mercoledì 29 settembre 2004


La gente è stufa della solita politica e dei soliti politici.

Cambiano i tempi, cambiano le società, cambiano le mode, i generi letterari, i costumi, i linguaggi, i mezzi di comunicazione, le musiche. Cambia tutto. Tutto, tranne che la politica italiana e gli uomini che la incarnano. I politici italiani sembrano delle cariatidi, sempre gli stessi, sempre prevedibili, sempre inutili. Passano gli anni ma loro sono sempre lì, con i soliti baffetti, con il solito taglio di capelli, con i soliti tic e le solite meline. Sono sempre gli stessi, di sinistra e di destra. Le stesse pause durante le interviste, gli stessi vestiti, lo stesso cerimoniale, le stesse parole, gli stessi gesti, gli stessi concetti di sempre. Possibile che tutto passa e cambia e loro restano? Rimane nei cittadini la inquietante sensazione di un immobilismo cinquantennale che è sempre lì, bloccato, impossibile da cambiare. Caratteristica di questa politica è la estraneità della gente alle cose dette e fatte dai politici. La gente non ne risulta mai coinvolta, non viene presa mai da nuove idee, che liberano le energie, le passioni, gli entusiasmi. Possibile che è necessario aspettare il rapimento e la liberazione di due ragazze italiane del volontariato in Iraq per sentire politici e giornalisti d’accordo, con le stesse idee condivise, con valori e programmi accettati da tutti? Possibile che sia tutto così difficile? Perché non si assiste a un guizzo di originalità che accomuna, a una virgola di creatività che prende tutti, a un sano ottimismo che coinvolge, a dichiarazioni e progetti che entusiasmano per gli intenti comuni da realizzare? Perchè? Perchè? Perchè? Perché non è possibile pensare al bene comune e non si programmano leggi e interventi parlamentari che possano portare benefici alla società italiana nella sua interezza? Perché dobbiamo elemosinare un po’ di buon senso solo in un’occasione straordinaria in cui sono solo due ragazze a unirci? Perchè?

domenica 26 settembre 2004


Di solito i tribunali sono lenti, ma questa volta sono stati velocissimi. Come mai?

Strano, molto strano. Un servizio televisivo di RAI3 ha informato i telespettatori che un familiare di una persona uccisa dalla mafia circa 15 anni fa in Sicilia, è stato condannato da un tribunale di Palermo a pagare una grossa multa per diffamazione. La stranezza del fatto non risiede nè nella notizia in sé, né nella sentenza. Per carità, anche i mafiosi hanno diritto a ricorrere ai tribunali quando si sentono lesi nei loro diritti. Ci mancherebbe. Certo, sentire che un Tribunale della Repubblica ha condannato un familiare di un ucciso dalla mafia perché il mafioso in questione ha difeso la propria "onorabilità", diciamo la verità fa un certo effetto. Tuttavia, non discutiamo la decisione dei giudici. Siamo dell'opinione che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. Prendiamo atto del risultato del tribunale. Il fatto è un altro. Ed è molto grave. A nostro giudizio non si riesce a comprendere come sia stato possibile che un tribunale siciliano sia stato in grado di concludere l'iter complesso di un processo civile per diffamazione in così poco tempo. La stranezza, diciamo così, consiste nell'aver consentito a un condannato per un delitto di mafia di ottenere la sentenza che condanna l'"avversario" in un tempo incredibilmente veloce rispetto ai normali tempi della giustizia siciliana. Sarà stato solo professionalità dei giudici o altro? Ai posteri l'ardua sentenza.


In giacca e cravatta o in jeans scuciti si possono avere alcune idee in comune.

Tutti possiamo avere dei dubbi su un tema che ci sta a cuore. Questo non significa dover rinunciare alle proprie idee ogni volta che si riflette e si discute sulla stessa questione. I nostri dubbi riguardano l’idea se sia possibile proporre un accostamento, in verità un po’ audace, tra due realtà “politiche” del nostro paese che riguardano due soggetti che operano a diverso titolo nella nostra società. Si tratta di giustificare se è possibile proporre una analogia tra il “potere delle banche” da un lato e il “potere dei movimenti estremisti” nel nostro paese. Fuori dalle nebulosità facciamo dei nomi, senza con questo entrare nel campo dei personalismi. Da un lato il potere economico e finanziario (che è diventato sempre di più un autentico ulteriore potere dello Stato) rappresentato dal proprio vertice, il cosiddetto duo “Sella-Zanda” e dall’altro dal duo “Casarini-D’Erme” (ma è possibile mettere dentro benissimo tanti altri nomi). Molto probabilmente a una analisi superficiale del caso ci si potrebbe chiedere cos’hanno in comune questi quattro signori, così profondamente diversi in tutte le loro espressioni e modi di vita? Tuttavia, se si riflette un po’ più adeguatamente sulla “loro politica” si possono notare più che “molte differenze”, anche “poche analogie”, ma pur sempre somiglianze. Non è il numero quello che discrimina la diversità o l’uguaglianza. Piuttosto sono le idee, le concezioni, i quadri di visione politica che preoccupano. Al di là delle differenze di look e di tono della voce nelle interviste, le due coppie hanno molto in comune. Una prova? Il potere ricattatorio delle loro idee di fondo. Mentre la prima coppia impone "caro prezzi" nei servizi bancari, messi là come una tassa fiscale e in perfetto regime monopolistico, l’altra coppia ricatta le istituzioni con atteggiamenti e comportamenti violenti con i quali ottengono lo stesso risultato: esercitare una violenza dovuta al potere ricattatorio. Certo, la prima coppia usa toni soft, interviene con voce sfumata, adopera categorie cosiddette “civili” ma il risultato è unico: ci impone con la forza di dover pagare una specie di tangente alle banche per servizi inutili o iperpagati. E la seconda coppia? Si va dallo scarico di letame davanti alla casa del Presidente del Consiglio imponendo puzza di feci a tutti, al dileggio della morte dei militari italiani assassinati nell’attentato di Nassyria. Vi pare poco? A noi no. Accettare che dei violenti, in cravatta o jeans scuciti, possano imporre ai poveri cittadini indifesi la violenza delle loro idee mi sembra più di un argomento a favore della tesi che tra i due soggetti vi siano molte analogie. Forse ci sbaglieremo, ma per favore se è così diteci perché e dove abbiamo sbagliato. Siamo sempre disposti a capire quando c’è l’errore. Quando c'è, non quando non c'è!

sabato 18 settembre 2004

A proposito della polemica calcistica tra i milanesi e i romani.

Abbiamo saputo che, all’indomani del gravissimo episodio di malcostume avvenuto nello stadio olimpico di Roma, con il lancio della famosa moneta da 1 € che ha fatto sanguinare il volto all’arbitro della partita, le rappresentanze politiche delle due città di Milano e di Roma si sono scambiate reciproche accuse insultandosi a vicenda. Il sindaco di Milano Albertini da una parte e il sindaco di Roma Veltroni dall’altra, spalleggiato dal Presidente della Regione Lazio Storace, hanno innescato la solita e inutile polemica su quale delle due città è da considerare più corretta e quale delle due città è meno violenta nel tifo calcistico. Francamente non avevamo avvertito l’esigenza di una simile, sciocca e inutile discussione. Ci sembra doveroso a questo proposito fornire al lettore una breve nota che chiarisca un po’ i termini della squallida vicenda. Questa disputa su chi è più o meno "bello" ci ricorda quella graziosa allegoria in cui uno storpio e un cieco fanno a gara per dimostrare che l’uno è da preferire all’altro perché il suo handicap o è irrilevante o, nel peggiore dei casi, è meno grave e vistoso di quello dell’altro. In verità si tratta proprio della incapacità dei due portatori di handicap a comprendere che il proprio difetto esiste, è reale e che la peggiore delle situazioni è quella di polemizzare con l'altro. Fuori metafora diciamo che spiace che delle persone normalmente intelligenti quando fanno il loro lavoro (e riconosciamo che i tre personaggi politici lo hanno finora svolto con passione e onestà), nel momento in cui affrontano temi di tifo calcistico ragionano come se fossero essi stessi protagonisti di punta delle comunità violente che rappresentano. Spiace che delle persone che svolgono ruoli istituzionali delicati e importanti passino con facilità e sotto l’impulso del tifo calcistico da quieti e razionali Mr. Hyde a pericolosi e irragionevoli Dr. Jekyll. Spiace che questi tre importanti personaggi politici diventino tre pessimi attori sul palcoscenico delle idee e dei ragionamenti nel momento in cui si parla di calcio. La verità è una sola. Con il loro intervento essi dimostrano di non avere compreso che tra le due tifoserie non esiste alcuna differenza. Si tratta della “stessa vile razza” di mascalzoni che praticano la violenza come scelta di vita. Si tratta di due comunità che hanno in comune la ferocia degli atti violenti. Esse sono costituite da incivili, rozzi e prepotenti mascalzoni che nascondono la loro inclinazione teppistica e violenta dal lunedì al sabato, e danno sfogo a questo loro selvaggio modo di essere la domenica, sfogando la loro aggressività con questi atti di inciviltà e di arretratezza culturale. Per favore Sigg. Albertini, Veltroni e Storace, evitate di farci vergognare difendendo in modo poco ragionevole questi mascalzoni. Quello che però colpisce e ferisce di più in tutta questa spiacevole storia calcistica è l'assordante silenzio delle personalità romane e milanesi di successo che non si sono mai poste il problema di spendere un solo minuto del loro tempo e della loro popolarità per fare opera di persuasione diretta sulla gente che costituisce la società romana e brianzola, in modo da educare questi "mascalzoni della domenica". Colpisce la distratta inerzia dei romani e dei milanesi che contano che non hanno mai fatto nulla per far cessare questo scempio di valori, di principi di legalità e di corretto approccio ai fenomeni sociali della vita. Nessuno di costoro (attori, politici, musicisti, cantanti, ecc..) ha mai messo in atto un solo progetto educativo pubblicitario, magari in collaborazione con le scuole, per condizionare le due società, romana e milanese, in modo autenticamente positivo ed educativamente significativo. Questo è il fatto più grave di tutta la storia. Mi dispiace, ma accanto ai mascalzoni della violenza, purtroppo, esistono anche i Ponzio Pilato del silenzio e dell’omertà.

giovedì 16 settembre 2004

Il solito tifo violento nel calcio: i mascalzoni tifosi di calcio romani rovinano la reputazione degli italiani.

Ancora una notte di irragionevolezza allo stadio quando gioca la Roma nel solito indecente spettacolo calcistico. Una moneta, lanciata dalla tribuna, colpisce al capo l'arbitro impedendogli di proseguire. Cose da primitivi. I soliti rozzi e incivili tifosi romani di calcio rovinano una partita che doveva rimanere nell’ambito dello sport e invece diventa un caso di inciviltà che va oltre il mero fatto sportivo. La cosa straordinaria è la sfacciataggine dei dirigenti sportivi della squadra romana che affermano che la società è parte lesa. Dopo lo sputo del maleducato Totti a un giocatore danese a Lisbona siamo in presenza di un nuovo fatto negativo che lede il buon nome degli italiani. La verità è un’altra. Si tratta dell’ennesima prova del perverso e omertoso rapporto tra squadra, dirigenti e tifosi violenti che hanno verosimilmente stretto un patto segreto per condizionare l’andamento dei risultati sportivi. Non è la prima volta che succede e non sarà l’ultima. La cosa saggia che bisognerebbe fare in questi casi è squalificare la squadra della Roma per almeno dieci anni dal partecipare a competizioni sportive internazionali. Meglio questa rinuncia che confondere i veri sportivi con questa feccia di individui che trovano solo nel calcio il terreno favorevole per far emergere la loro cafonaggine e maleducazione. Speriamo che l'UEFA non faccia sconti, nè regali perchè con i favori non si educa. Altrimenti è lecito pensare: "a quando la prossima moneta, probabilmente da 2 euro"? Com’è difficile vivere a Roma tra questi barbari.


Oscurità del problema o stupidità della vita?

Ieri a Londra ci sono stati veementi disordini. Le cronache dicono che molti manifestanti sono rimasti contusi e sanguinanti a causa di una forte contestazione antigovernativa in difesa della “caccia alla volpe”. Si! Avete capito bene, si tratta della caccia alla volpe. Orbene, chiedo: ma vi rendete conto di cosa stiamo parlando? Nell’antica Grecia, il sofista Protagora disse che certe cose non si devono fare per due ragioni: per l’oscurità del problema e per la brevità della vita. Qui si dovrebbe parlare, piuttosto, di evidenza dei limiti umani e di stupidità della vita. Nel mondo, la gente muore per fame, per violenza, per terrorismo e nella civile Inghilterra si perde tempo per delle sciocchezze. Che tempi!

giovedì 9 settembre 2004

Leader no-global e contestatori violenti: è tutta una questione “de sordi”.

In dialetto romano “i sordi” è una locuzione che può essere intesa sia nel senso di “denaro”, sia nel senso di coloro i quali hanno difficoltà a sentire, perché affetti da sordità. Noi diciamo che a Roma, all’ombra del Cupolone, c’è una particolare classe di individui che realizzano entrambi i significati. Si tratta dei cosiddetti no-global capitolini ovvero, come si compiacciono definirsi, i disobbedienti romani. Si tratta di un gruppo di persone che preferiscono le maniere energiche nella politica, cioè fanno politica con la forza e, spesso, anche con la violenza. Per esempio adoperano oggetti contundenti con i quali distruggono tutto quello che loro decidono appartenere al diavolo americano o capitalista. L’azione è sempre la stessa: assalti a sedi istituzionali, rottura di pompe di benzina e di bancomat, reati di resistenza aggravata e di associazione a delinquere, lesioni personali, violazioni di legge in tanti campi, ultimamente specializzati in delitti contro il patrimonio immobiliare, ecc…. Su un sito di loro proprietà affermano che: «non ci vergogniamo a dirlo: Nunzio parlamentare europeo avrebbe significato un bel gruzzolo di euro da poter utilizzare per il movimento, per pagare i costi di una politica […]. Con Nunzio nel parlamento europeo avremmo avuto una base logistica per la costruzione di reti di movimento, […] per dare impulso alla vocazione continentale del movimento». A nostro giudizio possiamo supporre che in realtà i no-global capitolini non volevano costruire “reti” di movimento, ma … “reati” di movimento come hanno fatto tante altre volte. Fortunatamente per noi il consigliere comunale romano di cui si parla, non è stato eletto parlamentare europeo. Meno male. Altrimenti avremmo avuto non più solo violenze romane, ma anche europee.

Support independent publishing: buy this book on Lulu.