domenica 28 giugno 2009

Alcune riflessioni singolari sul libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi.

Eccolo li, dissi. E’ uno di quelli. Intendevo dire che il libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi era un libro di quelli che ti costringono a pensare alla tragicità della vita. La sua lettura non passa indisturbata nella mente di chi legge e costringe il lettore interessato a riflettere su alcuni passaggi angosciosi e angoscianti della vita in un libro che produce ricordi, malinconia, inquietudine. “E’ giusto che sia così”, mi dissi rivoltando il libro che avevo acquistato qualche giorno prima. Lo avevo letto a tappe forzate, interessato più del solito ad arrivare alla fine che prevedevo altamente emotiva. A conclusione della lettura mi dissi che il libro dovevo rileggerlo con più calma per gustarlo appieno. E dire che lo avevo comprato solo per curiosità. Mi ero chiesto infatti che tipo di romanzo potesse scrivere un giovane laureato in fisica teorica che ha tanto coraggio da scrivere un romanzo di narrativa, con linguaggi e contenuti completamente differenti dai suoi studi specifici. E poi, questa storia della solitudine dei numeri primi: “che ci azzecca”, mi ero chiesto? La curiosità mi ha portato a scoprire che non c’è limite alle capacità umane. Voglio parlare di questo libro perché il romanzo mi ha turbato. Se dovessi scrivere una brevissima recensione direi pressappoco che è un libro da leggere furtivamente, al riparo da occhi indiscreti, la mattina presto quando in famiglia tutti dormono. Il libro racconta le molteplici e amare fasi del dolore e della solitudine che pervade l’intera esistenza dei due protagonisti, una ragazza e un ragazzo. I due giovani rimangono profondamente segnati da un fatto doloroso accaduto loro all’età di sette anni, per il quale la vita è diventata un’autopunizione con cui faranno i conti per sempre.
Il romanzo è interessante. Penso che si possano scrivere decine e decine di recensioni, toccando aspetti variegati e diversi l’uno dall’altro. Io invece ho in mente un tipo di riflessione singolare, che è quella di commentare alcuni riferimenti presenti nel romanzo fatti a temi prettamente scientifici di fisica (non di matematica) per vedere un po’ come li ha introdotti l’Autore e perchè.
Dal contesto dell’intero romanzo sono riuscito a isolare venti episodi di cui Giordano fa riferimento esplicito a contenuti e idee della fisica. I riferimenti sono tecnicamente ineccepibili, precisi, linguisticamente perfetti e altamente significativi nella logica della narrazione. Essi non appesantiscono il racconto. Chi è sprovveduto in fisica neanche se ne accorge che esistono, perché la prosa di Giordano non è ridondante, non usa quasi mai le virgolette e il discorso è per lo più diretto. Il lessico è semplice ma rigoroso e i termini specifici di fisica utilizzati in alcuni passi precisi sono comprensibili a tutti. Chi conosce bene la fisica prova piacere a leggere una simile prosa perché i riferimenti sono puntuali, arricchiscono i dettagli della narrazione, la rendono più fluida e in sintonia con i fenomeni narrati. Insomma Giordano è stato, a mio parere, bravo non c’è che dire.
Passerò adesso a commentare alcuni di questi riferimenti, magari a tappe. Oggi parlerò del primo riferimento ed eventualmente commenterò gli altri diciannove nei prossimi giorni, se ne avrò il tempo e la voglia. Per curiosità dirò che i passi rimanenti si trovano a pagina 48,75,86,89, 102,120,123,156,161,176,188, 225, 242,245, 282,286,291,297 e 300.
Il primo riferimento di fisica presente nel romanzo si trova a pagina trentacinque, alla fine del secondo capitolo. Per dire la verità è il tema di fisica più evidente di tutti. Addirittura è il titolo di un capitolo, il secondo, chiamato Il Principio di Archimede (1984). Si tratta di un riferimento cruciale nella economia del romanzo perché non solo si sofferma e definisce in Mattia il dramma della scomparsa della sorella da lui provocata con l’infelice scelta di parcheggiarla nel parco per “mezz’oretta”, come le aveva detto a voce nel momento in cui la lasciava, ma anche perché evidenzia un tratto della sua complessa personalità, piena di introversione e di insicurezza nelle quali si manifesta la sua forte interiorità e la sua preoccupazione della vita. Mattia prende da quel momento l’abitudine a conficcarsi nella mano una scheggia di vetro per farsi male. “Aspettava che da un momento all’altro Michela affiorasse in superficie e nel frattempo si chiedeva perché certe cose stanno a galla e certe altre invece no”. Questo è il passo che caratterizza la fisica dei fluidi. Potremmo definirlo il passo della “spinta idrostatica” che non ha successo perché gli impedisce di riportare a casa la sorella gemella. Giordano sa benissimo perchè certe “cose” stanno a galla e altre no. Il principio di Archimede afferma infatti che tutte le “cose” (i corpi) immerse in un fluido (qui fluido sta sia per liquido, sia per aeriforme) ricevono una spinta (forza) dal basso verso l’alto uguale al peso di un ugual volume di fluido spostato quanto è quello della “cosa” immersa. Al di là degli aspetti fisici del fenomeno della spinta archimedea dei fluidi sulle “cose” immerse in essi, c’è da dire che succede a tutti nella vita di osservare un ritaglio di realtà e sperare che si verifichi in quel contesto un evento statisticamente molto improbabile: ritrovare la propria cara, cioè una sorella, una madre o un’amica. E’ chiaro che la sorella gemella, durante l’assenza del fratello, ha trovato sicuramente la maniera di avvicinarsi al fiume dove è stata trascinata dalla corrente. D’altronde lo dice lo stesso Mattia che qualche anno prima nelle vicinanze dello stesso posto Michela fu salvata dal padre quando cadde in acqua e tirata su dalla sua prontezza. Dunque, Mattia spera di rivedere improvvisamente la sorella uscire dalla riva del fiume, ma la realtà è purtroppo più avara dei desideri. La trama del romanzo prevede che Mattia dovrà soffrire maledettamente tutta la vita fino alla sua morte nel rimorso di aver causato la scomparsa della gemella, segnandogli la vita per sempre. Triste destino il suo di avere sulla coscienza la morte di un pezzo di se stesso. Non dimentichiamo che Michela è gemella di Mattia e di solito i gemelli vivono spesso in simbiosi non potendo fare a meno l’uno dall’altro. Orbene, nonostante il principio di Archimede preveda di far ricomparire in superficie le “cose” immerse nell’acqua, purtroppo il corpicino della sfortunata ragazza non comparirà mai. Giordano dubita della validità del principio? Non credo proprio. Giordano sa bene che il fenomeno della spinta verso l’alto non può essere messo in discussione nella fisica classica perché senza un esperimento certo, che ne falsifichi l’asserto, nel mondo della scienza i presupposti della legge continuano a valere fino a prova contraria sperimentalmente confermato. Ogni porzione di fluido fa la sua parte nello spingere verso l’alto “le cose” immerse. Perché? Perché il fenomeno è spiegato da una legge deterministica, cioè causale. La spinta di Archimede è spiegata come concorso e combinazione di due principi affini a quello di Archimede che concorrono a determinarne la validità, perché stabiliscono la necessità e la ricorrenza in modo complementare di nesso, cioè di relazione tra causa ed effetto. In questo modo il principio diventa universale. I due principi che giustificano quello di Archimede sono il principio di Pascal e quello di Stevino. Essi vengono utilizzati nella teoria per dimostrare la forma matematica del principio di Archimede, secondo la formula Sa=d g V , dove Sa è la spinta (forza) di Archimede verso l’alto misurata in newton, d è la densità del fluido nel quale è immerso il corpo (l’acqua ha densità 1000 kg/m3), g è l’accelerazione di gravità che alle nostre latitudini è circa 9,81 m/s2 e, infine, V è il volume del corpo immerso nel fluido, misurato in m3. Il corpo di una ragazza quindicenne in media può avere un volume di circa 50 dm3 e pertanto avrebbe dovuto ricevere una spinta di Sa=(1000kg/m3) (9,81 m/s2) (0,050 m3)= 500 N, corrispondente al peso di un corpo di massa gravitazionale di circa 50 kg. I conti tornano. Quello che non torna nel romanzo è la spietatezza di Giordano nel decidere la sensazione che ha imposto di far provare a Mattia osservando l’acqua del fiume che non restituiva il corpo annegato della sorella. Deve essere stato tremendo per Mattia trascorrere nel parco i minuti alla ricerca della sorella. Il rimorso del dissennato gesto di Mattia di avere lasciato sola la sorella, in balia della casualità delle azioni della sfortunata, di sera, in un parco solitario che non avrebbe potuto aiutarla nessuno in caso di difficoltà, è un terribile segno del destino che introduce dei sensi di colpa in Mattia tanto forti da segnarlo per tutta la vita. Giordano a questo proposito è freddo e crudele nel descrivere gli ultimi istanti in cui Mattia rimase vicino alla sorella prima di abbandonarla per andare alla festa di compleanno del compagno di classe. Quando decise di lasciarla nel Parco “si allontanò di qualche passo camminando all’indietro ”[…] si mise a correre […] mentre dentro la scatola più di duecento cubetti di plastica sbattevano l’uno sull’altro e sembrava che volessero dirgli qualcosa”. Cosa sembravano dire a Mattia i cubetti? Che Mattia stava commettendo l’errore di lasciarla sola e che Mattia avrebbe dovuto fare attenzione nel non abbandonare la sorella, perché avrebbe rischiato di non ritrovarla mai più. Ma Mattia non voleva fare cattiva figura in casa del festeggiato. Maledetta vergogna, maledetto carattere quello di Mattia, la cui vergogna produce alla fine il drammatico evento della scomparsa della sorella. La vita di Mattia da quel momento in poi non sarebbe stata più come prima. Povero Mattia. Che tristezza. Quale tremenda punizione per un ragazzo di quindici anni. Terrificante.

mercoledì 24 giugno 2009

No, non è la RAI ma una “casa chiusa” dal potere politico dei partiti.

Dicono che con l'arrivo del nuovo Direttore del TG1, Augusto Minzolini, nominato dalla maggioranza, l'ammiraglia della RAI non è più come prima. Scarsa informazione, parzialità degli interventi, oscuramento delle cattive notizie che riguardano il Presidente del Consiglio, provincialismo, privilegio della cronaca ai danni dei fatti e delle idee, atteggiamenti e modalità di informazione date da giornalisti che nella BBC non avrebbero fatto neanche i passacarte e via dicendo sono i tratti caratteristici della RAI di oggi. Minzolini si difende affermando che il telegiornale principale della RAI non può mettersi in mostra parlando di pettegolezzi e chiacchiericci vari. La prudenza, in questi casi, è d’obbligo ha detto il Direttore Minzolini. Dunque, che nessuno si aspetti servizi basati su notizie che non hanno “solidità” giornalistica che riguardano il Premier. Ecco in sintesi la dichiarazione del Direttore del TG1. Questi i fatti e passiamo alle opinioni, le nostre ovviamente. Noi non ci uniamo al coro di coloro che criticano Minzolini, perchè copre, a loro dire, in modo indecoroso la figura di Berlusconi. Non è questo il problema. Da questo punto di vista se si riflette un po' il Minzolini potrebbe avere ragione da vendere nell'evitare che la RAI diventi un telegiornale scandalistico. Il problema è di altra natura ed è più grave ancora della notizia che il neo-direttore sta assecondando il Capo molto bene. Il problema è che la RAI non dovrebbe avere Direttori come Minzolini. La ragione principale riguarda il fatto che il Direttore di una testata giornalistica del servizio pubblico dovrebbe essere nominato da un'Autorità indipendente e non, viceversa, da un organismo politico che è nominato dai partiti in ragione di percentuali che prevedono la spartizione delle poltrone. Il fatto grave, dunque, è che i Direttori dei TG della RAI, tutti i Direttori, sono soggetti al controllo politico dei partiti che li hanno nominati. Dunque, non possono essere considerati direttori, ma uomini di fiducia lottizzati. Abbiamo detto dei partiti e non di Berlusconi perchè nella vergogna nazionale di una RAI lottizzata da sempre ci sono tutti i partiti e non solo quello del Presidente del Consiglio. La gravità del fatto, dunque, non è che Minzolini copra Berlusconi. La gravità sta nel fatto che sia stato nominato alla RAI un personaggio che non ha assolutamente nulla del direttore indipendente, come lo sono per esempio nella BBC. Lo stesso vale naturalmente per il TG2 e il TG3, direttori che in un altro paese sarebbero stati utilizzati solo come portavoci e non come capi dell’informazione pubblica. Quando un Servizio pubblico come la RAI non è in grado di fare informazione obbiettiva perché i capi delle strutture sono sponsorizzati dai principali partiti della maggioranza e dell'opposizione, qualunque critica contro uno di questi signori è debole e non vale nulla. La sola cosa che ha senso dire in questi casi è che la corsa verso le maggiori sconcezze giornalistiche e politiche continua "alla grande". Qui per schifezze intendo l’assoluta inutilità di un’azienda che non fa più informazione obiettiva e imparziale nei confronti del potere e programmi culturalmente validi. Ormai la RAI è un gigantesco comitato di affari dei propri sponsor Capi di partito. Cosa vi aspettavate da un sistema che considera la politica uno strumento esclusivamente di potere e di guadagno, nel colpevole e assordante silenzio dei Reverendissimi Arcivescovi e Cardinali della CEI che non hanno nulla da dire in questo tourbillon di veline che devono attendere a mezzanotte, nel palazzo della politica, il potente di turno “nel letto grande”?

mercoledì 17 giugno 2009

L’imbarazzante rapporto tra fannullaggine e potere.

Il tema dei fannulloni negli impieghi pubblici merita di essere ripreso se è vero, come è vero, che esso è stato oggetto di interesse anche di noti opinionisti che scrivono sui giornali a caratura nazionale. Galli della Loggia, per esempio, ha scritto sul CdS del 19 aprile u.s. che il tema è da inserire nel più generale problema della sicurezza delle città. Il senso del suo scritto è identico al nostro. Noi abbiamo parlato spesso in questo blog di disimpegno dei pubblici dipendenti, di diseducazione e di fuga dai valori nel loro lavoro, soprattutto in relazione alla categoria dei vigili urbani. Dice Galli della Loggia, a questo proposito, che “c’è una scarsa efficienza dei corpi di polizia urbana e che è servito a poco cambiarne il nome da “vigili urbani” in quello più pomposo di “polizia locale”. Mentre Pubblica Sicurezza e Carabinieri lavorano bene è soprattutto alla polizia urbana che risale la responsabilità per il mancato controllo capillare e continuo del territorio, per la mancata opera quotidiana di prevenzione e di sanzione, unici rimedi idonei nei confronti dei fenomeni di minuta illegalità”. Galli della Loggia naturalmente parla in modo generale di aspetti validi per tutti. Noi che viviamo a Roma siamo invece costretti a parlare di notizie particolari, specifiche e dirette dei vigili urbani che non vigilano più niente, né nelle strade, né nel territorio. Essi si trovano sempre in altri posti meno che nell’unico luogo dove dovrebbero essere, che è poi la strada, dove li vogliamo vedere. La vera minuta illegalità di cui parla Galli della Loggia a Roma si manifesta in primo luogo nelle strade, dove il traffico impazzisce sempre di più, dove i comportamenti diseducativi e contrari alla legge manifestati con impressionante continuità dagli automobilisti dell’Urbe non sono mai in sintonia con le norme del codice della strada. Anzi. La frequenza con la quale non vengono osservati i cartelli dei divieti e degli obblighi, il passare sistematicamente col rosso ai semafori, l’aggirare lo stop dei semafori da parte dei motociclisti utilizzando come carreggiata i marciapiedi, e mille altre improvvisazioni che lasciano allibiti chi li osserva è semplicemente rivoltante. Dice ancora Galli della Loggia che “da parte dei sindaci, sia di destra, sia di sinistra, non c’è stato finora alcun desiderio reale di impegnarsi davvero sul terreno dell’ordine pubblico”. E’ proprio quello che noi andiamo dicendo da anni su queste colonne. Noi aggiungiamo anche i nomi dei responsabili. Prima Rutelli, dopo Veltroni e adesso Alemanno, tutti e tre con la stessa spudoratezza berlusconiana di far finta di nulla, proprio come fa Berlusconi dicendo che non esiste conflitto di interesse tra Lui come Presidente del Consiglio e Lui come padrone di Mediaset. Ringraziamo Galli della Loggia per essere stato chiaro e sincero nella individuazione delle responsabilità che sono da attribuire ai Sindaci e solo a loro. Infatti, in un successivo passaggio del suo articolo, Galli della Loggia dice che se le cose vanno male uno dei motivi “è la scarsa volontà/capacità da parte dei sindaci di farsi valere nei confronti delle amministrazioni di cui sono a capo, ma in modo particolare nei confronti della polizia locale o dei vigili urbani che siano”. Siamo completamente d’accordo! Infatti, se il disastro del traffico che caratterizza la vita dei romani ha un responsabile questo è l’assenza/incapacità dei vigili urbani a risolverlo. Questa è la verità. Ma l’ultimo passo che desideriamo richiamare è quando Galli della Loggia dice che : “i vigili urbani rappresentano quasi sempre delle corporazioni, adagiatisi da anni in consuetudini e pratiche di lavoro gestite di fatto da esse stesse, con numerose nicchie di privilegi, di fannullaggine che nessun sindaco osa toccare”. Chapeau a Galli della Loggia. Più chiaro di così non poteva essere. Dunque, a Roma tutti i Sindaci e in particolare l’ultimo è, se abbiamo capito bene, ostaggio di questa corporazione. Ricordiamo che durante la prima giunta di sinistra il sindaco di allora, il bel Rutelli, dovette prendere atto che i vigili urbani minacciarono uno sciopero compatto se fossero state toccate le loro isole di privilegio. Naturalmente vinsero i vigili, perché né Rutelli prima, né Veltroni dopo, né Alemanno adesso, hanno modificato nulla. Noi ci chiediamo perché i Sindaci a Roma riescono a mostrare il peggio del loro ruolo e per quale motivo non riescono mai a mantenere le loro promesse, che sono poi quelle di di fare gli interessi dei cittadini e non delle corporazioni. Come mai è possibile, per esempio, che non venga contrastato nel centro storico l’accattonaggio, non vengano allontanati i venditori ambulanti abusivi, non si faccia rispettare il decoro della città, etc.? Come è possibile che il Sindaco Alemanno non faccia assolutamente nulla per evitare di rimuovere tutte queste cause di sudiciume? Vuol dire che è connivente o incapace? A voi la risposta.

domenica 14 giugno 2009

Un disgusto dopo l’altro in quest’Italia da marionette.

Oggi l’idea di Unione Europea è in crisi. Lo è nelle teste malate di molti politici d’Europa che fanno a gara per inculcare nelle opinioni pubbliche dei loro paesi l’estraneità dell’idea di Europa e di Unione Europea. Lo è nelle pagine dei giornali e delle televisioni di tutti i paesi europei, nei quali invece di parlare dei problemi e dei temi di politica europea hanno fatto a gara a considerare queste elezioni un semplice test elettorale per motivi di bassa politica nazionale. Ma lo è più di tutti nella testa degli europei, che si sono piegati al pericoloso gioco dei loro politici e hanno disertato le urne permettendo alle formazioni nazionalistiche ed estremistiche di inalberare successi. Lo è anche, e questo ci indigna fortemente, nella testa delle gerarchie religiose di tutta Europa a cominciare dal nostro Vaticano, e via via attraverso le varie Chiese protestanti e ortodosse per finire in quella, diciamo la verità molto estranea all’idea di Europa, dei mussulmani, che in questa tornata elettorale europea non hanno mosso né un dito, né un solo simbolo religioso a favore della partecipazione al voto. Fa senso notare che il potere religioso non ha fatto nulla per suggerire ai loro fedeli di non alimentare l’assenteismo elettorale. Siamo francamente sconcertati da questo atteggiamento di irragionevolezza politica di tutti i soggetti istituzionali, laici e religiosi, che dovrebbero avere a cuore le sorti di un’Europa in cui i cittadini siano motore potente e costante del percorso politico comunitario. Forse si vuole agevolare il messaggio disfattista del “tanto peggio, tanto meglio”? E, di grazia, a chi gioverebbe? E parliamo di Italia, ovvero di pessima Italia, forse la peggiore di tutti in Europa, dove gli esempi negativi sono presenti a bizzeffe. Il nostro è stato il paese meno “europeo” di tutti. Diteci, in quale paese si è votato per una elezione europea e tutti, dico tutti, a cominciare dai candidati e a finire a tutti i media (giornali, tv, settimanali,etc.) hanno fatto una campagna elettorale all’insegna del tema “Berlusconi papi” si o no? Non si è parlato di Nuovo Trattato europeo, né di politica estera ed economica europea, non si è parlato di Commissari europei che sono stati bravi o cattivi nella gestione del loro ministero, non si è parlato di difesa comune, né di regole comuni europee. No. In Italia si è parlato solo di veline, di scandali che hanno interessato il Presidente del Consiglio Berlusconi, di “affari” (qui si europei) che sono stati ritratti in foto più o meno compromettenti, e di tante altre questioni che con l’Europa non c’entravano nulla. Lo vogliamo dire a voce grossa che in questo paese la politica europea da sempre, ma più temerariamente oggi più di ieri, è solo un atto formale di potere e di opportunismo per migliorare solo la propria carriera e la propria immagine! Aggiungiamo che i politici che contano, sui quali cade la parte maggiore delle responsabilità, sono proprio coloro che dovrebbero essere cacciati dal tempio, perché perseguono solo e soltanto i propri interessi infischiandosene di Europa e di politica europea! Questo paese sta letteralmente sbrindellandosi. Desidereremmo ricordare ai soli che possono condizionare positivamente l’attuale cancrena della politica italiana, nonché di diminuire il degrado della vita sociale e la mancanza di etica nella vita pubblica, che il loro atteggiamento pilatesco potrà dare pessimi frutti in futuro. Il rischio è che nella melma del risultato di questo andazzo populistico e nella deriva della vita qualunquistica, in cui i politici italiani eccellono, possono andare a finire i loro stessi ideali di vita. Vero, Eccellentissimi Cardinali della Sacra Apostolica e Romana Chiesa Cattolica? Le Loro Eccellenze ricordino che alcune volte l’eccessiva “prudenza cardinalizia”, ben descritta da Manzoni in un famoso passo de “I promessi sposi”, può essere un male e non un bene. Meditino, meditino a fondo e ricordino che Gesù scacciò dal tempio i mercanti.

mercoledì 10 giugno 2009

Piccole differenze di stile di vita, grandi tornaconti in malcostume.

Desideriamo prendere a pretesto due notizie relative alle città di Roma e Reykjavik per fare una riflessione generale su dove sta andando la società italiana. In questi giorni, nel suq delle informazioni giornalistiche imbarazzanti emergono due fatti degni di nota per gli scopi di spiegazione che ci proponiamo di conseguire. Richiamiamo la vostra attenzione sul fatto che questo blog sin dal lontano gennaio 2003 si è posto un preciso obiettivo strategico: mostrare il nostro Paese per quello che è, cioè per la desolante povertà antropologica e per la mediocrità della proposta etica di vita che propone ai suoi cittadini. Nello stesso tempo ci interessa far emergere che molti dirigenti politici italiani (ricordiamo che in Parlamento siedono più di un centinaio di inquisiti e condannati con sentenze di notevole gravità) sono lontani anni luce da una condotta di vita morale ed etica. In altre parole, siamo del parere che il paese, oggi, è nelle mani di una degradata rappresentanza politica che amministra la cosa pubblica in modo identico a un comitato di affari. Si tratta della modalità più vergognosa che si possa immaginare nel mondo della vita pubblica, lontana da una condotta di impegno civile e morale che dovrebbe esercitarsi all’insegna dei valori fondanti della vita che prevedono la rinuncia alle comodità e alle prebende ingiuste e spesso immorali, la generosità dell’offerta di lavoro verso il prossimo, l’impegno a colpire le varie canaglie parassite e, in definitiva, a fornire alla società un modello virtuoso di comportamento onesto e incorruttibile. Tra l’altro opposizione e maggioranza si richiamano a radici storiche e politiche che hanno a che vedere con veri santuari di altruismo e di impegno civile, come il socialismo da una parte e il cattolicesimo dall’altra. Vuol dire che i figli sono tali e quali come i padri oppure i figli sono degenerati in mariuoli contro gli insegnamenti virtuosi dei padri? A voi la risposta. Per parte nostra siamo del parere che gli italiani hanno perduto il senso della severità verso i costumi facili e il senso della fierezza del sacrificio nell’evitare le scorciatoie facili e illusorie e hanno deciso di stare lontani da una vita che mostri un senso francescano di comportamenti irreprensibili. Severità, rigore morale e civile, fermezza nei principi morali, intransigenza sul lassismo, impegno, sacrificio, vita intesa come dono di se stessi per i principi morali ed etici nella società sono diventati oggi concetti lontanissimi dagli italiani che hanno potere e che “contano” dal punto di vista delle professioni e degli uffici che dirigono. Naturalmente casi infrequenti e rari sono possibili, ma come insegna la statistica non fanno testo. Per la nostra breve analisi partiamo da due notizie che riguardano la vita di due capitali europee che più diverse di come sono non possono essere. Si tratta delle due capitali dell’Italia e dell’Islanda. Ecco l’analisi. Roma è sporca mentre Reykjavik è pulita. Roma è sozza e la sua sporcizia è doppia: da una parte è piena di sudiciume fisico (vedi spazzatura, strade impraticabili, piazze sporche, rifiuti ovunque, muri imbrattati, prati e aiuole impossibili da definirsi tali, etc. tali da sembrare una bidonville africana) e dall’altra è piena di lerciume morale (giunte municipali che non fanno gli interessi dei cittadini, aziende pubbliche che spendono denaro pubblico in modo indecente, comitati di affari che nel chiuso di consigli di amministrazione programmano scempi edilizi, etc. tutti impegnati a imbrogliare le carte per favorire gruppi di potere e ottenere il massimo dei vantaggi a favore degli spolpatori di professione della cosa pubblica romana, ed altro ancora). Reykjavik, viceversa, è pulitissima, ordinata, integerrima, luterana. Ha un efficiente sistema di pulizia della città, di raccolta differenziata della spazzatura, con cittadini attenti al senso civico e pieni di attenzioni verso la loro capitale. Possiede un eccellente servizio di trasporti e gli automobilisti della città nordica non si comportano come i romani, dove se ci si ferma al giallo di un semaforo il minimo che ci possa accadere è di sentirsi gridare dietro: “ahò, noi ar semaforo nun ce fermamo neanche cor rosso e tu te fermi cor giallo”? Delle due l’una: o il dna degli italiani è da primitivi che pensano solo a soddisfare i bisogni primari del mangiare infischiandosene del resto, oppure gli italiani sono persone oneste e corrette che si sono affidati prima a un socialismo da bottega e adesso a un cattolicesimo di facciata che, per quest'ultimo e tanto per fare un esempio attuale, nasconde desideri sessuali repressi da liberare in libertà con le veline di turno. Volevamo aggiungere una virgola di informazione. E’ di qualche giorno fa la notizia che l’AMA, la municipalizzata del Comune di Roma, il cui Presidente è stato nominato recentemente dal nuovo Sindaco Alemanno, ha assunto sessanta persone per chiamata diretta e non per concorso pubblico. Tra l’altro dei sessanta, nessuno è netturbino ma tutti sono impiegati a vari livelli di qualifica. Come dobbiamo chiamare questo modo di procedere? Una svista del neo Presidente dell’AMA oppure che “Francia o Spagna purchè se magna”? A Reykjavik sembra che non si faccia così.

martedì 9 giugno 2009

Ragioni e critica: come ti perdo cappa e spada.

La scienza, in questi ultimi decenni, ha conseguito successi incredibili. Dopo la nascita della scienza moderna in cui i canoni più significativi, per brevità, possono essere sintetizzati nei due aspetti di lingua (uso della matematica) e di metodo (critica e falsificazione delle teorie) i successi della scienza sono stati, a varie ragioni, spettacolari. La scienza li ha potuti conseguire perché ha sempre esercitato il diritto di critica contro tutto e tutti, compreso quello contro se stessa. Credetemi, non è poco. A nessuno piace vedere criticato il proprio edificio, i propri convincimenti, le proprie ragioni. Ricordiamo che anni fa quando leggemmo il libro di Feyerabend, Per una teoria anarchica della conoscenza fummo stupiti e irritati dalla spudoratezza del bravo epistemologo con la quale un filosofo della scienza potesse parlare male del metodo scientifico. Ma col tempo capimmo che si impara più da una nota stonata che da cento note ripetitive, spesso non accordate bene. Nel mondo della scienza non esistono santuari, né dogmi. Esiste un solo, gigantesco, collettivo e ben incanalato sforzo di autocritica in grado di scoprire chi è in malafede da chi non lo è. Insomma, si tratta di una gigantesca opera di purificazione di questo importante settore della cultura e del sapere. Dunque, la critica come fattore di sviluppo e di bene dell’umanità. Questo vuol dire che nel mondo della scienza non esiste l’adulazione ma la critica, ed è più bravo lo scienziato che demolisce una teoria (vedi Popper) piuttosto che colui che la loda. "Chi loda s'imbroda" dice una massima veritiera. Copernico non adulò “i Tolomeo e gli Aristotele” ma ricercò un modello cosmologico alternativo. Perché? Per il semplice fatto che si accorse che non bastavano più piccoli ritocchi al sistema e minuscoli aggiustamenti al modello. Erano invece necessari vere e proprie rivoluzioni scientifiche (vedi Kuhn) con modifiche autentiche all’intera struttura del sapere. Lo stesso fecero Galileo, Newton, Einstein, e tutti i padri della meccanica quantistica, a partire da quel Nils Bohr che introdusse lo “scandalo” delle orbite stazionarie. Criticare è saper vivere e saper ricercare vie alternative e migliori all'immobilismo. La critica è consapevolezza di volere bene anche all’avversario. Paradossale vero? Questa lunga premessa era necessaria perché vogliamo criticare il Pd di Veltroni-Franceschini per i loro insuccessi politici, perché riteniamo che in un paese democratico l’opposizione è un pilastro della democrazia e l’azione di controllo che essa deve esercitare sulla maggioranza è garanzia costituzionale. Dove ha sbagliato il Pd? Con linguaggio notarile possiamo dire che ha sbagliato nel merito e nel metodo. Ha sbagliato nel merito perché non ha saputo proporre per tempo il rinnovamento della sua classe dirigente. Quando si vedono dei ciarlatani in Parlamento che continuano a comandare, dopo aver preso delle sberle elettorali indimenticabili, ci si interroga dove sia andato il diritto di critica e di logica in questo partito? I D’Alema, i Rutelli e i “quant’altro” (adesso, nel politichese più di moda va per la maggiore questo disgraziato termine improprio e sconveniente) che ci fanno nella plancia di comando? Vuol dire che chi perde una competizione elettorale vince il potere? E' questo che si vuol dire? E perché alle elezioni europee del 2004 sono stati candidati molti politici perdenti nazionali? Ma il Pd ha sbagliato anche e soprattutto nel metodo. Volete un esempio di errore metodologico? Eccolo. Mentre tutti i grandi partiti europei hanno sempre avuto chiare le proprie origini e le proprie radici politiche, e all’indomani di una competizione elettorale si sono iscritti automaticamente al partito radice (cioè i socialisti con il Partito Socialista Europeo, il PSOE; i conservatori al Partito Popolare Europeo, il PPE; etc.) sapete dove è costretto a iscriversi il Pd di Veltroni-Franceschini adesso? Al partito degli “Altri”! Incredibile, ma vero. Il Pd non è né socialista, né popolare. Non sa nemmeno lui che cosa sia. Anzi. Sembra che tutti facciano di tutto per non dire chi esso sia e nascondere a se stessi che cos’è. E’ serio un fatto del genere? Poteva avere successo una proposta politica basata sull'ambiguità? E poi, poi, smettiamola con questa guerra di contrastare cose sensate come l'immigrazione clandestina, la costruzione di termovalorizzatori, della tav, delle infrastrutture, etc. Meditate gente, meditate.

lunedì 8 giugno 2009

I rischi di una vittoria esagerata.

Le conferme dei risultati delle elezioni nazionali dello scorso anno sono alla fine venute. Le elezioni europee e quelle locali hanno mostrato che Berlusconi è maggioranza in Italia. E che maggioranza. Ha da gridare il Pd dicendo che nel paese il Pdl non ha la maggioranza assoluta. Il Pd mostra in questo contesto la sua vera natura di irascibile e risentito partito che non vuole riconoscere la realtà dei fatti e, soprattutto, non vuole riconoscere la sconfitta di un progetto di nuovo partito che non ha mai convinto. Ma lasciamo perdere il Pd, che continua la solita tradizione di una sinistra italiana incapace di sintonizzarsi sulle sensibilità del paese, e parliamo piuttosto della vittoria del centrodestra. La maggioranza ha vinto alla grande e con convinzione. Lasciate stare il raddoppio dell’Idv o il 6% dell’Udc. Sono quisquilie e pinzillacchere, avrebbe detto Totò. Qui se si considerano i numeri, dalla nascita risorgimentale della Nazione non c’è mai stata una maggioranza così forte, piena e convincente come quella di adesso. Guardate Napoli. Dove sono andate a finire le gioiose macchine da guerra di Bassolino e della sua Collega Sindachessa Iervolino? Noi siamo dell’avviso che il lavoro ai fianchi fatto dal duo Berlusconi-Bossi a Veltroni prima e a Franceschini dopo, è stato il classico lavoro dei pugili che per dieci riprese su dodici lavorano ai fianchi l’avversario in modo tale che alla undicesima ripresa basta poco perché essi vadano ko. Tutti fingono di non capire che il paese, ovvero gli italiani, hanno deciso di dare a Berlusconi una maggioranza solida e convincente per fare le riforme. Quali riforme? Quelle che la sinistra non ha mai voluto fare. Perchè? Perchè ha preferito cedere al ricatto delle pulci di Rifondazione, dei Comunisti d'Italia e dei Verdi e modificare in peggio l'ottima riforma delle pensioni voluta dal precedente governo Berlusconi. Dicevamo, quali riforme? La giustizia in primo luogo, con la separazione delle carriere dei magistrati, di una magistratura che ha debordato dalle linee che la riguardavano; le grandi opere in secondo luogo, che necessitano al paese in maniera vitale e che la sinistra quando ha governato ha sempre messo in naftalina; e in terzo luogo le televisioni, ovvero quei luoghi e quegli strumenti di potere nelle quali sta per andare in onda il programma berlusconiano di cannibalizzare la Rai per far diventare Mediaset la più grande televisione privata del mondo. Avremo in Italia veline e spettacoli indecenti e soporiferi per gli stupidi italiani di sinistra e di destra che non hanno mai voluto capire che la mancanza di un progetto politico moderato e credibile porterà Berlusconi a fare quello che vorrà per almeno altre due legislature. Questo è quello che accadrà nel prossimo futuro. In tutta questa sarabanda di notizie che riguardano i propositi del nostro Presidente del Consiglio una sola cosa non è chiara e che ci lascia perplessi. Il Vaticano e le Gerarchie cattoliche sono soddisfatte o no di questo stato di cose in Italia? Dall’assenza di commenti vaticani non si capisce se la Chiesa cattolica e la CEI in particolare siano soddisfatti di come stanno andando le cose sul piano sociale oppure si è cauti perché c’è preoccupazione. Ma preoccupazione di cosa? Che il famoso relativismo laicista si stia insinuando subdolamente nelle menti degli illusi italiani proprio dall’interno, secondo la massima “dagli amici mi guardi Dio perché dai nemici mi guardo io”. Che gli italiani non abbiano capito nulla di politica lo sappiamo da tempo ma che non l’abbiano capito i Cardinali Eccellentissimi fa notizia. O no? Forse ai Reverendissimi Cardinali Cattolici di Santa Romana Chiesa cominciano a venire dei sospetti che il cavallo di razza su cui hanno puntato finora sia diventato un po’ imbizzarrito? Può la Grande Madre Chiesa Apostolica e Romana accettare questo stato di cose basato sul “nulla etico” e sul “vuoto morale” più assoluto? Noi crediamo che la Chiesa cattolica stia giocando con Berlusconi una partita a poker pericolosissima. Rischia di vincere un piccolo piatto (di lenticchie) e di perdere il piatto più ricco, che è quello della società dei valori irrealizzata e, ahimè, irrealizzabile, magari con un rilancio berlusconiano vinto con un bluff. Sarebbe il colmo, anzi sarebbe una autentica presa in giro. Meditino gli Eminentissimi Cardinali su dove sta andando la società italiana del Noemigate e perchè.

giovedì 4 giugno 2009

Come ti demolisco la fiducia del cittadino nella magistratura.

La magistratura di Catania, con un procedimento che non ha precedenti al mondo, trasforma il carcere duro inflitto a un boss mafioso in “domiciliari” da scontare nella sua abitazione di Catania insieme alla sua famiglia. La motivazione è che il boss ha bisogno di ricevere sostegno psicologico, perché depresso dalla permanenza in carcere e che solo la sua famiglia gli può dare. Questo, in sintesi, il senso della decisione dei giudici. Noi non intendiamo commentare il provvedimento della magistratura perché, a nostro giudizio, non c’è proprio nulla da commentare. Quando la “scienza del diritto” può permettersi il lusso di capovolgere una sentenza e prendere provvedimenti che sono inaccettabili sia al senso comune della gente, sia alla logica giurisprudenziale ci dite, per favore, che cosa dobbiamo commentare? A nostro parere quando si arriva a trasformare una dura disposizione che aveva previsto il famoso art.41bis, cioè il cosiddetto carcere duro, in una sconcertante vacanza globale per il delinquente, che viene protetto fino all’inverosimile, allora vuol dire che siamo proprio arrivati al capolinea. A questo punto i fatti sono due: o il giudice ha torto e, dunque, dovrebbe essere sottoposto a provvedimenti disciplinari gravi oppure il giudice ha ragione, ma in tal caso il governo, nella persona del Presidente del Consiglio, dovrebbe immediatamente prendere provvedimenti legislativi per evitare che si possa ripetere un caso così abnorme, al limite della farsa. Parliamo di farsa perché è evidente che qui si rischia di essere seppelliti da miliardi di sghignazzate dai tanti cittadini che popolano il pianeta quando si parla del “caso Italia”. Come finirà? In questo paese marcio, in cui tutto è diventato una melma acquitrinosa che annulla qualunque protesta, secondo noi, finirà in burla, che è poi l’unica cosa che i nostri politici (attenzione, tutti i politici italiani, di sinistra, di centro e di destra) sanno fare con rara maestria e bravura. Sanno cioè con arte prendere in giro i cittadini in modo vergognoso e disonorevole. I nostri onorevoli dovrebbero vergognarsi se il codice penale che hanno prodotto può permettere simili prese in giro.

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