmente compreso che il suo atteggiamento di disponibilità e di condivisione non meritava da parte di Renzi il cinismo col quale il premier si è mosso ieri sera nell’assemblea del Pd rilanciando quell’obbrobrio dell’Italicum. Tra l’altro avrebbe pericolosamente detto che: “va approvato così com’è, e chiedo all’assemblea un voto sì o no che vincoli tutti i deputati”. Gli italiani, dopo la prova di forza di ieri del premier (o dentro o fuori), sono arciconvinti che in questi momenti di delicata transizione per uscire fuori dalla crisi non ci voleva proprio un tipo alla Renzi a Palazzo Chigi. Il decisionismo renziano non piace ai cittadini. Li sconcerta. I cittadini sono stufi di decisionismo, di tattiche del tipo prendere o lasciare. Non possono e non vogliono più sentire parlare di decisioni immediate e di un governo che governi. I cittadini vogliono che il premier dialoghi con calma con la minoranza, eviti rotture ingenerose nei confronti della saggia e raziocinante Ditta di Bersani. Ai cittadini non piacciono dichiarazioni ridicole del tipo "o con me o contro di me”. Vogliono che non si agisca, che non si operi, che non si decida. Insomma, che si eviti di darsi una mossa per affrontare i problemi reali e più sensibili come quelli della disoccupazione e della redistribuzione del reddito per rinviarli il più possibile nel tempo. I cittadini non desiderano scontri che sbattano fuori i teorici del rinvio e della indecisione. Non vogliono "cadaveri politici" immediati a terra, insanguinati dai morsi violenti del vampirismo renziano. No. Desiderano solo che la maggioranza del Pd non decida di approvare questa o qualunque altra riforma elettorale in maniera tale che la sera delle votazioni non si sappia chi governerà questo paese per cinque anni con certezza. Ma ve la immaginate la suspence di una elezione nazionale in cui la sera della votazione non si sa chi diventerà il prossimo Capo del Governo come si faceva ai bei tempi della Prima Repubblica? Che bello che era. Pensate che dopo le votazioni passavano settimane e settimane prima di sapere chi sarebbe stato il Presidente incaricato. Altre settimane poi per le consultazioni del Capo dello Stato per dare l’incarico. E poi che bello che era la decisione del Presidente del Consiglio incaricato che accettava con riserva la nomina. La riserva era una "nota musicale" bellissima che richiamava alla mente l’idea che non c’era sicurezza che avrebbe accettato l'incarico e che tutto poteva essere cambiato. Che bello. Nel frattempo le Segreterie (con la S maiuscola) dei partiti si riunivano e si creavano tavoli di discussione per confrontarsi sulle proposte di programma da presentare al Presidente incaricato. E che bello che era quando le minoranze dei partiti si riunivano e chiedevano al loro segretario di tenere conto dei nomi dei futuri Ministri e Sottosegretari. Ecco come dovrebbero andare le cose e la minoranza del Pd ha fatto di tutto per convincere Renzi a procedere così. Ma Renzi, cocciuto e ingrato com’è, ha rifiutato. Nel Vangelo si racconta che Gesù in uno dei suoi memorabili discorsi alla gente disse: «Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». Ebbene questo modo di ragionare, ancorchè venga riproposto dagli Evangelisti per bocca di Gesù, è sbagliato. I più non sono certo i Cuperlo, i Civati, i Fassina, i D’Attorre, i Bersani, etc. che giurano a ripetizione che la loro azione non è per non decidere ma per evitare disastri futuri provocati dalla riforma elettorale di Renzi. Pensate che se si approverà la riforma elettorale voluta da Renzi la sera stessa delle votazioni si saprà con certezza e, purtroppo con ribrezzo, chi governerà l’Italia per cinque anni. Che orrore. Pensate che raccapriccio quello di avere un governo con una maggioranza sicura scelto dagli italiani per cinque anni senza che qualche minoranza possa impedirlo o farlo dimettere. Ci dispiace ma Renzi ha torto completo su tutta la linea e noi dobbiamo molto alla minoranza del Pd che sta lottando strenuamente per migliorare l’Italia. Te capì?

domenica 12 aprile 2015

La truffa della legge truffa.


Siamo sorpresi e sbigottiti per aver letto su La Repubblica di oggi che la famosa "legge truffa" del 1953 - operazione legislativa tentata dalla DC di De Gasperi e battuta dalle opposizioni di sinistra e di destra - in realtà non fu una legge truffa perché dava un premio al partito o alla coalizione a condizione che avesse ottenuto il 50,1 % dei voti. In altre parole, ciò che per decenni fu chiamata legge truffa democristiana, simbolo di infamia e di imbroglio, in realtà non fu una norma truffaldina perché "non trasformava una minoranza in una maggioranza ma si limitava a rafforzare la maggioranza affinché fosse più solida". Forse chi legge queste brevi note non ha capito bene. Per la prima volta da quando il “fattaccio” fu tentato dalla DC del tempo (1953) si viene a sapere direttamente dalla penna del Direttore Eugenio Scalfari che la DC di allora non tentò un’operazione di sopraffazione della democrazia ma fece tutt’altro, cercando di dare più solidità a chi avesse già preso la maggioranza assoluta. Scalfari evidentemente descrive questo fatto adesso per interesse di parte e non per verità storica, altrimenti avrebbe dovuto scriverlo prima. Il fatto è che a breve si dovrà votare definitivamente la nuova legge elettorale di Renzi, l’Italicum, e il suo articolo è funzionale per attaccare la proposta di legge di Renzi, che, a suo dire, questa si che è una legge truffa mentre quella del ‘53 non lo fu. Questo il fatto di oggi che desideriamo commentare. Ecco la nostra opinione.
Scalfari ha tutto il diritto di citare l’episodio della legge truffa che solo ora si viene a sapere che non fu per niente un inganno. Se le cose stanno così perché allora la si chiamò “legge truffa” con tutto il carico di falsità e ipocrisia iniettato a dosi massicce dal PCI e partiti satelliti del tempo e si fece di tutto perché l’informazione la comunicasse in quanto tale, nascondendone la verità? E se le cose stanno così come descritte da Scalfari oggi, diventa consequenziale dedurre che se al tempo si chiamò legge truffa una ipotesi di legge che invece di un imbroglio fu un’idea onesta e giusta perché noi adesso dovremmo accettare l’idea che l’Italicum è una vera legge truffa? Si dirà che i numeri sono numeri e cioè che il 50,1% è cosa differente dal 40%! Si, ma questo ragionamento sarebbe corretto se al tempo la sinistra avesse detto la verità e non l’avesse coperta dall’imbroglio. Dunque se si è stati imbroglioni prima perché dovremmo accettare l’idea che adesso non lo si è più? Il proverbio dice che “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Appunto. La nostra “migliore” sinistra, quella di Scalfari, di Fassina, di Civati e della Ditta, tanto per intenderci, non ha titolo per parlare di onestà, visto che per più di sessantanni ci ha fatto credere che una legge onesta fosse truffaldina. E poi i Nostri non hanno ancora capito che il “popolo” vuole Renzi non perché Renzi sia uno statista, ma perché è contrario alle idee trappole e truffaldine di questa pseudo sinistra.Te capì?

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