domenica 27 giugno 2010

Quando l’interesse prevale sull’amore.

Il matrimonio è una cosa seria e, soprattutto, non è un contratto di natura economica e finanziaria. Alla base di tutto ci dovrebbe essere il rispetto e la grandezza d'animo. Noi pensiamo che il rapporto di coppia non possa essere condizionato e snaturato da interessi di bottega, altrimenti non è matrimonio. E’ altro. Ci rendiamo conto che in una società relativista e materialista come quella attuale, in cui gli interessi relativi al “Dio Denaro” prevalgono su quelli morali ed etici, potrà sembrare provocatorio scrivere che l’idea giusta di matrimonio sia quella di marito e moglie legati da valori e ideali di altruismo e generosità, validi per sempre, fino a che morte non li separi. Cos'altro aggiungere se ormai tutto è rivoluzionato in negativo e anche il matrimonio viene visto come un normalissimo contratto giuridico, come quello che si stipula fra due pastori a proposito dell’uso di una mucca per un certo numero di anni con la sola condizione che deve produrre più di un certo numero di litri di latte al giorno? A nostro parere è totalmente sbagliato scegliere un contratto di matrimonio fra marito e moglie che preveda separazione di beni a favore del più ricco e ai danni del più povero. Che razza di contratto matrimoniale può essere quello che prevede la separazione dei beni, quando dovrebbe esserci la comunione dell’amore e degli affetti? Questa “cosa” della separazione dei beni noi non l’abbiamo mai compresa e la rifiutiamo. Il matrimonio deve essere unico, con comunione dei beni. La "separazione" fa scadere il vincolo in un fatto di mero interesse. E poi, non sta bene che tutti appaiano uguali quando non lo sono. Non è vero che tutti sono uguali. Chi ha scelto la comunione non è uguale a uno che ha scelto la separazione. Non sta bene che due innamorati si sposino e che tra un bacetto e l’altro l’uno ricordi all’altro che la casa degli zii dell’uno è sua mentre la catapecchia dello zio dell’altro è dell’altro. Ci ricorda la massima degli ipocriti cattolici che dice che “rubare è peccato, ma non nel commercio”. Sta di fatto che allo stato attuale è possibile prevedere, all’atto di sposarsi, il regime di separazione o di comunione dei beni nella coppia. Complimenti a chi sceglie la separazione. Vuol dire che se il matrimonio non funzionerà ci si tutelerà in anticipo dei propri beni permettendo la felicità materiale dei due innamorati a causa del ritrovamento intatto del “gruzzolo”. Ma vi pare possibile una bassezza del genere? Come può partire e mantenersi bene nel tempo un vincolo matrimoniale quando si dice che la casa, i terreni e i titoli di stato in banca sono miei e devono rimanere miei anche se dovessimo separarci? La stranezza ci è apparsa in modo ridicolo quando ci è stato presentato l’elenco dei condomini di un condominio che ha ben 155 unità immobiliari su 156 senza la doppia intestazione di marito e moglie, ma quella di uno solo dei coniugi. In altre parole, i proprietari della totalità degli appartamenti sono solo uno dei due coniugi. Come dire che c’è la conferma del regime di separazione dei beni a livelli di “fobia egoistica”. La statistica ci ha meravigliati e preoccupati. Possibile che si sia trattato di un solo caso su 156? Siamo a meno dell’ 1%! Che dire di tutto questo? Premesso che in democrazia tutto quanto non collide con la legge è da accettare, nessuno si sogna di imporre agli altri i propri convincimenti. Che tutti possano scegliere il regime che vogliono è un fatto indiscutibile. Non è questo quello che ci preoccupa. Che la gente scelga uno o l’altro dei due regimi fiscali a noi non interessa un fico secco. Tuttavia, dal punto di vista sociale, morale e statistico non possiamo non rimarcare tutto il nostro stupore per le “fondamenta” affettive e d’amore che stanno alla base delle unioni di molte persone che hanno scelto il regime si separazione dei beni. Quello che vogliamo stigmatizzare è che tutti vanno a messa la domenica e tutti si professano cattolici, animati da intenti altruistici e caritatevoli rendendo concreto l’insegnamento di Cristo di dare agli altri parte di quello che si possiede. Che colossale ipocrisia! In più lo Stato consente la reversibilità della pensione da un coniuge all’altro nonostante il motto: “ciò che ho è mio e ciò che hai è tuo”. Come dire chi più ne ha, più ne risparmi per se stesso. E poi ci dicono che l’anima è al di sopra del corpo! Bravi, continuate così che la “società della Jungla” è ormai vicina. Apices juris non sunt jura.

venerdì 25 giugno 2010

Il caso Brancher: e la Chiesa Cattolica ancora non interviene?

Il fatto di oggi interessa l’ennesima beffa commessa da Berlusconi ai danni dell’immagine della Chiesa Cattolica e del paese. Com’è noto Silvio Berlusconi è il Presidente del Consiglio dei Ministri, cioè il Capo del Governo che ha vinto le elezioni perché la Chiesa Cattolica lo ha appoggiato alle elezioni politiche. Giustamente, le Gerarchie cattoliche non si sono fidati del Partito Democratico di Veltroni prima e di Bersani dopo. La Chiesa Cattolica ha pertanto deciso di appoggiare l’elezione di Berlusconi riuscendovi pienamente. I calcoli dei tecnici hanno portato al risultato che le Parrocchie italiane e il meccanismo elettorale cattolico interno alle istituzioni cattoliche ha oliato le liste elettorali di Berlusconi per una percentuale a due cifre. Dunque, se Berlusconi è diventato Capo del Governo lo deve per una grossissima fetta al voto delle Parrocchie. Naturalmente non si è trattato di un regalo disinteressato, come quello di Babbo Natale, ma di uno scambio di favori perché la Chiesa ha avuto grandi “ritorni” dal partito di Berlusconi. Ma questo è un altro discorso. Queste le premesse. Ma cosa è successo dopo? Che la vita politica e quella privata del Capo del governo ha lasciato molto, ma molto a desiderare, tanto che direttamente o indirettamente la Chiesa Cattolica in molte occasioni è stata messa in forte imbarazzo dalla “politica” berlusconiana. Adesso l’ultima trovata del Cavaliere di Arcore è che ha nominato di soppiatto, all’insaputa di tutti, Ministro per l’Attuazione del Federalismo il deputato Aldo Brancher. Come mai? Lo spiegano sul Corriere della Sera e su Repubblica i giornalisti P.G. Battista e Giuseppe D’Avanzo. Entrambi criticano Berlusconi affermando che la nomina è stata decisa solo da Lui per mettere Brancher "in sicurezza", ovvero al riparo dalla magistratura, sfruttando la legge ad personam approvata appena qualche settimana fa in Parlamento e fortemente voluta da Berlusconi medesimo. Chi volesse avere davanti agli occhi due articoli di diverso orientamento ma entrambi critici nei confronti di Berlusconi vada a leggere quanto hanno scritto i due giornalisti. Noi non abbiamo molto da aggiungere. Quello che di originale vogliamo introdurre è che non passa settimana che Berlusconi non metta in difficoltà l’Istituzione cattolica. E questo è inaccettabile. Per un motivo o per un altro trova sempre l’opportunità di commettere azioni (gaffes) che irritano le Gerarchie cattoliche, mettendole in forte disagio e provocando turbamento, come quando si è fatto scoprire che si portava a letto la escort D’Addario tra una seduta e l’altra in Parlamento o quando il giornalista berlusconiano Feltri ha fatto dimettere il Direttore del Quotidiano cattolico l’Avvenire riconoscendo alla fine che lo aveva fatto senza avere prove per la sua omosessualità. Adesso nomina ministro di un fantomatico dicastero dell’Attuazione del Federalismo il suo deputato ex-Fininvest quando c’è già un ministro (e che ministro!) che è Bossi in persona che è, com’è noto, Ministro per il Federalismo. Ma a che gioco giochiamo? Facciamo i doppioni e aumentiamo le spese invece di aiutare i poveri e i diseredati? A nostro parere la Chiesa Cattolica dovrebbe assolutamente prendere in considerazione l’eventualità, prima che Berlusconi commetta altri guai, di minacciarlo che alle prossime elezioni non lo appoggerà più, preferendogli il meno fariseo Casini, che sta aspettando da anni, pazientemente, di avere l’incarico di dirigere il prossimo governo. La Chiesa Cattolica deve pensare che i suoi obiettivi (millenari e spirituali) sono di natura completamente diversa di quelli del Presidente del Consiglio (immediati e materiali). La Chiesa non può aspettare che il divorziato Berlusconi la metta ancora in difficoltà. Gli Eminentissimi et Eccellentisimi Cardinali sono avvisati.

martedì 22 giugno 2010

Lingua, cadenza dialettale e discredito dei politici italiani.

Dice l’On. Bersani, Segretario Generale del Partito Democratico, con perfetta inflessione emiliana: ma, ragassuoli , si può andare avanti così, ancora per tre anni? Eh, ma non si può mica! Per carità, nessuna critica sulla sua inadeguatezza a sapersi esprimere in perfetta sonorità italiana. L’On. Bersani, da questo punto di vista, rimane ai nostri occhi (pardòn, alle nostre orecchie) più simpatico di un politico che si esprime con inflessione sicula o romana che ci ricordano o la lingua della mafia o quella dei bulli di quartiere a Roma. Preferiamo senz’altro il primo e non i secondi. Premesso che Egli e tutti gli altri che hanno il vezzo di esaltare la loro provenienza regionale sono liberi di esprimersi come vogliono, tuttavia il problema diventa imbarazzante quando si intraprendono discorsi i cui registri linguistici esaltano le forme più esasperate della parlata regionale. Non ci sono dubbi che sarebbe più conveniente l’uso in politica di un modo più neutro di esprimersi, altrimenti si rischia di cadere nella goffaggine di una pronuncia che accentua il localismo e il municipalismo. Invece, quello che è chiaramente inaccettabile è che l’On. Bersani, Capo del Partito dell’Opposizione, e tutti quelli come Lui, non sappiano esprimersi fluentemente in inglese. Ci chiediamo: ma quando il maggior esponente dell’opposizione al governo Berlusconi deve comunicare con la stampa straniera o va all’estero per parlare del ruolo e dell’efficacia della politica di opposizione del maggior partito alternativo a Berlusconi in Italia, non si accorge di rischiare di parlare come il comico emiliano di Zelig che con molta ironia e bravura esalta le gesta della moglie quando decide di andare la domenica mattina all’ipermercato di Modena? Oppure quell’altro (ci sembra l’avv. Ghedini, legale di Berlusconi, che è anche Senatore del partito di Berlusconi) che irritato dalla risposta del suo avversario politico grida: ma va là! ma va là! ma va là? Ma che modi sono questi di esprimersi? Purtroppo, siamo sempre qui a ripetere gli eterni difetti degli italiani, senza che nessuno faccia niente per eliminarli. Quando sentiremo parlare in un ottimo inglese un politico italiano che dibatte, critica, contende e, speriamo, metta in difficoltà un suo pari straniero che polemizza in modo poco credibile contro il nostro paese? Già. Forse mai. Il provincialismo italiano è proverbiale: tutti sapientoni e impegnati culturali e non conoscono neanche una lingua in cui esprimersi correttamente. Ahi! Povera Italia!

domenica 20 giugno 2010

L’Homo Italicus: dalla spensieratezza alla volgarità.

Chi ha qualche capello bianco in testa ricorderà con piacere che gli italiani di una volta erano un popolo cortese e pieno di garbo. Chi non ricorda il riguardo nei rapporti con gli altri, la disponibilità nei rapporti sociali, le buone maniere nei rapporti quotidiani e la cordialità nei rapporti, anche delicati, della contesa o della contrapposizione? Senza andare a scomodare Goethe (in realtà lo scomoda, e bene, Domenico De Masi che nel suo interessante articolo “la scienza del buon vivere” pubblicato su Style n.7, Luglio 2010 che consiglio di leggere) – il quale più scendeva nella Penisola verso il Sud e più riconosceva agli indigeni qualità elevate, come l’accoglienza, la disponibilità, l’estroversione, l’allegria e la generosità nei rapporti sociali e umani - adesso c’è solo volgarità, scostumatezza, livore, trasgressività, inciviltà e cafonaggine. Vero o no? In realtà De Masi va al di là di una analisi superficiale della questione, mettendo in evidenza da un lato analisi dei bisogni e dall’altro conseguenze del loro soddisfacimento. Ma a noi interessa capire piuttosto chi e perché ha prodotto questi guasti. Ci rendiamo conto che chi scrive su un giornale come Il Corriere della Sera non ha la nostra libertà nel denunciare i nomi e i cognomi dei politici responsabili. Noi colmiamo questo vuoto, prendendoci la libertà di individuarli e di denunciarli. Prima però desideriamo pubblicare un passo molto efficace e intelligente di De Masi a proposito dei nuovi italiani. Dice De Masi che : “Ai tempi di Goethe eravamo un popolo modello di accoglienza, allegria e gentilezza. Oggi a guardare la violenza dei programmi televisivi è impossibile riconoscerci in quel Paese. […] da maestri di vita cortesi ci siamo trasformati in voraci cafoni assatanati, sempre pronti a scavalcare gli altri nelle file, frodare il fisco nei ristoranti, profittare del turista per spennarlo, sfruttare lo straniero disprezzandolo, urlare quando usiamo il telefono, sgambettare il collega per superarlo in carriera”. Tutto vero. Cerchiamo di capire, brevemente, quando e perché si è creato questo iato nella mutazione dei pregi dell’italiano medio in altrettanti difetti. Tutte le virtù scomparse, a nostro giudizio, sono da imputare a due processi inarrestabili di questi ultimi trent'anni: l’avvento della televisione privata e la rilassatezza dei costumi etici per la trasformazione della politica da servizio “al paese” a “servizio al potente”. Gli elementi cardini della società attuale, che giustificano il cattivo cambiamento delle virtù in vizi, sono da ricercare nell’avere spostato il tema della televisione e della politica da “servizio” a “piacere”. La tv, all’inizio, serviva gli abbonati con i telegiornali, con programmi educativi e con programmi di intrattenimento di apprezzato spessore culturale che nel mentre limitavano le trasgressioni (niente parolacce, niente pornografia, niente cafonaggine, niente litigi, ecc.) esaltavano l’esatto opposto (morigeratezza, equilibrio, sobrietà, apertura all’Europa con programmi quali il festival della canzone europea, i giochi senza frontiere, ecc.). La politica era fortemente ideologizzata, gli iscritti ai partiti, riconosciamolo, lavoravano per il partito e non per la propria tasca, gli uomini politici - essendo eletti con la preferenza - erano più direttamente collegati a una visione di libertà e di autonomia della propria funzione e non di totale dipendenza dal Capo, che adesso li nomina, bontà Sua, parlamentari. Dunque, politica e informazione avevano dei paletti etici e dei significati morali che adesso non esistono più. In altre parole, vi erano dei limiti morali oltre i quali non si poteva andare, pena l’eliminazione dal giro e il ludibrio generalizzato, senza privacy. E si viveva meglio. Adesso, con l’avvento di questa televisione privata e di questa politica come premio all’appartenenza all’azienda, tutto è cambiato in peggio. Adesso rispondete, se volete, a una semplice domanda che comporta la individuazione del responsabile del degrado. Chi, secondo voi, è arrivato ad avere l’azienda televisiva privata più potente d’Italia che influenza, direttamente o indirettamente, l’intera società italiana? Chi ha preso tutto il potere politico (in primo luogo il rastrellamento dei politici dell’ex-partito di Craxi) facendolo degenerare (insieme agli altri) in tangentopoli della seconda Repubblica? E chi ha fomentato e fomenta l’odio per l’avversario, dividendo gli italiani invece di unirli? Se siete stati in gamba a capire chi è stato costui che attualmente fa vedere questa tv e produce questa politica siete a metà del guado. E a chi va, secondo voi, l’altra parte della colpa? Risposta: alla Tradizionalissima, Importantissima et Unica Istituzione che avrebbe dovuto mettere in pratica il detto “libera Chiesa in libero Stato” con l’obbligo (secondo il dettato dei Vangeli) di criticare i ricchi e i potenti, scacciandoli fuori dal Tempio, se non avessero fatto gli interessi dei poveri, dei diseredati e dei giusti (leggansi: lavoratori dipendenti con stipendi da fame che pagano tutte le tasse, salariati, cassintegrati, licenziati e pensionati al minimo). Noi la pensiamo così. Provate voi, se ne siete capaci, a fare una analisi differente di quella che abbiamo proposto noi. Se siete capaci.

giovedì 17 giugno 2010

“ Lacrime e sangue”: ma di chi?

In relazione alla cosiddetta manovra economica effettuata dal governo Berlusconi e alle origini del problema, ci chiediamo come stanno veramente le cose. Ecco di che si tratta. Una massa non certo di gentiluomini, chiamati Onorevoli e Senatori, che hanno calcato le scene delle aule parlamentari della Repubblica dagli anni Settanta fino a oggi, hanno dilapidato una quantità enorme di ricchezza della collettività (prima in lire e adesso in euro) creando un debito inammissibile, che oggi ammonta a circa 1800 miliardi di euro. I nomi di questi politici che negli ultimi quarant’anni hanno razziato il paese vanno da quel Craxi della “Milano da bere”, attraversano tutto l’arco costituzionale dei due ventenni, su su fino all’attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E’ inutile che il Ministro del Tesoro Giulio Tremonti faccia lo gnorri ogni volta che interviene in televisione. Egli sa perfettamente che l’attuale manovra di 24 miliardi è insufficiente ed è paragonabile all’acqua fresca, che non porterà i frutti desiderati. E’ necessario dire a tutto tondo che la vera manovra da fare è dieci volte più grande, cioè circa 200 miliardi di euro. Solo così si ridurrebbe concretamente il debito e solo così all’estero ci renderemmo credibili. Dove trovare tutti questi soldi? Facilissimo e semplicissimo: lo suggeriamo con solo due paroline: evasione fiscale e patrimoniale. Ecco il conto: 75 miliardi di euro entrerebbero in cassa per l’evasione e altri 125 miliardi di euro entrerebbero in cassa da una semplice patrimoniale sui conti correnti e sui portafogli finanziari di tutti gli italiani. E sapete benissimo che questi soldi ci sono e sarebbero presi con certezza, definendo la data del prelievo di domenica sera, con un Decreto Legge valido da lunedì mattina. E’ necessario coinvolgere l’intero paese che ha i soldi in uno sforzo colossale che farebbe di colpo diventare tutti gli italiani veramente uniti, riconoscendoci interamente come un solo corpo e una sola anima in viaggio sulla stessa barca. Ci sarebbero così non solo il risanamento economico e finanziario da tutti desiderato ma, soprattutto, ci sarebbero le condizioni di una rinascita morale ed etica della società italiana. Le mani in tasca agli italiani devono essere messe senza dubbio! L’Italia del futuro sarebbe riconoscente a questa decisione lungimirante, perchè imporrebbe a tutti "lacrime e sangue" in maniera equa e giusta.

domenica 13 giugno 2010

Il mondo del crimine è già in festa per la legge anti-intercettazioni.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è felice. Sente che sta per arrivare al traguardo la Sua legge sulle intercettazioni telefoniche, il vero “balsamo” per il suo futuro. Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sarà norma definitiva. Da quel momento in poi Berlusconi sarà al settimo cielo, perché la principale fonte delle accuse dei magistrati (il 99%?) agli indagati di reato non sarà più utilizzabile se non in forme praticamente inefficaci. Ma la Sua soddisfazione sarà anche la soddisfazione dei molti criminali che dopo la pubblicazione potranno complottare e tramare alle spalle dello Stato a piacimento, senza molte preoccupazioni. Da questo punto di vista la Sua legge ad personam, in verità, non sarà più una vera e propria legge ad personam, perché essendo interessati molti delinquenti cadrà finalmente l’assunto che il Presidente del Consiglio si fa le leggi a suo uso e consumo. Dunque, felicità al quadrato, perché in questo modo nessuno potrà più accusarlo di pensare solo a se stesso. Finalmente potrà fare delle vacanze distensive e concentrarsi sull’altro catastrofico progetto di riforma che aspettano i disonesti: la riforma della magistratura, in cui i giudici dipenderanno dai politici. Sveglio il ragazzo, no? Ritorneremo così ai tempi dei “Promessi Sposi“ quando don Rodrigo e il Conte Zio (con i vari Innominati in giro per la penisola) facevano il buono e il cattivo tempo mentre gli Azzeccagarbugli facevano gli interessi dei potenti. Vero Eccellentissimi et Eminentissimi ?

giovedì 10 giugno 2010

Interessi e sfrontatezza nella legge sulle intercettazioni.

Pensate un po’ in che strano paese viviamo. Nonostante ci troviamo a vivere in uno dei periodi di transizione della società più delicati e difficili della nostra storia di italiani, il nostro Capo del governo opera in senso contrario a quello che ci saremmo aspettati in questi momenti di difficoltà. Ci spieghiamo meglio. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ossessionato dal fatto che la magistratura lo persegue per motivi che hanno a che vedere con reati di tipo finanziario, invece di fornire alla medesima magistratura più strumenti tecnici e giuridici (per la caccia ai piccoli e grandi mascalzoni ed evasori) glieli toglie con una sfrontatezza che non ha eguali. E’ arcinoto che in questi ultimi anni nella società italiana i cosiddetti “mascalzoni di Stato” hanno rubato e continuano a rubare in modo sempre più indubitabile, alimentando il malaffare e togliendo alla società risorse che avrebbero potuto e dovuto essere investite sui due fronti dello sviluppo economico e dell’aiuto ai più deboli. Invece il Cavaliere del Partito dell’Amore che fa? Impone ai suoi parlamentari - peraltro eletti non per voto di preferenza dato dai cittadini ma per sua nomina personale e poi inseriti nel calderone delle competizioni elettorali in cui si vota a scheda chiusa del tipo “prendere o lasciare” - di approvare una “legge suicida”, in cui si impedirà per sempre alla magistratura di intercettare i mascalzoni di Stato e ai giornali di pubblicare le notizie di reato. In questo secondo caso addirittura con la gravissima conseguenza di imbavagliare la stampa libera per impedirle di pubblicare i nomi e i tipi di reato commessi dai malfattori. Ma che modo di ragionare è codesto? Ma in che mondo viviamo? Siamo in presenza di un “anti-Robin Hood” che invece di togliere ai ricchi il frutto delle loro scorrerie finanziarie e darlo ai poveri che ne hanno tanto di bisogno, toglie ai magistrati la possibilità di trovare le prove per mandare in galera i “furbetti del quartierino”. Te capì? Il tutto, conseguentemente, condito con un abbondante aiuto ai malfattori di poter usare lo strumento di comunicazione senza che la magistratura possa utilizzarlo se non in forme praticamente inutilizzabili e inefficaci. E poi ci si dovrebbe chiarire perché la polizia giudiziaria e la magistratura degli Stati Uniti aumentano il ricorso alle intercettazioni telefoniche mentre qui il capo del governo italiano Silvio Berlusconi le elimina. Per caso è il Presidente Obama che sbaglia o è Berlusconi che si sente più bravo degli USA? La sconcertante conclusione è che nonostante ci troviamo a vivere in una società sempre più prepotente e ingiusta - in cui sarebbe necessario serrare le fila e rivalutare i valori contro le spinte centrifughe di ogni tipo e legiferare mettendo al centro delle norme la difesa dell’onestà e lo sviluppo del bene comune della società - l’«amico» Silvio Berlusconi fa tutto il contrario. Vi sembra giusto? A noi no! Ricordiamo che questo Signore è il proprietario della più grande azienda televisiva privata d’Europa, che ha un conflitto di interessi gigantesco e colossale a causa del suo doppio incarico di “Capo del governo” che comanda la RAI e di padrone della televisione privata concorrente a quella dello Stato che è Mediaset. Vi sembra giusto? E in tutto questo lerciume immorale brilla per il suo assordante silenzio l’Istituzione Principe che dovrebbe fare gli interessi dei poveri e dei diseredati, quella Apostolica e Romana Chiesa Cattolica che avrebbe dovuto ricordare al Capo del Governo due ingiustizie: la prima della mancanza di lavoro per i disoccupati e gli aiuti per le famiglie bisognose che stanno sempre peggio; l'altra riguarda l’ingrasso dei ricchi con soldi a bizzeffe perché fanno parte della Casta. Ma perché gli Eminentissimi et Eccellentissimi Cardinali non protestano? Presto detto. Nel DDL che è stato approvato dal Senato c’è una norma che dice che se viene intercettato un uomo di Chiesa (prete, sacerdote, vescovo o cardinale) allora il magistrato deve informare il superiore dell’uomo di Chiesa che il suo sottoposto è indagato. Come dire, che si informa il papà del ladro che suo figlio sta per avere guai con la giustizia se non fa attenzione. Proprio una bella presa in giro. O no?

giovedì 3 giugno 2010

2 Giugno tra orgoglio e stupidità.

Le celebrazioni della Festa della Repubblica a Roma sono state belle e piacevoli. Come al solito si è visto un clima di festa e di serenità che ha conquistato tantissimi italiani, facendoli sentire bene insieme. L’unica nota stonata è venuta dal mondo della politica e dalla logica della divisione che viene ispirata da cattivi maestri che vogliono distruggere un miracolo: quello di una Nazione che, sebbene con difficoltà, cerca in tutti i modi di far vivere i suoi cittadini nelle istituzioni democratiche di un grande paese. Noi siamo sempre stati contro il mondo del teatrino della politica, contro l’idea di una politica al servizio di se stessa e non dei cittadini. Ma da qui all’idea di remare contro l’unità della Nazione per distruggere uno dei più grandi valori della democrazia italiana - che è la Repubblica - ci corre parecchio. Noi non ci stiamo. Poche parole per mettere in risalto chi è questa cricca di pagliacci che vuole destabilizzare la Repubblica con la scusa del federalismo fiscale prima e della secessione (mascherata) dopo. Si tratta di pericolose cricche di Bertoldi che hanno la frenesia di distruggere la cosa più intelligente che sia mai stata prodotta in duemila anni di storia degli italiani: l’Unità Nazionale nella Repubblica. Oggi abbiamo visto l’ennesima pagliacciata dei leghisti che sono stati assenti intenzionalmente dalle celebrazioni del 2 Giugno. Peggio per loro: hanno perduto un’occasione per stare piacevolmente insieme agli altri. Tra tutti si è distinto il pigmeo del Ministro degli Interni, l'astuto leghista anti-italiano Bobo Maroni che da Ministro dell’Interno della Repubblica (ironia della sorte) dà di nascosto un colpo al cerchio e un altro alla botte per romperla, un furbacchione di ipocrita, ostile alle celebrazioni. Pensate che per essere lontano da Roma il 2 Giugno si è presentato a Varese con una banda di giovani carabinieri che hanno suonato, invece dell'Inno nazionale, la canzonetta "La gatta" di Gino Paoli. Naturalmente, il tutto condito dalla complicità sfrontata del Presidente del Consiglio Berlusconi che fa finta di niente in tutte queste vicende di provocazioni anti-italiane all'Unità nazionale. Una sola considerazione. Chi fa politica per dividere, prima o poi mostrerà quanto vale: cioè niente.

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