sabato 29 settembre 2012

Per i giudici copiare si può.

Il 12 settembre 2012 il Consiglio di Stato (C.d.S.) ha ribaltato una decisione del Tar della Campania dichiarando illegittimo il provvedimento di esclusione di una ragazza agli esami di maturità. Perché? E' stata sorpresa, da un docente della vigilanza agli scritti, a copiare dal piccolo schermo del suo telefonino che non aveva consegnato alla Commissione. Secondo il C.d.S. la sanzione con la quale si è esclusa dagli esami la studentessa non avrebbe tenuto conto del suo “stato d’ansia” e del suo “curriculum scolastico” brillante. Questo il fatto, che adesso commenteremo brevemente. Prima però una premessa. La decisione di permettere di copiare agli esami di Stato è una notizia di quelle che fanno perdere speranza anche ai più ottimisti sul destino di questo Paese. Noi abbiamo studiato a scuola I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Sappiamo benissimo come andò a finire la richiesta di Renzo all'avvocato Azzeccagarbugli di difenderlo in Tribunale. Seguiamo la trama. 

Renzo arriva alla casa dell’Azzeccagarbugli. Consegnati i capponi alla Perpetua viene fatto accomodare nello studio che è uno stanzone disordinato e polveroso in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottor Azzeccagarbugli scambia Renzo per un bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Renzo nega di essere un bravo, ma l'avvocato non gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l'equivoco, Azzeccagarbugli si infuria e rifiuta ogni aiuto, mettendolo infine alla porta.  

A nostro parere, la decisione del C.d.S. è coerente con lo spirito educativo della società del tempo che il Manzoni ha voluto descrivere così mirabilmente. Anzi, il C.d.S. diventa in questo caso Azzeccagarbugli, perché prospetta come tesi l’idea che lo stato d’ansia abbia fatto dimenticare alla studentessa (poverina) le conoscenze necessarie per rispondere al compito in classe e che il telefonino (meno male che c'era lui) gliele abbia ricordate. Dunque, i docenti di sorveglianza hanno torto perché avrebbero piuttosto dovuto agevolare la studentessa, permettendole di leggere meglio e senza agitazione la copia presente nel telefonino. Siamo al paradosso. Anzi, siamo all'eccentricità e spiace che una sentenza del genere venga a confermare l’idea che la scuola italiana è tutta da "buttare a mare". Naturalmente la colpa della pessima reputazione della scuola italiana non dipende da questa sentenza. Dipende piuttosto dal fatto che è da quarant’anni che la politica dei nostri Legislatori è tesa a sviluppare nel mondo della scuola un modo di fare cultura che come disse Seneca bonis nocet qui malis parcet, cioè aiuta i furbi e danneggia i buoni. Politici di ispirazione marxista (PCI, PSI, massimalisti) e cattolica (DC) - che si dovrebbero tutti vergognare - si sono trovati sempre d’accordo nello sviluppare una legislazione improntata al più squallido buonismo, regalando promozioni e diplomi anche agli asini. La cosa che colpisce di più è che i due schieramenti, di sinistra e di centro-destra, diversi su tutto hanno sempre trovato un feeling di felice sintesi in grado di rendere il processo educativo sempre meno significativo e sempre più vuoto. Il risultato è che a superare gli esami di Stato sono sempre giovani acefali, ignoranti, che non sono riusciti dopo tre anni di scuola media e cinque di scuola superiore a comprendere  e acquisire il senso dei valori dell’onestà, della correttezza, dell’etica e persino della legalità. E poi ci si lamenta che esistono politici come i deputati della Regione Lazio - tra i quali spicca per essere rappresentativo della nostra società - “er Batman”, che considerano i beni dello Stato come risorse da saccheggiare. Poveri noi! Non abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che “si raccoglie ciò che si semina”!

venerdì 28 settembre 2012

Grandi imbrogli e dichiarazioni folli.


«Il grande imbroglio non è il Governo tecnico e cosa sta succedendo in Italia, ma è l’euro che è stato introdotto senza che avesse una banca centrale alle spalle e la Germania se esce dall’euro non faccio drammi». Lo ha detto Silvio Berlusconi, partecipando alla presentazione a Roma  di un libro dal titolo “Il grande imbroglio”. Cosa dire di questa ennesima esternazione sopra le righe del Nostro? E’ evidente che un ex Primo ministro europeo che fa dichiarazioni del genere dovrebbe come minimo vergognarsi. Sono dichiarazioni di uno sventato che ha perduto la bussola della politica. Il suo è il classico modo di reagire di uno scriteriato che sente l’obiettivo sfuggirgli sempre di più. Sa di soffrire di progressiva emarginazione e sta perdendo il controllo. Non sa più cosa fare, soprattutto dopo che sono emersi gli sconci e le ruberie dei parlamentari regionali del suo partito, il famoso Pdl , ovvero Partito dei ladroni.  Ebbene,  noi diciamo che il grande imbroglio non è stato il Governo tecnico, né l'euro ma l’ostinazione di un ex Presidente del Consiglio, chiamato Silvio Berlusconi, che non ha mai fatto gli interessi dell'Italia ma solo di se stesso. In più, nelle periferie politiche (regioni, provincie e comuni) ha lasciato mani libere ai ladroni del suo partito per fare  razzie di fondi pubblici come alla Regione Lazio. Ecco qual è il vero imbroglio. Adesso se ne è accorta anche la Chiesa cattolica (finalmente!), la quale riconosce l’errore di avergli portato in dote i voti dei cattolici che gli hanno permesso di  impoverire il Paese. Ha spolpato lo Stato negli ultimi dieci anni  più lui che le decine di governi degli ultimi cinquant'anni. Ecco come stanno le cose. Ma adesso i nodi vengono al pettine e gli italiani, gli stessi  polli italiani che prima lo hanno coccolato adesso, diventati galli perché impoveriti dalla sua politica economica e finanziaria (ricordate quel Bertoldo di Tremonti?), hanno capito che il minimo era di mollarlo. Ne vedremo delle belle.

giovedì 27 settembre 2012

Ipocrisia e libertà di diffamazione a mezzo stampa.


Cerchiamo di essere seri, per favore. Dopo la conferma della condanna della Cassazione al Direttore de Il Giornale a 14 mesi di carcere per diffamazione, si sta ufficializzando la solita “operazione all’italiana” per permettere a un condannato, con sentenza passata in giudicato, di evitare che paghi per un delitto commesso e riconosciuto da tutti come esemplare. In altre parole, si sta permettendo a un condannato, reo di avere commesso un reato, di evitare la sentenza con vergognosi trucchi e ripieghi meschini. Questo signore è la fotocopia di quell’altro, Adriano Sofri, che è riuscito a farla franca mediante la collaborazione dei suoi amici politici “progressisti” di sinistra nonostante fosse stato condannato per terrorismo, con sentenza anche qui passata in giudicato, senza mai piegarsi a riconoscere il diritto di un Tribunale della Repubblica di condannarlo. L’operazione è pericolosa perché, al solito, politici e giornalisti mostrano una singolare sintonia di comportamenti sintetizzabile nella frase che “loro sono al di sopra dei cittadini comuni”. Avrei voluto vedere se a essere condannato fosse stato un qualsiasi cittadino al di fuori della Casta. Il rischio è, e non se ne accorgono, che stanno ridicolizzando uno Stato di diritto che quando emette una sentenza ci sono i mezzucci per evitarne le conseguenze. Adesso si grida allo scandalo perché questo signore va in carcere. Scusate, ma i politici e i suoi colleghi giornalisti dov’erano negli anni precedenti? Perché non hanno approvato una legge in grado di trasformare il carcere in risarcimento di denaro? Adesso è giusto che vada in carcere e che questo fatto serva da monito a tutti. Altrimenti è tutta una burla e a pagare sono sempre i più deboli.

lunedì 24 settembre 2012

Lingua e comunicazione di Bersani Premier.


C'è la ragionevole prospettiva che il prossimo Presidente del Consiglio sia l’attuale Segretario del Pd, Luigi Bersani. Ammettiamo che nell'Aprile del 2013 il Pd vinca le elezioni e diventi il nuovo Premier. Al di là di tutto, questa ipotesi è molto probabile. E siccome in democrazia governa chi prende più voti, è molto probabile che il prossimo governo sia un Governo di centrosinistra, con Bersani nuovo Premier. E' un bene o un male? Non è questa la domanda che in questo momento ci interessa. Visto che qualunque governo, dopo Monti, sarà giudicato più in relazione a ciò che avrebbe fatto Monti al suo posto che per quello che farà lui, la domanda giusta diventa: come si muoverà Bersani davanti ai media internazionali e all'Europa? A Bruxelles, il nuovo Presidente del Consiglio Bersani in quale lingua parlerà e si intenderà con i suoi colleghi Cameron, Merkel, Hollande, Rajoy, Barroso, van Rompuy, Juncker, etc? Parlerà in emiliano o in inglese? Rifiuterà l’interprete e parlerà direttamente "a braccio" come Monti in un ottimo inglese? Avrà una pronuncia più vicina a quella di Oxford o a quella statunitense? A proposito, Bersani conosce l’inglese? E se non lo conosce, come pensa di evitare l’emarginazione linguistica, come quella tanto per intenderci che isolò Berlusconi in Europa? Non pensa che sarà i-ne-vi-ta-bil-men-te emarginato mentre tutti gli altri capi di governo parleranno fra loro con facilità e scioltezza come parla Monti? Noi pensiamo che Bersani non sappia parlare in inglese. In queste condizioni il “futuro” Presidente del Consiglio Bersani non crede che questo handicap possa nuocere al suo lavoro e farlo diventare irrilevante nella comunicazione fra i leaders europei, con conseguenti danni di immagine all’Italia? Rimpiangeremo Monti? Noi crediamo che per questo motivo (ma anche per altro) il candidato Bersani premier sia inaffidabile. Sarebbe meglio che lasciasse la partita delle primarie e continuasse a fare il Segretario del Pd. Smetta di insistere, altrimenti si coprirà di ridicolo, porco boia ... oh ragasssi! E poi dicono che un governo politico è meglio di un governo tecnico.

sabato 22 settembre 2012

Politici accattoni e perdita di credibilità della Regione Lazio.


I baccanali della Regione Lazio hanno fatto drizzare le orecchie all’Europa. Il coro dell’eurozona è unanime : “gli italiani sono sempre gli stessi; con una mano ti dicono che sono diventati virtuosi e con l’altra ti rubano il portafoglio”. Già, il portafoglio. Sappiamo quanto siano attenti tutti i governi del nord Europa in materia di controllo dei bilanci dei vari Stati mediterranei dalle mani bucate. Tedeschi, finlandesi, olandesi e tutta la vigile e seria compagine nord europea è in allarme e stanno riproponendo la domanda: “e dopo Monti”? Se le risposte di risanamento dei conti e delle riforme strutturali sono quelle tipo dimissioni ridicole del Governatore Pdl Polverini nel Lazio stiamo freschi. Addio diminuzione dello spread e goodbye fiducia dei mercati. Lo spettacolo circense che la regione Lazio sta dando in merito all’inchiesta per peculato prodotta dai responsabili del partito di Berlusconi è il peggiore biglietto da visita che l’Italia possa dare all’Europa. Aspettiamoci il peggio, a causa dei questuanti politici regionali del Lazio.

lunedì 17 settembre 2012

Abbuffate e lazialità.


L'ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, Franco Fiorito, già soprannominato "bancomat" per la sua capacità di spendere in modo immorale denaro pubblico, è indagato dalla Procura di Roma per il reato di peculato. Ha già confessato i suoi principali imbrogli effettuati con il denaro pubblico dello Stato. Cosa viene fuori dalle indagini? Che la classe politica regionale del Lazio, principalmente nella sua componente berlusconiana ma anche nel resto, è semplicemente stomachevole. Stomachevole qui è da intendere nel doppio significato di disgustoso e di uso smodato dello stomaco, per la quantità di cibo “a sbafo” ingurgitato nei ristoranti laziali (si parla di decine di rimborsi, ognuno dei quali di migliaia di euro relativi a pranzi a base di quantità enormi di ostriche ingurgitate nei ristoranti). Alla Regione Lazio, vero centro del potere politico laziale, circolano maneggioni, faccendieri, spendaccioni di denaro pubblico e, adesso, anche mangiatori smodati e ingordi di pranzi “a sbafo”. Si tratta della più pezzente delle possibili politiche di interesse personale della Casta regionale. Quali le cause? Noi abbiamo la nostra ipotesi. La sostanziale correità dell'intera cittadinanza, attiva e passiva che rifiuta il controllo della legalità ed evita di dare un giudizio morale. Al massimo dice che sono dei "furbetti del quartierino". Alla base delle distorsioni di civiltà e di legalità di questa regione c'è nel migliore dei casi l'indifferenza del cittadino alla criminalità politica e, nel peggiore, la collaborazione col reo per il semplice motivo che giustifica le sconcezze in quanto anche lui aspira a farle. In un paese civile, a quest'ora, sarebbe saltato tutto il Consiglio regionale, con dimissioni e nuove elezioni con candidati puliti e onesti. Qui invece, in questo magma di illegalità, c'è veramente poco da sperare.

martedì 11 settembre 2012

Bullismo e magistratura.


Una miscela esplosiva. Di questo si tratta quando magistratura e pedagogia si incontrano su una sentenza che riguarda la scuola. I fatti. La Cassazione ha condannato una insegnante di scuola media perché aveva fatto scrivere sul quaderno di un bullo suo alunno cento volte “sono un deficiente”. La spiegazione della condanna è che i metodi prepotenti contro gli atteggiamenti di ''bullismo'' degli allievi "finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere". “Non può ritenersi lecito l'uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi", afferma la Cassazione, e ... bla bla bla. Dunque, un mese di reclusione alla maestra e l’obbligo di non farlo più. Noi siamo del parere che hanno sbagliato entrambi. Ha sbagliato la magistratura a condannare l’insegnante perché non è condannando una docente che ha cercato di intervenire nel processo educativo che si fanno gli interessi dello studente. Grave sarebbe stato se l'insegnante avesse fatto come mille sue colleghe e cioè che "si fosse fatta i fatti suoi", mostrando indifferenza. La crescita civile e culturale di uno studente bullo non si realizza premiandolo. Diceva Seneca: “Bonis nocet qui malis parcet”, cioè chi risparmia i malvagi danneggia i buoni. Ma ha sbagliato anche l’insegnante, perché non avrebbe dovuto fare scrivere cento volte “sono un deficiente”, offendendo lo studente. Avrebbe dovuto fare scrivere duecento volte “sono un bullo e devo impegnarmi di più per diventare uno studente più corretto”. Così la magistratura non avrebbe potuto condannare l’insegnante e lo studente avrebbe dovuto scrivere il doppio di prima lo stesso concetto. Ma in Italia è sempre stato così: lo Stato (in questo caso la magistratura) è sempre stato forte con i deboli e debole con i forti. Continuando così avremo tutti i cittadini bulli e maleducati.

lunedì 10 settembre 2012

Un film già visto.


Vi è mai capitato di avere visto un pessimo film e dopo qualche anno un vostro amico vi propone di andare a rivederlo presentandolo come un film nuovo e bello? Ecco, questa è la sensazione che abbiamo provato dopo aver letto sulla stampa che Niki Vendola depositerà in Cassazione la richiesta di referendum per l'abolizione dell'art.18 della "Riforma Fornero". L'immagine che ci è venuta in mente dopo aver letto la notizia è che si sta riproponendo, per l'ennesima volta, il solito ritornello di un leader capo dell'estrema sinistra, il Sel, che propone al Pd di Bersani di correre insieme alle prossime elezioni per battere il capitalismo e governare in “modo nuovo” l'Italia. Con questa premessa ecco l'inevitabile domanda: ma chi garantisce che votando il Pd nel 2013 non si verificherà di nuovo lo scandalo Bertinotti del 1998 e del 2008 quando nelle identiche condizioni di Vendola fece cadere per ben due volte i due governi Prodi? L'inaffidabile e criptico Vendola è a nostro parere l'unica maniera per deludere di nuovo i cittadini italiani nei confronti della politica. Ricordate quando alcuni ministri di RC dei governi Prodi di mattina votavano in Consiglio dei ministri un provvedimento e di pomeriggio andavano in piazza a protestare contro il governo? E' questo che si vuole? L'aspetto più preoccupante della politica di Vendola è che egli manifesta la più totale sfiducia in Mario Monti che è il Capo del governo sostenuto da Bersani. Ci può essere più contraddizione di questa? A questo punto ben venga il giovane Renzi, il quale non presenta alcuna contraddizione. Semmai è un pericolo per Bersani & C. Se le primarie le vince Renzi la rottamazione della vecchia classe politica di sinistra diventerà realtà. Mica male la prospettiva.

sabato 8 settembre 2012

Allegra e irresponsabile ricetta comunista.


Sbucato dal buio della storia Marco Rizzo, Segretario del più oscuro e criptico partito comunista d'Europa, dichiara che «l'Italia sta diventando una colonia e va verso il declino». Dichiarazione breve la sua e ricca di originalità e novità di idee che solo un politico perspicace come lui era in grado di proporre. Rizzo è preoccupato per la deriva dell'Italia. Afferma che la sola ricetta per risolvere i problemi della società italiana è "no Monti, no Europa", insieme a norme legislative di tipo statalista. Da una persona che a tutt'oggi non ha voluto fare i conti con la storia e con il disastro politico ed economico che ha prodotto la sua ideologia ci aspettavamo meno frottole e più idee valide. Proporre come soluzione della crisi il no all'euro e all'UE non si sa se ridere o piangere. Ritornare all'orticello autarchico di un nuovo fascismo “alla comunista” in cui si consuma solo ciò che si produce nella nazione è semplicemente ridicolo. Lui da comunista duro e puro non si pone il problema che il nostro Parlamento è pieno di soggetti fuori tempo massimo. Non abbiamo bisogno di inutili sostituti pieni di gonfiore antieuropeo.

giovedì 6 settembre 2012

Cinquanta sfumature di irresponsabilità.


Delle due l'una: o i partiti si mettono d'accordo sulla nuova legge elettorale che contempli una serie di requisiti che adesso elencheremo, oppure gli stessi partiti candidino uomini e donne moralmente irreprensibili. Non ci sono terze soluzioni. Requisito 1: riduzione consistente del numero dei parlamentari e delle retribuzioni; Requisito 2: liste mai più confezionate a misura dalle segreterie; Requisito 3: decreto contro la corruzione e la concussione; Requisito 4: rinnovamento della classe politica. Quello che ci preme sottolineare è che si rende utile incalzare i partiti sulla scelta di una delle due opzioni. Chi non risponde o, peggio, vuol fare il furbo dicendo il falso, del tipo passata la festa, gabbato lo Santo, dovrà assumersi per intero la responsabilità. Noi, conoscendo chi sono "questi" politici, ci accontentiamo di una delle due opzioni. Ma analizziamo meglio la questione. Voi credete che la coppia "Alfano(alias Berlusconi)-Bersani" si metterà d'accordo? Noi nutriamo molti dubbi. E, dunque, ecco una possibile soluzione: "che il duo Berlusconi-Bersani si impegni per iscritto a candidare solo persone che non abbiano mai frequentato tribunali". Lo sappiamo che è molto difficile. Lo sappiamo. Ma qui sta la scommessa, bellezza! O così o non li votiamo. E la colpa sarà solo dei due BB e non dei populismi di Grillo o di Renzi. Si sappia! In ogni caso Bersani è un osservato speciale perchè vogliamo proprio vedere se avrà il coraggio di evitare le primarie. Sarà la dimostrazione lampante della inutilità di "questi" politici e attenti perchè non saranno accettate accuse reciproche come scappatoia furbesche per evitare gli impegni. Sarebbe il disgusto più totale per una classe politica imbelle che non vuole proprio imparare. Zucconi!

mercoledì 5 settembre 2012

Il mio trentesimo viaggio in Europa: Oslo.


Oslo (1 settembre - 4 settembre 2012)

Sono andato a Oslo, antica capitale del Kongeriket Norge, ovvero del Regno di Norvegia, fino a un secolo fa chiamata Christiania, a visitare l’antica città di re Harald Hårdråde. All’epoca, le capitali erano costituite da un piccolo villaggio, riunito intorno a un castello o a una chiesa adiacente a un mercato con le pecore al pascolo. Oggi Oslo non è più quel minuscolo villaggio che fu qualche decina di anni prima che re Harald morisse nel 1066, dopo aver prestato servizio nelle forze imperiali in Sicilia, partecipando ad alcune battaglie sul suolo della più grande isola del mediterraneo. Chi avrebbe mai potuto immaginare che, circa mille anni fa, un futuro re scandinavo avesse potuto combattere nella lontanissima “Trinacria” e decidere con la sua azione una parte dello sviluppo della storia di quella terra lontana "mille miglia" dalla sua patria? Non dimentichiamo neanche che i primi re siciliani furono di origine norvegese. Il periodo storico comprende gli anni che vanno dal 1061 a 1198. Vennero chiamati i "costruttori della monarchia normanna", perchè hanno cambiato la storia, l'arte, la letteratura e la politica della Sicilia e dell'Italia meridionale. I Normanni, da "Norsemen" ovvero "uomini del Nord", furono una bionda élite di forti soldati che realizzarono grandi imprese militari e che portarono la Sicilia a un passo dal diventare la vera madre della lingua e della cultura italiana. Ricordiamo alcuni loro nomi: i due Ruggero I e II, padre e figlio, lo zio di quest'ultimo, cioè Roberto il Guiscardo e suo nonno Tancredi d'Altavilla. Le meravigliose due cattedrali di Monreale e di Cefalù furono costruite da loro.

Premessa. Ha ancora senso scrivere un report di viaggio relativo a Oslo senza cadere nella banalità o, peggio, nella imitazione acritica di altri scontati diari di viaggio? Che senso ha poi un report su Oslo quando in rete sono presenti e facilmente disponibili centinaia di diari di visita alla città del Premio Nobel per la Pace in tutte le lingue e in tutte le salse? La risposta è positiva e mi sento di poter affermare che ha ancora senso "scrivere e descrivere" una esperienza di viaggio effettuata nella bella e suggestiva Oslo a condizione che si riesca a far emergere con chiarezza "il senso" della visita e un programma adeguato e coerente di cose da vedere che rendano interessante la lettura per la sensibilità e la profondità delle cose narrate. La tesi di questo report è che Oslo è una bella città e merita di essere visitata. La ragione principale è che si può costruire un percorso di conoscenza mirato e a "misura di viaggiatore" in grado di giustificare la visita. Ciò che è necessario è chiaramente che emerga la sua "ragion d’essere", compresa la sua struttura, cioè un inizio, una parte mediana che evidenzi il senso del viaggio e le tappe effettuate e un finale decente, altrimenti il diario naufraga miserevolmente nella noia.
La tesi che voglio affermare è che il mio percorso di conoscenza nella città prevede la scelta di luoghi che toccano le corde della cultura attraverso sguardi indiscreti su percorsi un po' originali e fuori dal normale circuito turistico. Luoghi di culto religioso e di memoria letteraria, cimiteri e ambienti storico-militari, in genere, non costituiscono la norma. Nel diario di viaggio svilupperò il filo
argomentativo in modo da giustificare la scelta e convincere un potenziale viaggiatore a scegliere la città degli "Aker", come chiamo io Oslo, come meta di viaggio. Se così non è, è meglio lasciar perdere. Dopo trenta viaggi nelle capitali d'Europa effettuate circa in un decennio, mi accingo a parlare di questa perla scandinava che è la città di Oslo per due semplici ordini di motivi. In primo luogo perchè la città lo merita e, in secondo luogo, perchè lo meritano i suoi abitanti. Ma andiamo per ordine e incominciamo dall'inizio presentando il viaggio. La nota storica relativa alle radici storiche di Oslo presente nell'incipit mi serve per ribadire come paesi e città apparentemente lontani nello spazio e negli stili di vita europei, alla fine mostrano di avere legami e relazioni che li vincolano più di quanto possa apparire a un'analisi superficiale. In contesti del genere non è insolito che appaiano comuni e diffuse radici storiche, politiche e culturali tra paesi del profondo nord e del profondo sud dell'Europa.

Indubbiamente questo non significa che a Oslo sia presente molta "italianità". In realtà, togliendo una fermata della linea 6 «Bekkestua-Storo» della metropolitana, chiamata Montebello, le solite boutique di moda e le abituali insegne di pizzerie e ristoranti con nomi italiani che richiamano pietanze della cucina del Bel Paese e il logo pubblicitario del quotidiano torinese LA STAMPA presente nel centro commerciale ByPorten Shopping, non c’è quasi nulla che faccia apparire la capitale norvegese come molto legata al paese di Dante. Scordatevi dunque una Piazza Italia, una via Roma, un Caffè Napoli o cose del genere. Oslo è "impermeabile" all'Italia e all'intera Unione Europea e, molto probabilmente, rimarrà tale anche in futuro. I norvegesi infatti hanno più volte sottolineato che non intendono aderire all’UE per nessun motivo. Sono un paese sufficientemente ricco, con un'economia forte e hanno anche un considerevole serbatoio di petrolio pregiato nel loro mare del nord. Dunque, non sono interessati al progetto di unificazione europeo, probabilmente perchè sono troppo pieni di orgoglio e di nazionalismo per parteciparvi. E’ una scelta, sbagliata o giusta che sia, che si deve rispettare. Ciò non toglie che per me Oslo e i norvegesi siano simpatici e che meritano riguardo per la loro esclusiva valutazione della politica internazionale europea. Dunque, perchè Oslo? La domanda non è retorica, né banale. Alla base della risposta c'è l'esigenza di giustificare la decisione da me presa di fare un viaggio nella lontana capitale scandinava, qualche secolo fa chiamata, come ho detto prima, Christiania/Kristiania. Devo dire a questo proposito che finché non ho completato il progetto di visita a tutte e ventisette le capitali dell'UE ero convinto che tutto il resto che stesse fuori dall'Unione Europea era, se non superfluo, sicuramente poco interessante. Mi sono sbagliato e faccio ammenda di una dichiarazione che adesso devo smentire. Dopo la conclusione del progetto che mi ha portato a visitare "paesi e castelli" di tutte e ventisette le capitali dell'Unione ho iniziato a capire che non potevo fermarmi là ed escludere Oslo che è una capitale non certo meno interessante di Helsinki o di decine di altre capitali dell'UE. C'è una doppia motivazione per questa scelta. In primo luogo senza una visita a Oslo la mia conoscenza della Scandinavia non sarebbe stata completa. Essere stato a Stockholm, a Helsinki e a København e non a Oslo avrebbe avuto il sapore di un cibo squisito insipido o, se preferite, avrebbe avuto il significato di possedere un buco conoscitivo inaccettabile del continente Europa, soprattutto nella parte nord che da giovane ho sempre amato per una serie di elementi che vanno dalla cinematografia alla letteratura, dal welfare alla lezione di vita e di civiltà che i cittadini di queste terre hanno sempre dato al mondo intero. In secondo luogo, non conoscere Oslo avrebbe avuto il significato di certificare un mio deficit conoscitivo di rilievo che a tutti i costi non mi sono sentito nè di accettare, nè di mostrare, soprattutto adesso che posso girare l'Europa a mio piacimento. Henrik Ibsen, Knut Hamsun, Alfred Nobel, Bjørnstjerne Bjøornson, Sigrid Unset, Edvard Munch e altri, meritano senz'altro il riconoscimento di avere come capitale del Kongeriket Norge, ovvero del Regno della Norvegia, una bella e ospitale città come Oslo che merita di essere visitata. Questa premessa è la base del mio trentesimo report di viaggio di una capitale del meraviglioso continente Europa. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, decine di anni fa, decisi che era giunto il momento di passare dalla geografia “del foglio stampato” alla geografia “del viaggio concreto”, attraverso una reale visita turistica, vissuta in tutti i suoi elementi di viaggio, fatta di passeggiate nelle strade delle capitali e di presenza discreta ma effettiva nelle città di tutta Europa. Nel frattempo, nel mondo dei viaggi, è entrata a "gamba tesa" un’altra geografia, detta “virtuale”, molto più efficace di quella del foglio illustrato dei libri ma mai come quella che permette di leggere concretamente la realtà della città visitata, con la presenza fisica del viaggiatore. Mi riferisco a internet e a tutto il mondo della rete che può dare l’illusione di essere stati viaggiatori senza essersi mossi di un decametro dalla propria abitazione. Con Google Maps, Google Street, Google Earth, GPS, navigatori di tutte le specie e tutte le altre "google diavolerie" del mondo, si può conoscere le città come se si fosse stati là effettivamente. Non é questa la sede di un dibattito sull’importanza di internet nei viaggi turistici. Fatto sta che questa risorsa esiste ed è potente, perché può aiutare molto il viaggiatore connesso in rete. Io stesso, nei miei viaggi, ho approfittato frequentemente delle risorse presenti in rete per informarmi e programmare meglio le visite. Dunque, ben vengano internet e tutte le altre utility che ruotano intorno alla rete.
Dico subito che ancora non sono soddisfatto del numero di viaggi effettuati in Europa e vorrei farne di più. Trenta viaggi nelle capitali europee, cioè trenta storie di scoperte e di visioni della vita nelle belle capitali del continente della principessa fenicia Europa, figlia del re di Tiro Agenore e di Telefassa, possono sembrare molti o pochi. Tutto dipende dall’ottica con la quale si guarda al viaggio come strumento di conoscenza del mondo e di se stessi. Sant'Agostino disse che "la vita è un libro. Chi non viaggia ne legge una sola pagina". Questa dichiarazione è terribile per tutti coloro che non si muovono dal proprio paesello e non viaggiano. Certo, con ventinove esperienze alle spalle il trentesimo viaggio, quello attuale, non è più quello di una volta. Non dico che è diventato routine ma poco ci manca e, soprattutto, non devo commettere l’errore di rendermi "schiavo dell’abitudine", cioè abbandonarmi a un cliché preordinato e prefabbricato a priori, sempre lo stesso, immutabile che ricopia stili di vita e di visita adoperati da sempre. Il viaggio è, e sarà sempre, passione ed entusiasmo, sete di sapere e novità (soprattutto nelle cose comuni), ammirazione per ciò che si vede di nuovo ai nostri occhi e rispetto per gli indigeni che hanno saputo costruire e produrre le bellezze delle loro città. Ma è anche improvvisazione e cambiamento di rotta quando si rende necessario. Chiara Merani nel suo ottimo lavoro "Senso del viaggio" del 2003, afferma che deve essere «capace di meravigliarsi per le cose sconosciute come un bambino, il viaggiatore non ha lo scopo di raggiungere una meta, ma semplicemente di esporsi all’insolito. In questo senso egli non vede il paese sconosciuto come un mondo estraneo, ma come un mondo nuovo. Ma ancor prima di dare spazio alla ricettività, il viaggiatore deve essere capace di adattamento: se l’adattamento agli eventi imprevisti avviene con successo, si genera infatti una sensazione di piacere, altrimenti si percepisce un senso di sconfitta. [...] La “liberazione della mente” permette non solo di arricchirsi, essere ricettivi, sapersi adattare e godere di conseguenza del piacere del viaggio. Permette anche di vedere dal di fuori ciò che prima si vedeva dal di dentro». Il viaggio è in sintesi piacere di essere in quel momento in quella realtà ed è novità e gradevole avvenimento, perché viaggiando si conoscono sempre cose nuove e interessanti. Quest’ultima riflessione è il presupposto di base per definire un viaggio come un successo, piuttosto che come un fallimento. Tuttavia, a mio parere, è anche vero che non esistono viaggi che sono un fallimento. Qualunque viaggio, anche il meno interessante e noioso è, viceversa, da considerarsi sempre un successo, moderato ma sempre una riuscita, perché ogni esperienza, anche negativa, conta nella nostra vita, ci fa crescere e ci insegna molte cose, soprattutto a non ripetere più l'errore commesso. Non dimenticherò mai quando da giovane lessi un libro di epistemologia in cui l’autore affermava che anche quando un esperimento di laboratorio fallisce, esso costituisce sempre un fatto positivo, una scoperta e un fatto di sapere altrettanto straordinario e non è da considerare mai un errore. Com'è possibile, mi dicevo, che uno sbaglio possa migliorare il nostro grado di conoscenza del mondo? Eppure è così, perchè dopo un errore la conoscenza è aumentata, se non altro perchè non commetteremmo più quello stesso errore due volte. Dunque, senza indugio ad Oslo per toccare con mano una città splendida e accattivante, ancorché con un clima inclemente.


Primo giorno. E' ancora buio quando arrivo all'aeroporto di Roma Ciampino in una calda alba del mese di settembre. Oggi è sabato, 1 settembre 2012 ed io ho in programma la visita all'ultima capitale scandinava del nostro continente che ancora non ho visitato. Al gate di imbarco con il volo Ryanair FR9654 da Roma (Ciampino) delle 6.40 per Oslo (Rygge) con arrivo previsto per le 9.55 e n. riferimento ICMGWC, sono l'unico passeggero ad avere l'imbarco prioritario. Il biglietto di andata e ritorno mi è costato in tutto 48,49 euro, compresi i due imbarchi prioritari di A/R di cinque euro ciascuno e i due check-in online di sei euro ciascuno e di 1,50 euro di messaggio di testo telefonico. Il ritorno avverrà martedì il 4 settembre da Oslo Rygge con volo FR9655, partenza alle 10.20 e arrivo a Roma Ciampino alle13,35. Il fatto di essere il solo passeggero con imbarco prioritario mi mette a disagio e aspetto l'imminente apertura del cancello per salire subito sul bus che mi porterà all'aereo per primo. Ma non c'è nessun autobus ad aspettarmi. Piuttosto, per risparmiare, il responsabile dell'aeroporto mi fa sedere vicino all'autista del bus che accompagna all'aereo tutti gli altri passeggeri. Una vera inaspettata novità. Mi devo però sorbire i discorsi disordinati e sconclusionati dell'autista, un signore romano che parla e straparla in continuazione, distraendosi dalle sue mansioni. A lui non sembra vero di avere un compagno di viaggio a quell'ora, anche se da accompagnare per poche decine di metri fino all'aereo e al quale raccontare le sue avventure-disavventure, chiacchiere e pettegolezzi, relativi al suo lavoro in aeroporto.

Alla scaletta dell'aereo, una autentica liberazione per me, salgo immediatamente di corsa e mi infilo nel corridoio, preoccupato che quell'uomo mi insegua anche dentro l'aeromobile. Mi sistemo nella quinta fila, vicino al finestrino, sul lato sinistro dell'aereo. Non avrò così il sole ad abbagliarmi durante il volo e potrò osservare, senza luce abbagliante negli occhi, il panorama e la bellissima sagoma della linea dell'orizzonte sulla quale, a pochi gradi di ampiezza angolare, scorgo una timida Luna che cala lentamente alla vista al di sopra delle nuvole. In aereo c'è molta calma e tranquillità e vicino a me i due posti sono rimasti liberi. Non c'è molta gente in aereo. Il volo è piacevole e le attenzioni del personale rendono il volo gradevole. Acquisto un quotidiano e mi immergo nella lettura. Il volo sarà lungo e io desidero accorciarlo il più possibile con la tecnica della lettura. Oggi sarà una giornata lunga e impegnativa. All'arrivo, all'aeroporto di Oslo Rygge, non c'è il sole ad aspettarmi e il cielo è nuvoloso. La temperatura è bassina per i miei gusti e mi avvio all'uscita per individuare il bus che mi porterà a Oslo. All'uscita dal terminal dell'aeroporto, nella rientranza della banchina e pronto alla partenza, trovo subito il Rygge Ekspressen ad aspettare me e tutti gli altri viaggiatori del volo FR9654 della RyanAir. Molto bene. In tutto ciò riconosco l'organizzazione perfetta ed efficiente degli scandinavi. Per certi versi mi ricorda quando da ragazzo vedevo circolare, raramente per la verità, una macchina Volvo nelle strade del mio paese che tutti riconoscevano come un'auto scandinava dalla eccellente meccanica e di un alto grado di affidabilità. Per tornare all'aeroporto, nulla a che vedere con la disorganizzazione sistematica e la frequente confusione che si nota all'aeroporto di Roma Fiumicino, nel quale non si trova un solo straccio di informazione puntuale e sicura per i passeggeri che, in pratica, sono abbandonati e indifesi dall'assalto di tassisti abusivi e di persone inaffidabili. Non voglio fare polemiche ma le differenze tra i due aeroporti sono visibili da anni luce di distanza e mi piacerebbe chiedere al presidente della società che gestisce l'aeroporto di Fiumicino perchè da anni non certifica il suo fallimento con le dimissioni. Ma questa è la solita storia della inaffidabilità e incapacità di molti amministratori romani. Ritorniamo a noi. L'autista dell'autobus è un signore rotondetto e gentile. Mi invita a depositare il mio bagaglio a mano nella stiva del bus. Vedendo altri prima di me che pagano con la carta di credito anch'io mi adeguo e pago il biglietto. E' prodigo di consigli con tutti i viaggiatori e mostra un alto senso di professionalità. Ricorda, con scandinava precisione a tutti i viaggiatori, che il pagamento del biglietto di viaggio non può essere fatto in euro ma solo in korone norvegesi o, se si preferisce, con carta di credito. A ognuno dà consigli e suggerimenti per una sistemazione migliore del bagaglio. Molti viaggiatori italiani credevano di poter pagare in euro. Sono così invitati gentilmente a ritornare nella hall dell'aeroporto per cambiare le banconote in korone norvegesi (sola andata 160 nok, acronimo di norvegian koron).

Dopo una ventina di minuti il bus parte e al suo posto parcheggia un altro bus che aspetterà gli altri. Io mi sono sistemato nella prima fila e ho pertanto la possibilità di osservare la strada senza alcun impedimento. Il panorama che scorre sotto i miei occhi mi ricorda le stesse cose viste nel viaggio che feci a Stoccolma nel 2006, perchè identico nella flora e nella segnaletica stradale. La differenza è che all'aeroporto di Stockholm Arlanda presi il treno iperveloce Arlanda Express, mentre qui sto prendendo il bus veloce Rygge Espressen. Noto una forte analogia tra i due viaggi. Tutto è piacevole. Il tempo vola e dopo un'ora di percorso ci troviamo riposati e soddisfatti al Bussterminalen di Oslo. In pochi minuti, seguo le indicazioni che mi portano alla Sentralstasjon (Stazione Centrale), dove cerco il deposito bagagli per parcheggiare il mio trolley al sicuro per alcune ore.La ragione riguarda il fatto che è mezzogiorno e il check-in in hotel è previsto alle 14, non prima. Le due ore di attesa mi servono per effettuare una serie di attività e di spostamenti importanti nella città, e la valigia mi impedirebbe libertà di movimento. D'altronde, sono sicuro che se mi presentassi in albergo a quest'ora, precisi e rigorosi come sono tutti gli scandinavi, alla reception mi inviterebbero a ritornare più tardi, ed io non ho intenzione di perdere tempo e concentrazione. La stazione centrale di Oslo è bella, moderna e pulita.

Le indicazioni dei vari percorsi sono chiare e ordinate e permettono a tutti di minimizzare sforzi e tempi di percorrenza. In un angolo vedo un cambiavalute della Forex. Per tutte le evenienze cambio cinquanta euro in korone (322 nok) e cerco il deposito bagagli. Trovo la scala mobile che mi porta al piano inferiore, dove ci sono gli armadietti di quattro dimensioni per collocare le valigie di differente misura. Mi avvicino e cerco di comprendere quale sia il principio di funzionamento. Osservo un signore e capisco che prima è necessario digitare alcune coordinate sulla tastiera del terminale (una specie di bancomat con monitor) e subito dopo ritirare un tagliando con un codice che mi permetterà successivamente di riprendere la valigia. Inserisco due monete, per un totale di 30 korone (circa 4 euro) e ricevo uno scontrino. Contemporaneamente si apre in automatico l'anta di un vano nel quale colloco il mio trolley. Lo chiudo e conservo il prezioso scontrino nel portafoglio. Bene. Adesso sono libero di muovermi a mio piacimento e in tutta libertà. Esco dalla Sentralstasjon nel piazzale antistante e osservo per la prima volta gli edifici del centro città. Sono emozionato. Tutto ciò che mi circonda mi sembra bello, nuovo e attraente. Mi trovo esattamente nel punto più strategico della città, una specie di Piazza dei Cinquecento come se fossi sul piazzale della stazione centrale di Roma Termini. L'accostamento mi sembra calzare bene.

La piazza della Sentralstasjon si chiama Jernbanotorget e davanti a me c'è la famosa torre d'acciaio Trafikanten, sede dell'ufficio informazione centrale della città. Devo dire la verità me la immaginavo più alta. Certo non c'è alcun paragone tra la Torre della Televisione di Berlino e questa strana torre di vetro e metallo. Alla mia destra la zona moderna del quartiere Vaterland, dove svettano delle costruzioni ultramoderne del centro commerciale Oslo City e del palazzetto degli spettacoli chiamato Oslo Spectrum. Piccola nota storica: nel Vaterland, prima della sua scoperta come scrittore, visse per un certo tempo il premio Nobel norvegese per la letteratura Knut Hamsun che ho già citato nella premessa.

Di Hamsun ho letto alcuni libri, tra i quali Il risveglio della terra e Fame. Nel cap.IV a pag.151 del romanzo «Fame» Hamsud medesimo scrive: "Io abitavo ancora nella solita locanda a Vaterland". Avremo modo di parlarne più approfonditamente in seguito. Sulla mia sinistra, in fondo, c'è l'inizio della Rådhusgata che porta nel quartiere Kvadraturen di Christiania Torv, il nuovo e bianco teatro dell'Opera e la Fortezza di Akershus. Di fronte vedo l'inizio della strada più famosa di Oslo, la Karl Johans gate, parallela alla Rådhusgata e lunga circa un chilometro, nella quale si trovano gli edifici storicamente più importanti della città. Sempre di fronte a me vedo la sagoma della cupola a cuspide della cattedrale evangelica luterana, la Domkirke.

Alle mie spalle la ferrovia, con i binari dei treni della stazione centrale. Di tutto questo avremo modo di parlarne dopo. D'altronde tutte queste informazioni sono reperibili nelle centinaia di guide della città in tutte le lingue del mondo. Quello che non viene riportato in questi manuali di viaggio è lo stato d'animo che prova il viaggiatore che arriva per la prima volta nella piazza chiamata Jernbanotorget. Credo che ogni città sprigioni sensazioni di piacevole sorpresa e di interessanti novità.

Oslo non fa eccezione. Semmai aggiunge ulteriore curiosità e un pizzico di invidia nel vedere un centro città così bello, equilibrato e ben organizzato, soprattutto nella rete dei trasporti. Tutto è perfetto. Gli oslensi si muovono abbastanza velocemente nella piazza ma nello stesso tempo non lo danno a vedere. Riescono a coniugare contemporaneamente dinamismo e moderazione in modo impressionante. Si vede che sono persone riservate, che parlano raramente e, comunque, senza gridare. Li ammiro. Nessuno corre, nessuno fa i salti mortali per prendere il buss o il trikk a qualunque costo. Segno di maturità e di civiltà. Mi ricorda un passo del romanzo Fame di Knut Hamsun (in norvegese Sult), quando nel Cap. I a pag.14 dell'edizione italiana dell'editore Adelphi, osservando i suoi concittadini per strada Hamsun afferma: "Presi ad osservare i passanti, lessi i manifesti sui muri delle case, colsi un'occhiata gettatami da una carrozza del tranvai che passava, aprii i sensi a ogni inezia, a tutti i piccoli casi che attraversavano la mia strada e scomparivano[...] senza pensieri continuai a gironzolare per le strade fermandomi senza alcun bisogno alle cantonate, infilando qua e là una traversa senza alcun motivo". Proprio quello che sto facendo io. L'idea che mi faccio di loro è di cittadini che sono riusciti a trovare una personale soluzione al grande problema che attanaglia le grandi metropoli. Mostrano una eccezionale capacità di non essere presi dall'ansia di arrivare al più presto a destinazione. Si muovono con movimenti lenti ma efficaci. Mi ricordano alcuni passi del romanzo "la lentezza" di Milan Kundera. Forse il paragone migliore è un altro e riguarda il libro di divulgazione scientifica di George Gamow, Le avventure di Mr. Tompkins. In questo libro si descrive l'effetto della relatività di Einstein sulla vita di un piccolo impiegato, Mr. Tompkins, che si trova in un mondo nel quale la fisica relativistica è palese, a causa del fatto che la velocità massima della luce in questo fantastico mondo non è trecentomila km/s ma molto molto di meno. Ebbene, in questo fantastico racconto si descrivono fenomeni in cui si verificano mutamenti nei concetti fondamentali di spazio, tempo e moto e la lentezza della variazione del movimento di un ciclista, nonostante pedali con forza, è una prova adeguata della originalità del rapporto tra lentezza e sveltezza. Straordinario. A poche decine di metri da me, alla base della torre di vetro e acciaio Trafikanten, c'è l'ufficio informazioni.

Entro e più che un piccolo locale mi sembra una vera sala di un ufficio per il pubblico, in cui è obbligatorio prendere il numero elimina coda. Quando viene il mio turno una gentilissima impiegata mi offre gratuitamente una mappa e la cartina della metropolitana, che a Oslo si chiama T-Bane. Poi, su mia richiesta, mi dà la Oslo Pass, la card che mi permetterà di viaggiare su tutti i mezzi pubblici gratuitamente e nello stesso tempo di poter visitare molti musei senza pagare il biglietto d'ingresso. Scelgo la card di 72 ore, pago 69,37 euro con la carta di credito e subito dopo mi trasferisco a piedi dall'altra parte del marciapiede della piazza, davanti all'ingresso del Clarion Hotel Royal Christiania, in Biskof Gunnerus' gate. So che qui c'è una delle 15 fermate del CitySightseeing bus che fa il giro dell'intera città, fermandosi nei quindici posti più interessanti della città. Alla fermata c'è un controllore donna che aspetta il bus. Le chiedo un biglietto con lo sconto del 20% dovuto al possesso della Oslo Pass. Lei mi accontenta subito e mi dice che sul bus non esiste una macchinetta obliteratrice della Oslo pass e che comunque posso timbrare benissimo la card in un secondo momento. Prezzo 17,52 euro.

Dopo pochi minuti passa un autobus Sightseeing Oslo bus. Salgo e prima di sedermi il conducente mi dà una cuffia per ascoltare le spiegazioni del percorso e la storia degli edifici più importanti. Al piano superiore ci sono molti turisti cosicché mi accontento di sedermi sul lato destro del veicolo. Fortunatamente il selettore delle lingue prevede anche l'italiano e durante il tour prendo nota con piacere delle informazioni. Sfilano davanti ai miei occhi il Grand Hotel, Rådhuset (il Municipio), Stortinget (il Parlamento), Det Kongelige Slott (il Castello Reale dove abita l'attuale re Harald V di Norvegia e famiglia), Ibsen Museet (il Museo Ibsen), Vigelandsparken (il Parco di Vigeland), Vikingskipshuset (il Museo delle navi vikinghe), Frammuseet (Museo Fram), Kon Tiki Museet (Museo Kon-tiki), Aker Brygge. Il Castello Reale e l'Università sono parzialmente ricoperti da un telo, perchè è in atto il rifacimento delle facciate dei due edifici. Ogni fermata del bus propone a tutti i visitatori la visione di una o più meraviglie architettoniche. Questo genere di autobus è piacevole e sempre frequentato da turisti interessati e rispettosi. Anche a Stoccolma e ad Helsinki ho preso il medesimo autobus per vedere in maniera panoramica le bellezze delle città. Qui, al porto, dopo più di un'ora e un quarto di giri per Oslo scendo di nuovo a Jernbanotorget.

E' l'ora di fare il check-in in albergo. La stanchezza si fa sentire e io sento il bisogno di rinfrescarmi in camera. Entro nella Sentralstasjon e vado a ritirare la valigia al deposito bagagli automatico e mi presento alla reception dell'hotel, che si trova all'interno del Byporten Shopping cioè del Centro commerciale Byporten di fronte al ristorante Egon. Rapide formalità e subito dopo entro nella camera 507 al quinto piano per rinfrescarmi. Dalla finestra della mia camera vedo il tetto della Sentralstasjon, la piazza di Jernbanotorget e la torre Trafikanten. Vedo anche il via vai degli oslensi che scendono e salgono sui tram (trikk) e gli autobus (buss) che si fermano nella Fred Olsens gate, la via che collega a sud la Prinsens gate e a nord la Biskof Gunnerus' gate. Dall'alto della mia posizione il piazzale della stazione centrale mi sembra rimpicciolito, come se fosse la piazza di un paese in cui tutti si conoscono e si salutano. Mi chiedo proprio questo: quali sono i rapporti tra gli indigeni quando si incontrano, dato che la capitale fa seicentomila abitanti circa? E poi, è frequente incontrarsi tra amici a Oslo oppure è un evento molto raro? A Roma dove abito è rarissimo incontrare per caso un amico. E a Oslo? A mio giudizio la città è grande ma nello stesso tempo è piccola. Dunque, l'evento di incontrarsi è probabile. A questo proposito a pag. 160 del romanzo «Fame», Hamsud dice: "Ero davanti a un negozio di scarpe in fondo alla via Karl Johan, vicino al piazzale della stazione".

E subito dopo a pag.163 aggiunge: "Io non udivo una parola ed ero tutto intento a guardare il vestito rosso che veniva verso di noi. Preso da una violenta agitazione, provai come una fitta al cuore e immerso nei miei pensieri, mormorai senza muovere le labbra : «Ylajali!»". In pratica aveva riconosciuto la donna di cui si era invaghito a passeggio con il Duca. Ebbene io sono d'accordo con Hamsun che, sebbene improbabile, fece avvenire l'incontro tra due conoscenti nonostante ci trovassimo 120 anni fa nella Kristiania del tempo. D'altronde, una celebre frase di Hamsun è : "Un caso che finisca bene è Provvidenza, un caso che termini male è destino" (dal romanzo Vagabondi). La foto sopra l'ho presa all'inizio della Karl Johans gate a pochi passi dalla piazza della stazione, dove probabilmente c'era il negozio di scarpe citato da Hamsun. Che coincidenza, vero? Chiudo così il pensiero curioso che mi passa per la mente e dopo poco tempo eccomi di nuovo in strada a godermi la mia prima passeggiata nella città. Mi trovo con precisione a 59.911815 gradi di latitudine nord e a 10.752869 gradi di longitudine est. Ogni volta che nei miei report scrivo la coppia di coordinate sferiche della latitudine e della longitudine della città nella quale mi trovo nella mia prima giornata di visita, mi viene in mente un aforisma  di Stanislaw J. Lec nel suo più che famoso libro Pensieri spettinati. Dice Lec : "E' una croce mettere d'accordo due coordinate". Il doppio senso rende esilarante l'affermazione. Straordinario. Se si preferiscono i valori delle due coordinate senza i numeri decimali i due valori diventano +59° 54' 43.07" di latitudine nord e +10° 45' 9.76" di longitudine est. I due segni positivi fanno capire che ci troviamo nell'emisfero boreale e ad est del meridiano di Greenwich. La latitudine è praticamente +60°! Un po' altina, no? Infatti, qui si sente benissimo che la temperatura non ha niente a che vedere con i 35°C che ho lasciato a Roma (latitudine del Campidoglio 41°54'39"24 N). Anzi, una settimana fa nella capitale si sono registrati ben 40° C in centro città. Terribile. Non vedevo l'ora di venire a Oslo per respirare un po' d'aria fresca. E fresca l'ho trovata perché i 18° di scarto della latitudine mi hanno costretto a mettermi al collo una sciarpa di seta per evitare la medesima tracheite che ho preso a Stoccolma sette anni fa con conseguenze nefaste per la vacanza. Questa volta non mi faccio fregare. A costo di sfiorare il ridicolo, il giaccone e la sciarpa non li tolgo in nessun caso. Anzi quando c'è un po' di vento freddo con la mano destra chiudo anche il colletto del giaccone per proteggere meglio la gola. Non si sa mai. Orbene, la prima strada che prendo è "la madre di tutte le strade" di Oslo, ovvero la Karl Johans gate. Non poteva non essere che così. La ragione è che il primo tratto della strada, circa metà dell'intera lunghezza, è pedonalizzata e vedo una fiumana di gente che va e viene lungo l'arteria pedonale. E' sabato, inizio del weekend, e la gente si sente in libera uscita. Dunque, ecco probabilmente la ragione della folla. Io sono a disagio perchè sono l'unico fra circa mille persone che si muovono contemporaneamente nella strada ad indossare un giaccone invernale. Giovani e meno giovani sono viceversa in maniche corte. Ho dunque validi motivi per essere in imbarazzo. Ma pochi mi osservano. Sulla destra dopo poche decine di metri c'è la Cattedrale evangelica. E' per me un obiettivo importante. In tutte le capitali d'Europa sono sempre stato a visitare i luoghi di culto religiosi. Tutte le capitali hanno una cattedrale e molte chiese, siano esse protestanti, cattoliche o ortodosse. Così come tutte le capitali hanno anche almeno una sinagoga e più di una moschea. Uno dei motivi per cui viaggio è capire differenze e similitudini tra i popoli e i luoghi religiosi europei mi aiutano a capire meglio. Anticipo dunque che nei prossimi giorni proverò a visitare altre chiese di altre religioni. Intanto mi accontento della bella Domkirke. In verità avevo visto in televisione la cerimonia religiosa in onore delle vittime dell'attentato di quel pazzo razzista di destra che ha spietatamente falciato la vita di quasi ottanta persone inermi. Dunque conosco gli interni, ma esserci di persona è un'altra cosa.

La sensazione che provo è che questa chiesa io l'abbia già vista da qualche parte nelle mie "peregrinazioni" per l'Europa del nord. Strano scherzo della memoria. Probabilmente sarà dovuto alla pignola e certosina raccolta di informazioni in rete circa questo capolavoro di architettura. In effetti la Cattedrale è essenziale nei suoi elementi architettonici e semplice nella presenza di immagini e sculture. Sicuramente siamo in sintonia con il quadro luterano della visione della vita che hanno gli scandinavi. Molta importanza alla praticità e concretezza e pochi voli pindarici sul resto. Apprezzo questa scelta anche se impoverisce il luogo dal punto di vista artistico e iconico. Non si potrebbero scattare fotografie. Il cartello all'entrata lo dice esplicitamente. Ma non c'è alcun controllo nel farlo. Non credo che alla Nasjonalgalleriet potrò fotografare l'Urlo di Edvard Munch con la stessa facilità con cui ho fotografato qui la navata centrale della cattedrale. Mi sento come un bambino che ha rubato la marmellata. Ma nessuno fortunatamente bada a me. Mi siedo e rimango assorto per un po'. Mi piacciono questi momenti di rottura dalla vita quotidiana. Mi rilassano e mi fanno meditare sui problemi più generali della vita. Ci sono parecchi turisti che circolano tra i tre corridoi della navata centrale, alcuni in modo disordinato, altri facendo sfrontatamente fotografie e riprese video. Ci sono anche due famiglie con alcuni bambini al seguito. Per il resto c'è, si e no, qualche isolato fedele in raccoglimento. Non so se sta pregando. Quando entro nelle chiese protestanti dell'Europa del nord rimango quasi sempre colpito dalla diversità di stile architettonico con quelle italiane. In verità c'è un abisso di differenza tra chiese barocche e chiese gotiche, non solo sul piano della struttura e della costruzione ma, soprattutto, sul piano della spiritualità mostrata dai presenti. Dopo aver visitato e partecipato a messe domenicali e a visite più o meno approfondite a Londra, Berlino, Stoccolma, København, Helsinki , etc. devo rilevare che è difficile vedere molte persone presenti che pregano, oppure trovare un organo che suona musica. Ho sentito più musica all'organo della chiesa protestante di S. Paolo dentro le mura a Roma che in tutte le capitali dell'Europa del nord. Nella cattedrale di Oslo c'è poca luce e le maggiori sorgenti luminose (lampadario centrale, lampadari laterali e luci singole) sono spente. Predomina il colore dorato e a parte il soffitto domina un insolito bianco spento alle pareti. Esco per fare il giro della chiesa e del rist (il Recinto), costituito da una serie di gallerie che abbracciano e circondano la struttura alle spalle della cattedrale.

A fianco, a est della piazzetta d'entrata della cattedrale, nel piccolo parco verde dove un tempo pascolavano le pecore, sono state montate delle tende che fungono da locali di ristorazione. C'è in atto la saga del cibo italiano. Si sentono gli odori e si vedono le pietanze tricolori che girano nelle mani di solerti camerieri. Ci sono lasagne, tortellini, spaghetti, fettuccine e anche pizze. Allineati su una fila si vedono barattoli di conserve di tutti i tipi, come nelle saghe paesane, bottiglie di vino e di olio e persino costate fiorentine alla brace per una specie di festival culinario per gli indigeni. Mancano solo il baccalà alla vicentina e il pescestocco "a ghiotta" alla messinese (che qui, in Norvegia, le due pietanze si chiamano rispettivamente klippfisk e tørrfisk e che gli indigeni sono i maggiori produttori al mondo di merluzzo essiccato) e poi siamo al completo per la gioia di golosi e di estimatori del cibo made in Italy. Se fossi un nemico della cucina italiana parlerei malissimo di questa orgia di cibo che viene proposta in modo quasi volgare, all'insegna del più becero materialismo. Ma da italiano comprendo che è inevitabile accostare al tricolore le immagini di pietanze a base di pasta e moda. Strano modo di pubblicizzare l'italianità. D'altronde sarebbe difficile far comprendere agli europei che l'Italia ha altro di interessante da mostrare nella cultura, nell'arte, nella musica, etc. Spesso però i pregiudizi degli europei sono certe volte più forti della volgarità del cibo italiano. ll festival è pieno di persone che circolano per gli stand nei quali ci sono i tavoli apparecchiati per mangiare. Vengono proposte anche specialità regionali: da barattoli di peperoncino calabrese al pesto alla genovese, dalla bresaola valtellinese al prosciutto di Parma e da altre decine di prodotti culinari. Nonostante abbia un po' di fame scappo via infastidito da tutte quelle proposte tipicamente commerciali. Ho fretta di vedere cose norvegesi e non italiane. Non sono venuto qui per perdere tempo presso una saga di paese laziale che vive di "porchetta di Ariccia" e "abbacchio a scottadito". Continuo a passeggiare nella Karl Johan gate fino al Grand Hotel, dopo lo Stortinget, la sede del Parlamento norvegese. All'angolo della Rosenkrantz' gate davanti al Rock Cafè, vedo fermo un altro Sightseeing Oslo bus in attesa di far salire alcuni passeggeri. Ne approfitto ed salgo anch'io per la seconda volta. Voglio andare direttamente all'Ibsen Museet in Ibsen gate. Prima però pubblico qui due foto che ho preso a distanza di pochi giorni.

Entrambe rappresentano una strada intitolata al grande drammaturgo Henrik Ibsen. La differenza è che la prima si trova a Oslo vicino al Kongelige Slott, mentre la seconda si trova a Roma vicino casa mia. Una vera originalità che merita di essere comunicata. La prima differenza che colpisce chi vede i due cartelli è che a Oslo il cognome Ibsen è completo anche del nome Henrik, mentre a Roma c'è solo il cognome e basta. Nella targa oslense c'è anche il sottotitolo *1828 †1906 Dikter og dramatiker, che significa «nato nel 1826 morto nel 1906 Poeta e drammaturgo».

Nella analoga targa presente nel Municipio XI di Roma, non c'è nulla di tutto questo. A proposito del solo cognome è possibile proporre una interpretazione di questo fatto, relativa cioè alla considerevole sintesi romana, che è una minispiegazione di buona parte dell'antropologia della "città della Lupa". Il romano doc non ama perdere tempo nella comunicazione. Egli è un tipo pratico e concreto, che riesce sempre nel suo dialetto a sintetizzare anche ciò che difficilmente si può immaginare di ridurre, come per esempio quando egli chiama per nome un amico dal nome Francesco. Ebbene il processo di minimizzazione della fatica e degli sforzi lo porta a chiamarlo a 'Fra! Straordinario. Desidero ricordare altresì che nel 1866 Ibsen visitò Roma dove scrisse il dramma, intitolato Brand. Imbocco la Henrik Ibsens gate a poca distanza dal museo. Entro in una delle diverse vetrate nel museo e non pago il biglietto d'entrata perchè mostro la mia Oslo pass . Mi metto subito a guardare i vari cimeli, le foto, i suoi oggetti personali, i suoi appunti originali.

Insomma tutto ciò che caratterizzò la vita di questo grande della letteratura. In un pianerottolo in cima alle scale del primo piano vedo una locandina che mi ha fatto piacere trovare. E' la locandina che pubblicizza il dramma in tre atti di Enrico Ibsen, Spettri, recitata al teatro Argentina di Roma, Venerdì 8 marzo 1940 alle ore 21 precise. Da notare l'italianizzazione del nome di battesimo Enrico al posto dell'originale Henrik. Io non ero ancora nato e il 1940 è stato un anno in cui in Italia dominava il fascismo. La Compagnia Drammatica italiana fu diretta da Ermete Zacconi. A fianco l'altra locandina con il nome svedese Vildanden (l'anatra selvatica). Il suo studio conserva a tutt'oggi l'arredamento originale del tempo.

Non ci sono molti turisti all'interno del museo. Incrocio quattro persone in tutto, tra i quali due studenti. Sono rimasto quasi un'ora a vedere tutti i cimeli presenti nelle varie stanze. Ho visto anche un filmato sulla vita di Ibsen e addirittura un adattamento televisivo in bianco e nero di una sua opera in lingua norvegese. Ne valeva la pena. Esco dal museo e a piedi percorro la parte iniziale della Stortingsgata. Su questa bella strada, sulla mia sinistra andando verso est, c'è il Nationaltheatret (il Museo nazionale), edificio imponente con quattro bianche e belle colonne. La Stortingsgata è una strada centrale e strategica di Oslo, perchè viene percorsa per intero dai mezzi pubblici e quindi per me, che abito a Jernbanotorget, vuol dire che in questi giorni la frequenterò molto sia con autobus, sia con il tram. Rientro in hotel per risposarmi un po' e poi uscire per la cena. Ho scelto di soddisfare i morsi della fame in un ristorante vicinissimo all'albergo: l'Egon Byporten, proprio in Jernbanotorget all'interno del centro commerciale. Il locale è pieno di clienti e c'è la fila. Mi metto ordinatamente in coda e dopo una mezz'oretta d'attesa il cameriere mi trova un tavolo. Mi chiede la nazionalità perchè il menù è in molte lingue, compreso l'italiano. Però, questi norvegesi. Guardate che è difficilissimo trovare all'estero posti e luoghi nei quali si ha la sensibilità di utilizzare la lingua italiana per i turisti. Di solito ci si ferma alle quattro lingue veicolari: inglese, francese, tedesco e spagnolo. Ultimamente si sono aggiunte il portoghese e il polacco. Nei paesi del nord si trova anche lo svedese. Ma l'italiano no. L'italiano è come se non esistesse.

Questa mattina sono rimasto sorpreso dal fatto che sul Sightseeing Oslo bus ci fosse, nel selettore delle lingue, anche l'italiano. Adesso c'è anche un intero menù nella lingua del Bel Paese. Cosa dire: bene e bravi. Affamato e desideroso di mangiare una pietanza nutriente ma anche digeribile scelgo un tris di pesci (salmone, branzino e scampi) alla piastra. Per evitare poi l'intruglio di salsine con accostamenti francamente inaccettabili chiedo che vengano sostituiti da patate bollite o al forno. Il cameriere mi invita a prendere il bicchiere di birra Heineken che ho ordinato al bancone, dove sono costretto a confermare e pagare in anticipo la cena. Scopro, a cose fatte, che la pietanza non è altro che un tortino di salmone, branzino e scampi con funghi al forno e non alla piastra. Probabilmente il traduttore ha confuso la terrina nella quale è adagiato il tortino con la piastra. In ogni caso è pesce fresco, ben cucinato e veramente gustoso. Capperi questi norvegesi: si dimostrano sempre più affidabili e bravi. Esco dal locale sazio e satollo. Una passeggiata in Jernbanotorget a vedere la gente che arriva e parte alle fermate del tram e degli autobus è doverosa prima di trascorrere un sonno ristoratore.


Secondo giorno. Oggi è la giornata più importante di tutto il viaggio per il denso programma di visite che ho in calendario. Di solito, dopo un sonno ristoratore in albergo e una buona colazione si è nelle condizioni fisiche e di spirito ideali per visitare la maggior parte dei luoghi in programma. Iniziamo dalla colazione. Raramente mi è capitato di mangiare così bene a colazione in un paese scandinavo. L'hotel è uno Scandic, sinonimo di qualità alberghiera in tutti i paesi del nord Europa. Ricordo perfettamente, ma è una coincidenza, che sia a Stoccolma, sia ad Helsinki ho pernottato sempre, senza volerlo, in un hotel Scandic. E devo riconoscere che mi sono trovato sempre bene. Nonostante un pessimo e molle cuscino e la presenza di un piumino al posto della solita coperta mediterranea ho dormito bene. All'entrata della sala ristorante scopro con sorpresa che i tavoli per la colazione si trovano nello stesso ristorante dove ho cenato la sera precedente, cioè all'Egon Restaurant. Non lo avevo capito per niente! Ma la sorpresa continua perchè sull'uscio trovo la ragazza che mi ha servito nel ristorante il bicchiere di birra Heineken. Lei mi riconosce, sorpresa nel vedermi. Sono dell'avviso che non sapesse che fossi un cliente dell'albergo. La saluto con un god morgen (buona mattinata) e le dico il numero della camera scandendo i tre numeri fem null sju, cioè cinque, zero, sette. Col sorriso sulle labbra mi fa un cenno d'intesa e mi risponde col classico grazie in norvegese, cioè takk. Credo che sia stato un successo farla parlare in norvegese con me straniero al 100%. Di solito rispondono sempre in inglese con fare distaccato. Se aggiungiamo al glossario le parole god dag (buon giorno), god aften (buona sera), ja (si), nei (no) e unnskyld (scusi), ho esaurito tutto il lessico norvegese che ho imparato in quasi un mese di studio e di programmazione. Sono dell'idea che nella lingua indigena un minimo di parole deve essere conosciuto e adoperato da un buon turista che si ritiene tale. Denota attenzione e sensibilità alle esigenze della gente del luogo. E poi introduce sempre un pizzico di simpatia per la felice scelta di considerare giustamente importante la lingua del luogo. Io mi sono trovato sempre bene a fare così e lo consiglio vivamente a tutti.

Ai banchi del buffet c'è di tutto e l'offerta è completa. Fermo restando che io faccio sempre una colazione di tipo mediterraneo - dunque niente uova fritte con bacon, wurstel, salami e cose del genere - la mia colazione standard è costituita da panini con burro e marmellata, una tazza di latte caldo zuccherato con miele, un caffè espresso macchiato e alcune brioche o dolcini del luogo. Null'altro. Il resto non mi interessa. Devo riconoscere che raramente ho trovato un latte fresco così gustoso, vari tipi di marmellate che sono un vero nettare, briochine che sono una rara squisitezza e il caffè che è un vero caffè espresso all'italiana. Cosa si vuole di più? Nella foto sono riconoscibile da una grande sorriso con alle mie spalle l'entrata della Sentralstasjon. Nella piazza della stazione, sulla mia sinistra, si riconosce un tendone verde che copre i molti tavoli all'aperto del ristorante Egon. Un gentile cliente che sta facendo colazione alle mie spalle si è premurato di farmi la foto. E adesso in moto per la città. Devo andare a vedere i quadri di Munch tra i quali sono interessato anche alla «Madonna» oltre che all'«Urlo». La sede è alla Nasjonal Galeriet, cioè alla Galleria nazionale in Universitetsgata 13. Devo fare attenzione a non confondere negli indirizzi «gate» con «gata». E visto che ci siamo, ho osservato attentamente la questione dei nomi delle strade. La cosa è un po' impegnativa perchè ho scoperto che oltre a «gate» e «gata» ci sono anche «stredet» (come Pilestredet), «stien» (come Bergstien), «plassen» (come Bankplassen), «plass» (come Grev WedelsPlass), «gata» e «gate» le abbiamo già dette (come Kongens gate e Rådhussgata), «Allè» (come Bygdoy Allé), «veien» (come Uranienborgveien) e anche «bakken» (come Akersbakken). E forse ci saranno anche altri suffissi o apposizioni che io non conosco. Ritengo importante conoscere bene le questioni topografiche di una città e i nomi corretti delle strade, dei viali e delle piazze. Si tratta di una questione cruciale che ogni turista dovrebbe conoscere. Per esempio, non c'è peggiore scelta di scrivere le parole disinteressandosi dei segni diacritici come quando si scrive Radhussgata invece di Rådhussgata, senza l'anello sulla vocale «a», oppure scrivere bispedomme invece di bispedømme senza la «O» con la sbarra obliqua. Nella scienza c'è un fisico, Anders Jonas Ångström, che ha dato l'iniziale del suo cognome come unità di misura atomica delle lunghezze. In pratica 1 Å equivale a 10-10 m, cioè a un decimo di miliardesimo di metro. Il cognome di questo grande fisico ha ben due segni: il primo è l'anello sulla vocale iniziale a e il secondo è una dieresi sulla vocale o. Nei paesi scandinavi questo cognome è come il cognome Rossi in Italia. E per concludere aggiungiamo che dal norvegese femten (quindici) si ottiene il prefisso del sottomultiplo 10-15 chiamato semplicemente «femto» e da atten (diciotto) si ottiene il prefisso del sottomultiplo 10-18 chiamato «atto». Io mi diverto a scorrere il lungo elenco dell'indice delle strade in ogni mappa di città. Si vedono cose interessanti e originali. Per esempio si nota che ai nomi di personalità straniera si possono abbinare importanti vicende storiche, politiche e culturali. Un esempio per tutti. A Sofia c'è una strada chiamata via Garibaldi. E' intitolata all'eroe dei due mondi, artefice dell'Unità d'Italia. Ebbene, perchè esiste una strada del genere a Sofia in una lingua che adopera i caratteri cirillici e non ci sono viceversa altri nomi italiani? La risposta ha motivazioni storiche e politiche, perchè la Bulgaria dell'Ottocento amava coloro che facevano le rivoluzioni per la libertà dagli invasori che in Italia era l'Austria e in Bulgaria erano gli Ottomani. Così Garibaldi era visto come un modello di comportamento per la libertà della loro nazione. Almeno, io l'ho intesa in questo senso. E ritorniamo a Munch e alla Galleria nazionale. Per arrivarci prendo il Sightseeing bus, visto che il biglietto giornaliero è ancora valido, in quanto non sono trascorse le 24 ore previste. Chiedo conferma davanti al solito Hotel Clarion al controllore di turno, che è sempre una donna ma diversa dal giorno precedente. Scendo in Karl Johans gate, sul marciapiede del Rock Cafè. All'apertura domenicale delle undici del museo mancano ancora quindici minuti. Ci sono qualche decina di turisti in attesa di entrare insieme a me. Ci guardiamo reciprocamente negli occhi, come per confermare a noi stessi e agli altri che abbiamo tutti un obiettivo comune. Ci sono turisti di tutte le facce, compresi due giovani che chiacchierano esageratamente. Sono italiani (figurati) e io faccio finta di nulla. A me l'attesa non preoccupa molto perchè i turisti sono quasi sempre gente con i quali ti accomuna l'amore per i musei e per le cose belle della cultura del luogo.

Aggiungo che l'entrata è gratuita per tutti. Pochi minuti prima dell'apertura del portone di ingresso arriva il solito pullman, pieno zeppo di anziani turisti giapponesi che, con fare sfrontato, ci superano nelle scale ed entrano per primi, perchè visita di gruppo. Entro anch'io e cerco di trovare subito la sala delle tele di Munch. Mi sembra che sia la sala T. Perdo tempo a trovarla perchè la sequenza delle lettere delle sale M,N,O,P,Q,R,S,T non è lineare. Manca proprio la sala T che trovo con difficoltà. Inutile dire che è presente tutto il gruppo dei cinquanta giapponesi davanti al quadro che immortala l'urlo del disperato. Devo aspettare che la donna capogruppo termini le sue spiegazioni per osservarlo da vicino. A due passi c'è un custode che impedisce a chiunque di fotografare. L'unica foto che ho potuto fare è stata nella sala attigua di entrata che precede. Le tele sono interessanti e originali. E' evidente che tutti i visitatori sono interessati di più all'Urlo che al resto. La tela per eccellenza di Munch, dipinta nel 1885, è coperta da una protezione di vetro trasparente. «Nella pittura di Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo: dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della morte, dalla incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e militarista». A me che lo sto osservando attentamente viene in mente che nel soggetto traspare tutta l'angoscia dell'uomo unita a una punta di terrore. Infatti, quando si ha paura, il viso mostra sempre gli occhi dilatati, la bocca aperta e le guance ristrette come se fossero sgonfiate. Raffaele Mantegazza nel suo libro Pedagogia della morte afferma che "le tele di Munch sono uno tra i più grandi avvicinamenti all'asintoto della materialità della morte". E non sbaglia, perchè il quadro è terribile nella sua semplicità. Completo il giro delle stanze ed esco facendo un giretto nei pressi della galleria. Mi colpiscono una coppia di edifici che hanno il nome di Ibsen. Non me l'aspettavo. Si trovano in CJ Hamros Plass, 4 vicino a Pilestredet e sono probabilmente la coppia di edifici più famosa di Oslo. Il motivo riguarda il fatto che gli spazi di questi edifici sono stati usati in una serie televisiva norvegese di telefilm famosi, dal nome Hotel Cæsar.

Mi sposto in Rosenkrantz' gate, quasi a fianco del ristorante Kaffistova. Nella foto si vede l'entrata del teatro Oslo NYE. In programmazione c'è Scener fra et ekteskap, ovvero "Scene da un matrimonio", di Ingmar Bergman. Il celeberrimo film del 1973 (annus mirabilis per me) scritto e diretto dallo stesso Bergman col quale rappresentò l'istituto del matrimonio con "palese pessimismo (dovuto al fatto che lo stesso Bergman stava per divorziare dalla moglie Liv Ulmann) e moralismo realistico". Mi piacerebbe vederlo ma non credo che sia possibile per via delle prenotazioni e della programmazione. Mi ricorda la mia visita a Stoccolma quando in programmazione c'era lo stesso pezzo teatrale che non potei vedere per tutt'altri motivi relativi al mio pessimo stato di salute nella città di Gamla Stan a causa di una infreddatura presa al mio arrivo dall'aeroporto Arlanda. Ritorno nella Karl Johans gate dove mi interesso ai vari gioielli architettonici presenti nella strada principale di Oslo.

La giornata presenta un timido sole. L'aria è freddina e tira anche un po' di vento. Faccio alcune foto nello Studenterlunden il bel parco che si trova là a due passi e mi avvicino allo Stortinget (il parlamento). Una strana costruzione, di colore giallo, ma bella e soprattutto artistica. Sembra, a parte l'altezza dovuta al fatto che è stata eretta a un solo piano, una struttura a forma di torre circolare come si usava nel medioevo al centro di un castello. Comunque è originale. Dall'altra parte della Karl Johans gate c'è il bellissimo Grand Hotel tutto lastricato da una specie di travertino bianco. Completo il giro del palazzo del Parlamento percorrendo in senso orario prima il tratto della Karl Johans gate, poi Akersgata, quindi Wessels plass (fermata importante del tram) in Prinsens gate e, l'ultimo lato del quadrilatero, l'Eidsvolls plass che è il passaggio all'interno del parco. Ci sono pochi turisti in circolazione. A un certo punto ne vedo due che si fotografano a vicenda. Parlano italiano. Ne approfitto chiedendo loro di farmi una foto.

A due passi c'è il Rådhus il famoso municipio di Oslo. Entro e osservo le pareti dove sono dipinte le enormi figure che rappresentano il lavoro e i lavoratori. Trovo un gentile signore mongolo che mi fa una foto con sorrisi interminabili. La sala è enorme. C'è una confusione indescrivibile. Turisti di tutte le nazioni e di tutte le razze che fotografano a 360° tutto e tutti. In pratica il centro della sala è pieno di fotografi in erba che scattano foto in continuazione. Quasi nessuno che si ferma ad ammirare. L'importante è fotografare. Questo è il motto che contraddistingue tutta questa gente. Io mi siedo su un cuscino posto su una panca che costeggia l'intera parete di sinistra nella foto e ammiro le composizioni artistiche dipinte in perfetto stile norvegese. Immagino l'atmosfera quando ogni anno viene consegnato in questa sala il premio Nobel per la Pace.
In questa sede prestigiosa non posso non pensare che la Norvegia è stata protagonista non solo di storia antica di re Harald ma anche di cultura moderna, nel senso galileiano del termine. Ricordo che Galileo visse i suoi anni più creativi agli inizi del '600 e la sua figura di metodologo oltrepassa la linea di demarcazione tracciata nelle sue lezioni da Umberto Eco che aveva l'abitudine - ad ogni inizio di corso universitario - di andare alla lavagna e dividere la superficie di ardesia con una linea orizzontale temporale fissata proprio agli inizi del secolo XVII : da una parte la scienza antica e dall'altra quella moderna. Orbene in La quadratura del cerchio di A.K. Dewdney, Milano, Apogeo, 2005 si evidenziano alcuni grandi problemi che mostrano i limiti della scienza, dove la ragione ha moltissime difficoltà ad arrivare. Ebbene fu un grande matematico norvegese Alex Thue che nel 1892 diede un contributo considerevole alla dimostrazione matematica che la forma esagonale è la forma poligonare geometrica che rende massima la sua superficie. All'uscita riprendo il Sightseeing bus che trovo fermo là ad aspettare altri turisti per andare nella Biskop Gunnerus' gate da dove passa il bus 37 che mi porterà in una località fuori circuito turistico. Indovinate dove, se ci riuscite. Ebbene andrò adesso in Ullevålsveien. A fare cosa? Diciamo che il progetto di visita domenicale di questa tarda mattinata prevede un tour di tipo religioso.

Ho in mente di vedere direttamente le chiese più importanti delle principali religioni monoteiste. Quali? In primo luogo la cattedrale cattolica di Oslo, che si chiama St. Olav Domkirke, con annesso Oslo katolske Bispedømme, cioè la Diocesi di Oslo. In successione, poi vedrò la Chiesa ortodossa russa, la Sinagoga ebraica di Oslo e, infine, la Moschea musulmana centrale. La Cattedrale evangelica l'ho visitata ieri. Ma andiamo per ordine. Sant'Olav è la chiesa cattolica per eccellenza. Nelle poche decine di metri che la fermata del bus 37 dista dalla chiesa vedo alcune famiglie norvegesi vestite con l'abito tradizionale e vedo anche di spalle dei giovani asiatici che si dirigono lungo la mia strada alla cattedrale. Il gruppo di indigeni ad un certo punto sparisce nel nulla mentre io, insieme ai giovani, entriamo nella chiesa. La chiesa è piccola e l'architettura e le immagini sono parecchio diverse da quelle italiane. Qui lo stile è gotico con le finestre a punta e non barocche.

Vedo seduti ai banchi molti fedeli in attesa della messa. Ma c'è qualcosa di strano nell'aria che non percepisco subito. Poi capisco. I fedeli sono tutti, dico tutti, filippini. L'immagine mi richiama alla mente la stessa scena vista diverse volte in differenti capitali europee. Dove? Ad Atene e a Nicosia. In pratica l'intera comunità cattolica di Oslo, come di Atene e Nicosia, è costituita da immigrati cattolici filippini. Sono da considerare a mio parere una risorsa straordinaria per la chiesa cattolica norvegese perchè assicurano, con la loro costante presenza, una comunità viva e partecipe. Senza di essi le chiese cattoliche sparse in tutto il nord Europa avrebbero dovuto chiudere da tempo. Certo, cambiando registro, si vede qui in tutta la sua gravità la crisi delle chiese cristiane (cattolici, protestanti, ortodossi, etc.) che nelle società scandinave non sono mai riuscite a creare quelle comunità di credenti vitali come nel sud d'Europa. Sarebbe interessante dibattere questo tema perchè apre prospettive in parte condivisibili e in parte inaccettabili. Non è possibile che il cattolicesimo viva in questi paesi perchè esistono gli immigrati asiatici, i quali sono i soli in grado di riempire i vuoti creati dai credenti indigeni che mostrano totale indifferenza per la teologia della chiesa di Roma. Ma questo è un tema che non è possibile approfondire qui. Dall'uscita laterale destra della chiesa mi sposto sulla Akersveien e qui incontro di nuovo alcune coppie con il vestito tradizionale norvegese, tutto rosso norge e bianco. Da qualche parte ci deve essere qualche cerimonia tradizionale ma non capisco dove. Dopo aver oltrepassato alcune case contigue con l'edificio della Diocesi, riesco a vedere la parte sud del Vår Frelsers gravlund, cioè il cimitero più antico e famoso di Oslo.

A circa cento metri, sul lato sinistro, vedo la prima delle tre entrate del cimitero: due sono nella Akersveien e una che è l'entrata principale nella Akersbakken. So per certo che lì c'è una chiesa ortodossa russa. La trovo subito. Si tratta della Hellige Holga menighet-den Russieske Ortodokse Kirke, cioè la Chiesa di Santa Olga della chiesa ortodossa russa. E' piccolina ma raccolta. Entro e vedo in atto una cerimonia religiosa con un prete ortodosso che recita insieme a dei credenti preghiere ed esortazioni. Assisto per alcuni minuti osservando l'interno in perfetto stile ortodosso. All'uscita trovo un gruppo di persone, uomini e donne, che conversano tra di loro. Sono quasi tutti di immigrazione russa, eleganti, ben curati, soprattutto le donne. Chiedo in inglese se conoscono dove è seppellito Henrik Ibsen. Dopo una iniziale sorpresa per la inusuale domanda, una gentile signora di chiare origini russe mi accompagna a un cartello contenente la mappa del cimitero. Riconosco la piantina perchè l'avevo vista in internet. Ringrazio e mi dirigo lungo un vialetto verso il centro, nel verde dei prati ben curati. Sto cercando il "boschetto onorario", cioè la zona centrale del cimitero nel quale si trova la tomba. La ricerca è difficile perchè non c'è alcuna indicazione e a tratti mi sembra di cercare un ago nel pagliaio. La visione del prato verde, ordinato e armonioso, è molto bella. Non avevo mai visto un cimitero così bello. Anche perchè i cimiteri nordici sono molto più curati di quelli mediterranei. Tra una tomba e l'altra prevale il verde dei prati ben rasati. Il granito delle tombe, il verde dell'erba e il rosso dei fiori produce una visione cromatica fuori dall'ordinario.

Giro per più di mezz'ora in mezzo a marmi bruni e tombe accurate, piene di steli e fiori rossi e se non fosse stato per una gentile signora che mi indica la direzione giusta non sarei riuscito a trovare la tomba. Qui, dunque, giacciono le spoglie del grande drammaturgo e poeta norvegese. Un minuto di raccoglimento lo merita ed è il minimo che io possa fare. La scena che vede me davanti alla tomba di un estraneo non di famiglia, mi ricorda quella analoga avvenuta alcune decine di anni fa quando a Roma, in un momento di forte desiderio di ricordare la figura di mio padre morto da poco e tumulato in un piccolo paese, andai al cimitero "Verano" per portare un fiore a un estinto qualsiasi, che avesse il solo requisito di avere in comune con mio padre la stessa data di nascita. Fu un momento di grande commozione. Penso ai libri di Ibsen presenti nella mia libreria e alle emozioni provate durante la loro lettura. Di Henrik Ibsen posseggo diverse opere. Dalla Casa di bambola agli Spettri, da Hedda Gabler a L'anitra selvatica. Ho letto anche La donna del mare ma il dramma che avrei desiderato leggere è un libro introvabile, cioè Kejser og Galilaer (Cesare e Galileo). Pochi ne parlano perchè è un testo raro e quasi mai è stato rappresentato a teatro. Ibsen mi sembra una figura mitologica, in grado di mettere soggezione a tutti. Basta vedere al museo la sua immagine con gli occhialini, la barba incredibile senza soluzione di continuità con i capelli e lo sfondo dell'immagine rosso Norvegia. Un'icona unica e irripetibile. Esco dal cimitero e mi dirigo verso nord, sempre lungo la Akersveien, fino ad arrivare alla Akersbakken sul lato nord del cimitero, dove al numero 32 come ho già detto prima c'è l'entrata principale del cimitero. Al bivio inizia la Bergstien che è la strada dove al numero 13 c'è la Synagogen Bergstien.

Chiedo a un signore anziano che incontro sulla Akersbakken dove si trova la Synagogen. Non ha un attimo di esitazione e mi indica subito la direzione. La Akersbakken mi ricorda che persino il Premio Nobel per la Letteratura Knut Hamsun ha adoperato, a piene mani in un suo romanzo, il nome Aker e più in generale molti nomi della città. Per esempio, sempre nel Cap.I del suo romanzo, pubblicato nel 1890, dal titolo «Fame», Knut Hamsun descrive la vita grama e solitaria di un giovane scrittore senza soldi che è costretto a vivere per strada e a dormire in un bosco. Il protagonista di cui non si conosce il nome, che dice tante bugie e che vagabonda per le vie di Oslo, si muove nelle medesime strade oslensi che io ho già percorso in questi giorni nella capitale norvegese. Hamsun modifica un po' qualche vero nome delle strade di Oslo nelle quali si muove il protagonista. Si va dalla Pilestradet (che lui cambia in Pilestraede) allo Slotparken sul colle dove c'è Det Kongelige Slott, ovvero il Castello Reale; dalla Cattedrale di St. Olav (Sankt Olav) alla Bernt Ankers gate, dalla Akersgate alla Karl Johan gate (le due famose e conosciutissime strade del centro della capitale), dallo Studenterlunden (che chiama Giardino dello studente) allo Stortorv (alle spalle della Domkirke), dal Rådhuset (Municipio) alla Kirkegate, dalla Ullevålsvei alla St. Hanshaugen (modificata in St. Hansgaug), dalla Tordenskiolds (chiamata da lui Tordenskjoldgate) al bosco di Bogstadveien (chiamato Bogstade), da Vognmand gate vicino Grønland (cambiata in Vognmandsgate vicino Groenland) a Youngs gate, da Grensen a Vaterland, dal Piazzale della stazione alla Møllergata, dallo zoo, che non è altro che l'attuale Parco del rettilario che si trova in St.Olav gate,2 vicino alla Cattedrale di St. Olav che si inventa il nome italianissimo Tivoli che esiste a København ma non a Oslo, e tante altre ancora. Insomma, una cascata di nomi che riguardano i molti luoghi dei miei spostamenti a Oslo per soddisfare il mio progetto di visita, infrequente ma originale. E poi è spesso citata la Ullevaien al n.37. Nella realtà si tratta della Ullevålsvaien, che è il viale percorso dal bus 37 verso Nordahl Brunsgate che ho preso due volte per recarmi in visita alle tre chiese (la cattolica, l'ortodossa e l'ebraica) e che costituisce il proseguimento verso nord della centralissima Akersgata, spesso citata nel romanzo da Hamsun. Per inciso, a questo link si parla del primo di due film che hanno tradotto il romanzo in un video recitato da attori indigeni nel 1966. Orbene, se faccio mente locale e mi pongo la domanda dove si trovano nella città questi luoghi e le vie citate da Hamsun? La risposta è che gli spostamenti nella Christiania del protagonistra del romanzo del tempo (circa 130 anni fa) sono tutti all'interno del triangolo che ha i suoi tre vertici nel "Det Kongelike Slott-Sentralstasjonen-St.Olav" (cioè tra Palazzo reale-Stazione ferroviaria-Cattedrale cattolica), quest'ultima contigua al cimitero di Vår Frelsers gravlund, dove è seppellito Henrik Ibsen. Curioso no? Penso si tratti di una mia "scoperta" ma è anche una piacevole coincidenza. A questo punto mi sento di poter fare un accostamento letterario molto preciso tra Knut Hamsun con il suo romanzo «Fame» e James Joyce con il suo capolavoro «Ulisse». In entrambi i casi si descrivono i "cari luoghi" della loro città in modo puntuale e sorprendentemente analogo. I due presentano anche una somiglianza quasi perfetta nei tratti del viso e del corpo. Entrambi longilinei, con lo stesso tipo di baffi, con lo stesso sguardo, differiscono nel fatto che Joyce porta gli occhialini mentre Hamsun no. Ma in ciò che sono simili sottolineo che i due sono accomunati dalla scelta di entrambi di marcare i due romanzi con i toponimi della loro città. Straordinario. La sinagoga si trova nella parte finale della strada, in salita sulla destra, in una via che sembra più una caserma militare - difesa da distanziatori di sicurezza in mezzo alla strada (che si intravvedono nella foto) - che un edificio religioso. Ci sono cancelli e telecamere a bizzeffe. Il tutto dà un'idea di repulsione che contrasta con St.Olav. Lì è tutto aperto, alla luce del sole, con i fedeli che sorridono compiaciuti di essere insieme in compagnia. Qui è tutto chiuso, sbarrato, con telecamere di sicurezza che danno un'immagine di vita in completa segretezza. Sul lato sinistro della sinagoga c'è una anziana signora davanti alla sua porta di casa alla quale chiedo se è possibile visitarla. Mi invita a suonare il campanello del custode. Ma dopo alcuni tentativi infruttuosi desisto e ritorno indietro. Non sono sciocco e comprendo benissimo che dopo gli episodi di razzismo antireligioso contro moschee e sinagoghe è giusto che ci sia una difesa adeguata. Peccato che questo fatto introduca elementi di disturbo alla visita turistica. Alla fermata successiva riprendo il bus 37 in senso inverso che mi riporta velocemente di nuovo in Biskop Gunnerus' gate. Da qui mi sposto ad Akerbrygge con il tram 12 per il pranzo. Mi aspetta un ristorantino sul molo che propone ottimi piatti a base di pesce, vicino all'orologio, lungo la passeggiata a mare. La zona di Akerbrygge è moderna e rappresenta in modo egregio il passeggio sul molo. Ci rimarrei volentieri alcune ore, andando a zonzo per vicoli e stradine interne.

Il posto lo merita ma .... è l'ora di pranzo e mi seggo subito a un tavolo all'interno di una vetrata sulla banchina del porto protetto da pannelli di vetro scorrevoli al ristorante Lofoten. Ricordo che Lofoten è il nome di un gruppo di isole, chiamate appunto "Isole Lofoten". Sono conosciute per l'ottima pesca e per le attrazioni classiche della natura del paesaggio norvegese che le circonda. Nella foto si vede una signora anziana seduta a un tavolo. Mi siedo di fronte a lei al tavolo vicino. Fuori le persone hanno al solito le maniche corte mentre io, prima di entrare nel ristorante, ho sentito freddo, anche perchè c'è un vento fastidioso e certamente non si tratta di scirocco africano. Una non giovane cameriera mi propone senza mezzi termini la specialità del giorno. Non mi fido nè della specialità, nè del prezzo che essa inevitabilmente associa. Ho tutto programmato e conosco a memoria quali sono le portate più accessibili. Le dico di portarmi il menu e facendo finta di scorrere i nomi delle pietanze individuo il nome: Lofoten kremet fishsuppe - Med smak av frisk basilikum. Gaenert med dagens fangst av fisk og skjell. Avete capito qualcosa? Io si perchè a casa, in internet, ho tradotto in precedenza la frase con google translate. Si tratta di una "zuppa cremosa di pesce della casa (Lofoten) con del basilico fresco, guarnito con pesci e crostacei". Prezzo 125 korone per la porzione piccola. Da bere una piccola bottiglia di birra chiara.

La signora rimane di sasso. Stupita della mia scelta economica non si aspettava il mio cinismo e la maniera elegante di essermi tolto dai guai alla sua pericolosa domanda di accettare la pietanza del giorno. Dopo un po' un giovane cameriere mi porta il piatto e, su mia richiesta, accetta di farmi la foto che vedete a fianco. La pietanza è veramente originale. Per me, italiano doc, amante delle pietanze a base di pesce, fino all'altro giorno era decisamente impossibile immaginare di poter mangiare una zuppa di pesce senza pomodoro. Le mie zuppe di pesce sono sempre state impregnate da buon pomodoro. Dunque, zuppe di pesce rosse. Qui invece il colore rosso è inesistente. In un denso e cremoso liquido color pisello, nel quale si trovano sottili bastoncini di carote, ci sono pezzi di pesce veramente squisiti. Ottima pietanza. Non si finisce mai di imparare la varietà possibile e inimmaginabile delle ricette di una pietanza nel mondo. Il menu prevede anche un piatto di cozze che ho rifiutato, perchè in programma domani in un altro ristorante. Esco dal ristorante Lofoten soddisfatto dall'avere assaggiato un piatto che in Italia è sconosciuto. Mi metto a gironzolare sul molo. La "passeggiata a mare" di Aker Brygge chiamata Stranden continua diritta attraverso un ponte nella penisola di Tjuvholmen dove è in costruzione un nuovo museo che si chiamerà Tjuvholmen Art Museum. Si vedono le gru che stanno terminando una bella architettura sul mare. l'architetto che ha progettato la moderna struttura è Renzo Piano, che lascerà un'impronta italiana in questa bella parte del porto di Oslo. Dopo il fiskerestaurant Lofoten svolto a destra costeggiando il canale che porta nelle stradine dietro il centro commerciale di Akerbrygge. Questo canale mi ricorda i canali di Amsterdam nei quali venivano parcheggiati delle barche come normalmente nelle strade si parcheggiano le auto. La passeggiata è piacevole, nonostante un vento impietoso si faccia notare con sistematica e implacabile ripetitività. Mi pongo la domanda: ma che sensazione termica si potrà provare qui tra alcuni mesi in pieno inverno a -20 °C? E' la stessa e identica domanda che mi sono posto a Stoccolma ed Helsinki. Stranamente il problema non me lo sono posto quando ho visitato København, forse perchè la Danimarca, non essendo agganciata geograficamente alla penisola scandinava, produce psicologicamente temperature più miti. Io non potrei vivere in inverno a queste latitudini. Svoltato l'angolo dell'ultimo edificio lungo Akerbrygge in direzione della penisola Bygdøy si sbuca in una piazzetta modernissima chiamata Bryggetorget.

Tutti i palazzi hanno le facciate in vetro, in uno dei quali spicca il logo DNB di una banca. Qui si trova il ristorante italiano Eataly. Nulla a che vedere con quello presente a Roma, che è un gigantesco e pantagruelico luogo dove si ingurgitano tonnellate di cibo per gente che "vive per mangiare". Comunque, tanto di chapeau al patron di Eataly, Oscar Farinetti, che da buon imprenditore italiano ha fiutato l'affare di esportare in tutto il mondo il cibo italiano e il valore della cucina italiana, inventandosi questo nuovo e strano modo di pronunciare il nome dell'Italia (Eataly). Mi dispiace ma io all'estero non frequento nessun ristorante italiano e alla larga da spaghetti, fettuccine e lasagne. Raramente mangio una pizza qualora le condizioni del mio stomaco la richiedessero. In realtà se si pensa un po' è da sciocchi mangiare all'italiana quando si va in un paese straniero per visitarlo. Che senso ha mangiare gli spaghetti e perdere la possibilità di conoscere qualche piatto della cucina locale? Illogico. Al contrario, confesso che spesso vado al ristorante svedese di Ikea a Roma per assaporare pietanze della cucina svedese. Peccato che non ci sia una Ikea norvegese. Sfilano davanti a me gradevoli immagini della Oslo marina. C'è lo Shopping Center di Akerbrygge, le due belle fermate del tram 12 che collegano incessantemente in entrambe le direzioni questa bellissima passeggiata al mare con Jernbanotorget, la maestosa presenza del Rådhus e della Rådhusplassen, sotto la quale scorre un intenso traffico automobilistico nel Festningstunnelen, il Nobels Fredsenter e tanto altro. Non prendo alcun il vaporetto per Bygdøy perchè mi sento "a rischio tracheite". D'altronde, nella penisola di Bygdøy ci sono stato già stato col Sightseeing bus.

Preferisco rientrare in hotel per riposarmi. Sono stanco ed ho voglia di navigare in internet per leggere le notizie sui giornali online italiani. La hall dell'albergo è calda e accogliente. Ci sono tutti gli ingredienti per rilassarmi. Più tardi esco di nuovo per visitare i due centri commerciali di Oslo City e Byporten. Lo scopo è di confrontare ciò che vedo con quelli analoghi italiani e provare a individuare differenze. E di differenze se ne trovano molte. Non perchè qui c'è una struttura edilizia differente. No. Perchè è diverso l'approccio stesso col centro commerciale. Vediamone qualcuna. In primo luogo non si sente il forte rumore di fondo che si avverte nei centri commerciali della capitale italiana. Qui si parla sottovoce, non si parla affatto; a Roma si parla ad alta voce quando non si grida. Poi qui i bar sono più numerosi e soprattutto hanno molte sedie sulle quali sedersi. E poi l'offerta di comodità per il cliente è maggiore. Una novità assoluta è un aggeggio posto in un angolo del Centro commerciale di Oslo City che, a prima vista, non capisco cosa sia. Sembra una specie di bancomat per prelevare qualcosa, come bottiglie o pacchetti.

In realtà è un dispositivo per depositare plastica, lattine e oggetti del genere. In poche parole, è un cestino dei rifiuti differenziale delle bottiglie di plastica. Si infilano le bottiglie vuote a perdere nella bocca circolare del pannello frontale e si acquisiscono frazioni di korone a seconda delle dimensioni delle bottiglie. Un vero e proprio cassonetto dell'immondizia che realizza al 100% il sogno di differenziare la spazzatura. E in più si recuperano soldi. Intelligente e pratico. Mi ricorda la dichiarazione che fece il grande epistemologo viennese Karl Popper quando intervistato da un giornalista alla domanda se si sentiva realizzato per i suoi importanti lavori di filosofia ed epistemologia rispose: «Io nella vita ho saputo fare solo il filosofo. E per giunta mi hanno pagato». Ecco. Non solo ti disfi intelligentemente della spazzatura, ma anche ti pagano. Curioso no? E in Italia? Meglio tacere, per carità di Patria.


Terzo giorno. Oggi è il penultimo giorno di permanenza a Oslo e di buon'ora esco in strada per prendere la T-bane. In genere nei miei viaggi uso la metro solo alla fine della visita. Nei primi giorni preferisco bus e tram, perchè muovendomi in superficie mi permettono di osservare la città in modo esplicito e visibile. In metro non è possibile. Il programma di oggi prevede in mattinata di completare il percorso tra i luoghi delle religioni di Oslo, visitando la moschea centrale. Dopo la pioggia di ieri sera e della notte, la giornata di oggi è forse la migliore perchè il cielo è terso e la temperatura si è alzata con convinzione. A Jernbanetorget scendo le scale ed entro nella metropolitana, che qui si chiama Oslo T-bane. La prima sorpresa è che l'entrata non è presidiata né da personale di sorveglianza, né da impiegati ai tornelli.

Anzi. Oltre ai tornelli normali, dove per entrare è necessario timbrare un biglietto, ci sono anche dei varchi liberi che non obbligano il viaggiatore a mostrare alcun biglietto. Io utilizzo la Oslo pass e dunque non timbro nulla. Per alcuni aspetti questo fatto mi ricorda il mio settimo viaggio a Berlino nel 2003 quando notai la stessa mancanza di controlli nella metro, alla fermata di Alexanderplatz. La scelta di una delle due banchine all'inizio non è facile, perchè non ho ancora preso abitudine con le direzioni di marcia dei treni sulla cartina della T-bane. Tra le tante cose il fatto che tutte e sei le linee ferroviarie passano per le tre stazioni centrali di Jernbanetorget, di Stortinget e Nationaltheatret paradossalmente invece di semplificare complica l'individuazione del percorso giusto. Io devo prendere la linea 5 da Storo per Vesti. Il fatto è che ci sono altre due linee, che si sovrappongono perchè percorrono il Ring, cioè il percorso ad anello. Dopo un po' di osservazione penso di avere capito come stanno le cose. Nel frattempo ho avuto modo di vedere il modo in cui i viaggiatori si dispongono sulla banchina. Guardo un paio di treni che passano e decido di prendere il prossimo. Le carrozze sono pulite e la gente sta in rigoroso silenzio. Non c'è affollamento come a Roma. Non ci sono né i fastidiosi rumori di fondo della metro romana, né i molesti suonatori di chitarra che, con la scusa di allietare i viaggiatori, chiedono un obolo per sbarcare il lunario. Non ci sono neanche gli sporchi graffiti che imbrattano le pareti interne ed esterne dei treni delle due linee del metro a Roma.

Devo fare attenzione perchè il tratto comprende due sole fermate. Dopo Grønland c'è Tøyen dove devo scendere. L'indirizzo della moschea è Åkebergveien 28B. All'uscita, della T-bane trovo un piccolo centro commerciale, chiamato Tøyen senter, nel quale mi fermerò al ritorno per comprare una piccola bottiglietta di acqua minerale. La fermata di Tøyen è importante perchè permette di andare anche al Munch Museet. Imbocco la Kolstadgata, quindi a destra la Sigurdisgata e in fondo, svoltando a sinistra, mi trovo a cinquanta metri dalla moschea centrale, nella Åkebergveien. In realtà a Oslo ci sono più moschee. Quella che ho in mente di visitare è quella più importante, chiamata letteralmente Prima centrale Centro studi e Moschea. Questo nome può apparire strano. In realtà è la traduzione letterale del nome impresso sulla parete centrale tra i due minareti. Sarebbe la «Prima moschea e centro studi islamici» di Oslo. Dopo l'esperienza della mia mancata visita alla sinagoga ebraica temo che potrebbe verificarsi la stessa cosa con la moschea dei musulmani. Sono ottimista ma non vorrei fare un altro viaggio a vuoto. In ogni caso è una esperienza che mi serve per due motivi. Inaugurare per la prima volta un viaggio in T-Bane e visitare la parte est della città oltre Grønland. Davanti alla moschea suono al citofono. Suono di nuovo e dopo un po' mi risponde qualcuno parlando in norvegese. Gli chiedo in inglese se è possibile visitare la moschea. Per tutta risposta mi grida arrabbiato che è chiusa e che devo andarmene. Non c'è niente da fare. Certe volte gli islamici sono peggio dei tedeschi: nein, nein, nein. Ritorno sui miei passi e decido di cambiare completamente luogo di visita. Adesso spostiamo il tiro e passiamo dai fatti religiosi a quelli politici e militari. E' giunta l'ora di andare in collina e non solo per ammirare il panorama sul porto di Oslo. Dove? Mi aspetta un museo, il museo della Resistenza norvegese al nazismo che si trova in Akershus Festning, nello stesso luogo dove c'è Akershus Slott, sotto ai quali passa il Festningstunnelen, cioè la Fortezza, il Castello e il Tunnel di Akershus, cioè della «casa di Aker». A proposito di nomi composti che usano il tema «Aker», avete sicuramente intuito che ci sono ancora tanti altri «Aker». Per esempio, c'è una Gamle Aker kirke (la più antica chiesa in pietra della capitale), una Østre Aker, Nordre Aker, Vestre Aker, un Akerselva, uno Store Aker e una Lille Aker e poi Torsåker, Ullensaker e Ringsaker oltre alla bellissima Aker Brygge e persino una contea di Akershus. Il nome «Aker» originariamente apparteneva ad una fattoria che si trovava nei pressi di una chiesa. La chiesa, a sua volta divenne la fonte dei nomi del comune e della contea. E tutti ne hanno approfittato. Vediamo perchè voglio andare in questa parte panoramica della capitale norvegese. Nei miei viaggi c'è sempre stata l'idea di visitare i luoghi della storia, relativi al passato recente e antico. In particolare mi sono sempre interessato ai luoghi relativi alle due guerre mondiali, di più la seconda. Io sono nato con la Repubblica e quindi ho avuto la fortuna di nascere e di vivere non durante il fascismo ma in piena democrazia. Ciò non toglie che sono interessato a conoscere luoghi e cause della più dolorosa esperienza che l'Europa abbia mai fatto con il nazi-fascismo. C'è da parte mia un genuino interesse per i fatti storici della 2a guerra mondiale e per le tragiche conseguenze che essa ebbe ai danni degli ebrei e dei partigiani di tutti i paesi che si opposero all'invasione nazista. Pertanto, l'esistenza ad Oslo di un Museo della resistenza mi attira molto, sebbene sappiamo come sia andata la "Storia". Voglio dire che è noto che la Norvegia, con il governo nazional-socialista di Vidkun Quisling, sostenitore della Germania nazista, in quegli anni non fece una bella figura nel consesso internazionale. E con queste premesse, la scelta di Knut Hamsun di appoggiare chiaramente e convintamente il nazional-socialismo hitleriano è una macchia indelebile sul suo nome e sulla sua coscienza. Purtroppo, certe volte, essere un grande della letteratura non porta ad avere gli anticorpi per le dittature. Questo non toglie che io sia un ammiratore dei suoi romanzi. Ebbene, con la Oslo Pass l'ingresso è gratuito e così eccomi qua, appena sceso dal tram 12 preso a Jernbanotorget per Christiania Torv. Proseguo nella Akersgata ai bordi del prato verde della salita verso Akerhus Festning. Mi lascio alle spalle il porto che è ancora in fermento perchè i militari stanno smobilitando aerei e mezzi militari presentati ieri alla parata dell'esercito norvegese. Gli aerei con pattuglia acrobatica hanno fatto un baccano infernale e l'intera area del porto fino alla Akersgata è rimasta bloccata perchè una marea di folla ha partecipato all'iniziativa. Entro all'interno della Fortezza trecentesca di Akershus dall'ingresso principale e mi avvio verso il Norges Hjemmefrontmuseum.

Si tratta di una vecchia casa in mattoni rossi che conserva la memoria storica dell'intera resistenza al nazismo da parte del paese. All'entrata faccio vedere al personale la mia Oslo pass ed entro nel museo. L'atmosfera è tetra e l'illuminazione è volutamente a bassa intensità per dare maggiore risalto al luogo. Prevalgono i contrasti tra rosso e nero degli sfondi delle pareti. C'è una musica da sottofondo che simula i rumori di un aereo, lo scoppio di una bomba e di altri fatti militari. Nei vari corridoi del museo sono esposti cimeli rari e originali del tempo: una vecchia radio, una vecchia macchina da scrivere Smith Premier, molte foto degli anni 1942-45 con gruppi di partigiani, etc. E poi uniformi, fucili originali, persino due completi da carcerato a strisce. Insomma c'è di tutto. Nel museo circolano alcuni turisti più anziani di me, interessati anche ai dettagli più minuziosi. In realtà ci sono molti cimeli di tutti i tipi e con molteplici usi.

Molto completi sono anche alcuni pannelli con le foto delle prime pagine di giornali novegesi del tempo, come il Morgenposten, e l'Aftenposten. Sul Morgenpladet, per esempio nella prima pagina, risaltano titoli e articoli sull'Italia. "Italia besetter Albania" (l'Italia occupa l'Albania) o "Italia har lukket inn gangen til adriaterhavet" (L'Italia ha chiuso il corridoio per l'Adriatico). Esempi di pessima storia fascista che ancora oggi mi fanno vergognare. Esco un po' rabbuiato da queste ultime considerazioni e mi sposto lungo le mura della fortezza dal quale si vede un panorama mozzafiato. Dalle mura ovest che danno direttamente sul porto di Oslo si vede una delle più belle visioni della città, osservata da sud, lato mare. In pratica si vede tutto ciò che riguarda la parte meridionale del centro città: il municipio, gli imbarcaderi dei vaporetti, Aker Brygge e l'intero inizio del fiordo di Oslo. Nella foto si vede il veliero ancorata nel porto e presenza fissa alla base della fortezza. Bello, veramente bello. Affronto adesso la parte sud della città, quella vicino al porto che tocca la elegante e moderna struttura del nuovo teatro dell'Opera per inoltrarmi successivamente verso il quartiere Kvadraturen.

La zona del porto vicino al nuovo teatro dell'Opera è in costruzione. Gru, ruspe e operai stanno modificando radicalmente la struttura delle strade dell'enorme piazzale. Il cantiere blocca il passaggio in superficie e la gente, me compreso, per andare a Opera si sposta su un lungo passante metallico che collega direttamente la bianca e modernissima struttura del nuovo teatro con i treni della stazione centrale. L'estremità destra di Opera "pesca" direttamente nel mare e c'è il pericolo che avvicinandosi troppo si possa scivolare nelle fredde acque. Per certi aspetti mi ricorda la Moschea di Hassan II a Casablanca, in Marocco, che è stata costruita su uno sperone di roccia sulle rive dell'Oceano Atlantico. In certe foto dà l'idea di essere stata eretta nel mare come i palazzi di Venezia nel Canal Grande. Una bella passeggiata al sole che non scalda mi riconcilia con i luoghi freddi del nord Europa. Ho un po' di fame e prendo il tram 12 per rientrare in hotel. Mi sposto a Oslo City per mangiare un muffin e bere un bel bicchiere di latte e caffè caldo. Proprio buono. Sono circa le 18 quando esco dall'hotel per fare una passeggiata, con un sole ancora pallido nonostante la bella giornata. Mi sposto a piedi dalla Bispekaia alla Rådshugata. Le strade in questo quartiere sono tutte parallele e ortogonali tra di loro, come a New York. Non c'è possibilità di sbagliare o di perdersi. Ormai Oslo la conosco bene ed ho imparato a sapermi muovere abbastanza velocemente, nonostante siano trascorsi solo due giorni dal mio arrivo. Penso che Oslo non abbia più segreti. Mi dispiace lasciarla, proprio adesso che mi sono sintonizzato bene sulle sue frequenze d'onda. Oslo è proprio bella e mi prende un po' di malinconia perchè domani si parte. Dopo aver imparato i tragitti urbani di buss, trikk e T-bane, la città si è talmente svelata che tutto mi è chiaro. Dunque Christiania Torv, ovvero il piccolo angolo più a la page di Oslo. Nella piazza del vecchio municipio ci sono due ristoranti. Uno, il gamla Raadhus, è al numero 32 della Rådhusgata. Ha scritto sulla facciata del palazzo la scritta italiana "ANNO 1641". Ricordando un po' di storia nel 1641 siamo l'anno prima che morisse Galileo Galileo e che nascesse Isaac Newton e che Rembrandt dipingesse la celeberrima Ronda di notte. Il Portogallo riacquista l'indipendenza dalla Spagna, in Italia muore Papa Urbano e in Francia Mazzarino si prepara a succedere al Cardinale Richelieu. E qui, nella lontana Oslo, viene costruito il Rådhuset (Municipio di Oslo), sostituito nel 1950 dall'attuale nuovo municipio. E chissà quante altre cose sono successe nel resto del mondo in quel famoso 1642. Come siamo piccoli davanti all'immensità dello spazio e del tempo. Einstein, con un aforisma elegante, disse: «Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato». L'elenco di eventi che ho proposto, dunque, è sicuramente parziale perchè molti altri accadimenti non possono essere ricordati, oppure perchè nonostante possano essere ricordati non possono essere considerati significativi. Un modo di dire di stare attenti con le certezze della vita: alla fine possono diventare incerte e insicure.

Nella piazza del vecchio municipio c'è un altro ristorante chiamato Caffè Celsius. Servono delle eccellenti pietanze. Pensate che oltre ai piatti di pesce e molluschi servono anche una pietanza, che loro chiamano vegetariana, ma che se avesse la pasta sarebbe la classica pasta e fagioli alla toscana, cioè con l'aggiunta di lenticchie. E poi il Caffè si chiama Celsius, vecchio conoscente svedese che "ho frequentato" spesso durante la mia attività professionale ricordandolo tutte le volte che si parlava di aspetti termici. Qualche parolina su questo signor Celsius si rende necessario. Celsius è stato un grande fisico svedese. I suoi studi hanno portato tanti benefici alla termologia prima e termodinamica dopo. In poche parole il grado celsius (°C) è la vecchia unità di misura della temperatura. Il sistema internazionale l'ha esclusa, perchè adopera il kelvin (K) (Lord Kelvin, un inglese) ma in verità 1 grado celsius equivale, in tutto e per tutto, a 1 kelvin. Ricordo che non si può dire 1 grado kelvin perchè è un errore grave. Si deve dire 1 kelvin o se volete abbreviare 1K, con la kappa maiuscola e non minuscola. Dunque, stasera cenerò al caffè Celsius. Sono indeciso se scegliere un piatto di cozze oppure una zuppa di pesce. Prenderò la prima. Non vorrei che le stravaganze culinarie norvegesi, dopo avermi fatto mangiare una zuppa di pesce di color pisello, mi proponessero un'altra zuppa di pesce magari color indaco o giallo canarino. Sarebbe troppo. E poi le cozze mi piacciono. Sono curioso di come le cucineranno. A Madrid ho mangiato delle ottime cozze. E a Madrid non c'è il mare come a Oslo. Fuori, fa un po' freddo per i miei gusti. Tutti i clienti, dico tutti, sono seduti ai tavoli all'aperto, molti sono con le maniche corte. Io non me la sento di cenare a contatto con l'aria fredda, non vorrei prendere una infreddatura.

Così scelgo di mangiare dentro. Faccio capolino all'interno, vicino alla zona cucina e vedo in un angolo una saletta interna. Mi rivolgo a un giovane indaffarato, che deve essere il capo dei camerieri, e gli chiedo che desidero mangiare all'interno. Mi siedo e guardo l'ambiente. Le pareti sono piene di gigantografie in bianco e nero, contenenti per soggetto giovani dei movimenti giovanili di qualche decennio fa. Passano una decina di minuti e non si presenta nessuno in sala. Sono solo e così mi sbraccio facendomi notare dal giovane il quale mi dà la lista ed io decido subito per le cozze (Hvitvinsdampete blåskjell tilsatt fløte, urter og chili) e una piccola birra Heineken. Dopo cinque minuti arriva con un piatto gigantesco di cozze. Devo dire che è stato gentile perché dopo pochi minuti è tornato per avere notizie se erano state di mio gradimento. Il tutto a 38,12 euro. Ho la pancia piena e mi sposto alla fermata degli autobus e del tram nella Fredolsens gate. C'è tanta gente che rientra dal lavoro e io voglio osservare il via vai della gente. Ci sono molti giovani che si muovono velocemente senza darlo a vedere. Noto nella componente femminile una elevata percentuale di donne sovrappeso e mi meraviglio un po' perchè questa alta percentuale non l'ho notata nè a København, nè a Stoccolma, né ad Helsinki. Sarà perchè i norvegesi sono un popolo ricco, mi dico e ingurgitare calorie alla lunga produce obesità. Questa è l'ultima sera che sto a Oslo. E' improbabile che io ritorni e, dunque, desidero riempire ancora un po' i miei occhi di piacevoli immagini della città e della gente che vi abita. Una piccola passeggiata per il Bussterminalen per avere un riscontro dei tempi di percorrenza per raggiungere l'autobus domani la ritengo una valida alternativa per smaltire il peso di molti molluschi ingeriti nel Caffè Celsius. Devo preparare la valigia perchè domani mattina presto si parte per Roma ed io desidero fare il check out dell'albergo in serata, così domani potrò essere libero da vincoli formali.


Quarto e ultimo giorno. Oggi si ritorna a casa. La vacanza è terminata. Forse è meglio dire che è quasi terminata. Perchè? Perchè manca ancora il rientro che fa parte a tutti gli effetti del viaggio. Parto con molta malinconia e un pizzico di invidia per dover abbandonare una città che è simbolo di perfezione. Oslo è una bella città e poi i suoi abitanti sono altrettanto da elogiare. Mi rendo conto che avrei potuto vedere di più rispetto a quanto abbia visto. Ma non è correndo da un posto all'altro della città che una visita diventa sufficientemente interessante. Il vecchio adagio che "non è il numero ma la qualità delle cose" possedute che rendono interessanti le collezioni, mi rende ragione. Da questo punto di vista oserei dire che i momenti più rilassanti sono stati quelli che mi hanno visto osservare, a qualche fermata dei mezzi di trasporto, i cittadini che si muovevano per strada e sui mezzi di trasporto. Ho sempre avuto contezza del fatto che i giovani che si siedono sui gradini di una fontana, di un marciapiede o per terra a oziare, osservando il mondo circostante, siano degli osservatori privilegiati. Anch'io mi sono sentito così tutte le volte che ho guardato gli oslensi camminare. Adesso tutto è finito, purtroppo. La partenza da Oslo per Roma è in mattinata. L'aereo parte dall'aeroporto di Rygge-Moss alle ore 10.20. Il gate chiude alle 9.50. Per sicurezza dovrò essere là per il controllo in entrata non più tardi delle 9.00 . Oslo è famosa per avere una rete di trasporti efficiente e precisa. Il bus dedicato ai viaggiatori che fanno un volo Ryanair chiamato "Rygge-Ekspressen" è l'unico bus personalizzato che trasporta i passeggeri direttamente da Oslo a Rygge. Parte dal bussterminalen alle ore 7.50 dalle piattaforme 4 e 5 e si chiama Unibuss Expressen. In rete al link rygge ekspressen si trovano tutti i dettagli del viaggio, compresi gli orari di arrivo e partenza per i voli per/da Rygge. Il fatto che ci siano due autobus la dice lunga sulle cautele della società dei trasporti a prevedere un numero di passeggeri che è superiore alla capacità di un solo autobus. In pratica si parte da Oslo per Rygge, due ore prima della chiusura del gate, con un tempo di percorrenza di un'ora in modo tale da arrivare all'aeroporto abbondantemente prima della chiusura del cancello d'ingresso. Eccellente organizzazione. Alle 6.30 sono alla reception per consegnare la chiave della camera. C'è poca gente che fa il check out. Rapide formalità e vado a fare colazione. C'è poca gente e ne approfitto per velocizzare i tempi. Alle sette in punto prendo la scala mobile del centro commerciale By Porten e mi incammino per il busterminalen. Il tratto da percorrere è breve, quasi tutto all'interno di corridoi e tunnel di vetro posti al di sopra della Biskop Gunnerus' gate tra i due centri commerciali di By Porten e Oslo City. Si oltrepassa il Ring1 e si arriva al Terminale degli autobus. Alle 7.30 alla piattaforma 4 arriva il primo dei due bus che comincia ad imbarcare i viaggiatori. Fuori piove e il cielo è scuro. Dopo cinque minuti arriva anche il secondo autobus e alle 7.50 in punto partiamo con una precisione tipicamente scandinava. Il viaggio è sotto la pioggia e risulta piacevole perchè l'autista, che si era distinto in precedenza nelle operazioni di biglietteria è generoso con tutti e dispensa preziosi suggerimenti e consigli, guida con prudenza. Il viaggio dura 55 minuti. Scorrono come all'andata i classici panorami scandinavi che si possono vedere dall'autostrada. Boschi pieni di alberi tutti allineati e diritti, segnaletica chiara ed efficace, traffico scorrevole e silenzioso, insomma un vero e proprio bagno di visioni da favola di Andersen. Che dire di tutto questo piacevole rilassante menage di perfezione? Li ammiro. Ammiro e stimo moltissimo i popoli dell'intera Scandinavia. Vedo nelle loro prassi quotidiane il massimo delle qualità positive degli esseri umani e la vita, per niente noiosa, scorre diligentemente in modo armonioso e piacevole. Sull'autobus nessuno parla, molti sonnecchiano e il viaggio vola via per la sua conclusione. L'aereo arriva in anticipo e si parte dalla pista con cinque minuti di anticipo sui tempi di percorrenza. Trovo un posto vicino al finestrino e accanto a me si siedono nei due posti liberi, una coppia di giovani norvegesi, un uomo e una donna. Parlano poco tra di loro e per ragioni di educazione e di rispetto della privacy non abbiamo occasione di scambiarci alcuna informazione se non quasi all'arrivo, prima dell'atterraggio. La ragazza vicino a me tira fuori una mappa di Roma e li vedo confabulare tra di loro. Mi rivolgo loro dicendo in inglese se posso aiutarli in qualcosa che riguarda gli spostamenti a Roma. Spiego loro che a Roma ci sono solo due linee metropolitane al contrario di Oslo che con una popolazione sei volte minore ha sei linee della T-Bane. Sorridono piacevolmente e durante le operazioni di sbarco auguro loro una piacevole vacanza, subito ricambiato per l'educato saluto. Trovo Roma sotto una pioggia fastidiosa a tratti con intensità variabile. Mi seggo nella sala partenze su un sedile che mi offre davanti il panorama del piazzale degli autobus. Vedo i due giovani che non riescono a prendere l'unico autobus disponibile. Con la pioggia che aumenta in intensità li vedo mettersi sotto la pensilina in attesa del prossimo autobus. Trascorre una buona mezz'ora e all'arrivo di un mio familiare che è venuto a prendermi rivedo i due ancora in attesa di un mezzo pubblico. Impietosito dalla scena mi avvicino loro e vedo che fanno fatica per non bagnarsi. Mi riconoscono e non hanno tempo di mostrare la loro meraviglia che mi offro di accompagnarli alla prima fermata della metro a Colli Albani. Leggo nei loro occhi la gratitudine per il favore che sto facendo loro e dopo pochi minuti siamo in macchina. Mi dicono che sono venuti in Italia per visitare prima Roma e successivamente Firenze e Venezia. E a Firenze si sposeranno in Comune. Sono giovani e innamorati dell'Italia. Auguri giovane coppia. E' stato un piacere darvi un passaggio. A voi lettori, invece, a risentirci al prossimo viaggio a Zagabria, ventottesima nazione dell'UE che entrerà ufficialmente nell'Unione il 1 luglio 2013.
Qui potete leggere il report del mio dodicesimo viaggio in Europa effettuato a Stockholm in Sverige.

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
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VIENNA Österreich
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LA VALLETTA Malta
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TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

In via di pubblicazione.
Italia Roma
Eesti Tallinn
Magyarország Budapest
Latvija Riga
Polska Warszawa
Letuva Vilnius
Luxemburg Luxenburg
Danmark København
Türkiye İstanbul 

Manuali e guide di viaggio adoperate.
- Scheda su Knut Hamsun.

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