mercoledì 26 giugno 2013

Ma quando mai!


"Siamo tutti puttane" ha detto e scritto il giornalista Giuliano Ferrara dopo essersi messo il rossetto rosso sulle labbra con fare provocatorio per solidarizzare con Silvio Berlusconi contro la pesantissima sentenza dei giudici di Milano che lo hanno condannato a ben 7 anni di carcere e all'interdizione perpetua ai pubblici uffici. No. Non è vero, caro sig. Giuliano Ferrara. Non è assolutamente vero che “siamo tutte puttane”. Lo sarà lei ma non noi, nè tutti gli onesti italiani che non si riconoscono nel suo linguaggio e nei suoi slogan. Il suo motto è un classico del perdente. La frase “siamo tutte puttane" è sinonimo di "siamo tutti responsabili, nessuno è colpevole” che accomuna molti uomini politici del centrodestra che violano spesso il codice penale, per poter affermare che "nessuno è innocente", in perfetto stile nichilista. Il significato è chiaro a chiunque ci rifletta un po'. Questo modo di ragionare, lo diciamo subito, è inaccettabile in linea di principio e indegno nella pratica. Dunque, la smetta di prendere in giro se stesso e tutti gli onesti. Tanto la conosciamo e conosciamo il suo eroe Berlusconi. Il suo Cav è un collezionista di sentenze non passate in giudicato. Ma per quanto ancora?

lunedì 24 giugno 2013

L'inammissibile storia della crisi italiana.


Da anni compaiono articoli e interviste a politici, giornalisti ed esperti professori universitari che dicono la loro sullo stato di salute del nostro paese e sulla crisi perenne in cui esso versa. Si va dalla urgenza di rifondare l'attuale democrazia alla necessità di dare una spolveratina ad alcune parti della Costituzione. Tutti attaccano l'attuale status dichiarando che solo la loro ricetta potrà cambiare le cose. Propongono, altresì, di cambiare qua e là il sistema elettorale e alcune norme di controllo dovute più allo scandalo dei rimborsi elettorali che a un vero e proprio progetto di riforma sul quale comunque non sono d’accordo su nulla. La verità è che questi soloni della politica sono "sordi che non vogliono sentire". Con tutta sincerità diciamo che il problema non è la struttura della nostra democrazia, né la vecchiezza della nostra Costituzione ma solo e soltanto gli uomini che la governano. Facciamo una provocazione. Se improvvisamente - lasciando le leggi così come sono oggi, desuete e inefficaci come dicono i dotti della politica - sostituissimo gli attuali 60 milioni di italiani con altrettanti 60 milioni di cittadini nord europei cambierebbe qualcosa nella vita sociale e politica dell’Italia? Diventeremmo in questo caso "competitivi"? Noi siamo convinti che si, cambierebbe molto, anzi cambierebbe moltissimo. Se poi la vogliamo dire tutta con questi italiani “nuovi di zecca” l’Italia diventerebbe in pochi anni un paese leader in Europa e un modello di popolo da imitare. Insomma, dopo pochi anni avremmo una società modello invidiatissima da tutti. Il fatto è che per diventare un vero paese civile l'Italia ha prima di tutto la necessità di avere concittadini civili, che non siano "furbetti del quartierino". In poche parole sono gli italiani che fanno diventare pessima l'Italia. Dunque, per favore, non facciamo gli ipocriti. L'Italia ha bisogno di farsi governare da persone oneste e competenti che sviluppino una politica eticamente inattaccabile. Il resto verrebbe come conseguenza di questa scelta. Noi crediamo che gli onesti non siano prerogativa di un partito o di uno schieramento. Ci sono onesti di sinistra, di destra e di centro. Così come ci sono disonesti di sinistra, di destra e di centro. Il fatto è che le percentuali di parlamentari che sono onesti e disonesti non sono 50% cadauno. No! Purtroppo sono pochi i primi e numerosi i secondi. Ecco perchè ci troviamo male. Basterebbe solo individuare quella piccola percentuale di onesti ed eleggere tra questi i 630 parlamentari della Camera e i 315 del Senato. Eleggerli, non nominarli. E tutto cambierebbe. A proposito, perchè non si è ancora dimezzato questo famoso migliaio di molto onorevoli Signori?

sabato 22 giugno 2013

Cose da pazzi.


Ai tempi della Prima Repubblica, quando al governo c’era la Democrazia Cristiana, l’On. Moro introdusse la prima definizione contraddittoria della politica italiana post seconda guerra mondiale. Era la famosa teoria delle ”convergenze parallele”. Wikipedia la definisce così: «dal punto di vista retorico, l'espressione è un ossimoro, perché nasce dall'accostamento di due parole in antitesi. Le convergenze parallele sono infatti un paradosso. Nel pensiero comune, influenzato dalla geometria euclidea, due rette parallele non possono convergere, infatti, nel piano, le rette si dicono parallele proprio quando sono prive di punti in comune, cioè quando non si intersecano.[…] L'espressione è spesso usata per indicare che a due partiti o movimenti può capitare di convergere su alcuni punti, pur mantenendo una sostanziale coerenza con le rispettive (e differenti) culture e linee politiche». Chiarissimo. Il bello è che, dopo quasi quattro decenni, un altro democristiano (adesso chiamato del Pd) si trova a presiedere la Presidenza del Consiglio e un altro democristiano ancora, Mario Monti (adesso chiamato di Sc), fa una simile dichiarazione dicendo che i “gruppi parlamentari con Udc restano uniti ma le componenti sono autonome”. Ci ricorda l'aforisma di Lhea che recita: “Soli, ma insieme; divisi, ma uniti; lontani, ma vicini. Per sempre indivisibili ma  uniti all'infinito”. Se a tutto questo aggiungiamo l’incredibile involuzione del partito di Grillo (e per favore finiamola con questa panzana che è un movimento e non un partito) che è diventato peggio del PCUS di Stalin abbiamo molti motivi per dire che siamo alla frutta. La politica italiana continua imperterrita a non farsi capire da nessuno.

lunedì 17 giugno 2013

Lo sprecone.


E’ più di tre mesi che va avanti la questione dell’inutilità della vittoria del M5S di Beppe Grillo. Il comico genovese aveva sbraitato tanto durante la campagna elettorale contro le politiche partitocratiche e aveva promesso il cambiamento. Si era impegnato dicendo che con il voto al suo movimento in Parlamento avrebbe fatto approvare molte leggi contro il sistema dei partiti e si sarebbe impegnato a modificare le leggi ad personam fatte approvare da Berlusconi. La possibilità l’ha avuta. Anzi, Bersani gliela ha proposta su un vassoio d’argento. Ma lui l’ha rifiutata. E fin qui possiamo capirlo. Quello che è incomprensibile è che ha obbligato i suoi avversari a mettersi d’accordo per formare il governo delle “larghe intese”, con il quale ha permesso che potessero fare quello che hanno sempre fatto! Come vogliamo chiamare questa strategia? Sprecona? Stupida? Autolesionista? Da minchioni? Ecco è da minchioni prendere quasi un terzo dei voti alle elezioni e poi metterli nel congelatore. E’ stato o non è stato uno spreco chiedere e ottenere nove milioni (no-ve-mi-li-o-ni) di voti e poi fare in modo che a governare siano gli altri? E poi, questa sceneggiata degli scontrini fiscali, della devozione al Capo, questa pretesa che i parlamentari grillini non possono decidere nulla ed essere considerati solo delle marionette, manovrate da lui e da un fantasma con i capelli lunghi entrambi esterni al Parlamento ha il sapore di una beffa. In sintesi: il beffardo Grillo spreca da minchione con molta stupidità e autolesionismo il desiderio di nove milioni di cittadini a cambiare politica. Se noi fossimo dei parlamentari grillini gli chiederemmo conto di questo suicidio non certo da intelligenti.

martedì 11 giugno 2013

Dopo la gioia segua il fare.



Il Pd ha vinto. Ne discendono due fatti. Primo. Il Pdl ha perduto ed esce sconfitto. Banale, ma a Roma è un fatto epocale. Secondo. Il Pd rischia tanto, perché il pienone di voti gli imporrà di non sbagliare. Guai se dovesse fallire. Guai se non realizzasse quel cambiamento-rinnovamento che tutti gli elettori si aspettano da Marino dopo la vittoria. Il Pdl ha perduto perché i suoi uomini si sono intestarditi nella politica della rivalsa. La vittoria nella passata legislatura ha trasformato i vincitori in "bruti vendicatori" producendo solo vendetta, rivincita personale e interessi di parte. Ricordiamo la prima decisione di Alemanno quando la sera stessa della vittoria alcune centinaia di attivisti, della cosiddetta destra-sociale, si sono presentati con in testa il nuovo Sindaco sulla scalinata del Campidoglio inneggiando, in modo sgradevole, ai “valori” della destra con il saluto fascista. Un errore grave di immagine e di sostanza. Quello fu il biglietto da visita di cinque anni di Amministrazione locale all’insegna del più colossale errore politico del Pdl romano. Il clientelismo, il nepotismo, l’interesse di gruppo e fatto più grave una visione aetica della politica amministrativa costituirono la base del vuoto di idee che hanno caratterizzato la Giunta Alemanno. A Marino consigliamo di non copiare lo sconfitto. Anzi. I cittadini di Roma vogliono e pretendono il cambiamento. Vogliono che il nuovo Sindaco risolva subito pochi problemi strategici. La macchina amministrativa si deve subito mettere in mostra per portare tutti i vigili in strada onde realizzare il controllo del traffico che è diventato insostenibile. Deve sostituire tutti i vertici delle ASL e delle Municipalizzate per fare in modo che la macchina burocratica comunale sia al servizio dei cittadini e non contro di essi. E deve essere implacabile contro i "furbetti del quartierino" che, purtroppo, a Roma abbondano. Il resto a seguire.

domenica 9 giugno 2013

Bersani, chi fu costui?


Nell’incipit del capitolo VIII de I Promessi Sposi don Abbondio si pose la domanda: "Carneade! Chi era costui”? E’ probabile che fra un secolo qualche studioso si potrà porre l’analoga domanda: “Bersani! Chi fu costui”? La risposta dipende dalle qualità del soggetto. Carneade di Cirene fu un filosofo greco antico della corrente degli scettici. Se ci si ponesse la domanda su chi fu Togliatti la risposta è palese: fu “il Migliore”. Si può dire lo stesso per Bersani? No. Non si può. Mentre Togliatti fu un grande politico di razza, che aveva una grande preparazione, parlava almeno cinque lingue (il russo fu una di queste) e, soprattutto, aveva la rara capacità dell’autorevolezza, per Bersani si può dire esattamente il contrario. Eppure entrambi sono stati segretari nazionali del maggior partito della sinistra nonché capi indiscussi dei due partiti. Dopo che molta acqua sarà passata sotto i ponti Bersani sarà ricordato solo per essere stato il tenace assertore delle primarie e null’altro. Se lo è potuto permettere perché aveva il controllo completo del partito. In verità, sarà ricordato anche per un altro episodio. Lo si può vedere in una foto davanti a un bicchiere di birra in un anonimo bar della capitale mentre sta appuntando su alcuni fogli di carta il suo progetto di sconfitta alle elezioni più “imperdibili di tutti i tempi” del 2013. Quel giorno Bersani stava annotando la strategia di come perdere indecorosamente una elezione già vinta da anni. Pensate che nonostante abbia utilizzato il “porcellum” (col quale, com’è noto, si ha il controllo assoluto dei nomi degli eletti) è riuscito nella “difficile” opera di controllarne solo un terzo. La conclusione è che Bersani fu “il Mediocre”! Non ci sentiamo di dare di più a chi ha sprecato l’unica chance che avesse l’Italia per farla uscire dal caos nel quale l'ha portata Berlusconi. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.

lunedì 3 giugno 2013

La tombola allegra della politica.



E’ noto che nelle feste natalizie spesso si gioca a tombola. Ebbene noi non possiamo soffrire quel parente antipatico e sfrontato che “sacrificandosi” (dice lui) di tirare i numeri dal sacchetto prende per sé tutte le cartelle. Qualcosa del genere ha fatto Francesco De Salazar a Roma durante le ultime elezioni comunali relative alle elezioni dei consiglieri dei 15 municipi della capitale. Ebbene questo signore, come quello della tombola, è stato eletto due volte: nel II municipio e nel XII municipio. Già la questione di essere eletto in due municipi come minimo è inopportuna. Presentarsi in due municipi differenti lascia intendere che non si ha a cuore il “proprio” municipio ma che, nel migliore dei casi, si divide “la passione” in due. Sappiamo che la legge lo permette. Ma questo non significa che sia opportuno. In ogni caso la vera “stranezza” di questo signor De Salazar è un’altra. Non ci crederete ma il predetto consigliere municipale è stato eletto in due liste distinte e avversarie: la prima con Fratelli d’Italia apparentata col Pdl berlusconiano e la seconda con l’indipendente Marchini, con dichiarate simpatie a sinistra. L’interessato parla di palese “vuoto normativo” che consente le candidature. Ma sono questi vuoti cioè l’assenza di regole chiare, per non parlare della voluta ambiguità creata ad arte, che producono l’inconcepibile. Dicono che il De Salazar si sia sbagliato e che non lo rifarebbe più. Noi diciamo al furbetto De Salazar che se la politica fosse seria a quest’ora come minimo avrebbe dovuto dimettersi da entrambi i municipi per aver fatto il “furbetto del quartierino”. Sono i “dettagli” che producono la disaffezione dei cittadini verso la politica. Ma la cosa vergognosa è che nessuno farà nulla per eliminare il vuoto normativo esistente e ... alla fine tutto rimarrà come prima. Avevamo dubbi?

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