mercoledì 26 settembre 2007

Il mio quindicesimo viaggio nell'Unione Europea: Helsinki.

Helsinki (22 Settembre - 25 Settembre 2007)

Avevo previsto di andare ad Helsinki in Finlandia alla fine delle visite alle due capitali nord-europee di Stoccolma e Copenhagen. L'altra capitale scandinava, Oslo, non è mai stata in programma perchè la Norvegia non fa parte dell'UE. Mi dispiace per i simpatici norvegesi ma il mio progetto li esclude per la loro "non appartenenza" alla più grande e straordinaria avventura politica che il continente Europa abbia mai avuto dalla sua nascita fino ad ora. Avete capito che sono profondamente europeista. Credo nell'unione politica europea da quando ero un ragazzino che seguiva le scelte dei grandi padri fondatori dell'Europa: Konrad Adenauer, Robert Shuman, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Altiero Spinelli, ecc... Desidererei dire che a mio parere l'Unione Europea è un'istituzione che ha profondamente giovato agli europei e in particolar modo ai giovani di tutto il continente. Voglio dire che non è importante quello che essa ha fatto in questi anni come istituzione. E' importante il fatto stesso che essa esiste, perchè ha prodotto cambiamenti reali e concreti nel modo di pensare all'idea di nazionalità, che ora in Europa è differente rispetto a una o più generazioni fa. Il risultato è che l'Unione è ormai radicata nella coscienza delle generazioni più giovani, i quali si sentono liberi oltre le barriere della nazionalità o della lingua. Questo ha cambiato, che si voglia o meno, il contesto e il modo di pensare degli europei. Dunque, ho programmato il viaggio secondo alcune direttrici ben precise. Il periodo scelto non doveva essere invernale (troppo freddo) ma neanche troppo estivo (troppa confusione). Così ho optato per un periodo all’inizio dell'autunno. La data l’ho scelta in relazione al biglietto aereo. Partenza il 22 Settembre e ritorno il 25 Settembre 2007. Pochi giorni ma sufficienti per mettere alla prova le mie conoscenze "finniche" e vedere confermate le sensazioni che prevedevo di provare durante il viaggio. Prima direttrice. Per cominciare, un comodo e sicuro viaggio aereo con Finnair. Partenza da Roma Fiumicino alle 11.25 e arrivo a Helsinki Vantaa alle 15.45. All'aeroporto c'è il conveniente e confortevole Finnair Airport Bus che espleta la corsa di andata e ritorno tra l'aeroporto e la stazione ferroviaria della capitale finlandese in 35 minuti al prezzo di 5,50 € a corsa. Ad Helsinki mi aspettava un buon albergo come lo Scandic Simonkenttä in Simonkatu 9, che si trova nel centro della città all'intersezione tra la stessa Simonkatu con la Mannerheimvägen. Seconda direttrice. La visita ad alcuni ristoranti tipici della tradizione culinaria finnica per portare a casa il gusto, i sapori e gli odori dei piatti finlandesi. Non sono rimasto deluso. Tutt’altro. Ho potuto apprezzare delle pietanze veramente uniche nel loro genere nel famoso Ravintola Restaurant, di fronte alla Cattedrale luterana, come un bellissimo piatto di filetto di alce e uno stufato di renna veramente gustosi. La cucina del luogo si sposa benissimo con i nomi delle pietanze. La lingua finlandese ha qualcosa di magico. Nel suo raddoppiare le k o le p, ma anche le vocali a, i, u, questa lingua, detta "agglutinante", che fa parte del gruppo linguistico ugro-finnico, è al tempo stesso totalmente incomprensibile al turista italiano ma straordinariamente melodiosa e molto musicale. Spesso non mi stanco di ascoltare alcuni brani di musica folkoristica finlandese e alcune colonne sonore dei film di Aki Kaurismäki, come per esempio Serenade, Sä et kyyneltä nää, Älä Kiiruhda, Muuttuvat laulut, Valot oppure Se jokin sinulla on. Sul piano cinematografico su questo blog ho recensito, nel luglio del 2004, un bel film di un altro regista finlandese, dal titolo L'amore di Marjia, segno di una certa vitalità dell'arte cinematografica in Finlandia. Terza direttrice. Parliamo adesso del piatto forte del mio viaggio nella città del monumento a Jean Sibelius: le visite ai luoghi di interesse storico-culturale. Quattro giorni per conseguire l'obiettivo prefissato. Ci sarei riuscito? Si, ne ero certo. E così è andata. Lasciatemi esprimere tutto il mio amore per questa città che mi ha permesso di godere un piacevole ed eccitante viaggio. Lo voglio comunicare con brevi periodi, che permettano di richiamare alla mia mente alcuni aspetti della vita di Helsinki in relazione all’immagine che mi sono fatto di questa bella e interessante città fin dai tempi di quand'ero ragazzo.
Cara Helsinki. Sei una città speciale. Sei la capitale del mio quindicesimo viaggio nelle nazioni dell'UE. Helsinki, sei una città che ho sempre sognato di visitare per il forte senso di ospitalità e di tolleranza che emani in ogni luogo e in ogni momento. Helsinki, con la tua inimitabile Finlandia Talo sei la città del disgelo politico dopo la seconda guerra mondiale, la città del dialogo fra l'Est e l'Ovest, la città del Congresso CSCE del 1975, la città dello “spirito di Helsinki” che è diventato sinonimo del rispetto dei diritti umani e dei trattati. Helsinki, sei la città delle spendide Olimpiadi del 1952 con le straordinarie medaglie d'oro del leggendario Emil Zatopek e di Paavo Nurmi. Helsinki, sei la città di Aki Kaurismäki, dei suoi sorprendenti film e delle sue straordinarie musiche. Helsinki, grazie del sogno che mi hai regalato per tutti e quattro i giorni di vita speciale che mi hai fatto vivere. Felicemente. Grazie, thank you, kiitos, Helsinki.
E adesso una serie di momenti di vita turistica nella capitale finlandese.

-Visita della città in autobus, ovvero Helsinki Tour Export- 24.09.2007.

Bellissima visita della città in autobus della durata di un'ora e mezza circa. Partenza da Parco dell'Esplanade con commento registrato in molte lingue tranne l'italiano. Vicino a me un simpatico studente universitario tedesco di Monaco col quale abbiamo condiviso piacevolmente la visita. Davanti a me una coppia spagnola alla quale ho ceduto il posto che mi ha fotografato.

-Visita alla bella cattedrale luterana costruita in onore dello Zar Nicola I.

In Piazza del Senato (Senaatintori) c'è la bellissima, maestosa e bianca Tuomiokirkko. Sono stato fotografato da una simpatica turista cinese sotto il monumento allo Zar Alessandro II, che mi ha sorriso per tutto il tempo di posa. Nella foto sulla destra si vede un'amica della improvvisata fotografa.

-La camera 241 dell’albergo Scandic Simonkenttä arredata con gusto e molta praticità.

















-La via dell’albergo Scandic Simonkenttä in Simonkatu 9.

















-La via principale Mannerheimvägen.

















-Edifici raffinati e signorili nella Mannerheimvägen allo sbocco della Alexandersgaten.

















-La centralissima Aleksanterinkatu.

















-I Grandi Magazzini Stockmann in Aleksanterinkatu.

















-La bella piazza Kamppi Kampen vista dalla camera dell'albergo.






















-Uno scorcio della Kaivokatu con il museo d'Arte contemporanea Kiasma alla fine della strada, sulla destra.

















-La bella facciata della Stazione ferroviaria.

















-Due avventori locali (come usciti da un film di Aki Kaurismäki) dopo una bella bevuta nel piazzale della Stazione ferroviaria.
















-Una tavola calda in fondo a Simonkatu.
















-La piazza del mercato Kauppatori alla fine della Pohjoisesplanadi.

















-Interno della Chiesa Temppeliaukion.

















-La cattedrale vista dalla stretta Sofiankatu.

















-La Cattedrale ortodossa Uspenskij sull’isola Katajanokka.

















-Lo splendido viale Pohjoisesplanadi.

















Il biglietto della metropolitana.



















Luigi G. de Anna e la Finlandia.

Mappe e guide di viaggio.

































































































Ho preso la metropolitana solo una volta. Andata e ritorno. Ho fatto una piccola escursione per avere esperienza di questo servizio. Ottimo. Un solo neo. La lingua finlandese è veramente ostica. Si capisce molto poco e senza le indicazioni in inglese ci si trova in una vera e autentica emergenza cognitiva. Devo dire che ho avuto molte difficoltà nel fare il biglietto della Metro alle macchinette automatiche. A Pranzo ho voluto assaggiare di nuovo la cucina finnica che non è proprio leggera. Il ristorante da me scelto è Savotta, in Aleksanterinkatu. Il menù? In inglese c'era scritto "real finnish food seasoned with authentic atmosphere". Confermo. E' stato piacevole.

Mi avvio alla conclusione di questo breve diario di viaggio finnico. Spero di essere stato poco noioso, ancorchè prevedibile. Mi sarebbe piaciuto soffermarmi di più sullo scorrimento degli eventi di questi quattro giorni di piacevole e rilassante visita turistica. Probabilmente sono stato poco aristotelico nella narrazione degli eventi. Aristotele, infatti, soleva dire che un buon componimento narrativo è formato da due ingredienti principali: mettere a fuoco il tema dell'evento e drammatizzarlo traducendolo in azioni e conflitti. Io su questo punto desidererei essere chiaro. La mia vacanza ad Helsinki non è stata sfiorata da nessun conflitto, nè da un solo contrattempo; e a me non è passato per la mente di drammatizzare nulla. La ragione? Perchè la società finlandese è pressochè perfetta. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Lo stile di vita dei popoli nordeuropei è ordinato, corretto e soprattutto serio, senza superficialità e pressappochismi. Il loro grado di civiltà altissimo. Questi sono fatti e non opinioni. Io li ammiro moltissimo. Per me il viaggio è stato interessante e piacevole. Per molti probabilmente no. La noia la possono provare coloro i quali non hanno curiosità ed entusiasmo per la cultura del luogo e, soprattutto, non hanno interessi per gli aspetti istruttivi e formativi di un viaggio che sono, in estrema sintesi, l'osservazione delle caratteristiche culturali della città e la conoscenza dei suoi tesori, nel senso più ampio del termine. Non scorderò mai questo viaggio. Ciao Helsinki. Al prossimo viaggio a Lubiana.

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
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VIENNA Österreich
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BERLINO Deutschland
PRAGAČeské Republika
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STOCCOLMA Sverige
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LA VALLETTA Malta
SOFIA Бългaри София
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BRATISLAVA Slovensko
BRUXELLES Belgio
BELGRADO Srbija Београд
OSLO Norge
ZAGABRIA Hrvatsk
TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

mercoledì 5 settembre 2007

Il Rugby come anticalcio? Ecco come la vediamo noi.


Ieri 4 Settembre 2007, nell'imminenza dell’inizio del campionato del mondo di Rugby che si svolgerà in Francia, il quotidiano «La Repubblica» ha presentato tre ottime pagine piene di interessanti riflessioni sul Rugby. Scelta felice e indovinata. Sono dell’avviso che questo genere di articoli sui giornali a larga diffusione nazionale sono molto positivi e possono fornire apprezzabili ricadute sul movimento di questo sport. Mi interesso qui di seguito a due dei tanti aspetti presentati nel lungo articolo di Giuseppe D’Avanzo, perché ritengo importante che alcune tematiche affrontate dal bravo giornalista vengano opportunamente sottolineate non solo per l’efficacia e la lodevole carica di senso ma, soprattutto, perché riescono a dare una connotazione antropologica, storica e, in generale, culturale alla pratica di questo sport.

Cominciamo dal primo. Si tratta di ribadire con D’Avanzo il senso più profondo del messaggio etico-sportivo che questo gioco è capace di proporre. Non mi sembra retorico ricordare che questo sport è portatore di valori. E quando parlo di valori non mi riferisco ai generici ed accademici richiami al fatto che lo sport sviluppa la parte migliore dell’uomo. Questi proclami indefiniti e spesso artificiosi sono ingenerosi per gli appassionati di rugby. Il Rugby prevede la concretezza delle azioni e dei fatti e rifiuta generici richiami idealistici che poi nella realtà sono quasi sempre disattesi. Sappiamo a questo proposito quanto possa essere nocivo il calcio che è, alcune volte, portatore di disvalori e di disgraziate conseguenze che si manifestano ripetutamente con violenza e risentimento da parte dei suoi tifosi. Qui si parla invece di "aspetti valoriali" nel senso più ricco di significato, cioè nel senso di bravura, di coraggio, di ideali, di principi, di rispetto. Dunque, è urgente e necessario che si chiariscono le ragioni di questa dimensione etica del rugby, meglio se in modo culturalmente significativo, perché è importante che i cittadini sappiano i perché il Rugby è portatore di valori. Facciamo un esempio concreto e parliamo di rugby come sport emblema di forza, lealtà e correttezza. Nell'articolo di D’Avanzo si è dell'avviso che l'Italia abbia bisogno del Rugby. Proprio così: il Paese ha la necessità di conoscere il Rugby, come sport e, soprattutto, come portatore di valori. Perché? L'Autore afferma che l'Italia ha bisogno di questo sport perché i principi del Rugby consentono di guardare meglio lo stato presente del costume degli italiani e che si è persuasi del fatto che questo gioco possa migliorare l'Italia. Ha scritto proprio così: questo sport, se conosciuto e praticato, sarebbe sicuramente l'unico modo di migliorare il Paese. Non ci credete? Leggetevi l'articolo e capirete che D'Avanzo non dice stupidaggini ma profonde verità. Per esempio, a un certo punto dell’articolo afferma che: "questo sport non è svago ma cardine di formazione morale. Se ogni ragazzo conosce la vittoria e la sconfitta rafforza la sua stabilità emotiva. Si prepara al servizio sociale perché si confronta con grande impegno in un quadro di regole reciprocamente accettate. Impara a rispettare l'avversario pur volendolo sconfiggere. Si educa ad accettare serenamente e senza alibi all'esito della competizione.[...] Offre la possibilità di dimostrare forza d'animo, coraggio, capacità di sopportazione, tempra morale, etica del fair play, ecc...". Insomma, il rugby è un “portatore sano” di belle e buone cose. Veicola buoni sentimenti e propone oneste emozioni. Sentite quest'altra: "quindici uomini contro quindici, separati con nettezza dalla linea immaginaria creata dalla palla, in gara per conquistare l'area di meta e schiacciarvi l'ovale. Si conquista insieme il terreno, spanna dopo spanna. Lo si difende insieme. Non esiste Io, esiste solo Noi." E continua: "Il rugby [...] mai scava nella cloaca degli istinti o nel gorgo emotivo. Al contrario, impone controllo. Dicono che educhi ma istruisce. Dicono che dia carattere invece accultura. Postula una placenta comunitaria; un pensiero ordinato; paradigmi condivisi senza gesuitismi o imposture. Nessun odio e per riflesso nessuna paura [...] Sottende una forza spirituale prima che fisica. Esclude la mossa furbesca, la sottomissione gregaria, l'arroganza del prepotente. Aborre ogni cinismo immoralistico perché è capace di essere schietto e leale nonostante la violenza e forse proprio per quella." Ultima estrapolazione che mi sento di proporre, ma ce ne sarebbero molte altre altrettanto interessanti e similmente piacevoli: "si può immaginare qualcosa di meno italiano? Ogni passo nel rugby (valori, pratiche, comportamenti, riti) è in scandalosa contraddizione con quella specificità italiana che glorifica l'ingegno talentuoso e non il metodo. La furbizia e non la lealtà. L'inventiva e mai la preparazione. L'individualità e mai il collettivo”. ecc.. ecc..
A scrivere articoli interessanti tuttavia non c’è solo D’Avanzo. Per esempio, fra gli scrittori che si sono interessati di rugby c’è anche Alessandro Baricco, che ha scritto alcuni articoli pubblicati anch’essi nel giornale “La Repubblica”. Ecco alcuni pezzettini tolti da un suo articolo del 2000 relativo alla partita di rugby Italia-Inghilterra del torneo Six Nations.
Cominciamo con l’inizio della partita. Dice Baricco: “Dentro la pancia del teatro Flaminio, Italia-Inghilterra di rugby, dieci minuti al fischio d’inizio. Il tunnel che dagli spogliatoi porta al campo è breve. una decina di metri e poi due scale di ferro che ti portano in superficie, dove tutto è erba, pali strani e tifosi ululanti al gusto di birra. Senti qualche porta sbattere e poi li vedi arrivare. Ventidue in maglia bianca, ventidue in maglia azzurra. Non ce n’è uno che ride, che parla, niente. Sguardi fissi davanti e facce che sembrano ordigni con la miccia corta. Accesa. Lentiggini e occhi chiari montati su fisici impressionanti, frigoriferi di forma umana, orecchie smangiate, mani ridisegnate da ortopedici pazzi.[…] Oggi suonano il rugby. Musica geometrica e violenta. Gli italiani la suonano a orecchio, gli inglesi ci ballano su da generazioni. E’ una musica che ha una sua logica quasi primitiva: guadagnare terreno, guerra pura. Far indietreggiare il nemico fino a schiacciarlo contro il muro che ha alle spalle. Quando gli rubi anche l’ultimo metro di terra è meta. Un goal o un canestro da tre, al confronto, sono acqua tiepida, un giochetto di bravura per abbonati alla manicure. Una meta è campo cancellato, è scomparsa totale dell’avversario, è alluvione che azzera. Ci puoi arrivare per due strade: o la forza o la velocità. Gli italiani scelgono la prima, cercando il muro contro muro, dove il cuore moltiplica i chili per due e il coraggio trova strade impensabili tra tibie, tacchetti, colli e culi. Gli inglesi per un po’ ci stanno, si trovano sotto sette a sei. Allora fanno mente locale, si ricordano di quanto è largo il campo e iniziano a ballare. Si aprono a ventaglio, piazzano un paio di frustate sulle ali, fanno girare il pallone come una saponetta tra mani di ghiaccio. Lo score del primo tempo dice ventitre a sette per loro. Dice che la musica è la stessa per tutti, solo che noi suoniamo, loro ballano”. Adesso Baricco si sofferma su un aspetto sconosciuto negli altri sport e cioè la capacità di organizzare il gioco da parte dei giocatori che stanno perdendo e che devono recuperare se vogliono fare bella figura; ma con una squadra come quella inglese, si sa, è un’opera difficilissima. E, dunque, il capitano della squadra italiana: ”appoggia un ginocchio sull’erba, e poi si mette a urlare uno strano rap battendosi la mano sul petto, e il rap dice “qui dentro ci deve essere solo la voglia di andare DI LA’, placcare DI LA’, solo questo, correre DI LA’, spingerli DI LA’, schiacciarli DI LA’, vaccalamiseria”. Di là è il campo inglese, of course. Ci passeranno 25 minuti su 40, nel secondo tempo, gli italiani, di là. Ma alle volte non basta. Gli inglesi prendono martellate e restituiscono veroniche, e il campo sembra in salita, noi scaliamo, loro scivolano. Su tutta questa geometrica esplosione di elegante battaglia, domina l’assurdità di quel pallone ovale, geniale trovata che sdrammatizza con i suoi rimbalzi picassiani tutta la faccenda, scherzando un po’ tutti, e riportando il generale clima vagamente militare ai toni di un gioco e nient’altro. Gli ultimi secondi ce li giochiamo a un soffio dalla linea di meta inglese, buttando dentro tutti i muscoli rimasti e folate di appannata fantasia”. E adesso la conclusione, straordinario viatico in cui Baricco mette bene in evidenza il senso più profondo di questo sport, cioè che si gioca per vincere ma si gioca anche per capire chi è il più forte perchè al più forte viene sempre riconosciuto il suo coraggio e la sua bravura nel perseguire con rigore la vittoria. Ecco le sue parole: “Non ci sono altri sport così. Voglio dire, sport in cui a trenta secondi dalla fine trovi gente disposta a buttarsi di testa in una rissa per perdere 17 a 59 invece che 12 a 59. Forse il pugilato. Ma un pazzo lo si trova sempre: quindici è più difficile. I nostri quindici escono dal campo con gli inglesi che li applaudono, e sono soddisfazioni. A seguire, il terzo tempo: di solito una bella sbornia al pub, tutti insieme, vincitori e sconfitti. Ma qui è il Sei Nazioni, una cosa solenne. Quindi cena in smoking. Ammesso che esistano smoking di quelle taglie”. Credetemi, dopo queste belle parole non saprei consigliare una lettura così veritiera e salutare. Leggetela per intero: ne rimarrete affascinati.

Il secondo punto che desidero esplorare riguarda la possibilità di poter approfondire le tematiche su accennate. In genere in questi casi l’interessato o gli interessati vanno alla ricerca di una proposta bibliografica la più completa possibile per permettere loro di scegliere per approfondire ulteriori conoscenze. Il piacere della lettura, della scoperta di cose nuove, di fatti, di idee è sempre uno degli aspetti più stimolanti e ricercati da coloro che hanno il gusto della lettura. Nell’approfondimento che “La Repubblica” presenta vi è una buona bibliografia che qui ripropongo, opportunamente migliorata, sia dal punto di vista quantitativo con qualche aggiunta, sia dal punto di vista della correttezza formale. Umberto Eco, nel suo bellissimo volumetto Come si fa una tesi di laurea, dà dei consigli su come presentare una bibliografia dignitosa e, soprattutto, insegna a fare citazioni corrette e non sbagliate. Ecco di seguito quella che io suggerisco.

Bibliografia in lingua italiana sul Rugby.

1. Spiro Zavos, L'arte del rugby, Torino, Einaudi, 2007;
2. Marco Pastonesi-Enrico Pessina, Il Sei nazioni, Milano, Zelig Editore, 2007;
3. Paolo Pacitti-Francesco Volpe, Rugby 2007, L'Aquila, Associazione Italiana Rugbisti, 2007;
4. Josè Ortega Y Gasset, L'origine sportiva dello Stato, Milano, SE, 2007;
5. Luca Messina, L’anima in mischia: storie, personaggi e cifre della coppa del mondo dal 1987 al 2007, Genova, Editrice Lo Sprint, 2007;
6. Luciano Ravagnani-Pierluigi Fadda, Rugby. Storia del rugby mondiale dalle origini ad oggi, Milano, SEP Editrice, 2007;
7. Marco Pastonesi-Enrico Pessina, Il Sei nazioni, Milano, Zelig Editore, 2007;
8. Paolo Cecinelli-Andrea Lo Cicero, Il Barone, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2007;
9. Marco Tilesi-Manfredi Maria Giffone, Elogio del rugby, Roma, Castelvecchi, 2006;
10. Jonah Lomu-Warren Adler, La mia storia, Milano, Libreria dello Sport, 2006;
11. Francesca Battimani-Alfonso Borghi, Diario Italia rugby 2. Un anno di immagini, fuori e dentro i campi di rugby, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2006;
12. Gregorio Catalano-Daniele Pacini, Il fango e l'orgoglio, Roma, Nutrimenti, 2005;
13. Marco Paolini, Gli album di Marco Paolini, Torino, Einaudi, 2005;
14. Flavio Pagano, Quelli che il rugby ... Un racconto ovale, Roma, Manifestolibri, 2005;
15. Lando Cosi, Piccolo grande rugby antico, 2005;
16. Alessandro Baricco, Barnum 2. Altre cronache dal grande show, Milano, Feltrinelli, 2004;
17. Franco Paludetto, Oltre la linea bianca: leggende del rugby, Milano, Libreria dello Sport, 2004;
18. Marco Pastonesi-Enrico Pessina, Il popolo del Rugby, Milano, Libreria dello Sport, 2004;
19. Marco Pastonesi, All Blacks. La storia, le partite e i campioni della squadra di rugby che tutti vogliono vedere e nessuno vuole incontrare, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2003;
20. Gaetano Paliotto-Ruggero Rizzi, Rugby please, Milano, Libreria dello Sport, 2002;
21. Eric Dunning-Norbert Elias, Sport e aggressività, Bologna, Il Mulino, 2001;
22. Resini Daniele-Catella Paolo-Ravagnani Luciano, Il tempo del rugby, Bologna, Vianello Libri, 2001;
23. Paolo Familiari, Un urlo oltre la meta, Asti, Ed. ScritturaPura, 2001;
24. Francesco Volpe-Valerio Vecchierelli, 2000 Italia in meta, Torino, GS Editrice, 2000;
25. Marco pastonesi-Enrico Pessina, Il terzo tempo, Milano, Libreria dello Sport, 1997;
26. Luigi Nespoli, Rugby, Napoli, Marotta, 1984;
27. Charles M. Schulz, Snoopy re del rugby, Milano, BUR, 1979;
28. Giuseppe Tognetti, I grandi del rugby, Bologna, Cappelli, 1976;
29. Vincenzo Fagiani-Nando Pensa, Il Rugby, Milano, De Vecchi, 1975;
30. David Storey, Il campione, Milano, Feltrinelli, 1966;
31. Armando Boscolo Anzoletti, Il rugby, Milano, Sperling & Kupfer, 1951.

Buona lettura! Ah, quasi dimenticavo. Se volete vedere la più bella meta della storia del rugby eccola di seguito. Buona visione!

sabato 1 settembre 2007

Piantine di marijuana e di uva: quale preferire?


La Signora Gloria Buffo, parlamentare della sinistra DS, l’ha detto chiaro e tondo. Ha detto che “negli anni ’70 non fumare lo spinello era come non bere un bicchiere di vino”. Questa la notizia di oggi sui giornali che commentiamo con una nostra opinione. Ci siamo. Ecco di nuovo in azione la solita tecnica politica usata dai massimalisti ex-marxisti per far passare un'idea inaccettabile come un fatto onesto, distraendo l’attenzione su un altro fatto plausibile e farlo passare come analogo al precedente. L’On. Buffo, parlamentare della sinistra sinistra, dice che fumare la marijuana a quei tempi era normale ed era come bere un bicchiere di vino. La realtà è invece completamente diversa da come cercano di far intendere i circoli massimalisti della sinistra, e i politici di quest’area confermano la tendenza alla disonestà intellettuale sostenendo il falso. In particolare negli anni ’70 - in quella società governata dalla Democrazia Cristiana - non era per niente possibile far passare come normale cose inaccettabili come fumare droga, sostenere direttamente o indirettamente il brigatismo rosso, aiutare con forme di collateralismo sindacale e politico gli appartenenti al terrorismo, ecc… Al massimo, solo agli appartenenti dei gruppuscoli del massimalismo marxista poteva sembrare normale. I nomi dei fumatori di erbe varie? Basta sfogliare l’elenco dei parlamentari della sinistra sinistra e sono tutti là, in ordine alfabetico. A noi fumare le erbe non ci è mai piaciuto. L’erba a cui più ci interessiamo noi è la cicoria (meglio se selvatica) che preferiamo mangiare, fritta in padella all’aglio e un buon bicchiere di vino rosso fatto di uva e non di intrugli e porcherie varie come quelle che prendono gli sballati della sinistra extraparlamentare nelle discoteche di ieri e di oggi. Altroché.

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