venerdì 20 giugno 2003

Il mio quinto viaggio nell'Unione Europea: Wien.


Vienna (22 Agosto - 26 Agosto 2002)

Il mio quinto viaggio nei paesi dell'Unione Europea ha come destinazione la bella e seducente Vindobona, antico nome della capitale austriaca, oggi chiamata Wien (in italiano Vienna), capitale della Republik Österreich, cioè della Repubblica d'Austria. Nell'immaginario di ogni europeo Vienna rappresenta la più famosa città dei musicisti. E la musica, in effetti, la fa da padrona in questa seducente città.

Naturalmente sto parlando della musica classica e sinfonica in cui Lei eccelle per tante ragioni. Ci sono però altri motivi per cui Vienna è una città molto desiderata ed apprezzata, tra i quali spiccano ragioni di carattere storico e politico per la grandezza della nazione austriaca manifestata nei secoli scorsi. Vienna vanta poi una storia e delle radici culturali che la rendono una delle nazioni più interessanti d'Europa. Cito solo alcune grandi figure della cultura austriaca: Wolfgang Amadeus Mozart, Robert Musil, Egon Schiele, Gustav Klimt, Oskar Kokoschka, Ludwig Joseph Johann Wittgenstein, Sigmund Freud, Ernst Mach, Ludwig Boltzmann, Joseph Roth, Franz Schubert, Gustav Mahler, Arnold Schoenberg, Walter Gropius, Adolf Loos e tanti altri che sarebbe lungo elencare. Avremo modo di parlarne in seguito. Adesso è però importante riconoscere che la città è un crogiolo di cultura, di arte e di storia e offre uno scenario architettonico che oso definire magnifico.
Premessa.

La città è composta da 23 distretti (in tedesco Bezirk) e il centro della città è il primo distretto. Gli altri si susseguono a spirale intorno al primo distretto con numero crescente, come a Parigi dove vengono chiamati Arrondissement. Il confronto con Parigi è azzeccato perchè in questa settore c'è una similitudine straordinaria. Il Bezirk n. 1, chiamato Innere Stadt, è certamente il più importante perchè essendo il primo, occupa la parte centrale all'interno del Ring, al confine con il Donaukanal, esattamente come il primo Arrondissement della capitale francese confina con la Senna. Mi ricordo che nel diario di viaggio di Parigi dello scorso anno ho proposto una lunga dissertazione sulla curva a spirale che caratterizza il modo di svilupparsi della distribuzione dei vari distretti nelle due città.
L'albergo che ho prenotato si trova nell'8° Besirk, il più piccolo chiamato Josefstadt, nel quale si trova Palais Strozzi, cognome italiano della famiglia Strozzi di Firenze, rivale della famiglia dei Medici. Limitrofo verso l'esterno a ovest c'è il 16° Bezirk, chiamato Ottakring, dove si trova il capolinea della metro viennese U3 che prenderò tutte le volte che dovrò andare in centro a Stephansplatz. Per curiosità Ottakring è il nome del fiume dal quale prende il nome, da tempo ricoperto e, dunque, invisibile. Wien è la capitale di una nazione confinante con l’Italia. Pertanto, come succede spesso in questi casi, non è considerata da me e dai miei connazionali una nazione lontana e distante da Roma.
Nel caso dell’Austria poi ci sono molti altri aspetti che mi fanno considerare Wien molto vicina all’Italia, non foss'altro perché a nord c’è un’intera regione italiana, l’Alto Adige, in austriaco Südtirol, nella quale si parla la stessa lingua di Mozart e dei viennesi. Qui vengono condivisi gli stessi costumi di quelli austriaci e molte sono in comune le tante tradizioni che ci uniscono. E’ la prima volta che ho l’opportunità di visitare questa bella città. Confesso che ho sempre desiderato venire qui, nella città del Donau (Danubio) e del Prater.
Le mie aspettative sono molte, forti e datano da molto tempo. Dico subito che ho il profondo desiderio di visitare non solo la città ma soprattutto di capire direttamente, per quello che mi è possibile in un così limitato periodo di tempo, con i miei occhi e con tutti gli altri sensi, che cos’è davvero Vienna e come si presenta agli occhi di un visitatore straniero, innamorato della città. Mi ricordo quando, nel 1973 neolaureato in fisica, accettando l'incarico di insegnare matematica e fisica all'Istituto Commerciale Statale "De Simoni" di Sondrio trascorrevo molti fine settimana nei paesini di montagna al confine tra l'Italia, la Svizzera e l'Austria. Ebbene in questi piccoli paesi riuscivo a vedere, e a sentire nell'aria, nella gente del luogo, nei paesaggi e nell'architettura delle case, un certo "non so che" di austriaco che si manifestava nella omogeneità dei comportamenti e degli stili di vita, compresa l'alimentazione e l'abbigliamento. L'ordine, la pulizia, la disciplina, l'organizzazione e un certo sistema di vita semplice mi rinfrancava l'animo e trascorrevo molte ore a camminare nelle stradine e a visitare le piccole chiese e tutto ciò che potesse farmi provare la dolce sensazione di quel mondo che vide l'Austria Felix nei secoli trascorsi.
Fin da quando lessi nei libri di Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia e di Heinrich Heine, Reisebilder (Impressioni di viaggio in Italia) - le belle sensazioni provate dai due grandi scrittori e poeti lungo il percorso che parte dalla Germania verso l'Italia - ho sempre avuto il desiderio di visitare la bella capitale austriaca così come loro hanno avuto il desiderio di visitare l'Italia. Non mi ritengo esagerato se comunico subito il mio punto di vista affermando che Wien è, nell’immaginario degli italiani che hanno una certa età, non solo la capitale dell’Austria ma è anche la stessa città che due secoli fa circa fu capitale di un Impero che se non è da considerare grande come l’Impero romano poco ci manca. Con l’Imperatore Franz Joseph I von Österreich, ovvero Francesco Giuseppe I d’Austria, noi italiani abbiamo avuto a che fare in modo molto ravvicinato e anche per lungo tempo. Ricordo che Francesco Giuseppe oltre ad essere Re d'Ungheria, di Croazia e Boemia, fu anche Re del Regno Lombardo-Veneto e Conte di Gorizia e di Gradisca, nonché Signore di Trieste. Capirete pertanto che molta della cultura del nord Italia è stata influenzata direttamente dalla presenza della vicina Austria e della sua bella capitale. Certo non è facile sfiorare certi argomenti di carattere storico che toccano le corde del nazionalismo. Tuttavia mi sento abbastanza immune da questo virus e pertanto guarderò e parlerò di Vienna e dell’Austria come di una nazione amica, con i suoi cittadini che vedo come eredi e testimoni delle grandi figure della cultura austriaca del passato, che apparteniamo alla bella realtà dell'Unione Europea (di cui questo viaggio è diretta conseguenza), con la quale abbiamo in comune la moneta (l’euro), la politica economica e tanto altro. Vi pare poco? E allora parliamo degli altri aspetti di cui invidio i viennesi: musica, architettura, arte, stile di vita, società, psicoanalisi, cinema, lettere, filosofia, musei, civiltà, cucina (wiener schnitzel,tafelspitz), pasticceria e caffè, enologia, e tanto altro ancora.

Penso ci sia abbastanza per sentirsi come a casa propria, nella propria città e in certi casi forse anche meglio. Se vogliamo guardare alla cultura austriaca come strumento di civiltà che fa da sfondo nel mondo dei rapporti umani che si manifestano in tanti aspetti della loro società civile, come nei trasporti, nell’educazione, nell'ordine, nella pulizia delle strade, nell'organizzazione sociale, etc., allora la mia dichiarazione non è strana o irreale, ma sensata e obiettiva. Anche se politicamente la città non è più il centro politico d'Europa rimane pur sempre un punto di riferimento europeo e mondiale, tanto che qui a Vienna ci sono delle istituzioni internazionali delle Nazioni Unite molto importanti.
Per me che ho un vero e proprio culto dell'istituzione sovranazionale dell'Unione Europea e che ho sempre desiderato l'UE formata da tutti i paesi del Continente, questo quinto viaggio aggiunge e migliora le mie conoscenze europee e mi conferma la bontà del progetto di unificazione. Quando penso a Wien, e quindi alla bella Österreich, uno dei primi pensieri che mi passano per la mente è la forza e la capacità che hanno avuto i viennesi di costruire e rendere la città così bella, interessante, vivibile e piena di fascino da essere un modello di capitale. Pensare che i viennesi abbiano potuto produrre, conservare e sviluppare tutto quel grande patrimonio di cultura della musica mi ha sempre colpito come un fatto rilevante. Nell'Ottocento Clemens von Metternich e Francesco Giuseppe I, uno di seguito all'altro, diedero all'Austria un intero secolo di splendore. Tra alti e bassi Vienna è contemporaneamente capitale della musica e città splendente di meraviglie. Poesia e letteratura mostrano un considerevole fervore e il nuovo Teatro dell'Opera ha un successo enorme. L'esposizione universale e la prima metropolitana rendono Wien un modello di città da copiare in tutta Europa: è capitale dell'Impero, città cosmopolita e abitata da due milioni di persone. Wien ha tutto. Lingua e dialetto viennese, musica e balli di corte, teatro e costumi, caffè e gastronomia, architettura e arte, narrativa e poesia, e decine di altre attività culturali che rendono questa città unica. Questa è una delle capitali dell'UE che sto per visitare. Non è un sogno come Paris ma è un desiderio e un piacere sicuramente all'altezza della precedente. Sono convinto che questo viaggio sarà un successo.
Primo giorno Giovedì 22 Agosto.
Iniziamo dal viaggio aereo che mi porta da Roma a Wien. Partenza in treno alle ore 12.00 dalla stazione ferroviaria di Roma Ostiense, vicino alla Piramide, per Roma Fiumicino. Arrivo all'aeroporto Leonardo da Vinci in orario. Al Terminal B, gate5, mi aspetta un aereo dell'Alitalia delle 14.20 per Wien Schwechat. Il biglietto ha il codice AZ 190, posto 27A, all'andata. Il titolo di viaggio l'ho acquistato il 7 agosto all'agenzia Sfogliaviaggi Srl di viale Londra a Roma. Il ritorno avverrà il 26 agosto da Wien Schwechat per Roma FCO, codice AZ 327 delle 18.25. Rapide formalità al check-in e tonica e stimolante sensazione al gate5 in attesa che scocchino le ore 13.50 per l'imbarco.
Il protocollo di attesa è lo stesso dei viaggi precedenti. Trascorro più di mezz'ora a passeggiare piacevolmente nella grande hall dell'aeroporto a osservare il via vai dei passeggeri fino a quando arriva il momento dell'imbarco. In aereo la solita inquietudine di viaggiare a diecimila metri di altezza sfiorando i mille chilometri all'ora. Il viaggio è breve e alle 16.00 l'atterraggio mi procura una ventata di piacevole ottimismo. E' sempre divertente immettersi nella fila dei passeggeri che camminano per andare al rullo dei bagagli e ritirare la valigia. Per raggiungere Vienna prendo il bus-navetta che mi porta in centro e da qui vado in hotel con un taxi.

L'albergo si chiama K+K Hotel Maria Theresia (latitudine 48° 12’ 21'' N e longitudine 16° 21’ 10” E) ed è un hotel a quattro stelle. Si trova in Kirchberggasse 6, 1070 Wien. La camera prenotata mi viene assegnata al quinto piano e ha il numero 516. Rimarrò qui quattro notti fino al 26 agosto. L'albergo mi piace. E' un buon albergo. Ha tappeti rossi e l'interno ha pareti rosse con bordi dorati. Offre una gradevole sensazione di raffinato ed elegante ambiente alberghiero.
Alla Reception mi accoglie la Direttrice, una signora dall'aria molto viennese sia nel portamento, sia nel modo di rivolgersi. Mi riceve con molta professionalità. Si ricorda di me a causa di una lettera che ho inviato qualche settimana prima alla reception, nella quale chiedevo un trattamento particolare. Ecco il testo della missiva: Sehr geehrte Herren, Ich heiße Vincenzo Calabro und unterrichte Physik in einem neusprachlichen Gymnasium in Rom. Neulich habe ich bei Ihrem ausgezeichneten Hotel ein Zimmer für eine Person für 4 Tage gebucht, von 22 bis inklusive 26 August 2002 (GTA Tour Number LLYF016793).Ich werde mit einem Flug von Rom am Wiener Flughafen "Schwechat" um 16.00 Uhr ankommen. Ich hoffe ins Hotel um 17.30 Uhr nachmittags zu sein. Ich bitte Sie ein sehr steifes Bett im Zimmer zu legen, weil ich an Rückenschmerzen leide. Im Falle, daß Sie dieses steifes Bett nicht hätten, können Sie ein Brett unter die Matraze stellen? Ich sage Ihnen meinen Dank im voraus. Viele Grüße L’albergo si trova in centro, poco oltre il Ring, nella parte ovest della città. Si trova a pochi metri dalla Burggasse, la quale interseca la Museumstraße che, proseguendo, cambia nome nella italianissima Bellariastraße per arrivare dopo un centinaio di metri nel Ring all'altezza del Parlamento austriaco. Non so se le autorità comunali di Vienna abbiano scelto il nome "Bellaria" perchè ricorda la cittadina romagnola in riva al mare Adriatico oppure perchè volevano indicare un'aria salubre. In questa parte della città non esistono case isolate ma magnifici palazzi, di rara bellezza, con molti piani, quasi sempre formati da quattro livelli, con la loro architettura perfetta, aristocratica e dalle pareti ben curate. Ciò che mi colpisce di più è il Ring, l’anello stradale pressappoco circolare, ovvero una specie di circonvallazione dell'Innerstadt di Wien che circonda la parte centrale della città, delimitando il centro in una parte che sta dentro (Inner) e in un'altra parte che sta fuori. Nella parte interna si trovano gran parte degli edifici religiosi più antichi e importanti, compresi i luoghi simbolo della Wien asburgica come l'Hoffburg, ma non quelli della attuale Repubblica austriaca come il Parlament che si trovano all'esterno. Wien è una città dove si parla il tedesco che è una lingua che mi ha sempre messo soggezione per la difficoltà di imparare anche solo poche parole, tant'è che il solo pensiero di andare nella capitale tedesca mi fa venire i brividi. Wien è una città straordinariamente bella che merita attenzioni e interesse. Il mio desiderio è riuscire a percorrere molte strade del centro, osservando "palazzi e castelli" come si diceva anni fa. Il fatto è che sono straordinariamente curioso di mettere alla prova le poche cose che conosco del mondo mitteleuropeo e l'avventura del viaggio a Wien me lo consente.

Il fatto che conosca molti luoghi e palazzi importanti sulla mappa della mia cartina non basta a soddisfare la curiosità di vederli e toccarli direttamente. Questa storia del Ring è scritta su tutto ciò che riguarda Wien, come riviste turistiche, manuali di viaggio, guide, cartine geografiche, mappe della città, libri di letteratura (di viaggio e non), ma anche di storia e geografia e tutti ne parlano. Vederlo direttamente è tutta un'altra cosa. Questa "stranezza" viennese è decisamente uno dei piaceri della visita. Tuttavia, rimane inteso che è viva in me la preoccupazione di essere costretto a interloquire nella lingua locale mettendomi in difficoltà. Aggiungiamo poi che a Wien di italiano c'è molto poco. Gli stessi nomi delle strade che finiscono in gasse (via), straße (strada), platz (piazza), brücke (ponte), markt (mercato) ring (anello), gürtel (cintura) mi disorientano non poco. Sono poche le vie che hanno a che vedere con il tricolore italiano. Tranne Galileigasse, Salierigasse, Vivaldigasse, Strozzigasse, Minciostraße, Gonzagagasse e Bellariastraße c'è veramente poco. Il tratto del Ring vicino a dove abito io si chiama Burgring al quale segue, verso nord-nordest, il Dr Karl Renner Ring che è il tratto davanti al quale si trova lo splendido edificio del Parlamento austriaco. Avremo modo di parlarne più approfonditamente nei giorni successivi. Adesso mi interessa riferire che l'arrivo in camera è veramente piacevole, perchè la stanza nella quale dormirò per le prossime quattro notti è ampia, luminosa, ben arredata e molto bella. Se non fosse per un certo "languorino" allo stomaco che reclama l'immediata urgenza di sedersi a tavola in qualche ristorantino che proponga pietanze rigorosamente indigene, mi fermerei di più ad ammirare il panorama che posso osservare dalla finestra della camera. Pochi minuti dopo eccomi in strada, nella Kirchbergasse, in una posizione dell'Europa che ci si trova, dal parallelo passante per Roma, spostati più a nord di 6° circa di latitudine e più a est, dal meridiano di Roma, di circa 4° di longitudine. Come dire, grosso modo, "più in alto e a destra" della capitale italiana. Mi rendo perfettamente conto che questo modo di individuare la mia posizione sulla faccia del pianeta può sembrare noiosa e irritante a chi è digiuno di matematica e di coordinate geografiche ma, credetemi, una volta compreso il concetto, il meccanismo delle coordinate sferiche è di una semplicità disarmante. In più è molto utile. Tra l'altro mi consente di avere sempre a portata di mano un riferimento certo e quantitativo del "dove" mi trovo in Europa con molta precisione.
Sono dell'avviso che ogni europeo, o meglio ogni essere umano, vede la sua posizione sul globo terrestre relativamente al «suo» riferimento, che non coincide con quello degli altri e in questo caso col mio. Per esempio, mentre un cittadino dell'Unione come me che sta nel sud Europa, a Roma tanto per intenderci, vede Vienna come "più in alto a destra", per un altro cittadino dell'Unione che abita ad Helsinki vede la stessa Vienna come "più in basso a sinistra". Straordinario no? Come si vede la relatività della propria posizione è un classico della geografia ma anche della fisica e della cosmologia, per non parlare della politica. Ognuno vede le cose dal proprio punto di vista. Orbene, latitudine e longitudine a parte, la scelta di eliminare il languore cade su un localino in una strada parallela alla Kirchbergasse, nella quale c'è un piccolo ristorante tipicamente indigeno. Questa sera andare per le vie viennesi è fuori luogo per la stanchezza che ho nelle gambe che reclamano un po' di riposo anticipato. Ho già in mente cosa mangiare, perchè anni di vita in Lombardia, ai confini con l'Austria, mi hanno fatto apprezzare una cucina che per alcune pietanze è simile a quella viennese. Sull'importanza della cucina nei miei viaggi voglio chiarire brevemente il mio pensiero dicendo subito che la cucina è un importante elemento da tenere presente nella cultura di ogni paese. La cucina è legata indissolubilmente con la vita di tutti gli esseri umani mediante il cibo. E il cibo è la vita stessa degli esseri umani.
Non esiste vita senza cibo e non esiste fame senza cucina. Le pietanze e, più in generale, il cibo rimangono una delle tracce indelebili del paesaggio storico della razza umana, della pace e delle guerre, delle fortune e delle sfortune dell’uomo preso a sé ma anche come essere sociale che interagisce col mondo, soprattutto, per soddisfare il bisogno di vivere eliminando la fame. Cibi poveri e cibi ricchi, cucina popolare e cucina cortense sono sempre state e saranno sempre uno degli elementi più importanti della vita dell’intero genere umano e come tale ci hanno raccontato e ci racconteranno sempre dell’uomo, dei suoi interessi, delle sue paure, delle sue sfortune. Quanti grandi scrittori e premi Nobel, quanti film e prodotti cinematografici hanno scritto della fame e del cibo e del come si è sviluppata la vita degli esseri umani nei secoli? Dunque, la cucina e le pietanze non sono frivolezze e a tale proposito qui a Vienna in terra d'Austria voglio ricordare a titolo di esempio che la "cotoletta alla milanese" è una copia conforme della "wiener schnitzel", originale ed omonima pietanza di quella italiana copiata dalla cucina viennese, consistente in una sottile fetta di vitello impanata e fritta nel burro. E a proposito di pietanze austriache mi viene in mente un aforisma del grande scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus, che sapeva adoperare così bene la penna da riuscire a fare delle critiche ironiche e taglienti contro la società e la cultura austriaca tanto da far rimanere annichiliti chi le leggesse. Kraus scrisse infatti in Detti e contraddetti, Adelphi, 1992, che: «è un’ingiustizia parlar male di Vienna sempre per i suoi difetti, quando anche nei suoi pregi val la pena di parlare male […] Perché il mondo viennese non è stato creato dallo spirito ma dal manzo bollito». Ritornando al diario il ristorante che ho scelto è piccolo. Forse si tratta di un Kellern, ovvero di una trattoria "alla buona". Al cameriere dico una delle pochissime parole in lingua locale che ho imparato, chiamandolo Herr Ober. Una corrente di simpatia è il minimo che ottengo. Ordino proprio del manzo bollito, che qui si chiama Tafelspitz e che, a pranzo concluso, si rivela essere stata una eccellente scelta, tra l'altro accompagnato da buon vino rosso con uno strudel alle mele. Il mio debito di risconoscenza a Kraus è stato pagato bene. Mi fermo un attimo su questa pietanza per due buone ragioni. In primo luogo perchè l'Austria è stata per secoli un paese modello di riferimento, anche in cucina. In secondo luogo perchè parlare di pietanze e di cibo significa parlare di tradizioni, di radici e, quindi, di cultura. Il piatto con contorno di verdure, prevede due abbondanti fette di manzo bollito, forse girello, guarnite da patate stufate, pezzi di carote, sedano, cipolla tagliata e prezzemolo anch'essi bolliti. Il gusto è ottimo anche se si sentono sapori aggiuntivi, segno che il piatto è stato cucinato anche con altri ingredienti, Probabilmente saranno stati aggiunte foglie di alloro o rafano. La pietanza in ogni caso è ottima. Il cameriere prima di ordinare, accortosi della mia origine italiana, probabilmente è preoccupato che io potessi ordinare spaghetti alla "amatriciana" e/o calamaretti alla "livornese" che sicuramente non ha nel menù. Perchè molti miei connazionali fanno proprio così. All'estero credono di essere in una trattoria italiana e fanno richieste assurde che agli indigeni meravigliano non poco, perchè impossibili da soddisfare. Io invece quando sono fuori dall'Italia ordino sempre pietanze locali, nella più rigorosa tradizione locale. Nell'attesa va via la luce. Panico. Nessuno se l'aspettava. C'è molto imbarazzo da parte del cameriere il quale si scusa e porta delle candele accese. Rimango molto sorpreso, perchè non mi sarei mai aspettato che nella mitica, ordinata e precisa Wien ci potesse essere un black out di corrente elettrica, come invece generalmente accade e frequentemente nei piccoli paesi di montagna in inverno. Mi ricordo nella mia infanzia in un paesino siciliano, nei mesi invernali quando c'era cattivo tempo e il vento soffiava forte, ci si trovava di sera quasi sempre senza corrente elettrica. Le candele, pertanto, da giovane non erano una novità ma una necessità o meglio un'abitudine. Ma qui proprio non me lo aspettavo. Dopo una decina di minuti, in un ambiente oserei dire romantico da fine Ottocento, l'elettricità fa il suo ritorno trionfale come un piacevole valzer viennese e la vita ritorna ad essere normale. Rientro in hotel abbastanza stanco per addormentarmi velocemente nelle braccia di Morfeo.

Secondo giorno Venerdì 23 agosto.

Nella mia prima mattinata di visita alla città vado innanzitutto nel cuore della Wien più importante, per vedere e "toccare con mano" il Duomo di Santo Stefano, qui chiamato Stephansdom o Domkirche St. Stephan, un capolavoro di rara architettura e di bellezza unica. Prendo per la prima volta la metro, che qui si chiama U-Bahn, alla fermata Volkstheather alla fine della Burgasse, linea U3. Si tratta della linea Ottakring-Simmering. La fermata di riferimento vicino all'albergo è, come ho già detto, la Volkstheater. Subito dopo c'è la Herrengasse e, quindi, la visitatissima Stephansplatz. In pratica sono solo due le fermate che separano quella "sottocasa" di Volkstheater con quella centralissima di Stephansplatz. Arrivo quasi subito e all'uscita vedo davanti a me il Duomo nella sua magnifica bellezza. Sono senza parole.

L'edificio che si erge maestoso davanti a me è una cattedrale in stile gotico che si trova nel centro della Piazza Santo Stefano (Stephansplatz) con le guglie che svettano verso il cielo e un campanile, detto “Steffi” (diminutivo di Stefano, ovvero Stefanino), sul quale, se si vuole, si può salire. Da una parte c’è un campanile che avrebbe dovuto averne un altro come coppia, ma che alla fine è rimasto incompiuto e sul quale è stato costruito un campanone detto “Pummerin” tipico dell'architettura austriaca. Straordinario è poi il tetto dell’edificio, su un grigio di piastrelle, che è spiovente, con lo stemma dell’Impero austriaco-asburgico e della città. La chiesa di San Marco a Zagabria, è simile al Duomo di Vienna, che gli somiglia nella sola parte del tetto spiovente con piastrelle policrome che formano i colori a scacchi della bandiera nazionale croata. Adalbert Stifter il grande scrittore austriaco, nell'opera «Vienna e i Viennesi», a proposito della guglia di Vienna dice che quando guardava Wien dall'alto delle colline "immaginava che la guglia di Stephansdom fosse una leva con la quale si potesse sollevare il grande disco della città". Lo Stephansdom è il centro di Wien in tutti i sensi. E’ un riferimento privilegiato per tutti. E’ la meta più ambita delle visite e delle visioni turistiche, costituisce una specie di origine di un sistema cartesiano di misura delle distanze che si irradiano su tutta la mappa della città e la sua presenza dà senso alla pedonalizzazione delle strade limitrofe, che è il tipico segnale municipale di edificio importante "a tre stelle" da salvaguardare dal traffico.
In verità si rimane affascinati dalla bellezza di questa straordinaria costruzione religiosa. Per un italiano che è abituato a tutt'altro stile architettonico questa costituisce una piacevole e interessante attrattiva. La piazza limitrofa, per un edificio così prestigioso, risulta limitata. Sembra quasi che gli edifici circostanti la incalzino, la soffochino e questo produce una sensazione di distacco e di rottura col resto degli edifici circostanti.
A questo riguardo ricordo che il filosofo e scrittore francese Montesquieu, tre anni dopo la morte di Newton nel 1728, arrivò a Vienna che era la prima di una serie di tappe di un lungo viaggio in Europa, per scoprire vizi e virtù come si dice in questi casi dei viennesi. Nella sua opera «Oeuvres Complétes» (Opere Complete) scrisse pressappoco che "la città di Wien è piccola e serrata dalle fortificazioni, con esigue dimensioni". Intendeva dire che a causa delle fortificazioni e della ossessione della sicurezza si era sacrificato lo spazio tra gli edifici più prestigiosi, come il duomo, e le altre case. Dunque, la mia sensazione di claustrofobia nel vedere addossati eccessivamente i palazzi al duomo non è una impressione ma un fatto che ha origine nella storia della città che doveva difendersi passivamente con mura possenti che la cingevano in una specie di fortino in cui lo spazio era di vitale importanza. Non dimentichiamo che la cattolica Austria ha vittoriosamente sostenuto due assedi dei turchi e riuscì a far battere in ritirata le loro armate. Se non ci fosse stata Lei sarebbero stati guai seri per difendere l'indipendenza dell'intero continente dall'invasione turca. La piazza è delimitata da quattro vie che, in senso orario, sono Brandstätte, Rotenturmstraße, la Singerstraße, e la Blutgasse.

L’interno di Stephansdom è grandioso e bello. Il colore predominante delle pareti è il grigio. Possiede tre navate e le colonne sono ornate da grandi statue, che si possono vedere nella foto sulla parte destra che ho scattato all'interno della navata laterale sinistra. A metà c'è l'ascensore per andare alla campana "Pummerin". L'altare maggiore è in marmo impreziosito di quattro piccole colonne ed è stato eretto un anno prima della morte di Galileo, cioè nel 1641. Al centro c'è un grande dipinto che presenta il martirio di Santo Stefano, patrono della cattedrale. In fondo a destra c'è la scala per salire alla torre meridionale. Qui si trova la tomba dell’Imperatore Federico III costruita alla fine del quindicesimo secolo. Bellissime sono anche le vetrate gotiche dell’abside. C'è infine un organo che è unico nel suo genere perchè ha migliaia di canne. La visita al Duomo è gradevole e interessante. Il parroco del duomo si chiama Mag. Anton Faber mentre l'organista, di cui ne ascolto la musica, è il prof. Peter Planyavsky. Rimarrei di più se non ci fosse il desiderio di vedere fuori la città. Tra tutte le quattro strade citate sopra, la Rotenturmstraße è quella più importante, non foss'altro perchè dalla estremità opposta al Donaukanal, cioè dall'intersezione con la Singerstraße cambia nome e diventa Kämtner Straße. Quest'ultima è una strada importante, una delle principali, accanto al Graben, di Vienna, perchè è la via dello shopping, pedonalizzata fin quasi al Ring. La Kärtnerstraße è traboccante di vetrine e negozi ed è gradevole percorrerla in su e in giù osservando l'interno dei negozi tra i quali domina incontrastato il negozio di cristalli Swarovski. Rispetto ai soliti negozi in Italia questo è enorme e pieno di oggetti di cristallo che sono il desiderio di ogni donna. A due passi da Stephansplatz c'è Petersplatz nella quale si trova la bellissima e barocca Peterskirche. All'esterno, nella parte centrale, si eleva una grande cupola affiancata da due torrette. La chiesa è la seconda più antica chiesa di Wien. L'interno è spettacolare e fortemente barocco, con decorazioni veramente efficaci. Se non fosse per le due torrette in architettura religiosa tipicamente asburgica, questa bella chiesa si potrebbe scambiare per una normale chiesa di Roma mentre qui ci troviamo a più di mille chilometri di distanza nella estranea capitale della Republik Österreich. Il tratto di strada della Kärtnerstrasse, compresa tra la Singerstraße e il KärtnerRing a fianco della Staatsoper, è veramente bello ed è piacevole e lo percorro con l'intento di osservare le vetrine e il loro contenuto. Si va da negozi di abbigliamento e da gioiellerie a negozi d'arte e cioccolaterie, con i famosi cioccolatini di Mozart a forma di piccole palline e l'immagine di un giovane Mozart. Ciò che mi colpisce di più è però la Staatsoper, ovvero il Teatro Nazionale dell'Opera, che qui viene chiamato Wiener Staatsoper : un vero e proprio gioiello di costruzione che è a mio parere un grande capolavoro. Il palazzo dell’Opera di Stato ricostruito per un incendio si trova lungo il viale del Ring.

E' un edificio bellissimo, che mi emoziona per le sue linee eleganti e raffinate. Mi fermo ad ammirarlo. In un certo senso mi ricorda il Théâtre de l'Opéra di Parigi. Ma qui l'atmosfera è diversa, più formale e seriosa e non si possono fare raffronti con l'analogo parigino. Decido di visitarlo. La Staatsoper di Vienna è riconosciuta come uno dei teatri più prestigiosi al mondo, oltre che uno dei primi palcoscenici lirici d'Europa. Comprende una magnifica scalinata d'onore e una grandiosa sala di quasi duemila posti. La Wiener Staatsoper ospita tra l'altro la più prestigiosa, più vista e più costosa sala da ballo di Wien. Basta ricordare che il ballo delle debuttanti è una delle più seguite operazioni televisive internazionale del glamour che si svolgono nella altrettanto famosa Opernball alla presenza di Capi di stato e monarchi vari. Prima di visitare l'edificio è necessario fare la prenotazione della visita per essere inseriti in un gruppo. All'ora convenuta entro. Nella foto sono con il gruppo di turisti nel quale la biglietteria mi ha inserito. La visita dura quasi tre quarti d'ora. La visita guidata inizia dal padiglione dell’ingresso e permette di ammirare la scalinata principale che di per se è uno spettacolo, la sala dei marmi, il foyer, la sala di Gustav Mahler e l’auditorium. Come conclusione ci viene proposto addirittura di "calcare le scene" del palcoscenico. Si possono vedere tutti i dispositivi nascosti che permettono di produrre le varie scenografie. La visita è veramente interessante e, soprattutto, permette di comprendere e avvicinarsi al mondo e all'atmosfera dei grandi teatri di musica. Non a caso Vienna è la patria della musica classica e sinfonica. Il gruppo nel quale mi trovo è numeroso e i turisti come me provengono da diversi paesi tutti accomunati dall'interesse nei confronti di questa magnifica istituzione musicale. A pranzo ritorno in Stephansplatz e vado al Cafè Do&Co che è un locale moderno, posto all'angolo della piazza, ricoperto di vetri a specchio in parte curvi di fronte al Duomo e dotato di ampie vetrate. Forse sarà utile ricordare che il Cafè Do&Co a Wien è un locale famoso e importante. E' cioè una autentica istituzione per il turista che vuole accoppiare un pranzo veloce e un panorama mozzafiato con vista su Stephansplatz a pochi passi da Stephansdom. Ironia della sorte, laddove non riuscirono le armate turche nei secoli passati di sottomettere Vienna, dopo quattro secoli, c'è riuscito in una veste differente un altro Signore turco, Christoph Demel, che con ingegno e grandi capacità imprenditoriali, ha acquistato nel 1857 il locale Do&Co facendolo diventare il gioiello che è oggi. Il Cafè, come dicevo, si trova dirimpetto al Duomo, vicinissimo, tanto che dalle vetrate del locale si ha la sensazione che se si sporgesse il braccio fuori dai vetri si potrebbero "toccare con mano" le bellissime vetrate gotiche di Stephansdom ed entrare in esso attraverso una finestra. La sensazione è veramente forte ed è frequente a mio parere l'idea che tutta questa vicinanza possa irritare qualche turista esigente che potrebbe deplorare il mercimonio tra la sacralità dell'edificio religioso con la volgarità della pratica commerciale della tavola calda. Personalmente sono perplesso, comprendo l'affaire ma rimango dell'idea che c'è poco riguardo nei confronti del Duomo. Nel locale c'è molta confusione anche perchè non ci sono molti posti a sedere. C'è gente che sale e che scende, le cameriere corrono da una parte all'altra sul parquet del pavimento facendo rumore e cercando di soddisfare la richiesta dei molti clienti presenti e di altri in attesa che chiedono se si sono liberati dei posti. Tutti vogliono sedersi ai tavoli vicino alla vetrata e osservare il Duomo. Io non ci riesco e mi sento comunque fortunato perchè riesco a trovare un piccolo tavolo dall'altro lato della veduta panoramica. Posso comunque vedere attraverso i vetri del Do & Co, e alla stessa altezza, le vetrate del Duomo provando uno spettacolare e indimenticabile "effetto aereo". Piuttosto che ordinare immangiabili tramezzini o indigeribili hamburger opto per un piatto di prosciutto e melone e uno strudel di mele. Quello che conta in questo momento non è ciò che mangio, ma ciò che vedo e ciò che sento in questa magica capitale. In città mi muovo bene perchè non solo ho studiato a fondo la mappa di Wien ma anche perchè ho con me nel borsello un palmare, il Palm m515. Gli ho installato un software, chiamato Sun Compass della OrbForms, che, in qualunque città del mondo, permette di orientarmi con sicurezza, individuando chiaramente sul display i quattro punti cardinali. Tra l'altro, con un cavetto, posso collegare il Palm con il mio cellulare, un Siemens S25, permettendomi di inviare e ricevere mail e connettermi in Internet. Ne sono così geloso che ho paura di perderlo e per tutte le eventualità mi cautelo inserendo una lunga password. D'altronde gli strumenti "informatici" nel mio lavoro di insegnante di discipline scientifiche sono importanti. Ritengo allo stesso modo che siano altrettanto importanti gli strumenti della "cultura umanistica" perchè, a mio parere, senza l'elemento classico dei valori umani la scienza diventa pericolosa e vuota. Non basta la sola competenza.
Nella scienza è necessario attenuare alcune esasperazioni della cultura neo-positivista e sforzarsi di recuperare la cultura della completezza, che è complementarità dei due assi culturali scientifico e letterario. Penso che sto uscendo fuori tema. Mi manca solo di parlare di aspetti metafisici e spirituali e il diario di viaggio diventa un impresentabile saggio filosofico. Eppure è nei viaggi e davanti a magnifiche opere dell'ingegno umano, di cui l'Europa abbonda a tutte le latitudini e longitudini, che riesco a trovare la possibilità di meditare un po' su queste tematiche e togliere un po' di quella patina di ruggine che la vita quotidiana di una grande città come Roma mi impedisce di pensare e riflettere sul trascendente. Sono sempre stato attento alla religiosità e irreligiosità degli altri e disponibile a riflettere a domande del tipo "lei è religioso"? Risposte come "non credo alle verità rivelate o il problema della fede è un problema di un Dio onnipotente ed eterno che non si immischia troppo nelle faccende umane" non le ho mai considerate inutili. Accettare il desiderio di maggiore spiritualità e rifiutare una vita totalmente immersa nel relativismo o, peggio, quando è basata solo su fattori economici e produttivi, è un obbligo e un passo importante da fare per avvicinarsi al problema della trascendenza. Ma non divaghiamo e ritorniamo a noi.

Venire a Vienna e conoscere meglio arte, musica, letteratura, architettura e altro è un tassello importante del grande mosaico della mia vita che, lo ricordo prevede la visita di tutte le capitali dell'Unione Europea, e non solo. Nella narrativa ci sono letture necessarie in entrambi i settori. In questo periodo sto leggendo il libro di Alan Lightman, I sogni di Einstein, Guanda Editore, 1993 che tratta aspetti fantastici dovuti a sogni inquietanti che hanno come protagonista il tempo. E a proposito di tempo adesso è pomeriggio e dopo la visita al Do&Co, di proprietà di un signore turco, decido di continuare la visita. Oltre alla Kärtnerstraße esiste un'altra strada pedonale nell'Innere Stadt. E' il Graben, che significa "fossato", una via o meglio una piazza rettangolare allungata, signorile e molto bella, altrettanto famosa quanto la Kärtnerstraße se non di più. Il Graben è meno lungo della Kärtnerstraße e si snoda ortogonalmente a questa. Anzi, nell'intersezione tra Stephansplatz e il Graben mi colpisce, per l'analogia romana, una specie di tronco di albero facendomi ricordare che a Roma, sulla via Appia Nuova all'«Alberone», c'è una specie di albero antico che è una istituzione e che fu, nel tempo passato, un grande albero ma che ormai è stato sostituito perchè nel frattempo era seccato. In realtà il Graben non è solo una via senza traffico automobilistico. E' molto di più. Intanto è una strada molto più larga della Kärtnerstraße in un certo senso potrebbe essere chiamata piazza, perchè è più un "largo" che una via, nella quale si trovano negozi e caffè che la rendono bella alquanto, rendendo piacevole una passeggiata. E poi ci sono due tesori fantastici che si fanno ammirare a metà della sua lunghezza, alle mie spalle nella foto. Il primo è la «Pestsäule», una straordinaria colonna barocca che è stata eretta alla fine del Seicento in ricordo della peste. E vicino a questa colonna c'è una statua dedicata a San Leopoldo che mi ricorda la statua di Giordano Bruno a Campo de' Fiori a Roma. In qualunque guida turistica di Vienna si possono trovare interessanti considerazioni su questi tesori dell'architettura viennese. Nella mia, a proposito del Graben, si dice che Heimito von Doderer, un interessante scrittore austriaco del Novecento, nel suo romanzo "La scalinata dello Strudelhof" dice: «Passeggiavo per il Graben la bella strada di Wien dove le vetrine dei più meravigliosi negozi si affacciano con il chiacchierio di mille cose leggiadre. L'aria mi pareva soave e spumosa come saponata in fiocchi [...] Il grande vessillo azzurro del cielo non proiettava calore sull'asfalto; ma nastri dolcemente fluttuanti di mite tepore sfioravano la fronte, le guance, le mani». Una vera e propria dichiarazione d'amore per il Graben e per Wien. Non potrei definirla diversamente.
Terzo giorno Sabato 24 agosto.

Oggi è una giornata importante perchè è in calendario la vista del "luogo simbolo" di Wien, cioè l'Hofburg, ovvero la splendida dimora che fu di Francesco Giuseppe I e di sua moglie Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, chiamata col diminutivo Sissi. Diciamo la verità, sono molti i turisti che vengono a Vienna soprattutto per vedere questo gioiello di ricordi di quel magnifico periodo che fu la vita dell'ultimo dei grandi Imperatori d'Asburgo. Prima però desidero proporre una personalissima riflessione in merito a questo particolare evento e in generale relativo all'intero diario di viaggio. In un report, relativo a qualsiasi visita turistica e culturale in un paese straniero, non è possibile raccontare tutto. E questo per due semplici ragioni. In primo luogo per la banalità di alcuni momenti di vita vissuti. In secondo luogo per la inopportunità di raccontare alcuni fatti con le relative riflessioni. Rimane il fatto che ogni viaggio nell'arco di ogni giornata di visita lascia spazi notevoli alla acquisizione di momenti più o meno piacevoli e più o meno sgradevoli.
E' imbarazzante, per esempio, parlare di alcune incomprensioni linguistiche che generalmente accadono ai viaggiatori poco avvezzi alla lingua del luogo. Pertanto il resoconto che qui propongo della visita riflette il particolare momento vissuto e viene qui proposto più per motivi personali che lascino traccia della mia presenza nel tempo e nella memoria che per ragioni di "letteratura di viaggio". L'Hofburg è l'ex palazzo di corte dei regnanti che riesce a calamitare tutti: visitatori interessati e occasionali, turisti di ogni genere e specialisti, studiosi e operatori dei media di tutto il mondo. Questa residenza di corte calamita tutti perchè ha tutto. E' appartamento reale, museo, biblioteca, chiesa, cappella, stile architetturale e persino scuola di equitazione. Ci sono palazzi, cortili, giardini e statue in bronzo a volontà. Che volete di più? Trovatemi per favore un altro posto che è tutte queste cose qui messe insieme, se ci riuscite. Dunque, l'intera mattinata è messa a disposizione per questa visita "regale" e niente distrazioni. Ho percorso più di mille chilometri per venire qui e vedere, non più al cinematografo o in televisione, ma, direttamente, cos'è in verità questo Hofburg e come è fatto. Tra l'altro oggi è una bella mattinata d'estate che mi invita al piacere della visita. L'Hofburg ha molte facciate e due entrate: quella ufficiale dai giardini e quella secondaria da Michaerplatz, la bella ed elegante piazza circolare "sul retro" (si fa per dire). All'uscita dall'albergo dove alloggio vorrei prendere a Volkstheatre la U-Bahn, linea 3, e dopo appena una sola fermata arrivare a Herrengass. Da qui a piedi è agevolissimo arrivare a Volksgarten in poco tempo. Avrei preferito prendere i mezzi pubblici, anche per poche fermate come in questo caso, per vedere e "toccare con mano" la loro funzionalità e la loro precisione. Tuttavia la bella giornata e tutta una serie di considerazioni mi inducono a venire direttamente a piedi dall'albergo. Le poche strade che percorro, la vista degli edifici che incontro nella Burgasse, Bellariastraße e Volksgarten mi inducono a pensieri che spesso faccio quando mi trovo all'estero in una realtà differente da quella italiana. Riguardano spesso il come è funzionale il vivere civile qui all'estero e come si vive male in Italia.

Mi colpiscono i grandi spazi esterni tra gli edifici. A Roma tutto è compresso, ammucchiato, con pochi spazi a disposizione come se una maledizione divina avesse imposto ai cittadini romani di vivere in poco spazio, con vie strette e piene di auto parcheggiato dove non si potrebbe, con i caseggiati a ridosso e la privacy inesistente. Da questo punto di vista non credo che gli Asburgo abbiano fatto economia. Rimane il fatto che la città permette un grado di vivibilità straordinario. C'è un così profondo senso dell'ordine, un autocontrollo civico della popolazione così sentito, una capacità organizzativa e una forte avversione per la sporcizia che mi dispone bene per tutta la giornata. Per me che vengo da Roma, città famosa per avere tutte le caratteristiche di Wien "al contrario", mi sento come derubato da un gioiello che gli altri posseggono e che io non posso avere. Vienna al contrario della capitale italiana è da considerare silenziosa, organizzata, efficiente, dall'aria pulita, con una capacità di coordinazione degli interventi che va oltre il comune senso dell'ordine. Perchè qui si e da noi no? Ma eccomi arrivato a destinazione. L'entrata al Palazzo è agevole. Dominano il barocco e il neoclassico. Il complesso è grande tuttavia la parte visitabile è concentrata e la visita è efficacemente preordinata dalle autorità museali. Lascio ai manuali la descrizione dei dettagli culturali della visita. Il mio interesse è concentrarmi nelle sensazioni che provo non certo per fare concorrenza agli autori delle guide che ne sanno molto più di me e hanno mezzi e strumenti più adeguati di quelli improvvisati e banali dei miei. Vengo indirizzato lungo un percorso predisposto per i turisti.
Salgo delle scale da teatro dell'Opera e attraverso molti saloni e ampi disimpegni. In un lungo corridoio vedo dalle finestre un grande cortile che viene chiamato In der Burg nel quale al centro si trova il monumento all'Imperatore Francesco Giuseppe I circondato da quattro statue, alle spalle del quale c'è un orologio e una meridiana sotto il torrione tutti visibili nella foto che ho scattato. In fondo nella stessa ala, chiamata se non erro Löwelstraße, si trova il museo dedicato a Elisabetta. In ogni caso dopo un po' sono indirizzato con altri visitatori verso l'appartamento-museo in cui abitarono Francesco Giuseppe I e sua moglie. In pratica sono visitabili lungo il percorso museale sia la sala delle udienze di Francesco Giuseppe I (Audienzsaal e Audienzimmer), la sala delle riunioni ministeriali in cui Francesco Giuseppe presiedeva il Consiglio dei ministri (Konferenzzimmer) che il Grosser Salon e il Kleiner Salon con tanti ritratti. Colpisce vedere la scrivania e la sedia autentica di Francesco Giuseppe su cui si sedeva logora e consunta. Da questa postazione l'Imperatore esercitava il suo ruolo di capo della nazione austriaca, leggendo e firmando ogni giorno atti legislativi, nomine e comunicazioni di ogni genere. Particolare interessante è il dipinto "I Tre Sovrani a cavallo" che raffigura il ritratto dei tre grandi del tempo: lo Zar Alessandro I, l'Imperatore d'Austria Francesco I e il Re di Prussia Federico Guglielmo III. Questi tre Sovrani del tempo sono dipinti con una maestria veramente notevole. A seguire ci sono la sala da pranzo, la sala e la stanza (due camere differenti) da letto dell'Imperatrice con attiguo bagno e camera ginnica con gli attrezzi della ginnastica (anelli, spalliera, etc.) in cui faceva, diremmo oggi con linguaggio americano, fitness.
A proposito di Elisabetta, il cui vero volto è quello della foto a fianco scattata nel 1855 a 18 anni, sono stati detti e scritti mille e più giudizi su di lei, tutti all'insegna del "culto" della sua personalità. Tutti ricordiamo il famoso film La principessa Sissi del 1955 diretto da Ernst Marischka con Romy Schneider protagonista nei panni di Elisabetta-Sissi. Ecco cosa è possibile leggere in qualche guida distratta nell'attribuzione di date: «Alta, slanciata, le sue movenze nobili e naturali hanno grazia regale e al contempo animale. Sotto la massa dei capelli castano chiaro, la piccola testa potrebbe appartenere a una dea greca se non fosse per l'intensa vitalità che anima la perfezione dei suoi tratti, e che scintilla nei suoi occhi teneri e selvatici, nel suo sguardo magnetico, in cui passano tutte le sfumature della dolcezza e dell'ironia e l'audacia del pudore, del sogno, della gaiezza e della pietà». La citazione è del Conte di Saint Aulaire, Ambasciatore di Francia a Wien presente nella «Guida Oro» del TCI Touring Club Italiano, stampata a Milano dallo stesso Editore nell'Aprile del 2002 pochi mesi prima che io facessi la mia visita a Wien. Sulla guida, a pag.178, c'è scritto che il Conte di Saint-Aulaire è stato Ambasciatore di Francia a Wien dal 1882 al 1891, quando lo stesso è morto nel 1854 a Paris. Sono informazioni un po' incoerenti. Ritorniamo a noi. L'uscita dall'Hofburg avviene attraverso l'In der Burg, passaggio situato nell'ordinato e laterale cortile interno della residenza imperiale, la cui uscita è nella splendida Michaelerplatz. Questa piazza è quella nella quale si incontrano la Herrengasse che oltre la piazza cambia nome in Josefsplatz e ortogonalmente alle due che parte da Michaelertrakt si trova la Kohlmarkt che va a finire nel Graben. La piazza è veramente gradevole da osservare. Decido così di sedermi all'aperto, sotto la tenda rossa, su una sedia a un tavolo del Cafè Griensteidl.
Nella foto si vede la facciata dell'Hofburg nella aristocratica Michaelerplatz vista dal Cafè Griensteidl. Nel centro della foto si vedono la neobarocca Michaelertor e l'entrata secondaria all'Hofburg. Il Cafè è anche un ristorante. Questo Café è un punto di riferimento nel panorama storico della città. Qui si può mangiare un ottimo cappuccino e cornetto che è meglio però chiamare "caffè wiener melange und croissant". Il Griensteidl Cafè, pensate è stato inaugurato a metà Ottocento da Heinrich Griensteidl. In breve tempo divenne un luogo di incontro per uomini di cultura. Qui trascorsero molte delle loro giornate personalità come gli scrittori Hugo von Hofmannsthal (autore di Der Schwierige, cioè l'Uomo difficile) e Arthur Schnitzler (autore dell'artificio narrativo conosciuto come "monologo interiore"), il musicista compositore viennese Arnold Schoenberg, e anche politici come Victor Adler e Theodor Herzl. A proposito di Arthur Schnitzler, studioso dell'inconscio e doppione letterario di Freud, è interessante ricordare un passo del suo libro "Vienna al crepuscolo" ambientato proprio in questa piazza, nel quale dice: «Suonavano le nove al campanile della Michaelekirche quando George si fermò davanti al caffè. A una finestra non schermata della tenda vide seduto il critico Rapp, con una pila di giornali davanti. Di fronte a lui gesticolava nel vuoto il poeta Gleisser, seduto nel fulgore di una falsa eleganza. George che senza sentirli vedeva solo le labbra dei due personaggi muoversi e i loro sguardi incrociarsi, faticava a capire come potessero rimanere un quarto d'ora, l'uno davanti all'altro, in quell'atmosfera di odio. Che aveva in comune lui con quelle persone? Lo colse un una sorta di spavento, si voltò e decise di andare via da loro». Il suo fu uno sguardo impietoso sull'animo umano che focalizzò una società in cui, come scrisse Claudio Magris, "l'austriacità è arte della fuga, amore della sosta nell'attesa di una patria che è sempre cercata, presagita e mai conosciuta". Ritornando a noi e al locale in cui mi trovo, che tra l'altro serve uno squisito caffè viennese alla panna, devo dire che purtroppo questo Café non è l'originale, perchè alla fine dell'Ottocento l'Imperatore Francesco Giuseppe I per riqualificare la piazza fece demolire l'edificio che fu successivamente ricostruito, e il Cafè fu inaugurato nuovamente appena una dozzina di anni fa. Dall'altro lato della piazza c'è la Michaelerkirche, cioè la chiesa color bianco col campanile appuntito dove l'Imperatore e consorte andavano a messa la domenica. Le pietanze del ristorante non sono leggere. Si trova gulasch viennese, salsicce sacher, uova strapazzate viennesi, manzo bollito con verdure, salsa di radice di rafano e patate arrosto. Non c'è che da scegliere. La visita alle sedi istituzionali non termina qui con l'Hofburg, edificio del potere politico dell'Imperatore Francesco Giuseppe I di antica memoria. Il mio interesse si sposta adesso agli edifici del potere polittico e amministrativo della città in una zona vicina all'Hofburg, nel Ring, anzi nella parte di Ring chiamato Doktor Karl Renner Ring dove si trovano, in un colpo solo, Parlamento, Municipio, Università e Chiesa votiva. ma andiamo per ordine. Cominciamo dal Parlamento austriaco.
Delimitato da Schmerlingplatz, Reichsratsstraße, Rathausplatz e D.Karl Renner Ring il bellissimo edificio del Österreichisches Parlament è davvero imponente e nello stesso tempo equilibrato e armonioso. E' stato costruito in stile architettonico greco e ciò me lo rende familiare, di casa, come se l'avessi sempre vista. L'entrata, cioè l'attico dell'edificio, è spettacolare. Ha sedici colonne in doppia fila di otto, ha una fontana nella quale si trova la statua alta cinque metri della dea della saggezza Pallade-Atena costituisce a mio avviso una straordinaria e magnifica immagine di perfezione. Ogni volta che visito una capitale europea e vedo la sede del Parlamento sono sempre preso da emozione perchè il semplice pensiero che in quel luogo si trova la sede del popolo e della democrazia dell'intera nazione mi mette i brividi. Pensare che in quelle aule si dibattono i grandi temi della nazione e i problemi di tutti i cittadini e che si prendono decisioni con il sistema democratico delle maggioranze, rappresenta per me a tutti gli effetti uno dei più esaltanti momenti della vita degli esseri umani. Dunque, nutro grande rispetto nei confronti di tutti i Parlamenti, simbolo di democrazia dell'intero continente europeo. Qui, poi, l'effetto è ampliato perchè il nome della città è associato a grandi eventi storici che si sono verificati a Wien e fanno capolino nella mia mente ricordando quando ero un giovane studente che studiava storia nella scuola media. Ne ricordo solo due: Congresso di Vienna del 1814-1815 e Pace di Vienna tra Italia e Austria nell'ottobre del 1866, Di fronte al Parlament c'è il Volksgarten, bellissimo parco pubblico con il Tempio di Teseo, piccola copia del Theseion di Atene. Provo a visitare il Parlamento ma non mi è consentito entrare, probabilmente perchè siamo in un periodo dell'anno di vacanze che non prevede visite. Un centinaio di metri dopo l'edificio del Parlamento il Ring cambia nome e si chiama Universitätsring e si trova il municipio, ovvero Rathaus, con la sua spettacolare facciata e con una piazzetta semicircolare di fronte al quale c'è il Rathauspark, il parco che vede in estate una serie di manifestazioni teatrali e cinematografiche. Quando arrivo qui davanti al Municipio trovo una piacevole atmosfera familiare, di paese, che si produce per le numerose bancarelle che si trovano ai bordi del viale che collega il piazzale con l'Universitätsring e per la atmosfera di cordialità che si respira. Ci sono centinaia di sedie che serviranno a vedere, dopo il tramonto, la proiezione di un film in programmazione e ci sono, soprattutto, una serie di piccole tavole calde che sfornano invitanti piatti di tipica cucina austriaca. Il profumo dei cibi serviti e gli odori tipici di questi piccoli chioschi mi ricordano le feste di paese o addirittura i "festival dell'Unità" in Italia. In verità cambiano le pietanze e gli odori ma l'atmosfera è la stessa e la gente è piacevolmente distesa. L'intera area è a disposizione di bambini e famiglie che passeggiano nel parco vicino. Vedo un po' di gente che va a spasso, e più trascorre il tempo e più aumenta il loro numero, segno che l'avvicinarsi della sera porta qui parecchie persone desiderose di aria pulita, verde, tranquillità e grandi spazi. C'è anche qualche gruppo musicale che suona e canta arie d'opera. La facciata del Rathaus domina l'intera area sottostante e la slanciata Torre centrale è alta circa cento metri. Dico tra me che questo non sembra per niente un Municipio. Piuttosto, mi ricorda l'omologo Municipio Hôtel de Ville di Bruxelles. Qui è tutto bello e piacevole. Mi passa per la mente l'idea che se vivessi qui a Vienna verrei spesso in questo piazzale a passeggiare la sera e a prendere il fresco in estate come sto facendo adesso. Poi quando penso che avrei dovuto parlare la difficilissima lingua tedesca e subito la mente mi riporta alla dura realtà di un impossibile sogno. Altri cento metri più in là, oltre il Rathaus, sulla sinistra e prima dello Schottentor, c'è l'Universität di Wien. Non per niente il Ring si chiama qui Universitätsring. Subito dopo l'edificio dell'Università si nota una bellissima chiesa. E' la Votivkirche (Chiesa Votiva) perchè è dedicata al Divino Redentore. La chiesa da lontano sembra troppo bella per non farle una visita.
E così mi avvicino ad essa con curiosità. E' ispirata alla Cattedrale di Colonia. Anche perché un sesto senso mi dice che all'interno deve proporre qualche cosa di interessante. La mia guida mi riferisce che la costruzione è nata come ringraziamento per un attentato fallito all’imperatore Francesco Giuseppe I. Si tratta di un edificio neogotico - nella foto alle mie spalle - finito di costruire nel 1879, nello stesso anno in cui morì James Clerk Maxwell e nacque Albert Einstein. Fu progettato dall'architetto Heinrich von Ferstel e fu inaugurato in occasione delle nozze d'argento di Francesco Giuseppe I. Ha due guglie alte e slanciate e all’interno si trovano importanti opere d’arte. La piazza antistante, chiamata Rooselveltplatz, invita ad entrarvi. Sorvolo su molti aspetti bellissimi presenti all'interno della chiesa per concentrare la mia attenzione su un dettaglio che mi colpisce. Si tratta di una lapide nella quale compaiono delle parole italiane che mi fanno intuire che si possa trattare di una iscrizione in memoria dei caduti austriaci nella 1a guerra mondiale, in alcune località al confine con l'Italia. In particolare leggo: «Valmorbia, Ortigara, Zugna Torta, Meletta, Mantello, Tonale» tutte località che furono teatro di scontri sanguinosi nel periodo 1915-18, con molti soldati caduti. Purtroppo.
Il Tonale poi lo conosco bene perchè ho abitato a poche decine di chilometri per una decina di anni. Una stretta al cuore mi prende nel momento in cui comprendo la tragedia avvenuta quasi un secolo fa e che accomuna tutti i caduti delle guerre dei due paesi. Dopo i nomi nelle due lingue delle località italiane l'iscrizione, tutta in rigoroso in carattere maiuscolo, continua solo in lingua tedesca e con alto valore patriottico afferma:
DIE LETZTEN KAISERSCHÜTZEN AUS DEM VÖLKERRINGEN 1914-1918 IHREN TOTEN KAMERADEN DER KAISERSCHÜTZEN RGT. NILI TRIENT. NR.II BOZEN NR.III INNICHEN GETREU IHREM WAHLSPRUCH SIEG ODER TOD IM ALPENROT STARBEN 502 OFFIZIERE UND UBER 15.500 MANN FÜR DAS VATERLAND. La traduzione è la seguente: «Gli ultimi difensori del Kaiser degli scaglioni 1914-1918 ai loro Camerati dei Reggimenti Trentino e Bolzano che, fedeli al giuramento di Vittoria o morte sulle Alpi arrossate, sono caduti per la Patria in 502 ufficiali e 15.000 soldati». Tragico e angosciante. In quel momento mi viene in mente il "Bollettino della Vittoria" del 4 novembre 1918 del Capo di Stato maggiore dell'Esercito, Generale Armando Diaz, scritto sulla lapide commemorativa apposta a Roma nella Sala Consiliare del Campidoglio, ma anche in tante altre città d'Italia che ricorda lo stesso evento ma con spirito diverso. Dice l'ultimo periodo: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza". Confesso di essermi commosso nel momento in cui ho accostato le due scritte con due significati diversi allo stesso evento storico legato alla conclusione della 1a guerra mondiale. Probabilmente l'analogia è un po' forzata, ma la ritengo utile perché emerge in tutta la sua forza l'orrore della guerra che ha segnato i destini delle due nazioni. Tante vite umane, soprattutto di giovani, di entrambe le parti, distrutte nel conflitto. Anni di letture di libri e materiali storici legati alla "Grande Guerra" e al coraggio di tutti i soldati, di qualunque parte essi siano stati, mi avevano indotto a pensare che c'erano profonde e robuste ragioni per motivare la vittoria dell'esercito italiano su quello austriaco nel 1915-18. Non avevo mai immaginato di mettermi "dall'altra parte". Nonostante le mie conoscenze di meccanica della relatività di Galileo e di Einstein in tutta la mia vita non avevo mai pensato all'eventualità di immaginare il conflitto mettendomi nei panni dell'Austria piuttosto che in quelli dell'Italia. Solo adesso riesco a farlo e provo un'inquietudine che mi fa comprendere per la prima volta che durante una guerra non c'è solo il "nostro" esercito ma c'è anche "l'altro" esercito, che merita dignità e onore. Qui, in questa chiesa dalle guglie straordinariamente appuntite, in un pomeriggio di fine estate viennese e davanti alle parole che ricalcano il linguaggio del nazionalismo patriottico, sento mie le parole lette in alcuni libri di rievocazione storica della tragedia di quella guerra, ormai lontana nel tempo, che parlano di solidarietà e di fratellanza che sono le sole parole non di circostanza dal profondo significato umano.
Uno dei tanti libri italiani sulla Grande Guerra è quello di Paolo Monelli Le scarpe al sole: cronaca di gaie e di tristi avventure d'alpini di muli e di vino, edito da Mondadori. Un libro scritto subito dopo la fine della 1a guerra mondiale che racconta la storia degli Alpini italiani in guerra, in cui esce fuori l'universo della vita di alta montagna e della trincea nella sua cruda realtà: l'orrore della prima linea e la nostalgia dei propri cari. Altro libro interessante è Orme di guerra. Lettere e cartoline dal fronte (1912-1919), a cura di Laura delle Cave, dove Mario Morelli, Capitano Medico del 178° Reparto Someggiato, 23° Corpo d’Armata, e poi nel 16° Gruppo Alpini, invia dal fronte lettere, cartoline e fotografie alla famiglia. Per non parlare anche di alcune lettere scritte dal fronte da fanti sgrammaticati, tra i pochi non analfabeti, come per esempio nelle "Lettere dal fronte del soldato Barberis Giletti Claudino" dal titolo Carissima moglie. In una di queste dice: "“Ti raccomando di stare tranquilla, di mangiare e bere stare allegra che tutto passa”. Anche la cinematografia ha contribuito a denunciare l'assurdità e la violenza del conflitto e le condizioni di vita miserevoli della gente e dei militari. Unico nel suo genere è il film di Mario Monicelli La grande guerra, interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman che è considerato uno dei migliori film italiani sulla guerra e uno dei capolavori della storia del cinema, nel quale si rimane colpiti dai forti legami di amicizia che nacquero tra i fanti nonostante le differenze di estrazione culturale e geografica. Lo dico con grande sensibilità: mi piacerebbe poter leggere, in italiano, delle analoghe lettere dal fronte dei militari austriaci per giustificare una volta di più che la guerra non fa differenze e che la guerra è comunque sempre da evitare. Esco dalla Votivkirche depresso, col morale a pezzi. Le riflessioni effettuate davanti a quella lapide mi hanno distrutto. Adesso, a parte la mia simpatia per Vienna, rimane il fatto che mi sento profondamente scosso dalla rievocazione di tutto quel mondo che regge la storia fra i due paesi di quel periodo. E l'unica conclusione che mi viene in mente in questo momento è che in questi casi è necessario rispetto e dignità per tutti i soldati protagonisti delle guerre. Ho bisogno di svagarmi un po' e di pensare ad altro. Tra me e me penso alla possibilità di visitare anche alcuni luoghi e monumenti relativi non più alla 1a ma alla 2a guerra mondiale. Esempi? In primo luogo il Sowjetisches Ehrenmal, cioè il Monumento alle truppe sovietiche che si trova in Schwarzenbergplatz vicino alla stazione U-Bahn di Karlsplatz; poi l'Holocaust Memorial, cioè il Monumento alle vittime ebraiche austriache della Shoah che si trova in Judenplatz; quindi il Mahnmal Gegen Krieg Und Faschismus, cioè il Monumento contro la guerra e il fascismo che si trova in AlbertinaPlatz; in più il Museo Ebraico e la Sinagoga; etc. Non se ne parla nemmeno. Non sono nelle condizioni psicologiche migliori di vedere nulla di tutto questo. Voglio solo andare via da lì. Decido pertanto di percorrere il largo viale alberato Schottenring fino in fondo al Donaukanal. Voglio vedere qualcosa di moderno, di gaio che mi faccia cambiare umore e virare per note ottimistiche. Un buon caffè con una fetta di torta viennese mi può agevolare in questo e lo faccio nel primo Café che incontro. Ci sono molti edifici di proprietà di banche e assicurazioni. L'edificio della Borsa (Börse) e tutti gli altri dell'intero viale sono molto belli perchè mostrano, come al solito, una architettura perfetta di linee geometriche straordinariamente armoniche e pulite. Questa dello Schottenring è una bella passeggiata, un po' lunghetta, per la verità, ma interessante, che mi permette tra l'altro di vedere un altro pezzo della città lungo il canale Donau. In realtà l'ultimo tratto è un lungofiume. A Roma lo chiamiamo "lungo Tevere". Per analogia si dovrebbe chiamare "lungo Canale Donau". Invece no. L'aspetto sorprendente è che il nome "lungofiume" in tedesco si chiama Kai e quello che sto percorrendo in questo momento è il Franz Josefs Kai. La sorpresa è che trovo una forte coincidenza fra il nome austriaco «kai» con il nome francese «qais» per i lungo Senna. Pensandoci bene a Wien, nei secoli passati, quasi tutti parlavano bene il francese e si potrebbe spiegare così l'assonanza dei due nomi per lo stesso concetto. Il lungofiume è un pezzo di Ringstrasse e conclude il viale ad anello costeggiando il Donaukanal. Il mio obiettivo è arrivare in Schwedenplatz e qui prendere la metro per ritornare in hotel. Prima però devo attraversare un'altra piazza Morzinplatz che funge da terminal degli autobus provenienti dall'aeroporto. In questa piazza si trova quella che fu la sede della Gestapo durante gli anni bui della dittatura nazista.
Quarto giorno Domenica 25 agosto.
Oggi è il penultimo giorno di permanenza a Wien. Domani si ritorna a Roma. Decido pertanto di visitare un altro tesoro viennese che è il Belvedere (in tedesco Schloss Belvedere), ovvero la seconda altra residenza privata degli Asburgo, appartenuta prima al Principe Eugenio di Savoia e poi acquistata dall'Imperatore.
Il complesso si trova nel quartiere Landstraße, a sud del centro, e consiste di due costruzioni, le cui facciate si trovano una di fronte all'altra, separate da giardini e vasche d'acqua. All'interno del complesso ci sono dei musei d'arte interessanti che conservano, tra le molte e differenti figure di spicco dell'arte pittorica, quadri dei secessionisti come Klimt, Schiele, Gerstl e Loos. Lo Schloss Belvedere si trova in Prinz-Eugen-Straße,27 (Belvedere Superiore) a fianco del Palais Schwarenberg e lo si raggiunge facilmente prendendo a Stephanplatz la metro linea U1 Kagran-Reumannplatz per Südtiroler Platz e da qui a piedi per dare uno sguardo a quest'altra parte della città, oltre il Ring. Mi fa un certo effetto vedere una piazza chiamata Piazza Südtirolo. Attenzione che la u abbia la dieresi. In verità, in Italia non ne esiste nessuna, neanche in Alto Adige regione dove si parla il tedesco come prima lingua. Ne esistono invece a Innsbruck, Salzburg, Graz, Schwaz, Spittal, Lienz, Jenbach, Kuffstein, e chissà in quanti altri posti dell'Austria. Ne esiste persino una, a Rosenheim, in Germania. Pertanto, la mia curiosità è giustificata dalla rarità dell'evento. Intendiamoci, io sono molto contento che l'Italia abbia nella sua Repubblica la bella Regione dell'Alto Adige. Mi dispiace, altresì, che i sudtirolesi non abbiano un loro Stato autonomo, dal nome evocativo di Südtirol, che comprenda l'Alto Adige. In linea di principio non sarei contrario neanche all'unione con l'Austria. In effetti riconosco che la popolazione dell'Alto Adige è di lingua tedesca da sempre e come tale non assimilabile a quella italiana. E' perfettamente giustificato, dunque, l'anelito di riunificazione altoatesino con il Tirolo. Purtroppo, sappiamo come sono andate le cose alla fine della 2a guerra mondiale, in cui le potenze vincitrici hanno deciso giustamente di punire l'Italia per le sue gravi colpe dovute al fascismo di Mussolini e premiare la Yugoslavia assegnandole l'italianissima Istria e contemporaneamente di penalizzare l'Austria non riconoscendole il diritto di avere di nuovo con sè, come ai tempi di Francesco Giuseppe I, il Südtirol. Vero è che lo Statuto della Regione Autonoma Speciale permette all'Alto Adige di avere una autonomia straordinaria e unica al mondo. Tra l'altro, con l'Unione Europea oggi tutti questi aspetti nazionalistici non hanno più significato. L'importante è vivere in pace all'interno dell'UE e dare il massimo di autonomia agli altoatesini. Ma ritorniamo a noi. I due edifici di cui è costituito il Belvedere sono in verità messi di fronte ma distanti fra di loro da un giardino eccezionalmente lungo e straordinariamente perfetto. A rigore ci sarebbe anche l'altra eccezionale residenza privata che è lo Schönbrunn, in Schönbrunner Schloßstraße,47. Si tratta anche qui di un'altra residenza estiva dell'Imperatore, la più grande, che è contemporaneamente tante cose messe insieme: imponenti serie di edifici ma anche un parco e dei giardini. Purtroppo però come spesso accade nei miei viaggi non posso vedere tutto e, dunque, sono costretto a fare delle scelte. La ragione per cui ho deciso di visitare il Belvedere, piuttosto che lo Schönbrunn, è che nel primo si trovano esposti dipinti e opere dei secessionisti che a me interessano non poco. Qui ci sono "belle cosine" da vedere. Intanto stiamo parlando del Belvedere Superiore, e non di quello Inferiore, dove si possono ammirare una completa raccolta di dipinti del viennese Gustav Klimt in particolare i due famosi quadri "Il bacio" e "Giuditta". Ci sono anche opere di Schiele e di Kokoschka oltre a capolavori del Biedermeier viennese di cui non ne ho mai approfondito l'esistenza. Ricordo a questo proposito che la Secessione, in tedesco Sezessionstil, fu una associazione di 19 artisti tra i quali vi erano pittori e architetti. Sul Bacio di Klimt naturalmente ognuno ha le sue idee e le mie non coincidono con gli estimatori di quest'opera. Di baci ce ne sono molti in giro. Oltre a quello di Klimt ci esistono quelli di Hayez, di Piccasso, di Munch, di Giuda, di Rodin con la sua scultura, le foto di Doisneau e di Times Square, per non parlare del più recente e celebre bacio (vero) fra Leonid Breznev ed Erich Honecker del 1979. Io preferisco Il Bacio di Heyes ma ognuno è libero di scegliere quello che più gli interessa. La visita è piacevole ma impegnativa. C'è da camminare un bel po'. Dopo due ore di straordinarie visioni di sale e di opere secessioniste da una parte all'altra del complesso decido di approfondire lo studio di questa importante corrente artistica di fine Ottocento andando subito a vedere il Palazzo della Wiener Secession, ovvero la Palazzina della Secessione.
Si trova in Wienerstraße, a due passi da Karlplatz e vicino la Staatsoper. Eccola alle mie spalle nella foto. Sede di quel movimento di Art Noveau, in tedesco chiamato Jugendstil, propone opere d'arte caratterizzate da linee ondulate e da un forte senso del decorativismo. Lascio alle guide e ai manuali di Storia dell'Arte gli approfondimenti. A me interessa qui osservare lo stile di questo particolare movimento di cultura artistica che è pittorico ma anche scultoreo, architettonico e di arti applicate. Alla fine degli scalini sopra la porta d'entrata, c'è scritto il motto della secessione: Der ٠ Zeit ٠ ihre ٠ Kunst ٠ der ٠ Kunst ٠ ihre ٠ Freiheit ٠, cioè "Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”. Dentro ci sono molti dipinti esposti. Mi piace ricordare qui di Klimt uno dei pannelli raffiguranti i teatri dell'antichità che decorano il Burgtheater di Vienna e che è intitolato «Il Teatro Antico di Taormina». Questo dipinto immagina un teatro antico in marmo con colonne marmoree che non esistono nella realtà. Lo dico perchè in gioventù frequentavo spesso il Teatro greco di Taormina in quanto ho vissuto lì vicino alle falde dell'Etna tutta intera la mia gioventù da studente. Il pannello ha la forma di un'anfora e sullo sfondo fa vedere il golfo di Giardini con un monumento che ricorda l'Altare della Patria di Roma. All'interno fra i dipinti meravigliosi c'è una parte della sala centrale nella quale si può vedere il film della vita di Gustav Klimt. Cosa dire di queste due visite "secessioniste"? Alla base di tutto c'è un aspetto di sintesi che caratterizza l'intero piacere di visita viennese: il desiderio di vedere in originale e nella loro sede naturale tutto quel complesso di idee, di sensazioni e di emozioni che solo questa città può dare più di tutte le altre, per quanto riguarda il piacere storico del secolo d'oro viennese dell'800. Una sola riflessione per tutte. Ciò che più mi colpisce della visita alla bella capitale austriaca è la possibilità di confrontare concretamente le foto presenti nella guida di come era Wien a cavallo dei due secoli dell'Ottocento e del Novecento, e anche oltre, con quelle di come è adesso dal punto di vista architettonico e monumentale. Vedere strade, monumenti, palazzi e altro nelle foto di più di un secolo fa e confrontarli con quelli di adesso fa vedere e "toccare con mano" il cambiamento avvenuto dalla società nel tempo. Poter confrontare oggi come erano il Graben, la Wiener Opernhaus, nelle foto ingiallite dal tempo un secolo fa e come sono adesso davanti a me, riconosciamolo fa una certa impressione. Un mondo che non c'è più ma che c'è stato è la meravigliosa possibilità che si offre a tutti coloro che visitano ciò che non avevano mai visto di presenza ma immaginato in anni di letture appropriate di libri di narrativa, letteratura, storia, politica, arte, musica, filosofia, scienza e psicanalisi. A proposito di psicanalisi, il programma di oggi prevede adesso di andare a vedere il Sigmund Freud Museum ovvero la Casa museo di Sigmund Freud. Prima però a pranzo. Il locale scelto è un ristorante vicino al Graben e il menù è più viennese che non si può: cotoletta "alla viennese", ovvero schnitzel autentica e doc con patate fritte. Non si può venire a Wien e non mangiare questa autentica pietanza tante volte ricordata nei ristoranti italiani. E subito dopo nel Cafè Sacher una fetta di "sachertorte" per completare la viennesità del pasto completo. Manca solo di entrare in una sala da ballo e ballare il valzer. Con lo stomaco pieno si va al museo Freud che qui si chiama Casa museo. Anni di studi e di letture di libri della collana Boringhieri, ma anche di altri editori come Il Saggiatore etc., relativi alla scienza in generale ma anche alla storia e all'epistemologia della scienza mi hanno portato a imbattermi con una certa regolarità con Freud e la psicanalisi ma anche con la psicologia. Basta sfogliare il catalogo della "Universale scientifica Boringhieri" e fra centinaia di titoli di libri di questa collana si trovano opere di Sigmund Freud ma anche di sua figlia Anna, di Jung e altri. Titoli come Psicopatologia della vita quotidiana, Psicanalisi infantile, Totem e tabù, Introduzione alla psicoanalisi, La vita sessuale, L'interpretazione dei sogni, Il motto di spirito, etc. sono alcuni di questi titoli che mi ponevano interesse e curiosità verso questo settore della cultura. Su questa minibibliografia freudiana avrei tante cose da dire. Mi limito solo ad osservare che il possesso di libri della collana “Universale Scientifica Boringhieri” era per me studente degli anni ’60, con pochi soldi in tasca, uno dei miei più grandi desideri. E quando mi era possibile acquistarne qualcuno, anche sacrificando un pasto della mia modesta paghetta settimanale, lo facevo con grande piacere. D’altronde quella era una delle rare possibilità che avevo di acquistare libri di valore di alto livello culturale. E dopo averlo acquistato non vedevo l’ora che arrivasse la domenica, a scuola chiusa, per divorarne il contenuto. Di buon’ora andavo nella piazzetta vicino alla pensione dove abitavo o lungo “la passeggiata a mare” e, seduto su una panchina, leggevo piacevolmente per ore. E adesso che mi trovo a Wien non posso non fare una visita al padre della Psicanalisi e con curiosità e spirito di avventura mi accingo ad andare a "toccare con mano" nella casa museo le sue cose. Esco così alla fermata della linea U2 di Schottentor per arrivare a Berggasse 19 dove si trova la casa di Freud in un edificio al solito a quattro piani. Attenzione non Burggasse ma Berggasse, nel 9° Bezirk. Tra l'altro, una parte della Berggasse mostra una forte pendenza che mi colpisce perchè non me l'aspettavo. Fu in questo edificio che a cavallo dei due secoli, l'Ottocento e il Novecento, Sigmund Freud esercitò la sua terapia psicoanalitica. Mi presento alla casa museo al primo piano che visito con interesse. Lo studio è stato ricostruito fedelmente con un lettino che però non è l'originale. Rimane il fatto che la casa si presenta come una abitazione adeguata e spaziosa. Al primo piano si ha la possibilità di vedere diversi documenti, foto, cimeli (penna stilografica, lettere, etc.) e oggetti antichi che gli sono appartenuti in vita e che lui catalogava con attenzione. Lo studio in cui esercitava si presenta disadorno ed essenziale e su tutto domina una specie di fredda ambientazione che lo rende estraneo a qualunque tentativo di coinvolgimento. Almeno questa è la sensazione che provo durante la visita. Freud ci abitò per cinquanta anni fino al momento in cui il nazismo prese il potere e lui di origine ebrea dovette fuggire a Londra. All'uscita del museo c'è una tavola calda e un pasto leggero è il minimo che possa fare. La signora che gestisce il Café mi serve un thè e uno strudel andato a male, dal gusto spiacevole. tento di farle capire che avrebbe dovuto cambiarmelo ma non è facile comunicare il due lingue differenti. E poi "non c'è peggior sordo di colui che non vuole sentire". Non accetta la critica e da gran furbacchiona si fa pagare per intero la consumazione. Altro "oggetto del desiderio", simbolo della città, è il Prater, la parte moderna di Vienna, situata al di là del Donaukanal e prima del Donau. Essendo oggi giornata festiva, approfitto della possibilità di visitare una porzione del famoso parco di divertimento viennese. Com'è noto il Prater contiene tra le tante cose un luna-park, nel quale si erge la famosa ed enorme ruota di Vienna con appese, a forma di casette, gli spazi per provare sensazioni fuori dal normale ad altezze proibitive. Dunque, prendo la U-Bahn linea 1, la più frequentata, da Stephanplatz per Kragan. Le fermate sono appena tre: Schwedenplatz, Nestroyplatz e Praterstern. Quindi il viaggio è breve. C'è folla nella vettura ed io devo subire la pressione di alcuni passeggeri che mi spingono verso la parete della carrozza. Ho in mano un sacchetto contenente la guida, alcuni depliant e una bottiglietta di acqua minerale. Con l'altra mi sorreggo in alto alla sbarra di sostegno ed ho il borsello davanti alla pancia. Due donne dall'età e dall'abbigliamento poco elegante e un uomo con un vistoso braccio ingessato mi comprimono, dandomi un po' di fastidio. Alla fermata di Praterstern i tre velocemente escono dalla vettura e alcuni istanti prima che il convoglio riparta mi accorgo con meraviglia che la zip del mio borsello è aperta e manca il palmare. Immediatamente capisco che l'allegra combriccola dei tre me lo ha rubato. Riesco a scendere dalla vettura velocemente prima che le porte si chiudano davanti a me e mi metto alla ricerca dei tre fuggitivi. Purtroppo c'è molta confusione. La folla eccitata dalla vicinanza del luogo di divertimento forma una specie di barriera tra me e l'uscita mentre molte persone si muovono disordinatamente davanti a me. Conclusione: non riesco a localizzare i tre mariuoli. In pratica non ho più il palmare perchè sono stato derubato. Risulta evidente che non ho mai letto il Manuale di come difendersi da un artista della truffa. Anzi da tre artisti della truffa perchè gli artisti sono tre: due donne e un uomo, quest'ultimo finto ingessato. Ho sempre saputo che esistono dei professionisti del furto con destrezza. Il fatto è che almeno in questa occasione non sono stato in grado di sconfiggerli. La sensazione non è delle migliori e immediatamente cerco una stazione di polizia per denunciare il furto. Ma le complicazioni sono molte. Trovo un piccolo posto di polizia nella U-Bahn al quale mi rivolgo per denunciare il furto. Fra difficoltà di comunicazione insormontabili riesco a far capire a una giovane poliziotta che mi serve copia della denuncia. Perdo più di un'ora di tempo per tutte le operazioni di denuncia ed esco dalla stazione per prendere una boccata d'aria. Fortunatamente avevo inserito la password e dunque mi sento sicuro che chi mi ha rubato il palmare non lo potrà utilizzare. Rimane il rischio, sebbene sia molto improbabile, che venga ceduto a qualche hacker di turno. Ma sono ottimista perchè si tratterebbe di operazioni di alta competenza impossibili da conciliare con l'esigenza di trarre un vantaggio immediato ai tre ladruncoli. E' ovvio che la visita al Prater salta e mesto, con la coda fra le gambe, ritorno in albergo. La serata è irrimediabilmente rovinata. Fortuna che domani rientro.
Quinto giorno Lunedì 26 Agosto.
Oggi è l'ultimo giorno di permanenza a Wien. La partenza per Roma è prevista alle 18,25. Dunque, la mattinata è ancora disponibile per qualche altra visita non ancora effettuata e per l'acquisto di qualche souvenir caratteristico di Wien. Il programma di oggi prevede di fare un'ultima passeggiata nell'Innerstadt. Prima però, col tram n. 1, desidero vedere l'intero Ring comodamente seduto su un mezzo pubblico e osservare le strade e i palazzi col via vai della gente. Non sarà romantico come la passeggiata con il Fiaker, che è la carrozzella viennese consigliata dalle guide proprio per il Ring, ma sarà piacevole, economico e utile lo stesso. A un certo punto scendo dal tram e mi appare un mondo completamente diverso da quello intravisto in precedenza. Ci sono molte persone, mal vestite e sporche, che parlano tra loro. Sono gente dell'Est europeo, forse russi, non lo so, che mi fanno l'effetto di barboni che vivono ai margini della città anche se in zona centrale. Si tratta di una geografia di lerciume che evidenzia in modo palese un universo di miseria. Mi chiedo come sia possibile che possano coesistere da un lato tanto lusso certificato dalle vetrine dell'Innerstadt e poi vicino tanta povertà. Qui nel Ring c'è il rischio di vedere gli estremi possibili e immaginabili, il paradiso e l'inferno, la finezza e la rozzezza, la ricchezza e la povertà. E si potrebbe andare oltre. Per certi aspetti mi ricorda il romanzo di Albert Camus, La mort heureuse (La morte felice) nel quale il protagonista Mersault dopo essere arrivato in treno a Vienna dice: «Vienna è una città riposante: non c'era niente da visitare. La Cattedrale di Santo Stefano, troppo grande, lo annoiava. Preferì i caffè che le stavano di fronte e, per la sera, una piccola sala da ballo vicino alle rive del canale. Durante la giornata passeggiava lungo il Ring, nella profusione delle belle vetrine e delle donne eleganti. Godeva un po' di quella scenografia frivola e lussuosa che astrae l'uomo da se stesso nella città meno naturale del mondo. Ma le donne erano belle, i fiori turgidi e splendidi nei giardini e, sul Ring, al cader della sera, tra la folla serena e brillante che vi circolava, Mersault contemplava in cima ai monumenti l'impeto vano dei cavalli di pietra nella rossa sera. [...] Vi scrivo da Vienna [...] Qui la bellezza ha fatto posto alla civiltà. E' riposante. Non visito chiese o cose antiche. Passeggio sul Ring». Questo passo mi ha colpito parecchio e accostato alla mia passeggiata sul Ring "calza a pennello". Nei pochi periodi della prosa di Camus si trova la sintesi della mia visita e l'essenza della vita nella bella ed elegante capitale austriaca. Il ballo (cioè l'amore dei viennesi per la musica e il valzer), i fiori (cioè l'amore degli stessi per l'ordine e la bellezza dei giardini), la città meno naturale del mondo (cioè l'amore per l'architettura dei palazzi che non hanno avuto eguali), i monumenti (cioè l'amore dei viennesi per la bellezza scultorea che orna qualunque monumento), etc. è possibile tirare le somme e definire Vienna una città d'amore e d'arte. Ed è con questo anelito di grande compiacimento per aver potuto gustare le bellezze di questa straordinaria e unica città che concludo un viaggio che oso definire indimenticabile. Heinrich Heine, a proposito di un suo resoconto di viaggio in Italia, disse: "Su questa terra non c'è cosa più noiosa della lettura di un racconto di viaggio in Italia, salvo forse scrivere il racconto stesso". Sono d'accordo. Tuttavia devo anche ricordare che tutti i miei diari di viaggio hanno anche un altro scopo che è quello di essere letti per ricordare che si tratta di un omaggio, anzi di quindici omaggi, che io faccio alla straordinaria avventura dell'Unione Europea. Se dovessi individuare un solo fatto prodotto dagli europei di alto profilo valoriale, culturale e soprattutto politico ed economico che merita di condensare in una sola parola la sintesi delle virtù direi senza esitazione che la costruzione dell'Unione Europea è la più grande conquista che gli europei abbiano mai fatto nei millenni di storia passata. E per conoscere un po' chi sono questi straordinari uomini e donne che abitano il continente europeo è necessario fare dei viaggi a "casa loro" per conoscerli meglio nel senso di imparare dalle grandi cose prodotte da tutti i popoli d'Europa. A questo proposito, il bravo Stegan Zweig, scrittore austriaco, giornalista, drammaturgo e poeta della Vienna a cavallo dei due secoli dell'Otto-Novecento, dice che "l'essenziale dell'educazione morale si apprende meglio attraverso l'occhio vigile e l'immediatezza viva del sentire" e, in estrema sintesi, che "l'apporto culturale dei popoli europei, nonchè il loro aspetto positivo e creativo, lo si può capire meglio in modo immediato, personale, de visu", se lo si verifica in loco, con i viaggi, sebbene i soli viaggi non possano bastare. Scrivendo questo report di visita mi propongo anche l'obiettivo non secondario di permettermi in futuro la possibilità di poter attingere dalla memoria ricordi estremamente piacevoli che sicuramente non dimenticherò mai. Ritorno a Roma consapevole più che mai della bontà del mio progetto di "vedere e toccare con mano" la realtà di questo grande sogno che è l'Unione Europea. Arrivederci e al prossimo viaggio a Madrid.

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
AMSTERDAM Nederland
LONDRA Great Britain
PARIGI France
VIENNA Österreich
MADRID España
LISBONA Portugal
BERLINO Deutschland
PRAGAČeské Republika
DUBLINO Ireland Dublin
ATENE Ελλάς Αθήνα
STOCCOLMA Sverige
HELSINKI Suomi
LUBIANA Slovenija Ljubljana
NICOSIA Cyprus Lefkosia
LA VALLETTA Malta
SOFIA Бългaри София
BUCAREST Romania Bucureşti
BRATISLAVA Slovensko
BRUXELLES Belgio
BELGRADO Srbija Београд
OSLO Norge
ZAGABRIA Hrvatsk
TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

Manuali e guide di viaggio adoperate.




Nessun commento:

Support independent publishing: buy this book on Lulu.