domenica 28 giugno 2009

Alcune riflessioni singolari sul libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi.

Eccolo li, dissi. E’ uno di quelli. Intendevo dire che il libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi era un libro di quelli che ti costringono a pensare alla tragicità della vita. La sua lettura non passa indisturbata nella mente di chi legge e costringe il lettore interessato a riflettere su alcuni passaggi angosciosi e angoscianti della vita in un libro che produce ricordi, malinconia, inquietudine. “E’ giusto che sia così”, mi dissi rivoltando il libro che avevo acquistato qualche giorno prima. Lo avevo letto a tappe forzate, interessato più del solito ad arrivare alla fine che prevedevo altamente emotiva. A conclusione della lettura mi dissi che il libro dovevo rileggerlo con più calma per gustarlo appieno. E dire che lo avevo comprato solo per curiosità. Mi ero chiesto infatti che tipo di romanzo potesse scrivere un giovane laureato in fisica teorica che ha tanto coraggio da scrivere un romanzo di narrativa, con linguaggi e contenuti completamente differenti dai suoi studi specifici. E poi, questa storia della solitudine dei numeri primi: “che ci azzecca”, mi ero chiesto? La curiosità mi ha portato a scoprire che non c’è limite alle capacità umane. Voglio parlare di questo libro perché il romanzo mi ha turbato. Se dovessi scrivere una brevissima recensione direi pressappoco che è un libro da leggere furtivamente, al riparo da occhi indiscreti, la mattina presto quando in famiglia tutti dormono. Il libro racconta le molteplici e amare fasi del dolore e della solitudine che pervade l’intera esistenza dei due protagonisti, una ragazza e un ragazzo. I due giovani rimangono profondamente segnati da un fatto doloroso accaduto loro all’età di sette anni, per il quale la vita è diventata un’autopunizione con cui faranno i conti per sempre.
Il romanzo è interessante. Penso che si possano scrivere decine e decine di recensioni, toccando aspetti variegati e diversi l’uno dall’altro. Io invece ho in mente un tipo di riflessione singolare, che è quella di commentare alcuni riferimenti presenti nel romanzo fatti a temi prettamente scientifici di fisica (non di matematica) per vedere un po’ come li ha introdotti l’Autore e perchè.
Dal contesto dell’intero romanzo sono riuscito a isolare venti episodi di cui Giordano fa riferimento esplicito a contenuti e idee della fisica. I riferimenti sono tecnicamente ineccepibili, precisi, linguisticamente perfetti e altamente significativi nella logica della narrazione. Essi non appesantiscono il racconto. Chi è sprovveduto in fisica neanche se ne accorge che esistono, perché la prosa di Giordano non è ridondante, non usa quasi mai le virgolette e il discorso è per lo più diretto. Il lessico è semplice ma rigoroso e i termini specifici di fisica utilizzati in alcuni passi precisi sono comprensibili a tutti. Chi conosce bene la fisica prova piacere a leggere una simile prosa perché i riferimenti sono puntuali, arricchiscono i dettagli della narrazione, la rendono più fluida e in sintonia con i fenomeni narrati. Insomma Giordano è stato, a mio parere, bravo non c’è che dire.
Passerò adesso a commentare alcuni di questi riferimenti, magari a tappe. Oggi parlerò del primo riferimento ed eventualmente commenterò gli altri diciannove nei prossimi giorni, se ne avrò il tempo e la voglia. Per curiosità dirò che i passi rimanenti si trovano a pagina 48,75,86,89, 102,120,123,156,161,176,188, 225, 242,245, 282,286,291,297 e 300.
Il primo riferimento di fisica presente nel romanzo si trova a pagina trentacinque, alla fine del secondo capitolo. Per dire la verità è il tema di fisica più evidente di tutti. Addirittura è il titolo di un capitolo, il secondo, chiamato Il Principio di Archimede (1984). Si tratta di un riferimento cruciale nella economia del romanzo perché non solo si sofferma e definisce in Mattia il dramma della scomparsa della sorella da lui provocata con l’infelice scelta di parcheggiarla nel parco per “mezz’oretta”, come le aveva detto a voce nel momento in cui la lasciava, ma anche perché evidenzia un tratto della sua complessa personalità, piena di introversione e di insicurezza nelle quali si manifesta la sua forte interiorità e la sua preoccupazione della vita. Mattia prende da quel momento l’abitudine a conficcarsi nella mano una scheggia di vetro per farsi male. “Aspettava che da un momento all’altro Michela affiorasse in superficie e nel frattempo si chiedeva perché certe cose stanno a galla e certe altre invece no”. Questo è il passo che caratterizza la fisica dei fluidi. Potremmo definirlo il passo della “spinta idrostatica” che non ha successo perché gli impedisce di riportare a casa la sorella gemella. Giordano sa benissimo perchè certe “cose” stanno a galla e altre no. Il principio di Archimede afferma infatti che tutte le “cose” (i corpi) immerse in un fluido (qui fluido sta sia per liquido, sia per aeriforme) ricevono una spinta (forza) dal basso verso l’alto uguale al peso di un ugual volume di fluido spostato quanto è quello della “cosa” immersa. Al di là degli aspetti fisici del fenomeno della spinta archimedea dei fluidi sulle “cose” immerse in essi, c’è da dire che succede a tutti nella vita di osservare un ritaglio di realtà e sperare che si verifichi in quel contesto un evento statisticamente molto improbabile: ritrovare la propria cara, cioè una sorella, una madre o un’amica. E’ chiaro che la sorella gemella, durante l’assenza del fratello, ha trovato sicuramente la maniera di avvicinarsi al fiume dove è stata trascinata dalla corrente. D’altronde lo dice lo stesso Mattia che qualche anno prima nelle vicinanze dello stesso posto Michela fu salvata dal padre quando cadde in acqua e tirata su dalla sua prontezza. Dunque, Mattia spera di rivedere improvvisamente la sorella uscire dalla riva del fiume, ma la realtà è purtroppo più avara dei desideri. La trama del romanzo prevede che Mattia dovrà soffrire maledettamente tutta la vita fino alla sua morte nel rimorso di aver causato la scomparsa della gemella, segnandogli la vita per sempre. Triste destino il suo di avere sulla coscienza la morte di un pezzo di se stesso. Non dimentichiamo che Michela è gemella di Mattia e di solito i gemelli vivono spesso in simbiosi non potendo fare a meno l’uno dall’altro. Orbene, nonostante il principio di Archimede preveda di far ricomparire in superficie le “cose” immerse nell’acqua, purtroppo il corpicino della sfortunata ragazza non comparirà mai. Giordano dubita della validità del principio? Non credo proprio. Giordano sa bene che il fenomeno della spinta verso l’alto non può essere messo in discussione nella fisica classica perché senza un esperimento certo, che ne falsifichi l’asserto, nel mondo della scienza i presupposti della legge continuano a valere fino a prova contraria sperimentalmente confermato. Ogni porzione di fluido fa la sua parte nello spingere verso l’alto “le cose” immerse. Perché? Perché il fenomeno è spiegato da una legge deterministica, cioè causale. La spinta di Archimede è spiegata come concorso e combinazione di due principi affini a quello di Archimede che concorrono a determinarne la validità, perché stabiliscono la necessità e la ricorrenza in modo complementare di nesso, cioè di relazione tra causa ed effetto. In questo modo il principio diventa universale. I due principi che giustificano quello di Archimede sono il principio di Pascal e quello di Stevino. Essi vengono utilizzati nella teoria per dimostrare la forma matematica del principio di Archimede, secondo la formula Sa=d g V , dove Sa è la spinta (forza) di Archimede verso l’alto misurata in newton, d è la densità del fluido nel quale è immerso il corpo (l’acqua ha densità 1000 kg/m3), g è l’accelerazione di gravità che alle nostre latitudini è circa 9,81 m/s2 e, infine, V è il volume del corpo immerso nel fluido, misurato in m3. Il corpo di una ragazza quindicenne in media può avere un volume di circa 50 dm3 e pertanto avrebbe dovuto ricevere una spinta di Sa=(1000kg/m3) (9,81 m/s2) (0,050 m3)= 500 N, corrispondente al peso di un corpo di massa gravitazionale di circa 50 kg. I conti tornano. Quello che non torna nel romanzo è la spietatezza di Giordano nel decidere la sensazione che ha imposto di far provare a Mattia osservando l’acqua del fiume che non restituiva il corpo annegato della sorella. Deve essere stato tremendo per Mattia trascorrere nel parco i minuti alla ricerca della sorella. Il rimorso del dissennato gesto di Mattia di avere lasciato sola la sorella, in balia della casualità delle azioni della sfortunata, di sera, in un parco solitario che non avrebbe potuto aiutarla nessuno in caso di difficoltà, è un terribile segno del destino che introduce dei sensi di colpa in Mattia tanto forti da segnarlo per tutta la vita. Giordano a questo proposito è freddo e crudele nel descrivere gli ultimi istanti in cui Mattia rimase vicino alla sorella prima di abbandonarla per andare alla festa di compleanno del compagno di classe. Quando decise di lasciarla nel Parco “si allontanò di qualche passo camminando all’indietro ”[…] si mise a correre […] mentre dentro la scatola più di duecento cubetti di plastica sbattevano l’uno sull’altro e sembrava che volessero dirgli qualcosa”. Cosa sembravano dire a Mattia i cubetti? Che Mattia stava commettendo l’errore di lasciarla sola e che Mattia avrebbe dovuto fare attenzione nel non abbandonare la sorella, perché avrebbe rischiato di non ritrovarla mai più. Ma Mattia non voleva fare cattiva figura in casa del festeggiato. Maledetta vergogna, maledetto carattere quello di Mattia, la cui vergogna produce alla fine il drammatico evento della scomparsa della sorella. La vita di Mattia da quel momento in poi non sarebbe stata più come prima. Povero Mattia. Che tristezza. Quale tremenda punizione per un ragazzo di quindici anni. Terrificante.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Buonasera, ho letto le sue considerazioni riguardo ai rimandi di Fisica nel libro. Quest'anno ho la maturità e vorrei collegare le materie al romanzo di Giordano. Fisica mi mancava, ma ho trovato (grazie a lei) un rimando all'elettrizzazione per strofinio (pag 123) e penso di collegarmi prima in generale ai riferimenti di fisica fatti dall'autore per poi concentrarmi su questo in particolare, dato che le cariche elettriche le abbiamo viste quest'anno. Che ne pensa? Mi può consigliare?
grazie, una maturanda in crisi

Zeno ha detto...

Carissima, intanto grazie del commento. Non sono molte le persone che fanno commenti su temi impegnativi di narrativa nel mio blog. Si deve essere veramente in ansia per avere il coraggio di scriverne uno come il suo. Vediamo come posso aiutarla.
Intanto desidererei tranquillizzarla dicendole che tutti i maturandi provano l'ansia dell'esame. Anch’io l’ho provata a suo tempo. È un fatto normale e vedrà che alla fine tutto si aggiusterà. Abbia fiducia nella sua preparazione e nei suoi mezzi.
Il libro di Giordano, in fondo a pag. 123, effettivamente parla dei peli delle gambe di Mattia caricati elettricamente per lo strofinio dei suoi pantaloni sulla pelle. A questo proposito il fenomeno dell’elettricità statica è un tema calzante con lo studio dell’elettrologia. Le posso suggerire della bibliografia specifica a questa home page
http://spazioinwind.libero.it/vincal/index.htm
in particolare il libro A.D.Moore, L'elettricità statica. Come si studia, si governa, si adopera, Bologna, Zanichelli, 1977; oppure F.Blezza, Galvani e Volta: la polemica sull'elettricità, Brescia, Editrice la Scuola, 1983; anche J.Ahrweiller, Franklin. La vita il pensiero i testi esemplari, Milano, Edizioni Accademia, 1973;
tutti e altri presenti a questa pagina di bibliografia:
http://spazioinwind.libero.it/vincal/bibliografia_cultura_scientifica.htm
Non mi sono mai rifiutato di dare consigli anche se in questo caso sono di difficile attuazione.Tuttavia, posso consigliarle due blog che trattano le modalità di progettazione e produzione di un approfondimento
tematico (volgarmente detto tesina) che potrebbero esserle utile.
http://nuovocaos.blogspot.it/
http://ilvolo.blogspot.it/
Intanto lei li legga. A mio parere è il miglior consiglio che posso darle. Non si faccia scrupolo di ricontattarmi se lo riterrà opportuno. Da parte mia in bocca al lupo per i suoi esami di Stato.

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