giovedì 12 marzo 2009

Il mio ventunesimo viaggio nell’UE: La Valletta.

La Valletta (9 Marzo - 11 Marzo 2009)

Sono andato a La Valletta a visitare l’antica città, fortezza dei Cavalieri di Malta, delimitata dalle famose mura e dai formidabili bastioni per difendersi dall’invasione ottomana tentata e non riuscita nel 1565 dai turchi. Il viaggio, il ventunesimo, mi ha portato dal 9 all'11 marzo 2009 a La Valletta, capitale della Repubblica di Malta. Qualche riflessione sulla mia breve ma intensa vacanza la devo agli amici che mi seguono in questa avventura. Una piccola città che è una vera meraviglia. La Valletta è un caso più unico che raro di capitale di uno Stato che sembra uscita da un libro di storia rinascimentale. Fonde dentro di se la mediterraneità più significativa di isola al centro del mare nostrum con la capacità di aggregare, di fondere e di fare propri i caratteri più positivi dei popoli viciniori. Oserei dire che tutti i maltesi che vivono a La Valletta costituiscono un unicum in grado di rappresentare, in modo palese ed efficace, l’intero universo del mediterraneo, in modo autentico e positivo tra pace e ospitalità come tra le antiche idee di "spada e fede". L'unicità di questa piccola isola sta proprio nella semplicità con la quale è riuscita a produrre questo piccolo capolavoro di comunità ospitale e desiderosa di vivere in pace la propria esperienza di vita sociale e nello stesso tempo di coesistenza tra popoli vicini e profondamente diversi. Non mi risulta che dal punto di vista storico e militare Malta abbia mai aggredito militarmente qualche paese, né che abbia mai avuto mire espansionistiche e colonialistiche. E dire che di spazio Malta ne ha veramente di bisogno. Beirut forse aveva realizzato, più in grande, il sogno di vivere una esperienza di civiltà indigena, pacifica, vitale, culturale, libera e tollerante. Purtroppo, lo ha potuto fare per poco tempo perchè fattori esterni alla cultura e alle tradizioni glielo hanno impedito. Alla fine, nella capitale dei cedri, la politica e, soprattutto, l'estremismo religioso le hanno negato il successo. La Valletta, invece, in silenzio, con semplicità, piano piano, senza clamori ed esibizionismi, lo ha messo in pratica concretamente senza chiassi e fragori ma con virtù, pazienza, pragmatismo anglosassone ed efficacia. Si nota subito che qui c'è un popolo che vive in pace la sua esperienza di gente mediterranea. Certo non ci sono gli spazi adeguati perchè l'isola è piccola. La sua superficie è di circa 300 km2. In pratica, semplificando al massimo, è come se Malta fosse un’isola a forma di quadrato, di lato circa 17 km. A rigore, non si potrebbe parlare di integrazione visti i relativi piccoli numeri. Ma a mio giudizio sta qui la forza di questo successo. Questa premessa costituisce a pieno titolo l’elemento antropologico che più mi ha colpito della capitale della minuscola Repubblica mediterranea. Naturalmente, nella mia vacanza, in gioco c’erano tanti aspetti e tanti desideri che avrei voluto soddisfare molto tempo fa ma che non mi è stato possibile fare prima. Dunque, questo mio ventunesimo viaggio nell’Unione Europea si apre con una nota positiva molto piacevole che mi ha portato ad affrontare questa esplorazione con spirito di grande commozione e di grande riconoscenza per il piccolo paese mediterraneo. Sappiamo tutti quanto sia stato importante per la civiltà europea il simbolo della resistenza all’aggressione, prima turca e poi nazi-fascista. Entrambi volevano assoggettarla perchè considerata una preda, un oggetto da fare proprio per farla diventare una base avanzata del proprio colonialismo espansionistico verso l’entroterra africano. La piccola isola, con la sua piccola comunità, resistette eroicamente e alla fine riuscì a salvare la propria libertà e indipendenza. I Cavalieri di Malta ne sono stati gli antesignani che hanno caratterizzato la storia di questa piccola comunità. Il mio viaggio a La Valletta ha pertanto radici storiche antiche e desideri provati tante volte nelle letture di storia, di politica e di geografia. Volevo vedere e toccare con mano i bastioni delle mura delle fortificazioni e nello stesso tempo osservare le meraviglie del panorama che si può osservare dai giardini degli Upper Barakka Gardens. Una finestra aperta sull’universo: di questo si tratta, se si osserva il panorama di sera con le luci che sfavillano sulle "tre città" di Senglea, Vittoriosa e Cospicua come ho fatto io. Bella, veramente bella da far accapponare la pelle. Il mio ventunesimo viaggio nelle capitali dell'UE inizia con la partenza da Roma Ostiense il giorno 9 marzo 2009, alle ore 9.00. Eccomi nella foto a fare il biglietto per Fiumicino Aeroporto nella stazione Ostiense delle Ferrovie dello Stato di Piazzale dei Partigiani a Roma. Il prezzo del biglietto è di 5,50 €. Si tratta di una tariffa molto conveniente perchè il treno, unico mezzo di trasporto romano che rispetta grosso modo i tempi di percorrenza all'interno della città, permette di evitare di prendere i taxi romani che costituiscono, a detta unanime, uno dei pochi veri pericoli per chi vive a Roma. Mi dispiace far entrare in un resoconto turistico questa polemica, ma vi garantisco per esperienza che se si può è meglio evitare di prendere un taxi romano. Naturalmente, una certa percentuale di tassisti (pochi in verità) lavorano e agiscono in modo corretto e onesto, ma la stragrande maggioranza è arrogante e maleducata per non aggiungere altro. Dunque, sono particolarmente compiaciuto del fatto che così facendo evito eventuali arrabbiature. Sono le 9.18 quando a Roma Ostiense prendo il treno per Fiumicino Aeroporto. Come al solito le carrozze sono affollate e piene di gente che va al lavoro. Alle ore dieci in punto, arrivo alla stazione dell’aeroporto di Fiumicino. Scendo dal treno e imbocco il tunnel per andare al Terminal A dell'aerostazione. Il percorso è lungo ma sono piacevolmente in anticipo. Mi aspetta un aereo Alitalia, volo AZ886, prenotato in internet con biglietto elettronico MBXEDR, con partenza alle 12.30 per Malta Luqa. Il volo di ritorno l'ho prenotato con lo stesso sistema, ed è da Malta Luqa per Roma Fiumicino l'11 marzo 2009, alle ore 14.50 nel volo AZ887 con arrivo a Roma alle ore 16.15. Il viaggio di andata e ritorno costa 98,48 € che è una tariffa abbastanza conveniente.Rapide formalità al chek-in e alle 12.40 l'aereo si libera in volo con me seduto vicino al finestrino per vedere meglio dall'alto l'isola all'arrivo. A fianco c'è una foto scattata dall'aereo in prossimità della bella isola mediterranea dei Cavalieri. Il viaggio è breve. Anzi brevissimo. Il tempo di sfogliare un quotidiano e bere un caffè che siamo in atterraggio all'aeroporto di Luqa. Dall'alto l'isola appare ancora più piccola di come è nella realtà. Il pilota deve fare un'ampia virata per poter atterrare secondo la direzione sud-nord. In questo modo si ha la possibilità di osservare bene la parte nord dell'isola con una buona visione del porto di La Valletta chiamato Grand Harbour.In realtà si vede benissimo anche la parte centrale dell'isola che evidenzia una elevatissima concentrazione di abitazioni le quali si estendono, quasi senza soluzione di continuità, in tutte le parti dell'isola. Arrivo all'aeroporto di Malta-Luqa in anticipo. Già questo fatto la dice lunga su come è stata piacevole questa vacanza. Il viaggio aereo con Alitalia è stato semplicemente perfetto. Volo tranquillo, e nonostante siamo partiti con dieci minuti di ritardo da Fiumicino, siamo arrivati a La Valletta in anticipo di alcuni minuti. Il che mi ha fatto enormemente piacere perchè ho potuto recuperare del tempo in più. L'uscita dell'aeroporto è anonima e non si ha modo di vedere quasi nulla. Sul piazzale mi aspetta il minubus che mi porterà, in dieci minuti circa, in albergo. Mi metto a chiacchierare in italiano con l'autista (si chiama George) col quale ci troviamo in sintonia su molti aspetti caratteristici dell'isola e dei suoi successi turistici. Il mio limitato lessico maltese mi permette di accattivarmi la sua simpatia con le poche parole che ho imparato come bonġu, grazzi, kif inti, x'ismek, il-lukanda e jekk joghgbok. Spero di non avere sbagliato. In ogni caso merito simpatia per aver tentato di migliorare il rapporto umano con gli autoctoni dell'isola. In genere, imparo una decina di parole nella lingua del posto che mi permettono di instaurare una piccola e sincera corrente di simpatia con l'interlocutore indigeno di turno. Se aggiungiamo che alcuni termini sono uguali al siciliano si può tranquillamente dire che il ghiaccio della comunicabilità si rompe facilmente. Mi ha colpito il fatto che in siciliano l'aggettivo "poverello" si dice "mischinu" che è la stessa parola detta in maltese, cioè "miskinu". Cambia solo l'italianissimo "ch" con l'arabo "kaf". La discussione va a cadere inevitabilmente sulla cucina maltese che richiama alcune caratteristiche di quella siciliana. Avrò modo in seguito di verificare concretamente la qualità e l'analogia della cucina maltese con quella siciliana, a cominciare dagli arancini di riso, dal cannolo alla ricotta per finire con un tortino di un pesce particolare chiamato in Sicilia "lambuca" e a Malta "lambuka". Avete notato che in qualche caso basta sostituire alla c sicula la k maltese e il gioco è fatto. L'abbondante uso della ricotta nella pasticceria siciliana e maltese accomuna ancor di più le due pasticcerie isolane. Prometto a George che verificherò con attenzione il suo prezioso suggerimento di assaggiare le specialità dell'isola. In realtà lo avevo deciso da tempo. La prima cosa che appena arrivati salta evidente agli occhi come novità a Malta è la guida a sinistra con lo sterzo a destra. Lo avevo notato già a Larnaka, nell'isola di Cipro. Questo è il biglietto da visita per dire che se non siamo proprio in Inghilterra poco ci manca. Si tratta del retaggio del colonialismo inglese che a Malta è frequente e si nota molto, sebbene i rapporti personali tra gli indigeni e gli inglesi non siano eccellenti. Arrivo all’albergo alle 14.30.L’hotel si chiama Hotel Castille e si trova in Triq San Pawl, davanti alla Piazza Castille. E' forse il miglior albergo esistente all'interno delle mura di La Valletta. Appena fuori, vicino al piazzale della stazione degli autobus, c'è il Phoenicia, ma a me interessa poco perchè quello che è importante nel mio viaggio è tutto ciò che sta "dentro" le mura e non quello che sta "fuori". Il mio intento è consumare interamente tutto il tempo disponibile per il giro turistico all'interno di La Valletta. Di fare una visita nei posti turistici di spiaggia o di shopping o di divertimento sfrenato in discoteche e nightclub rumorose e confusionarie non mi interessa proprio niente. Domani ho un appuntamento importante nella co-cattedrale di Saint John. Scusate se non ho adoperato il genitivo sassone ma almeno qui, nel mediterraneo, preferisco la dizione latina. Mi attendono due tele speciali da osservare con attenzione. Altro che discoteche. Ne parleremo dopo. Adesso non vedo l'ora di arrivare in camera per darmi una "rinfrescatina" e immediatamente uscire a spasso per la città. Alla Reception il Direttore dell’albergo è stato gentilissimo. Si chiama Ronald. Mi ha fatto avere la camera più bella disponibile in quel momento e me l'ha messa a disposizione immediatamente. Si tratta della camera n. 44, al quarto piano, lato destro del palazzo, da dove ho potuto godere di un ampio, gradevole e spettacolare panorama orientato sul Grand Harbour.La camera è una bella stanza luminosa, ampia e spaziosa, con una vista splendida sul porto, ottenuta mediante la presenza di due ampie finestre centrali, mentre da quella laterale si osserva il gradevole palazzo barocco nella foto. Semplicemente perfetto.Mi rinfresco in bagno, provo l'adattatore di tipo inglese per caricare la batteria del mio palmare e sistemo un po' di biancheria nell'armadio. Un rapido sguardo nei cassetti del comò per sistemare la camicia di scorta e dopo pochi minuti sono nella hall per salutare il Direttore e farmi dare una cartina topografica della città.Mr. Ronald, gentilmente su mia richiesta, mi fa una foto seduto sul divano nella hall. In pochi minuti sono in strada ad assaporare il piacere della novità turistica alle basse latitudini. Appena 35,9° di latitudine nord e 14,5 di longitudine est. Mica male come posizione mediterranea. "Ci siamo in pieno", dissi tra me. Esco sulla piazza ed ammiro le prime strade che mi si presentano a una luce diurna molto chiara. Diciamo che sono talmente affamato di visitare la capitale maltese che mi sono messo subito in moto a camminare per le strade di La Valletta senza pensare alle conseguenze della stanchezza e dell’acido lattico che si andava accumulando progressivamente nei muscoli delle mie gambe. Piano piano, ho percorso prima triq San Pawl verso Fort St.Elmo, poi triq il-mercanti risalendo in senso inverso e successivamente triq ir-republika di nuovo verso Fort St. Elmo. Insomma, è come se avessi percorso a New York, si fa per dire, tre strade parallele dispari consecutive, per esempio la 55a, la 57a e la 59a strada. Un’idea bizzarra ma tutto sommato piacevole. Dopo un po’ ero alla ricerca di un posticino dove mangiare qualcosina. Ero praticamente a digiuno dalla mattina presto. Se togliamo uno snack dolce e un caffè molto diluito bevuto in aereo ero praticamente a digiuno da troppo tempo. Urgeva mettere sotto i denti qualcosa di gustoso e nello stesso tempo di indigeno, rigorosamente maltese. In triq ir-republika entro da Cordino (nella foto) il famoso caffè situato in triq ir-republika, al numero 244. Purtroppo erano già passate le 15.00, che è l’orario limite oltre il quale il servizio ristorante della casa chiude. Mi accontento di assaggiare la pasticceria, con due pastizzi, uno alla ricotta e l’altro ai piselli e un "cannolone" gigante, chiamato kannolo irkotta. Buonissimo. Un cappuccino sorseggiato con molta lentezza per sopperire alla mancanza di salivazione mi ha risintonizzato con l'ambiente e con me stesso, il tutto al prezzo di 7,75 € ed eccomi pronto a ricominciare a camminare per le piacevoli strade della bella capitale maltese La Valletta. A pancia piena mi butto a percorrere alcune vie, questa volta ortogonali alle precedenti per fare poi il mezzo giro di circonvallazione delle mura sul Grand Harbour. Chiese, stradine, percorsi in discesa e in salita sono stati da me affrontati con un impeto che mi ha sorpreso. "Straordinaria città questa" mi dissi. Osservavo la pulizia delle strade, i visi dei pochi turisti e degli indigeni con voracità come se fossi veramente affamato di turismo. Si può essere affamati di turismo? Credo senz'altro di si. In parte perchè in tutto l'inverno non avevo fatto alcuna sortita turistica in nessun posto. Pertanto l'«appetito» era più che giustificato. E poi la novità del posto meritavano questa fame di belle visioni e di piacevoli osservazioni. Tutto il pomeriggio l’ho trascorso a camminare in su e in giù per le strade di La Valletta. In triq ir-republika davanti a un negozio di souvenir di foto marine sono stato invitato a provare la specialità del negozio, che consisteva nell'applicazione di una maschera di sale del Mar Morto da mettere sulla pelle per ringiovanirla. Naturalmente ho rifiutato. Non mi fido di novità esotiche o di proposte rivoluzionarie che ti ringiovaniscono. All’estero mi mantengo sempre sulle mie. E poi non voglio barattare la mia età di "giovane sessantenne" con una improbabile neo-giovinezza della quale non mi importa un "fico secco". Ho l'età che ho e mi sta bene. Così mi sono a messo a discutere con i due ragazzi che erano i conduttori del negozio. Hanno capito subito che ero italiano e hanno giocato a provare a individuare la mia città di provenienza: Milano, Roma, Napoli, Firenze e Perugia sono state le più gettonate. Alla fine ho detto loro che ero siciliano. Non ci crederete ma hanno fatto delle risate sonore e mi hanno detto: mafia! Abbiamo chiacchierato un po' piacevolmente ed è uscito fuori che il conduttore del negozio era israeliano. Ecco il motivo del sale del Mar Morto gli dissi e lui annuì. Alla fine ci siamo salutati cordialmente ed ho ripreso la strada per una sortita al City Gate. Avevo visto nella guida turistica che lì vicino doveva esserci un posticino dove mangiare in modo autenticamente maltese. Vi informo che quando vado all'estero non mangio mai all'italiana. Niente spaghetti o lasagne. Niente fettuccine con ragù alla bolognese. Al massimo una pizza di sera con un bicchiere di birra locale per permettere allo stomaco di riprendersi dopo abbondanti libagioni indigene, non sempre di facile digestione alla stessa stregua delle minestrine all'acqua nostrane. Al contrario, mi piace conoscere la cucina locale, le sue specialità, le sue stranezze, i suoi sapori. Trovo questo posto. Si chiama Caffè Jubilee.Si trova vicino al Teatro Manoel. All'interno si può vedere una parete piena di poster antichi. Una buona parte sono pubblicità degli anni cinquanta del novecento, la maggior parte italiane ma anche francesi, inglesi e anche spagnole. Le locandine italiane sono molto antiche. Ritraggono figure dell'aperitivo Campari, delle ciprie Bertelli, e addirittura dei grammofoni Columbia di Milano. Rarità e bizzarrie. Mi siedo e ordino la specialità della casa, ovvero un piatto di Nanna's Ravioli con basilico e pomodoro e un bicchiere di vino rosso Gls 1919. C'è anche il formaggio grattugiato che mi permette di stemperare un po' l'ottima salsa di pomodoro. Gustosi e abbondanti.Si tratta di ravioli giganti, enormi, che saziano anche il più affamato scaricatore di porto. Praticamente ne ho mangiato meno della metà. Il tutto 10.75 €. Probabilmente vi sarete chiesti perchè il nome dei ravioli è Nanna. A mio parere proviene dal siciliano "nanna" che significa nonna. Dunque, si tratta di ravioli prodotti in cucina secondo una vecchia ricetta della nonna, pardòn, della nanna!Vicino a me coppie di pensionati e pensionate inglesi che trascorrono l'inverno a Malta. In effetti, la città è, rispetto agli standard londinesi, molto economica. Ricordo che quando sono andato a Londra ogni giorno usciva dalle mie tasche un fiume di denaro per il minimo indispensabile. Pertanto è perfettamente giustificata la presenza di molti nordeuropei a riposo che oltre al risparmio trovano anche il clima eccellente. Nonostante un vento di tramontana fastidioso la temperatura si è mantenuta su limiti accettabili.E se non fosse stato per il vento continuo e teso sarebbe stata una vera vacanza primaverile. Anche nel mio albergo ho visto molte coppie anziane. Sono del parere che le vacanze primaverili soddisfino in pieno l'esigenza dello svernare in climi tiepidi e abbordabili come quelli mediterranei.
Secondo giorno. La giornata è assolata ma fredda. Faccio colazione nella sala ristorante dell'albergo. Ho una lunga discussione con il cameriere su come si dice buongiorno in maltese. Mi fa capire che il vero maltese non dice bongiu con il puntino diacritico sulla lettera ġ, come suggerito dalle guide di viaggio, ma una lunga parola che faccio fatica a tenere a mente. In realtà il puntino diacritico è una traslitterazione dall'arabo alle lingue neo-latine, come l'italiano. In effetti si tratta di una delle tre bellissime lettere arabe chiamate ha, kha e jim. Ma questa è una questione linguistica che riguarda l'importanza della lingua araba in tutti i paesi mediterranei che qui, purtroppo, non ho tempo di discutere. Il vero buongiorno a suo parere si dice L-ghodwa T-tajba. So per certo che taiba in arabo significa buono. Deduco che l'intera parola possa derivare dall'arabo, anche perchè questa forma di saluto è molto antica, quindi è probabile che l'influenza linguistica della bellissima lingua araba sia alla base della parola dialettale "buongiorno". Non chiedetemi di approfondire la questione perchè, non saprei rispondere meglio. Non sono mica Gerhard Rolfs,il famoso anziano professore tedesco di linguistica comparata, che nei primi anni sessanta arrivò in un piccolo paesino siciliano dei Nebrodi, posto a novecentosette metri sul livello del mare, e si mise a parlare agevolmente in perfetto dialetto locale con i vecchi del paese che erano i soli a riuscire a comprendere la lingua dei loro padri. Sarebbe interessante approfondire questa questione che riguarda le origini della lingua maltese che dicono le statistiche annovera più del 70% del lessico maltese, mentre il siciliano è presente in quantità molto più limitata. Ma, come ho già detto prima, non ho tempo. In ogni caso io ho imparato un lessico minimo, che utilizzo nelle rare interazioni con gli indigeni. Ecco cosa so: merhba (salve), bongiu (buongiorno), vbonswa (buona sera), sahha (arrivederci), iva (si), le (no), jekk johgbok (per favore), grazzi (grazie), skusani (mi scusi), jisimni ... (mi chiamo ...) e infine kemm? (quanto costa?). Non è molto, ma aiuta sempre e poi lo faccio per rispetto alle persone del luogo. E' il minimo che posso fare. Il resto, non conta. Mi piacerebbe approfondire, altresì, il tema della lingua maltese in relazione alla lingua araba, oltreché del dialetto siciliano. Tra le tante cose mehba è molto simile all'arabo marhaban che ha lo stesso significato. E così tantissime altre parole, indice di un rapporto molto intenso tra la lingua dell'Isola e il grande bacino dei paesi nordafricani dal magreb al mascrek. Ecco alcuni prestiti e sopravvivenze del vocabolario siculo-arabo: in italiano caponata, in siculo-arabo caponata, in maltese kapunata; in italiano cassata, in siculo-arabo cassata, in maltese qassata; in italiano zafferano, in siculo-arabo zaffarana, in maltese żaffrane in arabo classico زحفران; in italiano fiore, in siculo-arabo zagara, in maltese zahar e in arabo classico زهر; in italiano uvetta, in siculo-arabo zibibbu, in maltese żbib e in arabo classico زبيب; infine in italiano tronco d'albero in siculo-arabo zuccu in maltese zokk. Ce ne sono tanti altri ma mi fermo qui. Questa riflessione mi ricorda un bellissimo libro di Leonardo Sciascia, famoso scrittore siciliano, dal titolo Il Consiglio d'Egitto, nel quale si racconta il tentativo di spacciare un manoscritto arabo di una qualsiasi vita del Profeta Muhammad conservato in Sicilia per uno sconvolgente testo politico. Il protagonista è il fracappellano maltese don Giuseppe Vella, frate imbroglione di quattro cotte, che parla di arabo senza saperlo. Bene. Prima o poi dovrò imparare qualcosa di arabo perchè quando completerò il tour delle 27 capitali dell'UE inizierò quello del nord Africa. E' sempre stato un mio grande desiderio passeggiare in una qualsiasi città araba lungo una strada piena di palme e subito dopo bere un thè alla menta. "Chi vivrà, vedrà" dice un vecchio adagio. Vedremo. Dalla finestra della camera scatto una bella foto sul Grand Harbour. "E' inutile" mi dico: "La Valletta è proprio bella". Garantisco che più di una volta mi è venuto in mente di dirmi che se avessi dovuto nascere in un posto diverso da quello dove sono nato, penso che La Valletta sarebbe stata una delle mie risposte preferite. La trovo familiare, come se avessi abitato qui durante l'infanzia. La mattina del giorno dopo l'arrivo a La Valletta è una bella mattinata. E' il giorno 10 marzo e nonostante la stanchezza del viaggio ho dormito bene. Mi sono svegliato alle sette, giusto il tempo per mettermi in ordine e fare colazione. Nonostante io avessi impegnato diversi pomeriggi prima di venire a Malta per imparare qualche parola di maltese ho sbagliato di nuovo nel dire buongiorno in maltese al cameriere. Nonostante lo sforzo effettuato di usare l'alfabeto più lungo di tutte le lingue occidentali, formato da ben ventinove lettere, una di più dell'arabo, non sono riuscito a farmi capire quasi da nessuno.La bellissma sala ristorante dell'Hotel Castille con alle spalle lo spettacolare panorama del Grand Harbour. Nella foto, al tavolo della prima colazione, sono stato ripreso dal cameriere la prima mattina di permanenza in città. Ai tavoli vicini al mio da entrambi i lati ci sono alcune coppie di vecchi pensionati inglesi e scandinavi.In fondo alle due foto c'è il Grand Harbour, ovvero lo spettacolare porto di La Valletta ripreso dalla finestra della camera d'albergo.

E adesso qualche riflessione personale. Oggi mi viene in mente che domani dovrò ripartire. Divento triste e penso che questa vacanza è, purtroppo, la vacanza più breve e intensa della mia vita. Cerco di trovare una giustificazione plausibile ai miei occhi per evitare di dirmi che sono stato poco intelligente a non prevedere che la bella capitale maltese mi avrebbe rapito per le sue bellezze e per la sua serena tranquillità. Riesco a trovare una sola giustificazione: quella che riguarda il fatto che il numero delle notti in albergo in una città dovrebbe essere direttamente proporzionale alla superficie della città. E siccome La Valletta è piccola ecco risolto il problema. E' l'unica possibile giustificazione per evitare di perdere la stima per me stesso. Sorrido al pensiero della banale considerazione. In fondo in fondo basta un piccolo sforzo per risolvere un problema, mi dico, ma non ne sono convinto. Si tratta solo di un artificio per mitigare la sciocchezza. Rimane il fatto che è la prima volta che abbrevio intenzionalmente la visita a una capitale dell'Unione Europea ad appena due notti. Mi è costata molta fatica accettare questo accorciamento temporale che non mi permette di fare come al solito le cose con più calma. Appena due notti e quasi tre giorni di permanenza mi inducono a correre, a sveltire il passo e a ridurre al minimo le pause di riposo, quelle sieste tanto care a me che ho sempre trovato essenziali nella comodità di una camera di albergo per riposarmi tra il crogiolarmi nelle lenzuola e il piacere del silenzio. Alle 9.00 sono nella Co-Cattedrale di St.John. C'è una funzione religiosa che ascolto con rispettoso silenzio. Il celebrante è anziano, parla lentamente ma invita l'Assemblea ad alzarsi e a sedersi con risolutezza. Devo ancora aspettare mezz'ora per l'apertura del Museo per vedere le due tele del Caravaggio. Mi siedo e osservo la volta della cattedrale. Bella, non c'è che dire. Alcuni pensieri mi frullano in mente. Sono i soliti dubbi che mi prendono quando medito in una chiesa di cose spirituali. Il più impegnativo è il tentare di conciliare la capacità critica dell'uomo di scienza con la necessità di credere in Dio. E' difficile, molto difficile trovare la sintesi tra queste due posizioni. Ma non dispero. Non può non esserci una soluzione. La vista della bellissima scultura sull'altare maggiore della cattedrale e le meraviglie artistiche in essa presenti fanno provare i brividi. Chissà quante funzioni religiose sono state effettuate qui alla presenza di chi sa quali personaggi. E' straordinario come il mediterraneo possa far provare una miriade di sensazioni al turista consapevole dei grandi fatti storici che ivi si sono realizzati.


Alle 9.30 entro nel museo con un'audio-guida in italiano. Ascolto e percorro le varie stanze del museo con molta attenzione fino ad arrivare a quella che contiene le due tele del Caravaggio. Entro e guardando davanti a me il tema della decollazione di S. Giovanni Battista mi seggo sulla lunghissima panca di destra in maniera tale da osservare il quadro voltando il viso verso di essa. Sono solo perchè ho preceduto due coppie di visitatori anziani, pensionati non più giovani che forse hanno inteso trascorrere la mattinata al museo. Sono in rispettoso silenzio.Mi immergo nella contemplazione dell'azione omicida del bruto assassino che ha già tagliato la testa a Giovanni Battista con la spada e, adesso, tenendo il coltello dietro la schiena, si appresta a tagliare la pelle che tiene ancora legato al corpo il capo. Che scena terrificante. Ho letto molto su questo quadro di Caravaggio. L'uso della luce in questa tela è ancora più esaltato. L'unicità del quadro sta anche nel fatto che questa tela si trova su questa parete da sempre e questo è l'unico quadro che Merisi firmò. La sua firma è vicino al sangue che cola dalla testa del Battista. Le figure disposte a semicerchio con quella luce laterale vengono esaltate rispetto al resto all'ombra, rendendo più tragica e drammatica la vicenda. Colpisce tutto in questo quadro. Ma ciò che mi prende di più è la drammaticità della scena che qui, in silenzio, da solo, vedo e osservo come se fossi l'unico proprietario della tela. ll custode mi ha guardato all'inizio con curiosità e vedendomi immerso nella contemplazione della tela ha capito forse che meritavo più privacy e mi ha lasciato solo. In quel momento ho pensato che forse la spesa dell'intero viaggio a La Valletta valeva per il solo motivo che quella visione la ripagava in pieno. Sono stati intensi minuti di vera contemplazione vissuti da me con grande rispetto e tragica riflessione sulla morte. L'altra tela, di fronte alla prima, che tratta S. Girolamo la guardo quasi con superficialità perchè non riesce a colpirmi nell'animo come mi colpisce la prima. Esco dall'Oratorio in grande raccoglimento e mi dirigo nella co-cattedrale. Le luci all'interno delle intarsiatissime volte luccicano d'oro e fanno contrasto tra lo sfarzo del metallo pregiato presente sulle pareti e la semplicità delle sedie di legno offerte ai fedeli nella cattedrale. Contraddizioni tra l'antico e il moderno, tra quello che fu e quello che è. Contraddizioni maltesi o presupposti di verità che riescono, nella visione pragmatica della società maltese, di conciliare le cose grandi dell'uomo come nell'arte, nella pittura, nella letteratura, nella scienza, etc. con le cose piccole della vita quotidiana. E poi siamo proprio sicuri che tra i due opposti alla fine le grandi cose sono più importanti di quelle piccole? Non ne sono sicuro per niente. Forse, la soluzione sta a metà, in una miscela di cose grandi e piccole, di cultura ma anche di artigianato, di cose spirituali e di cose materiali, tra dettagli e grandi orizzonti.Malta e i maltesi rappresentano uno degli esempi più significativi di sviluppo civile di una società mediterranea. Si tratta di un felice connubio tra importazione di un modello di stile di vita inglese da una parte e rispetto delle tradizioni del paese. Per esempio a Malta coesistono due aspetti dirompenti al di fuori della comunità maltese che sono la "cattolicità" e la "anglofilia" della sua popolazione, che si esprimono nell'uso della lingua inglese come lingua ufficiale e dei simboli inglesi in tutti i servizi. Strano no? Se pensate a quello che è successo in Irlanda del Nord tra irlandesi cattolici e inglesi anglicani potete capire perchè affermo che Malta è un esempio da imitare. E il dialogo tra maltesi e arabi dove lo mettiamo? In un certo senso il rapporto tra arabi e maltesi mi ricorda, in modo positivo, l'analogo rapporto tra finlandesi e russi.Un altro esempio di felice sintesi è che i maltesi riescono a coniugare in modo egregio l'essere mediterranei con l'essere riservati, l'essere isolani a un passo dalla Sicilia e il non essere delinquenti mafiosi come molti siciliani, l'essere uguali nelle caratteristiche fisiognomiche ai siculi e l'essere completamente diversi dagli "uomini d'onore" che sconoscono il senso civile del vivere in comunità. E poi, la città è pulita, con un alto senso del rispetto per le cose comuni. Vi pare poco? Insomma, sono tanti gli elementi di stima che provo per gli autoctoni, tanto da farmi venire in mente l'idea che gli isolani possono essere etichettati come "i più" anglosassoni abitatori del mar mediterraneo. Si è fatto tardi e decido di fare una visita in un locale che possiede la connessione internet per sedermi un tantino e riposarmi un po', facendo una navigatina sui giornali on-line italiani. Vado nell'unico Internet Cafè che ho visto in precedenza. Si trova in triq il-merkanti 172. Ho da vedere se la mia posta elettronica ha raggiunto un numero ragguardevole di messaggi inevasi in questi giorni di mia inattività nella rete.Dopo più di un'ora di internet decido di rientrare. L'obiettivo è quello di cenare andando a mangiare una pizza. L'ultima sera non mi permetto mai di esagerare a tavola, con pietanze locali forti e impegnative dal punto di vista della digestione. Mi dispiacerebbe non poter evitare una nottata insonne. Un pasto semplice e leggero dovrebbe mettermi nelle condizioni ideali di concludere la serata. Avevo visto in precedenza, sottostante all'albergo, un piccolo ristorante che aveva le qualità necessarie per una visitina. Verso le venti, attraverso una porticina segreta che spunta fuori dopo essere scesi nel sottoscala dell'hotel percorrendo una infinità di gradini interminabili, venivo immesso nella sala sotterranea del ristorante in cui un bravo ristoratore mi ha servito una pizza con ingredienti locali. Si chiama "pizza maltija" ed è una specie di pizza margherita con pomodoro, formaggio e rotelline di salsiccia locale. Effettivamente la salsiccia è gustosa ma a quell'ora ne lascio abbondantemente più di metà nel piatto per eviate possibili indigestioni. Eccomi nella foto alle prese con la piacevole specialità maltese.Terzo e ultimo giorno. Oggi si ritorna a casa. Dunque, desidero sfruttare al meglio le poche ore che mi rimangono a La Valletta per visitare le poche strade ancora non percorse.Non sarà un lungo giro, perchè lo dedico quasi tutto nella parte sud della città vecchia. Ho da lasciare ricordi indelebili dei bastioni che ancora sono visibili all'entrata del City Gate. Penso che valga la pena soffermarmi un po' davanti a questa antica porta d'ingresso della città. C'è un po' di vento e dedico alcune ore a oziare nelle vicinanze della piazza di entrata e al terminal degli autobus. L'impressione è che questa zona della città è quella dalla quale si vedono molte facce di indigeni interessati a sbrigare faccende amministrative nei vari uffici comunali. Colpisce la sensazione di serenità (o di rassegnazione) che traspare sui volti della gente. Non vedo nessuno correre e per altro verso non vedo nessuno oziare come sto facendo io in questi momenti. Indubbiamente c'è consapevolezza di vivere in un mondo che ha le sue regole, spesso dettate da una tradizione plurisecolare, che infonde fiducia nelle autorità e nella capacità dei politici locali di svolgere al meglio la loro funzione. Se ciò che deduco è vero la conclusione è una sola: si tratta di un buon modello di società!
Mi fermo qui perchè gli impegni che precedono la partenza incalzano e passo senz'altro alle conclusioni di questo mio ventunesimo viaggio, il più a sud della mia vita se non fosse stato per Cipro che per "meridionalità" batte Malta per poco meno di 42', un'inezia geografica, come dire un piccolissimo arco di meridiano di una decina di km circa. Infatti La Valletta si trova a circa 35° 54’ latitudine nord e a poco meno di 14° 30’ di longitudine est. Ricordo che Roma si trova a 41° 53' nord e 12° 29' est. Dunque, ci sono ben 21° 04' di differenza di latitudine verso sud, mentre la longitudine è praticamente la stessa di quella di Roma, cioè circa 2° di differenza tra le due città.
Come sempre, a conclusione di un viaggio mi rimane da dire che mi sarebbe piaciuto approfondire molti temi della mia permanenza a La Valletta. Parodiando Protagora, che disse che non poteva rispondere a una domanda sugli dèi per due motivi, e cioè per "l'oscurità del problema e per la brevità della vita", anch'io mi sento di affermare che mi sarei soffermato con piacere su alcuni aspetti della vita maltese ma non posso, perchè due sono anche qui due i motivi che me lo impediscono, e cioè per le difficoltà della lingua nel comunicare con gli indigeni e per la brevità della vacanza. Per il resto mi sento di affermare che La Valletta mi è rimasta nel cuore. Il momento del ritorno a casa è arrivato. La partenza per il ritorno da La Valletta o Valletta (ancora oggi non ho capito bene se la dizione ufficiale del nome della capitale della Repubblica di Malta è "Valletta" oppure "La Valletta") è imminente. Il tempo di salutare alla Reception il gentilissimo Sig. Ronald, splendido albergatore isolano che mi ha reso comodissima e piacevole questa vacanza ed eccomi in strada con la piccola valigia per arrivare in tempo all'aeroporto di Luqa.Mi accompagna lo stesso autista del minibus dell'arrivo, il sig. George, col quale intrattengo una amichevole discussione sulle conferme empiriche delle bellezze straordinarie di La Valletta messe in atto con criteri oggettivi in questi tre giorni. Mi dispiace partire dalla bella capitale maltese e la sensazione più spiccata è quella di una profonda malinconia. Non poteva non essere che così. "Partire è come morire" dice il solito vecchio proverbio che ho già sfruttato in un mio precedente viaggio, ma è così. Non faccio in tempo di finire la conversazione con l'autista che sono già all'aeroporto. L'aeroporto è piccolo ma efficiente e pulito. Il volo è un volo Alitalia AZ 887 delle 14.50 per Roma Fiumicino.Le poche ore che mi rimangono da trascorrere all'aeroporto volano tra un cappuccino al bar, la lettura di un quotidiano italiano e l'acquisto di qualche dolce caratteristico del luogo. La Figolla maltese è un ottimo dolce. La porto a casa con piacere. Mi rimane il desiderio di lasciare traccia di questo tour, con lo scopo dichiarato di essere d'aiuto a qualcuno che visitando il sito web nel quale pubblicherò il mio diario di viaggio maltese potrà beneficiare delle mie informazioni. La lettura di resoconti di viaggio permette spesso di avere una idea più precisa di come si possa svolgere una piacevole e indimenticabile vacanza nella bella isola dei Cavalieri magari prendendo il meglio di quello che ho fatto io.
E adesso una serie di foto che ho scattato nel pomeriggio del primo giorno di arrivo a La Valletta.













La pubblicazione in rete di questo piccolo diario la devo anche ad alcuni amici che mi seguono in questi itinerari europei. Come ho già detto in precedenza tante volte: "eccomi all'aeroporto di La Valletta, pronto per affrontare pericoli più gravi di quelli maltesi. Dove e quali? A Roma, purtroppo e con i romani, ovviamente: che Dio mi aiuti. Ciao. Al prossimo viaggio! Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

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BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

Manuali e guide di viaggio adoperate.




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