mercoledì 28 dicembre 2005

Un altro mito del made in Italy che si scioglie come neve al sole.

Nonostante le ricorrenti crisi economiche, politiche e morali, abbiamo sempre avuto la netta percezione che l'Italia avrebbe avuto mille risorse per rinascere. Il made in Italy è stato uno di questi miti, di questi atout in mano da spendere nei momenti difficili. Ebbene, anche questo ultimo mito se ne è andato, e non esiste più. Ci riferiamo al vino italiano. Da sempre, a cominciare dagli studi classici, abbiamo sempre considerato la nostra industria enologica come una risorsa illimitata. Ovunque si va in Italia esistono cantine, cooperative, produttori indipendenti più o meno importanti. Non esiste paese, comune, villaggio che non abbia il suo vino, la sua specificità vinicola. Cabernet, Inferno, Amarone, Barbera, Chianti, ecc.., sono sempre stati considerati miti incancellabili dall'immaginario collettivo. Abbiamo sempre considerato la Francia come l'unico paese a cui riconoscere i nostri stessi successi e diritti. Denominazione di origine controllata e Appellation d'Origine Controlée. Basta. Nient?altro. Al di fuori dell'Italia e della Francia, il nulla enologico. Ebbene, adesso le cose sono cambiate profondamente. In questi giorni abbiamo voluto comprare alcune bottiglie di vino, da noi considerate esotiche, provenienti da paesi che mai avremmo considerato all'altezza di produrre vini decenti. Abbiamo comprato due vini rossi cileni, due cabernet sauvignon, Tarapacà e Santa Digna di 13,5 gradi, un vino rosso australiano Shiraz, Sunnycliff di 14,5 gradi, un altro rosso sud-africano di 14 gradi e un bianco neozelandese di 13,5 gradi. Li abbiamo comprati più per curiosità che per altro. Li abbiamo assaggiati con diffidenza, convinti di avere davanti dell'acqua colorata. Invece siamo rimasti letteralmente senza parole. Ottimi. Eccellenti. Pieni, rotondi, corposi e che corpo! Dai colori e dai sapori forti. Insomma una sorpresa. Siamo rimasti di sasso. Ci sono chiesti quante volte siamo stati preso in giro dai vari produttori italiani, Veneti, Lombardi, Siciliani, Laziali, Toscani e via dicendo. Vini italiani senza personalità, con aggiunta di zuccheri e solfiti vari, che più di una volta ci hanno rovinato il pranzo, che al confronto con quelli summenzionati sono completamente perdenti. La nostra stizza è stata enorme. La nostra delusione ancora di più. Siamo fritti se anche nell'enologia gli stranieri ci hanno superato. Vuol dire che siamo conciati proprio male. Ahi. Povera Italia.

martedì 27 dicembre 2005

Dibattito sull'amnistia: un dibattito sterile e sgradevole.

Abbiamo ascoltato con attenzione il dibattito alla Camera dei Deputati sul tema caldo, caldissimo della amnistia. E' stato difficile riuscire a controllarsi durante gli interventi dei parlamentari. Ne abbiamo sentito di tutti i colori ed abbiamo preso atto che in Parlamento vi sono posizioni talmente separate che ci siamo meravigliati come sia possibile che persone consapevoli di svolgere un compito così difficile, come quello svolto da coloro che legiferano, possano dare giudizi diametralmente opposti su un unico fatto. Non si finisce mai di stupirsi per le contraddittorietà che emergono nei dibattiti politici. Molto brevemente diremo la nostra sulle conseguenze di questa discussione. Tuttavia, la prudenza è d'obbligo. La cautela è di per sé necessaria in tutti quei casi in cui si parla di libertà, ma in questi casi essere circospetti è ancora più importante. Naturalmente non mancheremo di usare la chiarezza che è altrettanto necessaria in relazione allo stesso tema.

Cominciamo col dire che siamo sensibili al problema della pena e della mancanza di libertà dei condannati al carcere. Senza ombra di dubbio guardiamo ai carcerati come a persone che hanno sbagliato nella vita e per questo si trovano in un luogo non solo di espiazione ma, soprattutto, di rieducazione. Questi principi sono importanti e non bisogna mai perderli di vista. Dunque, siamo sensibili alle questione che giustificano una amnistia. Dal punto di vista teorico siamo d'accordo che, in condizioni straordinarie, un Parlamento può prevedere un intervento di clemenza e offrire ai detenuti una possibilità in più per usufruire della libertà. La Costituzione lo prevede, e il Diritto lo riconosce. Dunque, non siamo prevenuti sull'istituto della clemenza. Il fatto è un altro. Il fatto riguarda la modalità della comunicazione delle idee dei parlamentari che parlano a favore o contro. La dialettica democratica prevede il confronto delle idee e pertanto è uno straordinario esercizio della libertà di pensiero ascoltare interventi contrapposti. Ma da qui ad arrivare ai certi discorsi presentati da alcuni parlamentari dell'estrema sinistra certamente fa venire in mente l'idea che c'è qualcosa che non va per il verso giusto. Non è possibile ascoltare interventi che peroravano la causa dell'amnistia così sfacciatamente di parte. Sembravano discorsi che avrebbero dovuto decidere le sorti di una società, della sopravvivenza o meno di una civiltà. Sembrava di essere al Parlamento inglese quando si temeva da un momento all'altro la fine della democrazia da parte del dittatore nazista Hitler durante la seconda guerra mondiale. Suvvia. Tutto sommato si sta parlando di persone che sono state giudicate da un tribunale onesto e democratico. E invece i toni, le arringhe erano quelle di altri tempi, come se in gioco ci fossero le sorti dell'intera nazione. Ecco, tutto questo è inaccettabile. Ma soprattutto è inaccettabile ascoltare interventi a senso unico, senza che nessuno di questi oratori si fosse posto almeno un solo problema del perché il provvedimento veniva avversato dagli avversari. Fa senso dover ammettere che, a parte certe considerazioni di troppo, solo il centrodestra ha argomentato concretamente con ragioni migliori di quelle del centrosinistra. Noi siamo dell'avviso che è stato un errore richiedere una sessione straordinaria di un ramo del Parlamento senza che ci fossero i numeri e l'atmosfera adeguata per pervenire a un provvedimento legislativo concreto. Ma, soprattutto, è stato un errore per le forze politiche di sinistra ammettere che ancora una volta si risponde alla sfida politica del centrodestra non con le armi della ragione e della consapevolezza ma con quelle identiche degli slogan e dei discorsi elettorali del berlusconismo più sfrenato. Prevediamo una sconfitta non di uno dei due contendenti lo schieramento politico di maggioranza o di opposizione ma della stessa cultura della ragione. Che è stata l'unica in questa vicenda a perdere. Un?occasione mancata per ristabilire il primato della ragionevolezza. Che pessimi attori su un palcoscenico di un teatrino di periferia.

lunedì 26 dicembre 2005

Amnistia: buonsenso o malafede?

"Roma, la marcia per l'amnistia". "Le carceri stanno scoppiando". Questi sono approssimativamente i titoli dei giornali che in questi giorni stanno sponsorizzando la marcia per l’amnistia. Molti, troppi uomini politici e non, stanno facendo pressioni sull'opinione pubblica, al limite dell’insopportabile, affinché i due terzi del Parlamento votino l’amnistia per i carcerati. Questi i fatti. E passiamo alle opinioni. Non ci meraviglia che in Italia ci sia molta, troppa gente che cerca di aiutare coloro che si sono macchiati di reati gravi. Questo è uno strano paese, in cui la vita sociale è quasi completamente avvolta da un perdonismo, da una indulgenza e da un buonismo di una trasversalità politico-religiosa che a dire mirabolante è poco. Su tutto gli italiani si dividono. Su una sola cosa si trovano d’accordo: nel solidarizzare con coloro che non meritano. Sono migliaia gli esempi che si possono fare. Ma a noi non interessano tanto i nominativi di coloro che a tutti i costi vogliono fare uscire di galera i corrotti e i mascalzoni che non hanno ancora espiato la pena. A noi interessano le cause di un simile atteggiamento e, soprattutto, interessa conoscere “il perché” si riesce a creare una solidarietà intorno ai mascalzoni e invece si ghettizzano gli onesti che con la loro onestà e laboriosità tirano "la carretta" del paese. E’ questo l’aspetto più odioso della questione. Due brevi osservazioni su questo aspetto inverosimile della faccenda.

La prima. Si dice che le motivazioni riguardino il fatto che “attualmente sono sessantamila i detenuti nel nostro paese, ovvero un record nella storia repubblicana e altre cinquantamila persone sono in misura alternativa alla detenzione, mentre altre ottantamila sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alterativa. Il totale ammonta a circa centonovantamila persone, che significa, nel volgere di quindici anni, una crescita esponenziale della popolazione carceraria di sei volte quella attuale” (dal “Corriere della Sera” del 24 Dicembre 2005). Dunque, siccome il male sta nell’alto numero di persone che commettono delitti, vuol dire che per risolvere il problema cancelliamo i delitti. Che strano ragionamento questo. Che bella maniera di ragionare. Invece di costruire più carceri e impartire una rieducazione completa ed efficace ai condannati si graziano i carcerati perché lo Stato non ha più “posti letto”. Tra l’altro la costruzione di nuove carceri porterebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro e muovere una parte dell’economia che langue nel settore delle costruzioni. Ma ai nostri Robin Hood dell’amnistia questo non interessa. Una piccola osservazione. Questi numeri in realtà sono da rivedere profondamente verso l’alto. Ce lo impone la semplice riflessione che queste cifre riguardano la sola popolazione carceraria in cui i tribunali hanno emanato una sentenza. Se si ricorda che più dell’80% dei reati commessi in Italia vengono cestinati dalle forze dell’ordine per manifesta incapacità del sistema a individuare i disonesti, vuol dire che in realtà la cifra più ragionevole è di centottantamila moltiplicata per quattro, cioè settecentoventimila persone che hanno commesso delitti. Sfidiamo chiunque a criticare questi dati e sfidiamo tutti a trovare un paese al mondo in cui la delinquenza abbia raggiunto punte così incredibili. Cioè l’Italia è il paese dove c’è una larghissima fetta della popolazione che commette reati! Vedete voi se è possibile che si possa vivere in questa situazione piena di pericoli.

La seconda. Qui la questione è più complessa e di difficile analisi. Domanda. Perché in Italia e solo in Italia c’è uno schieramento così trasversale che unisce e fa proseliti pro-amnistia tra gente di tutti i colori, dalle più variegate etnie, alla politica, dalle religioni alle ideologie, e chi più ne ha più ne metta? Ci deve essere una ragione affinché si giustifichi come mai dalla estrema sinistra alla destra più estrema tutti sono d’accordo? Noi pensiamo che il paese, a causa di un periodo terribile di crisi e confusione politica, nonchè di transizione sociale, abbia allentato i vincoli morali ed abbia fatto perdere il senso e la misura valoriale della vita. Si pensa di più a fare leggi che depenalizzano, che diminuiscono le pene, che eliminano i reati e a fare sconti di pena piuttosto che aumentare la severità delle pene medesime. Il perché riguarda il fatto che così facendo diventa più facile ai politici, ai commercianti, ai professionisti e a tutto quel sottobosco di imbrogli che caratterizzano la vita pubblica e privata nazionale di evitare condanne pesanti che hanno a che vedere con le truffe ai danni degli onesti e dei più deboli. Noi pensiamo che la causa fondamentale di questa situazione sia la caduta di tutti i freni inibitori e degli scrupoli che hanno confinato l’etica e la morale in cantina e che la gente che ha successo si vergogna da morire di apparire agli occhi del pubblico come persone probe e oneste. Ecco di cosa si tratta. Ed è vergognoso che le sfere ecclesiali della Chiesa cattolica si facciano strumento di libertà di gente che a delinquere ha fatto la causa prima della sua vita. Che pena!

giovedì 22 dicembre 2005

Il vizietto di Silvio Berlusconi.

Eccolo là. Subito in azione. Il vizietto del Presidente del Consiglio non cessa di stupire gli italiani. Appena è stato possibile l'ex imprenditore Fininvest ha preso la decisione di diminuire la pena detentiva contro coloro che commettono reati per falso in bilancio. Neanche due giorni dopo le dimissioni dell’ex Governatore della Banca d’Italia, quell’Antonio Fazio, studioso di Sant’Agostino, che ha cercato di aiutare i cosiddetti furbetti del quartierino, che Silvio Berlusconi ha diminuito le pene detentive nei confronti di coloro che commettono il reato di falso in bilancio. Come solidarietà alla casta degli intoccabili imprenditori non c'è male. Si tratta di una diminuzione della pena fortissima, circa tre volte inferiore a quella attualmente prevista dal codice penale. Dalla proposta di un minimo di tre anni e un massimo di sei anni ha deciso di accorciare la pena da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni. Capito cosa ha fatto il Bel Cavaliere? Ha aiutato tutti i potenziali furbetti del quartierino ad avere sconti più che convenienti a chi imbroglia. E si sa che chi ha l'abitudine a imbrogliare i conti delle società difficilmente perde il vizio. E poi Berlusconi si lamenta che la gente non lo capisce. Te capì il mio bel lavuratur?

domenica 18 dicembre 2005

Identità e valori: verità o provocazione?

Alla radio, questa mattina, abbiamo ascoltato il Presidente del Senato Marcello Pera che ha presentato il suo punto di vista sulla questione relativa al rapporto tra cultura, politica ed etica agli inizi del terzo millennio. In realtà il tema toccava alcuni aspetti della crisi odierna della società contemporanea alla luce del terrorismo di matrice islamica, che molto riduttivamente potrebbe essere sintetizzato dal seguente titolo: “Il multiculturalismo è sbagliato''. A noi l’intervento, pacato e riflessivo, ci è piaciuto. Tra le tante cose, Marcello Pera ha detto che “insieme al nazionalismo, il multiculturalismo ha provocato incomunicabilità e conflitti, e i fondamentalisti vogliono abbattere la nostra civiltà'' . Ultima nota degna di essere ricordata, la questione che “l'Europa ha risposto al fenomeno dell'immigrazione con due modelli sbagliati: il multiculturalismo e il modello nazionalista e giacobino”. Certo alcune piccole provocazioni il Presidente del Senato avrebbe potuto risparmiarcele, soprattutto laddove ha inserito il ruolo della Chiesa cattolica e il rapporto con la religione nel cosiddetto sociale. Ma nel complesso ci è sembrato un intervento indovinato, propositivo sul quale ci piacerebbe ascoltare il punto di vista opposto per ragionare un po’. Ma veniamo al tema in esame. Il Presidente del Senato è stato chiaro, semplice e profondo. Ci sembrano questi i tratti più caratteristici della sua analisi. Ha presentato il suo punto di vista come era giusto che venisse presentato: parlando di fatti, di contenuti e di idee che non ammettono ambiguità, che impongono una risposta del tipo sono d’accordo, oppure non sono d’accordo. Ci piacerebbe tanto trovare un interlocutore del centrosinistra, avversario politico di Marcello Pera che è di centrodestra, che proponesse l’altra tesi, in modo altrettanto chiara e semplice. Pensiamo che, al di là degli schieramenti e delle ideologie, il panorama politico ne trarrebbe giovamento. Cosa ha detto di così degno di attenzione il Presidente del Senato? Poche ma importanti cose.
Primo. La nostra identità è giudaico-cristiana. Dunque, la domanda che ci si pone è :«la nostra identità è giudaico-cristiana, si o no»? Secondo. E se è giudaico-cristiana è anche universale, si o no? Terzo. E in tal caso, riconosce o no, il fatto che la dignità dell’uomo deve venire prima della legge degli Stati e quindi valere per tutti, si o no? Quarto. Questa identità dà ospitalità a tutti, cristiani, musulmani, ebrei e mistici orientali, si o no? Quinto. E se si, mette gli stessi principi e valori a disposizione di tutti senza discriminazioni, si o no? Ecco il che cosa del filosofo Presidente del Senato. Ci piacerebbe sapere come potrebbe venire sviluppata la tesi opposta, che è quella che viene chiamata del multi-inter-culturalismo. Questa tesi dovrebbe dire l’opposto della precedente. Dovrebbe cioè dire che la nostra identità di europei non è giudaico-cristiana ma …. Cosa dovrebbe essere detto al posto dei puntini di sospensione? Forse che non ne abbiamo una? O forse che si tratta di una identità differente da quella che proviene dal cristianesimo e dall’ebraismo? E se si, quale di grazia? E se fosse così, cioè se fosse dichiarato che la nostra identità di europei e occidentali, non è quella che ha fatto seguito al pensiero di derivazione greco-franco-anglo-tedesco, che non si richiama ai valori della rivoluzione scientifica effettuata dalla scienza moderna e dalla filosofia occidentale, questa identità incognita che caratteri ha? Forse ha i caratteri dell’identità islamico-musulmana o orientale-buddista, oppure ha i caratteri neutri dell’universalità trans-razziale-religiosa? Ma ammettiamo per un istante che la nostra identità non fosse ebraico-cristiana. Questo vorrebbe dire che o non esistono identità o che ne esiste un’altra in sua sostituzione. Nel primo caso allora qualunque segno religioso, culturale non avrebbe senso. Il che è una sciocchezza bella e buona perché tutti i popoli della terra fanno a gara a esaltare le proprie tradizioni religiose, culturali e storiche. Dunque, non ci rimane che l’altra possibilità, che cioè la nostra identità c’è e riguarda l’intero genere umano. Tutti siamo uguali, come in una comune di mormoni, e nulla ci divide. Non ci dividono le idee e i valori sulla democrazia perché secondo questa tesi tutto il mondo sarebbe democratico e accettabile così come esso appare ai nostri giorni. Dunque, secondo questa tesi, in Arabia Saudita o in Iran ci sarebbe democrazia, vero? I terroristi e il fondamentalismo islamico, i dittatori, le suore missionarie della Carità di Suor Teresa di Calcutta, tutti sarebbero uguali, posti sullo stesso piano, vero? Noi non siamo di questo avviso. A nostro parere c’è differenza, e come! Tra le tante visioni che emergono dall’intero pianeta alcune sono sbagliatissime e dannose. Quella del multiculturalismo è una grossa baggianata. Andreste a prendere un caffè al bar con Osama Bin Laden visto che tutti siamo uguali? Noi no!

martedì 6 dicembre 2005

Prima ipocrisia del centrosinistra in azione.

Il Ministro degli Interni Pisanu ha dato l’ordine alla polizia di far sgombrare l’occupazione illegale della gente che presidiava i cantieri dell’Alta Velocità in Val Susa. Questi i fatti. Passiamo alle opinioni. Primo. Pisanu. Il Ministro dell’Interno ha fatto il proprio dovere, con alto senso di responsabilità. Secondo. La sinistra. Come al solito, quando si verificano proteste di piazza l'opposizione di sinistra non cambia mai. Cavalca il massimalismo. Terzo. Verdi italiani contro Verdi francesi, sembra una sfida tra colori, tra il blu e il verde dei rispettivi tricolori. Quarto. Incredibile quello che sta succedendo. Sulle ragioni della sfida della popolazione della valle contro i propri interessi diciamo solo che sono il frutto di un senso negativo di localismo esasperato. Gli stessi Verdi francesi sono contrari. Insomma non c’è nessuno che li difende. Dunque? Quinto. Il Presidente della Repubblica Ciampi è contrario a questa azione di forza autolesionista dei valligiani. Sesto. Possibile che le "alte sfere" politiche del centrosinistra non si rendano conto che il vero pericolo sono gli anarcoinsurrezionalisti, cioè quei mascalzoni che organizzano campagne esplosive, che sono disposti a tutto pur di far male al paese? Diciamo che cominciamo male. Lo stesso Prodi ha iniziato con molto anticipo a prendere una posizione ambigua, sintomo di perenne mediazione tra il fronte moderato e quello estremista. Insomma vediamo nero. Altro che alternativa al centrodestra. Questa è alternativa all’intelligenza. E il colore è quello dei contestatori violenti che com'è noto è il nero. Altro che.

sabato 3 dicembre 2005

La dignità e la protervia sono inconciliabili.

Cosa dire di un parlamentare della Repubblica, l’avvocato romano Cesare Previti, che definisce la sentenza dei giudici che lo condannano in appello a cinque anni di galera, una «esecuzione pianificata, come un colpo di pistola» e che la condanna «è una ingiusta e ridicola sentenza»? Ecco un fatto esemplare che accade in Italia, dove un parlamentare che si fregia di rappresentare democraticamente i suoi elettori, che è stato Ministro della Repubblica, non riconosce validità a una sentenza dello Stato. Due sole parole per affermare che questi individui non meritano di rappresentare neanche se stessi nel momento in cui non sono in grado di riconoscere il diritto a un tribunale di decidere della sua sorte. Ecco il disprezzo di un individuo nei confronti dell’autorità giudiziaria in un paese in cui se rubi una mela ti mettono subito in galera, viceversa, se giri a un giudice compiacente una tangente enorme vuoi farla franca dicendo che la magistratura non è imparziale. E che aggiungere alla dichiarazione dei suoi legali che affermano «faremo ovviamente ricorso per Cassazione, per fortuna la Corte di Cassazione è a Roma»? Forse che i giudici di cassazione sono più morbidi di quelli di Milano? A nostro parere questo è un modo di ragionare inammissibile e inaccettabile.

domenica 27 novembre 2005


Come al solito i giornalisti non riportano correttamente le idee di Silvio.

Ultima polemica per le parole del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il fatto. All'assemblea di Forza Italia, Berlusconi, dopo il solito attacco all’opposizione comunista guidata dal candidato dell’Unione Sovietica (pardon, italiana), ha affermato «abbiamo catturato duecento terroristi internazionali sul nostro territorio. Tutti gli altri non c'erano riusciti». Dunque, come al solito, la stampa comunista si è buttata sulla notizia trasformandola secondo il proprio interesse. La nostra opinione. In effetti, tutti i media hanno, come al solito, adoperato una mezza buglia per nascondere una mezza verità. La realtà è che il nostro Silvio nazionale da quando è Presidente del Consiglio ha fatto arrestare sul suolo italico non duecento ma due milioni di terroristi islamici. Sapete, Lui quando si mette fa le cose in grande; e poi anche questo lo aveva messo per iscritto nel suo famoso contratto con gli italiani, nella trasmissione del giornalista Vespa. Ma la stampa comunista ha manipolato, come al solito, la realtà.

sabato 26 novembre 2005

Si può coniugare fede e ragione?

Il titolo di questo articolo riguarda l’ennesimo tentativo di rivisitare la vecchia e annosa questione che ha diviso la cultura occidentale secondo due linee di pensiero nettamente contrapposte: da una parte la tesi cattolica che la scienza non può avere la libertà assoluta della ricerca e dall’altra quella della scienza che ribadisce per l’ennesima volta che la religione non ha alcun diritto di entrare nella sfera delle questioni scientifiche. Se non fosse perché la riflessione sulla natura della scienza è un elemento fondante della conoscenza umana si potrebbe aggiungere che dopo quattro secoli siamo punto e a capo. La ragione di questa sintesi sta nel fatto che in questi giorni si è avuto un imprevisto e pesante intervento delle gerarchie cattoliche a proposito della tesi che “la scienza deve aprirsi a Dio”. Lo ha detto il Papa e lo ha ribadito il Cardinale Ruini. Cosa dire di nuovo? Ci sembra eccellente la soluzione di riprendere qui di seguito l’esemplare intervento del prof. Boncinelli, famoso biologo italiano, il quale afferma, in estrema sintesi, che fra fede e scienza vi è un matrimonio impossibile da celebrare. La risposta è basata sul fatto che l’unico criterio che è fondante e oggettivo per evitare forzate interpretazioni di parte è che la sperimentazione nella scienza e l’uso del linguaggio matematico sono le sole cose che importano e basta. Ecco la importante tesi del prof. Boncinelli. “La scienza si basa sulla razionalità e sulla verificabilità sperimentale. Questi, e non altri, sono i due cardini della scienza come li conosciamo da quasi quattrocento anni. Nessuna apertura alla trascendenza, nessun criterio alternativo alla dimostrabilità sperimentale. Alla razionalità, caratteristica di matematica e filosofia, le scienze uniscono la sperimentazione. Due concetti che non possono essere separati”. A proposito della ricerca del bene e del vero che le gerarchie cattoliche perseguono, e fanno bene perché questo è il loro lavoro, il prof. Boncinelli ha detto che la scienza non può rispondere a domande che non la riguardano perché estranee al suo lavoro e ai suoi interessi. In ogni caso non esiste e non può esistere nessuna sintesi tra fede e ragione: questo matrimonio non è possibile celebrarlo perché le due sfere non possono essere mescolate se non a costo di una grande confusione. Tutto qua. Chiunque volesse criticare questa posizione è libero di farlo. Si assume però la responsabilità di forzare la natura della questione che riguarda l’esistenza stessa della cultura. Se poi, scienziati e autorità religiose vogliono collaborare per trovare semplici intese su alcune questioni particolari che interessano il sentire comune, ben vengano i confronti, le tavole rotonde e i dibattiti. Noi tuttavia la pensiamo come il prof. Boncinelli. A noi certe dichiarazioni in cui da una parte si tenta di forzare la natura della scienza affermando che la scienza deve essere in sintonia con la religione, oppure viceversa che la scienza è una nuova fede che deve portare l'uomo alla sua rinascita ci sembrano sconvenienti e fuori luogo. Ognuno a suo posto, per favore.

venerdì 25 novembre 2005

Notizie da pirla per un pirla che le inventa.

In Italia la lettura dei giornali e le notizie date dalla televisione offrono un panorama di informazione molto variegato e straordinariamente interessante. Per chi si sforza di leggere la realtà sociale, politica ed economica c’è una vera miniera di informazioni da commentare. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta. Diventa pertanto obbligatorio selezionare poche notizie per poterle commentare in modo adeguato. Oggi ne citeremo solo una fra le tante di interesse nazionale e regionale. E' pubblicata dal quotidiano Il Sole 24 ore. Afferma che in Puglia ritornano i prezzi in lire. Se non fosse vera solo qualche pubblicitario creativo sarebbe stato in grado di inventarla. Dopo tre anni, cioè dopo poco più di 1100 giorni, che con i tempi contemporanei che corrono è un tempo enorme, una regione italiana riesce a sbalordirci ripresentando un evento storico che credevamo chiuso. Con la scusa che la gente non riesce a sbarcare il lunario la regione pugliese chiede aiuto alla liretta. Dal prossimo primo dicembre e fino a tutto il 2009, tutti gli esercizi commerciali della regione avranno l’obbligo di reintrodurre la doppia esposizione del prezzo di vendita di ogni tipologia di beni. Ecco la nostra opinione: di chi è stata la bella idea? Con i grandi problemi che ci ritroviamo è mai possibile che ci siano dei pirla del genere che non sanno come trascorrere il tempo?

mercoledì 23 novembre 2005


Sciopero si, sciopero no, sciopero ni.

Venerdì 25 Novembre 2005 si sciopera. I media, ovvero radio, TV, internet, giornali e quotidiani ne danno l’annuncio con rilievo. Bene direte voi, dove sta il problema? Il problema è che se si analizza attentamente chi sciopera e perché, si rimane di stucco nell’apprendere l’esistenza di una confusione di decisioni circa la partecipazione o meno allo sciopero delle diverse sigle sindacali. In pratica sta succedendo che nel comparto scuola stanno arrivando delle precisazioni che dire che disorientano è un eufemismo. Si tratta di questo. CGIL, CISL e UIL hanno cambiato idea ed hanno deciso di fare scioperare il personale della scuola per un’ora soltanto nella mattinata. Il sindacato autonomo SNALS e la Gilda hanno deciso di non scioperare. Il sindacato COBAS ha deciso di scioperare per l’intera giornata, mentre altre sigle non si sono ancora pronunciate. Dunque, una babele di decisioni che ha dell’incredibile. Pensate un po’ a un giovane che vive la scuola con impegno. Vede con sorpresa che non esiste una decisione unanime. Si accorge che alcune sigle prendono una decisione, altre quella contraria. E’ costretto così a pensare che nella scuola, e ancor di più nella società, vige un criterio di anarchia assoluta e che la confusione e l’ingovernabilità sono la prassi quotidiana. Si formerà un’idea di caos ingovernabile con buona pace del processo di formazione e di educazione. E’ mai possibile che una società seria mandi dei messaggi così controversi? Noi siamo dell’opinione che una società responsabile avrebbe deciso che o si sciopera tutti o non sciopera nessuno. E’ possibile sperare di vivere in un paese normale o dobbiamo abbandonare per sempre l'idea di avere un modello di società regolare?

lunedì 21 novembre 2005


Dal più cattivo berlusconismo al peggior dilibertismo: si va da un estremismo all’altro.

Sembra che un sindaco campano, iscritto al partito comunista d’Italia, che fa capo all’On. Oliviero Diliberto, ferreo comunista, ha deciso di negare l’intitolazione di una strada del suo paese ai soldati italiani caduti a Nassiriya. Anzi. Ha fatto di più. Per reazione, sanguigno come può essere un politico di estrema sinistra, ha deciso che la strada si chiamerà Via Arafat. Perché? Il sindaco, ortodosso interprete della linea di grande rigore stabilita dal Politburo del suo partito, è sempre stato contro la missione militare italiana in Iraq. La conclusione è che quei poveri soldati italiani non meritano, a suo giudizio, l’onore di essere ricordati. Mentre il fu Presidente dell’Autorità Palestinese, ma anche vecchio furbacchione terrorista mediorientale Yasser Arafat, ha avuto l’onore del ricordo. Cosa volete che si dica. A nostro giudizio, con queste teste non c’è alcuna differenza tra il pensiero forte di Berlusconi e quello fortissimo di Diliberto: entrambi sono estremisti capiscuola che interpretano il rigore ideologico come unico mezzo per fare politica. Povera Italia.

mercoledì 16 novembre 2005


Approvata la riforma della Costituzione. Amare considerazioni.

La riforma in senso federalista dello Stato è stata varata definitivamente dal Parlamento con il voto al Senato da parte della sola maggioranza di governo. Dunque, il centro-destra è riuscito nel suo intento di modificare in modo non certo indolore la Carta Costituzionale che datava dal 1946. Questi i fatti della giornata. Ricordiamo questa infausta data: mercoledì 16 Dicembre 2005. E' una data che definire luttuosa per la storia della nazione è poco. E passiamo alle opinioni. Non si può far finta che non sia successo nulla. Qui non si tratta di una piccola faccenduola. Si tratta di un profondo cambiamento delle regole della vita pubblica che la nazione ha scelto all'inizio della Repubblica. E' giocoforza prendere atto che lo scenario che si presenta ai nostri occhi è un cambiamento violento del modo di concepire la vita politica, parlamentare e sociale della nazione. E' necessario pertanto che si chiamino per nome i rozzi protagonisti di questa disavventura politica che l’Italia non meritava. Nello stesso tempo, però, è necessario non perdere la calma. E’ fondamentale a questo punto serrare le fila, e compatti e uniti si deve lavorare pubblicizzando negativamente la legge di riforma per far fallire questo miserrimo prodotto di un parto mostruoso del berlusconismo. Un gruppo di "manigoldi" politici, con la scusa di un federalismo col trucco, inutile, dannoso e ridicolo sul piano storico e giuridico, ha cancellato un fiore di carta costituzionale che ha visto crescere il paese dal periodo nero del fascismo e dalle distruzioni della guerra a un ciclo unico di stabilità sociale, economica e politica del dopoguerra. La stabilità politica e la crescita economica e culturale dell’Italia è potuta avvenire con la Costituzione dei Padri fondatori della Repubblica (i padri con la P maiuscola) che hanno permesso crescita, sicurezza, miglioramento di vita che i cittadini di questo paese non avevano mai visto e conosciuto nell’intera storia millenaria dei suoi abitanti. Ci ritroviamo con una Costituzione violata, ferita da un gruppo di birbanti senza scrupoli, il cui unico intento è stato quello di fare contento un improvvisato e incoerente uomo politico, quell'Umberto Bossi che qualche anno fa nei comizi della lega Nord gridava di usare la bandiera tricolore come carta igienica, screanzato sul piano della comunicazione, volgare nelle sue battute ciarlatane e ignorante dal punto di vista sintattico. Questo astuto furbacchione alla Bertoldo nel giro di due decenni, approfittando della crisi istituzionale della politica avvenuta con la caduta della prima Repubblica e con la collaborazione di un clan di screanzati, xenofobi e ubbidienti portabandiera è riuscito a fare i propri interessi di bottega ed ha saputo mettere nella propria tasca un autentico bottino politico che solo pochi sono riusciti a imitare nella storia della regione lombarda. Questo pensiamo noi, modesti cittadini della Nazione, non certo piccoli furbacchioni di villaggio, che abbiamo sempre creduto nella forza delle idee democratiche e della partecipazione allo sviluppo del paese, intero e non a spezzatino. Intendiamoci. Nessuno ha mai pensato che un governo e una maggioranza parlamentare liberamente eletta non possano legiferare per cambiare la Costituzione. Per carità. Siamo dell'opinione che una maggioranza politica è delegata a legiferare come crede. Il fatto è un altro e cioè che nel mentre è vero che si può cambiare la Costituzione realizzando la cosiddetta "devoluzione", nello stesso tempo è altrettanto vero che la maggioranza, in questo caso, ha l'obbligo di dire la verità. E la verità non è quella detta dai soloni del centro-destra. La verità è esattamente al contrario. Dunque, la furbata, o meglio, l'imbroglio sta tutto qua: la maggioranza non ha detto che questo cambiamento costituzionale porterà quasi certamente al dissolvimento del paese a causa della insanabile questione meridionale che di per sè presenta variabili incontrollabili, figuriamoci con con il federalismo. Si tratta di variabili che prevedono una miscela esplosiva in grado di rovinare la pax sociale italiana. Facciamo alcuni esempi. In primo luogo la collusione tra politica e criminalità (la mafia, la 'ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita non sono una nostra invenzione). In secondo luogo la atavica mentalità meridionale di vivere nella incapacità di creare un tessuto economico e produttivo adeguato allo sviluppo. In terzo luogo il federalismo produrrebbe non più una sola sanità nazionale uguale per tutti ma venti sanità disuguali tante quante sono le regioni. E potrammo continuare. Ecco perchè parliamo di imbroglio. E la tecnica ipocrita della rassicurazione manifestata a più riprese dall'On. Calderoli e dai suoi amici con il sorriso sulle labbra lo dimostra. In realtà, all'ex On. Bossi non importa nulla del federalismo. A lui interessa portare via le regioni ricche del Nord dal sistema centralizzato romano (ricordate Roma ladrona?) per scaricare le regioni meridionali al loro destino. Ma il pateracchio della nuova costituzione non deve passare. L'opposizione ha già annunciato che ricorrerà alla raccolta di firme per promuovere il referendum confermativo previsto per le leggi costituzionali. Bene. Dovremo impegnarci tutti ad aiutare ciò che è rimasto in questo paese di serio e onesto per distruggere il progetto di personalizzazione degli interessi di questi dritti predatori del paese. Per parte nostra faremo il possibile per far fallire il progetto sciagurato di cambiamento della costituzione. Fin da domani saremo all’opera nei luoghi di lavoro per convincere gli altri ad essere contro i furbi e i cialtroni. Una chiosa finale che la dice lunga sul principale responsabile della riforma costituzionale. Le cronache narrano che il Presidente del Consiglio ha salutato l'approvazione della riforma saltellando con i leghisti al grido di «chi non salta comunista è». Che schifo!

giovedì 10 novembre 2005


Messaggi politici e imbrogli pubblicitari.

Al centro della nostra odierna riflessione c’è una pubblicità cartellonistica presente nelle strade delle maggiori città italiane che ci ha colpiti. Si tratta di un messaggio politico prodotto da Forza Italia che è, com'è noto, il partito del Presidente del Consiglio, On. Silvio Berlusconi. Questo partito, in questi giorni, festeggia la “giornata della libertà”, ed ha deciso di informare i cittadini che un certo numero di dittatori, vissuti nel passato più o meno recente, hanno negato ai loro concittadini tutte le libertà riconosciute dal genere umano. Siamo d’accordo. Non c’è alcun dubbio che le dittature sono sempre state, e lo saranno sempre, la negazione della dignità umana. Nel manifesto compaiono cinque immagini: Marx, Hitler, Fidel Castro, Saddam e Bin Laden. Siamo d’accordo di nuovo, anche se la figura di Marx non appartiene alla categoria vera e propria dei dittatori. Queste figure hanno negato in maniera violenta e abominevole la libertà dei loro popoli, oltraggiato oltre misura la dignità umana ed è buona cosa ricordarlo ai cittadini italiani, inventando questa giornata della libertà. Tutto bene, dunque? No. Peccato che all’appello manca un nome, un nome importante, purtroppo un nome italiano. Chi? Indovinate un po’? Pensate per un istante al ventennio fascista e avrete la risposta. Ci sentiamo di affermare che questa è la prova più eloquente e inconfutabile della sfrontatezza e della strumentalizzazione di un messaggio pubblicitario che ci fa vergognare per la parzialità e l’imbroglio di avere dimenticato la figura del Duce. Ha da passà a nuttata.

lunedì 7 novembre 2005


Roma, municipi contro la Coca Cola.

Accusano le multinazionali di essere sponsor politici del percorso della fiaccola olimpica verso Torino sede delle Olimpiadi invernali. Eccoli di nuovo in azione. Sono i "nuovi intransigenti". Presidenti di Municipio, Assessori comunali, Sindaci di piccoli paesi, sono i novelli Savonarola che dichiarano guerra totale alle multinazionali americane accusate di fare soldi in maniera immorale, sulla pelle del terzo mondo. Questi i fatti. E adesso le opinioni. Ma vale la pena di parlare di queste aberranti interpretazioni da parte di piccoli politici della sinistra italiana? Probabilmente si tratta del solito gruppetto di sinistra-sinistra che vedono la politica solo quando c’è da fare uno sgarbo a tutto ciò che è americano. Una sola osservazione: si tratta di un gruppetto sparuto di visionari che vivono fuori dalla logica moderna, nella perenne illusione di fare dei danni agli statunitensi. Ecco la lezione: prima di fare i Presidenti, per favore, che imparino a comprendere il senso del loro ruolo istituzionale. A noi sembra che questi piccoli politici non l'abbiano capito e ci pare che siano inadeguati alle cariche che ricoprono. Non è il caso di fare più pubblicità di quella che meritano. Vuol dire che alle prossime elezioni non li voteremo più per manifesta incapacità e inadeguatezza. Tutto qui.

venerdì 28 ottobre 2005


Spettri hitleriani e pretese islamiche.

Uno spettro si aggira per il Medio Oriente. Si tratta di un fantasma che ha assunto le sembianze di uno scellerato individuo che rappresenta uno Stato mediorientale. Si è messo in mente che, per ragioni religiose e/o politiche, lo Stato di Israele deve essere distrutto dalla faccia della Terra. Il malvagio è l'attuale Presidente iraniano che vorrebbe far fuori milioni di cittadini del paese ebraico in nome di una visione politica che ci ricorda quella nazista. Noi siamo contro questo folle progetto e siamo dell’opinione che un individuo del genere deve essere emarginato il più possibile dalla comunità internazionale e, se il caso, il suo paese espulso dalle Nazioni Unite. Francamente non se ne sentiva il bisogno. Purtroppo, i cattivi che seminano odio sono sempre dietro l’angolo e spuntano fuori quando meno te lo aspetti. Come hanno potuto gli iraniani eleggere un individuo così turpe? La ragione è semplice. E’ difficile che i politici islamici posseggano la capacità di agire secondo le regole occidentali, cioè secondo la concezione del rispetto dei valori della carta dei diritti dell’ONU. La questione è di difficile risoluzione fintantoché la comunità internazionale non adotta strumenti di emarginazione concreta come in precedenza è stato fatto con la Libia che in questo caso sono indispensabili. E’ francamente inaccettabile che nel 2005 ci siano responsabili politici di Stati che ragionano in questi termini. E poi i musulmani si chiedono perché la comunità occidentale ha delle riserve su alcuni di loro. Sfido! Con questo modo di ragionare dovremmo accettare il genocidio! Ma si può continuare a vivere così?

mercoledì 26 ottobre 2005


Ancora sulla polemica Cofferati-Bertinotti sulla legalità.

E’ sconfortante apprendere che dopo 37 anni dal ’68, in Italia, c’è un partito politico dell’estrema sinistra che dice di credere nei valori costituzionali ma sceglie la via della polemica politica contro il Sindaco di Bologna, reo di credere nella legalità e di imporsi nel Consiglio Comunale per realizzare il suo progetto di città che rispetta la legge. Cose da non credere. Anzi. Cose di cui vergognarsi. Povera Unione se deve fare accordi con questi cialtroni che se la prendono con un Sindaco che dà lezioni di civiltà. Consigliamo al compagno Bertinotti di leggersi il libro a fianco indicato.

lunedì 24 ottobre 2005


Bologna: caso legalità. Aveva ragione Berlusconi.

E’ terribile ma è così. A Bologna sta succedendo qualcosa di grave, di molto grave. La polemica tra il Sindaco Cofferati e i rappresentanti di Rifondazione bertinottiani di dura fede e di altri soggetti della contesa (vedi Organizzazioni no-global, cattoliche e satelliti più o meno filogovernativi, Verdi, ecc…) sta sfociando in una guerra aperta. Il caso si riferisce alla decisione del Sindaco di Bologna di far rispettare la legalità (decisione saggia) a questa galassia di soggetti riottosi, anarchici che ritengono di avere il diritto di opporsi (decisione dissennata) alla decisione del Comune circa il rispetto della legge e delle norme relative agli immigrati clandestini. Diciamo che prima o dopo questa grana doveva scoppiare e, come abbiamo accennato nel titolo, Berlusconi aveva ragione quando disse che il problema dell’estrema sinistra al governo sarebbe stato un problema per il centrosinistra. La difficoltà nasce quando si tenta di fare accettare ai rifondaroli le leggi che escludono la possibilità di chiudere un occhio nei riguardi degli immigrati clandestini. I rifondaroli devono fare ancora molta strada per imparare l’abc della legalità. Che studino!

domenica 23 ottobre 2005


Politica e omicidi: un intreccio perverso

“Vi saluto piangendo per l'uccisione violenta di una scuola, l'Istituto Tecnico Industriale, in cui ho insegnato per 28 anni e in cui continuo a credere nonostante il suo carattere sia molto cambiato da quando l'ho lasciato 9 anni fa e deprecando l'insipienza autolesionistica di certi organismi che a quanto pare ignorano anche i loro stessi interessi”. E' la dichiarazione sconfortante di una docente che ha insegnato nella scuola tecnica per molti anni. La ragione è l'entrata in vigore della riforma Moratti che ha deciso la chiusura di queste scuole e la loro sostituzione con scuole insulse, inutili, che produrranno una ulteriore fonte di giovani ignoranti votati alla disoccupazione. Poche considerazioni necessarie per illustrare il senso della realtà della scuola di oggi così come si presenta agli occhi di un osservatore. Diciamo subito che ad essere stata uccisa non e' una tipologia di scuola (vedi ITIS) ma l'INTERA scuola. Gli assassini non sono solo qualche insegnante fidato, qualche Dirigente scolastico compiacente, qualche Ispettore filogovernativo, qualche Dirigente Generale in odore di candidarsi nelle file del centrodestra o il centro studi della Confindustria montezemoliana. No. La scuola intera italiana è stata uccisa dal potere politico, di centrodestra e di centrosinistra a cui vanno tutte le responsabilità. Cioè dal paese tutto che ha sempre considerato la scuola il terreno ideale di scontro delle proprie ideologie, ormai fuori tempo. Chi ha perduto siamo noi, i nostri figlie e gli italiani tutti. Cosa sarebbe necessario fare per diminuire questa folle corsa all'autodistruzione? Far ritornare un po' di buonsenso e di serietà nel prossimo governo. Rimboccarsi le maniche e ripartire da zero. Con molta modestia e molto pragmatismo, lasciando a casa i voli pindarici delle grandi affermazioni pedagogiche e i soliti stereotipi post-sessantotteschi. La scuola deve ritornare agli insegnanti, a coloro che insegnano, che hanno responsabilità concrete nel processo di educazione e lasciamo a casa i grandi intenti legislativi che a questo punto devono cedere il passo ai propositi di base.

venerdì 21 ottobre 2005



Mutazione genetica e cambiamenti politici.

Non ci piace fare critiche agli uomini politici e ai partiti che realizzano programmi elettoralmente adeguati alle promesse fatte in campagna elettorale. Tuttavia, dobbiamo fare un'eccezione nei confronti del partito dell’On. Fini. Siamo rimasti di stucco in questi ultimi anni nel vedere il partito di Alleanza Nazionale cambiare pelle e politica, come quando si cambia colore dal nero al grigio edulcorando le idee per nascondere le profonde trasformazioni che si sono effettuate sugli ideali della politica di destra. Credevamo che i cambiamenti avvenuti nel partito di Fini e dei “ragazzi” che lo circondano (La Russa, Gasparri e compagnia bella) fossero di crescita sul piano della politica come la si intendeva una volta. Invece, che tristezza vedere messa in atto una colossale mutazione genetica che ha trasformato il partito ex-MSI di destra-destra in una cozza acefala centrista, filoberlusconiana fino alla nausea, senza testa e senza colore. Schiacciati sulle posizioni populiste di Silvio Berlusconi gli ex-delfini di Almirante hanno perduto la caratteristica che li contraddistingueva in precedenza: la patria, il valore nazionale, l’unità politica del paese e, soprattutto, la capacità critica di inseguire il sistema e criticarlo negli elementi meno valoriali che lo contraddistinguevano nelle continue virate che esso ha fatto verso lidi politici sempre di sinistra. Il MSI era un partito legato al passato regime fascista, non in grado di governare per le sue posizione oltranziste in politica nazionale ed estera. Fu un partito carico di memoria storica e di immagini suggestive dovute al nazionalismo più esasperato. E’ vero. Ma era un partito che su questi “valori” non scherzava. Si può dire di tutto contro quel partito di estrema destra ma si era certi che i politici di quella ideologia avrebbero combattuto con impegno battaglie non solo parlamentari contro tutte le storture che avessero solo minimamente accennato al tentativo di produrre la rottura dell’unità nazionale. Mai avremmo pensato che il dott. Fini avesse potuto svendere il valore nazionale della Costituzione per un piatto di lenticchie datogli dal Senatore Bossi, ex secessionista mancato. Fa male sul piano dell’immagine e delle scelte politiche vedere una soldataglia di questo tenore insistere di far finta che il partito di AN abbia portato a casa un "enorme successo" politico dovuto alla cosiddetta clausola dell’“interesse nazionale” presente nella riforma costituzionale. A nostro giudizio è stata una pessima commedia che ha chiarito una volta per tutte la finzione che stanno recitando tutti i partiti di centrodestra che hanno come Capo quel Silvio Berlusconi che è responsabile di avere fornito, con la legislazione contro i giudici, strumenti giuridici favorevoli alla delinquenza criminale per evadere le loro responsabilità. Ahi, povera destra nazionale! In questo momento l’ex capo Almirante si starà rivoltando nella tomba, che poi non è nient'altro che la tomba delle loro idee politiche.

sabato 15 ottobre 2005

La sfacciataggine non ha limiti.

Evidentemente ci eravamo sbagliati. Credevamo che i Ministri della Repubblica fossero persone equilibrate e misurate nella loro attività di pubblicizzazione delle leggi fatte approvare in Parlamento. E in verità il detto funziona per tutti tranne in un solo caso: il Ministro della Pubblica Istruzione Moratti che, in questa rappresentazione, è una novità assoluta. Da tempo si leggono sui giornali interviste a mitraglia da parte di questo iper-ottimista Ministro. Sembra che il suo atteggiamento fiducioso resista a qualunque attacco. E infatti Lei, l’imperterrita Letizia, animata da spensieratezza e felicità, dispensatrice di contentezza e di fiducia, conferma fino alla noia che ha risolto definitivamente una volta per tutti i gravi problemi della scuola italiana. Laddove tutti i suoi predecessori hanno fallito, lei ha vinto alla grande. Evidentemente questa donna è straordinaria: ci ricorda i kamikaze giapponesi, che consideravano una vittoria il loro suicidio. A sentire Lei, superministro dell'ottimismo e della volontà, la sua Riforma è un inno al buon esito del suo lavoro: ha risolto tutto quello che c’era da risolvere. Dal bilancio all’organizzazione, dalla trasformazione dei precari in docenti stabilizzati al consolidamento della dirigenza scolastica (trasformando i presidi in dirigenti a tutti gli effetti); dalla previsione dei bilanci che prima non esistevano all’ampliamento dell’offerta formativa; dalla trasformazione dei curricoli superati e obsoleti di prima ai curricoli moderni e funzionali di oggi; dalle cattedre assegnate in anticipo ai docenti all’eliminazione del precariato e via di seguito, è tutto un inno di lode per il suo lavoro. Peccato che gli studenti italiani siano diventati molto più ignoranti di prima sia nelle materie umanistiche e, peggio, in quelle scientifiche e che gli esami di stato siano diventati una autentica pulcinellata: si promuove circa il 99% dei candidati. Possibile? E' proprio così. In pratica vengono promossi tutti! Peccato che gli insegnanti siano stati trasformati da professionisti in impiegati e che mentre prima avevano prestigio e autorevolezza adesso sono diventati baby sitter degli studenti nelle aule. Peccato che prima a scuola si insegnavano programmi completi e significativi mentre adesso gli studenti di ultimo anno non sanno neanche scrivere e parlare correttamente. Peccato che prima gli studenti leggevano montagne di libri prima di terminare gli studi secondari mentre adesso non leggono neanche un libro. Peccato che prima gli studenti imparavano ad accettare i regolamenti, i codici di comportamento ed erano "personcine a modo" mentre adesso sono giovani che non sanno neanche cosa significhi educazione. Peccato. Peccato. Peccato. Diciamo piuttosto come stanno veramente le cose, anche se per il Ministro tutto funziona, la realtà è un'altra. La scuola della Moratti è la scuola delle chiacchiere, delle verbosità, dei grandi proclami universali e dei giganteschi paroloni pedagogici, vacui, inutili e controproducenti. Questo modo verboso e retorico, tipico delle grandi enunciazioni di intenti berlusconiani, tutto centrato sulle dichiarazioni di principio che anticipano la mancanza di azioni che non si verificheranno, è sempre seguito dall’inconsistenza, dalla mancanza di praticità e dalla totale assenza di operatività. Dunque, l’aspetto fondamentale della questione è che con la riforma Moratti cambia la facciata, fioccano i proclami ma la sostanza non cambia. Non cambiano i comportamenti degli insegnanti perché non cambiano i comportamenti dei dirigenti e quando cambiano, per qualche preziosa coincidenza, mutano solo nella forma. In pratica, fanno peggiorare i risultati, mai li migliorano. Il proliferare delle circolari interne, l’insistere sulla realizzazione dei progetti a danno del programma, in verità nasconde il vuoto e l’assenza di capacità di dare alla scuola efficacia di apprendimento adeguato. Tutti cercano il proprio tornaconto: dai docenti che hanno paura di richiedere agli studenti impegno e studio ai dirigenti che non vogliono fastidi. Caro Ministro, ad essere sempre ottimisti si rischia di prendere lucciole per lanterne. Ma tant’è, con quel super ottimista capo di governo che si ritrova al suo fianco nella sala del Consiglio dei Ministri, come cattivo maestro, anche Lei ha imparato a scambiare la buona gestione della scuola con l’impossibilità di poter comprendere se una scuola funziona o meno. A quando l’ultimo tassello del suo progetto relativo alla sua sicurezza di aver trasformato i nostri studenti in premi Nobel?

domenica 9 ottobre 2005


Politica inaccettabile.

Continua e persiste con maggiore intensità la polemica tra i due schieramenti politici. Dal linguaggio ai toni, dai contenuti ai metodi, la strumentalizzazione politica e la menzogna sistematica la fanno da padrone. Il centrosinistra sbaglia a cavalcare il populismo e il centrodestra commette lo stesso errore nel tentare di rispondere alle accuse con giustificazioni debolissime e semplicistiche. Il fatto è che la classe politica italiana è sempre più incapace di gestire la straordinaria richiesta di principi morali e di professionalità che i politici di entrambi gli schieramenti dovrebbero avere. Ma non vogliamo e non dobbiamo porre sullo stesso piano i due modi di intendere la politica dei due schieramenti. La politica del centrosinistra è insufficiente sul piano dei contenuti, perché poco riformista. La politica del centrodestra è inadeguata sul piano dell’etica perché generata da un colossale conflitto di interessi. Così per colpa di queste insufficienze l’Italia va alla deriva. Che sfortuna. Avremmo preferito essere governati da popoli differenti da questi mariuoli. Abbiamo ciò che meritiamo. Putroppo.

mercoledì 5 ottobre 2005


Sono tutti impazziti.

Poche parole per evidenziare come la politica italiana, in questi ultimi mesi del 2005, sta facendo rivivere una atmosfera cupa di impazzimento generale. Tutti contro tutti. In un periodo di crisi economica, persistente e grave, la politica invece di unire gli italiani per cercare di limitare i danni produce spinte centrifughe in cui al centro dell’interesse spunta fuori un “non problema” assolutamente imprevedibile alcuni mesi prima: la riforma della legge elettorale. Siamo sinceri, ma cosa ha a che fare il cambiamento della legge elettorale con la crisi economica e finanziaria? Nulla, non c’entra un fico secco! La si tira fuori perché questi politici di centrodestra hanno perduto la bussola e non sanno più cosa fare. Non riescono più a comprendere cosa interessa agli italiani e cosa sarebbe necessario fare in questi momenti di forti difficoltà. Attualmente, la risposta più efficace sarebbe quella di stringere la cinghia e coinvolgere in Parlamento l’opposizione per trovare rimedi adeguati in modo da aiutare tanti milioni di italiani che stanno sempre peggio. Servirebbe tanta unità e un profondo senso di solidarietà. Invece litigano su tutto: centrodestra contro centrosinistra, capo del governo contro capo dell’opposizione, mezze figure di uno schieramento contro mezze figure dell’altro. Ma questa è politica oppure è incapacità di aiutare il popolo, ovvero la gente comune, i pensionati e i senza lavoro che vivono sempre peggio? Al lettore dire se stiamo dicendo stupidaggini o meno. Intanto registriamo questa dappocaggine a governare bene.

martedì 4 ottobre 2005

Questione sepoltura boss della Magliana nella chiesa di Sant’Apollinaire: una decisione all'insegna del più classico equilibrismo cardinalizio.

Il capo della banda della Magliana rimarrà sepolto nella bellissima e importante basilica di S.Apollinare, nonostante la sua vita non si possa dire di essere stata autenticamente cristiana. Lo ha deciso, con una dose massiccia di equilibrismo linguistico, il Vicariato di Roma che ha stabilito in “non dovere a procedere” per cambiare la sistemazione del bandito romano che resterà sepolto dove attualmente si trova, cioè in una basilica, come un Papa. Una sola considerazione: il livello di sfrontatezza della Curia romana nel far finta di nulla ha raggiunto limiti insopportabili.

venerdì 30 settembre 2005


Dal paradossale all'umiliante: in azione il "Consiglio Superiore della Banca d’Italia".

L’unico organismo che può licenziare il Governatore della Banca d’Italia si chiama “Consiglio Superiore della Banca d’Italia”. E’ formato da individui di cui si sconoscono i meriti, probabilmente amici del Governatore, ovvero suoi esecutori, verosimilmente colleghi di vecchia data, in fin dei conti compagnucci della parrocchietta come diceva Alberto Sordi. Insomma, dirigenti di Alto Rango, frequentatori di stanze di velluto, legati alla figura del Governatore da chissà quali interessi, amicizie e cose del genere. Bene. Che fa questo organismo? Si riunisce in maniera ordinaria per decidere di dare solidarietà al Capo. Pensate un po’ alla situazione ridicola: ma ve lo immaginate un Consiglio Superiore della Banca d’Italia che si riunisce per decidere di sfiduciare il Governatore? Ma via, siamo seri! Il paese ha perduto più del 90% della credibilità finanziaria internazionale, il governo in blocco ne chiede le dimissioni, l’opposizione altrettanto e il Consiglio Superiore della Banca d’Italia che fa, lo accomiata? In duecento anni di Regno d’Italia non si è mai vista una cosa del genere! Lui, il conoscitore di S. Tommaso, il frequentatore dei salotti bene di Frosinone, l’habituè dei cenacoli cattolici frequentati dalle Loro Eminenze, che fa si dimette? Mai! Incollato alla sedia fa finta di niente. Mai visto nulla di simile. Dunque, le norme che regolano l’esercizio di questo organismo sono tragicomiche. Il minimo che si dovrebbe fare è cambiarle immediatamente. Ma la questione centrale è un’altra. Ma come vive un Governatore sfiduciato da tutti tranne che da questo organismo di pochi elementi fidati? Cosa pensa e come crede di essere giudicato dagli altri? Ci vuole una fortissima dose di spudoratezza per fare come il Governatore. Cioè, far finta di niente! E intanto la legge sulla riforma che prevede un mandato a termine del Governatore latita. Piove, governo ladro!

giovedì 29 settembre 2005


Mediocri esternazioni di personaggi che farebbero meglio a tacere.

Il Prof. Renato Brunetta, noto economista del partito di plastica del Presidente del Consiglio Berlusconi, ha esternato il suo pensiero circa la nomina dei due Senatori a vita effettuata recentemente dal Presidente della Repubblica. Il responsabile del programma del partito di plastica Forza Italia ha detto che il Presidente Ciampi avrebbe dovuto nominare Senatore a vita il grande Mike Buongiorno, l’uomo che ha inventato la televisione per gli italiani e che ha avuto il merito di produrre cultura in Italia. Subito dopo si è chiesto chi fosse questo Giorgio Napolitano che ha meritato tanto onore senza averne i titoli. Questi i fatti. E veniamo alle opinioni. Noi in altri tempi (2.6.04) su questo sito abbiamo difeso Mike Bongiorno da attacchi superficiali prodotti da forze politiche maldestre. Ma da qui ad accettare la proposta del prof. Brunetta di nominare addirittura "Senatore a vita" lo sgrammaticato Mike nazionale, diciamo la verità, ci corre molto. Dunque, abbiamo tutti i titoli per giudicare giusta la scelta del Presidente Ciampi di premiare l’ex Presidente della Camera Napolitano. Abbiamo altresì qualcosa da dire all’europarlamentare del partito di plastica di Forza Italia. Forse sarebbe stato meglio tacere piuttosto che parlare male di una personalità come Giorgio Napolitano. Certe volte il silenzio è d’oro.

martedì 27 settembre 2005


Fatta la legge, trovato l’inganno.

I fatti e la realtà sembrano tramare contro il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La ragione è che non passa giorno in cui non si contano le possibilità di parlare di lui sui giornali per mille e un fatto. Questa volta parliamo della sentenza di assoluzione del Tribunale di Milano circa il reato contestatogli di “falso in bilancio”. Sia chiaro, nulla di personale. Ma non si può tacere un fatto così eclatante che lo interessa dalla testa ai piedi. Indagato per anni per il reato di falso in bilancio, com’è noto, il Presidente del Consiglio ha trovato una strada per evitare la condanna: si è fatto fare in Parlamento, con la sua maggioranza bulgara, una legge ad personam. Il reato si è semplicemente volatilizzato. Non esiste più. E’ svanito, scomparso, si è dissolto nel nulla. E’ come se non fosse stato mai esistito nel codice penale. Pertanto, Silvio Berlusconi ce l’ha fatta! E’ stato dichiarato innocente da un tribunale perché ai sensi della nuova legge il reato di cui era incriminato non esiste più. Furbacchione il nostro Silvio nazionale. E' riuscito a cambiare “da sé” la legge ed ha eliminato dal codice penale il reato. Avete capito che il fatto è eccezionale. Praticamente siamo riusciti a trasformare in un solo colpo la Repubblica Italiana in una Repubblica delle banane. E’ inutile far finta di niente: siamo alla frutta. C’è di che vergognarsi! O no?

lunedì 26 settembre 2005


Il Circo Fiacca è completo.

Dunque, ci siamo. Il centrosinistra con l’accordo tra radicali e socialisti è al completo. Ci sono tutti. Comunisti, Socialisti, Radicali, Verdi, Cattolici, Laici, Riformisti, Massimalisti, ex-Democristiani, ex-Socialdemocratici, ex-Liberali, Democratici, Marxisti-Leninisti, Popolari ed Altri. Una confusione in più. Ma era necessario far entrare Mister Pannella? Personalmente siamo dell’opinione che il Sig. Capezzone et Company sono estranei all’Unione. Ma ormai siamo entrati nelle patologie psicopatiche, cioè della imbecillità morale. Fate voi.

domenica 25 settembre 2005


Che figura!

Marasma economico, rozzezza politica, paralisi delle istituzioni, caduta morale, scarsità etica. Ecco una immagine completa e purtroppo veritiera della situazione dell’Italia del 2005. Si tratta di una immagine penosa e confusa che il nostro Paese dà al mondo esterno, senza che nessuno dei politici del governo abbia il coraggio di riconoscere che "stiamo messi molto male". Fanno finta di niente e mentono spudoratamente. Che pena!

venerdì 23 settembre 2005


Trasformismi e giravolte.

A proposito delle primarie nel centrodestra, circolano sui giornali articoli inerenti ai candidati che si iscrivono alla corsa, come Giorgio La Malfa e il suo sedicente “Movimento per la Repubblica”. Ma la notizia che maggiormente irrita è quella che riguarda Carlo Scognamiglio, che simpatizza per Mario Segni. Non abbiamo nulla contro Mario Segni. Invece abbiamo qualcosina da ricordare al Prof. Scognamiglio. Ricordiamo male quando affermiamo che questo finto Rettore di una Università privata, come la Luiss, fu nominato Presidente del Senato con il primo governo Berlusconi al posto dell’On. Spadolini? Ricordiamo male quando, tutto pimpante, accettò la seconda carica dello Stato e fece morire di crepacuore quel fior di gentiluomo che fu il Senatore Spadolini? Se non ci sbagliamo ci permettiamo di consigliare al Prof. Scognamiglio di rimboccarsi le maniche e far crescere la serietà dell’Università Luiss e lasciare il trasformismo italiano per riciclarsi con il centro-sinistra. Ne va della sua reputazione.

giovedì 22 settembre 2005


Si è dimesso il Ministro del Tesoro Domenico Siniscalco.

Perché? Per un nuovo miracolo berlusconomico italiano!

mercoledì 21 settembre 2005


La vera integrazione passa per le scuole statali italiane.

La chiusura della scuola islamica di Via Quaranta a Milano ha sollevato un’ondata di polemiche, di interrogativi e di riflessioni sul problema, sempre attuale, dell’integrazione tra culture diverse. Non ci sono dubbi che per realizzare un autentico clima di integrazione sono importanti il dialogo e la tolleranza. Tuttavia, integrazione non significa accettazione remissiva del ricatto dei genitori dei giovani che vogliono imporre un modello di scuola estraneo alla cultura italiana e fuori dal modello educativo riconosciuto dalla nostra Costituzione. Dunque, è necessario far comprendere a questi genitori che il modello scolastico “fai da te” non è accettabile. Si segua la strada maestra della vera e autentica integrazione costringendo, come la legge prevede, che tutti i giovani che vivono sul suolo italiano devono obbligatoriamente seguire la scuola statale insieme ai loro coetanei italiani. Solo così i figli degli immigrati saranno in futuro cittadini di serie A in possesso degli strumenti culturali in grado di farli diventare protagonisti della vita civile del nostro paese. Ai tentativi di creare singolari e pericolose scuole coraniche si deve rispondere chiaramente e senza indugio che l’unica strada praticabile è quella della convinta e concreta integrazione fra le culture. Ai cani sciolti che si accodano sempre ai fondamentalisti di tutte le confessioni una sola risposta: l'ideologia deve rimanere fuori da questa storia.

sabato 17 settembre 2005


Abbiamo osato troppo.

E’ quanto è avvenuto e sta avvenendo sotto gli occhi di tutti. La legge sul sequestro dei motorini e l’altra sulla detrazione dei punti dalla patente agli automobilisti incivili che violano le norme, stanno producendo effetti che dire eccezionali è poco. Pensate che questa legge, che sta avendo uno straordinario potere di deterrenza, ha già prodotto effetti desiderati di notevole efficacia producendo come conseguenza una caduta delle violazioni delle norme vicino al 50%. Ma cosa si sta verificando? Incredibile! Invece di continuarne l’applicazione si dice che questa legge è troppo rigida e che le sanzioni sono esagerate. Dunque, si ritorna indietro, ammorbidendola. E’ come dire che siccome abbiamo avuto successo, dobbiamo toglierle validità. Si sta privando la legge del pungiglione con il quale pungeva il cittadino scorretto e disonesto. Morale? Abbiamo osato troppo. Semplicemente sconfortante! Questa è l'Italietta di oggi.

giovedì 15 settembre 2005

Il viaggio: una gita turistica o qualcosa di più?


Ho letto nel web un resoconto di viaggio relativo alla città di Stoccolma. Ho avvertito subito il desiderio di ringraziare l’autrice per le belle parole scritte e per le gradevoli descrizioni che offre al lettore interessato. Le definirei degli straordinari colpi di pennello in un quadro che mostra un paesaggio artistico in grado di provocare intense emozioni.
Queste poche e semplici righe che le ho scritto vogliono pertanto essere il ringraziamento di una persona interessata a seguire il suo stesso percorso di viaggio nella capitale svedese, non foss’altro che per i numerosi consigli che si riescono a dedurre dalla sua interessante narrazione, peraltro fluida e piacevole. Numerosi sono i motivi che mi inducono a dare un giudizio lusinghiero dei fatti da lei narrati con rara perizia. La principale ragione è che la sua iniziativa mi aiuterà (e forse aiuterà anche altri potenziali viaggiatori) a organizzare, tra qualche mese, il viaggio a Stoccolma con maggiore serenità, consapevole di avere la fortuna di seguire un itinerario già sperimentato da altri. Questo mi dà sicurezza. Al contrario di lei, e con un po' di temerarietà, io viaggio sempre da solo, peraltro con un vocabolario limitato di parole della lingua del luogo e con una conoscenza scolastica dell'inglese. Dunque, sono costretto a programmare i miei viaggi con molto scrupolo e precisione per non commettere errori imperdonabili di cui in seguito potrei pentirmene.

Tra l’altro, ho programmato da molto tempo la visita a Stoccolma, perché ho deciso di visitare tutte le capitali dei venticinque paesi dell’Unione Europea. Scontate quelle di Parigi, Londra, Vienna, Berlino, Madrid e Lisbona effettuate da tempo, da cinque anni programmo la visita di almeno due capitali all’anno. Ho appena concluso il piccolo tour delle metropoli dell’est europeo (Budapest, Praga, Varsavia, Bratislava) ed ho deciso che è venuto il momento di affrontare il magnifico blocco scandinavo (Stoccolma, Copenhagen ed Helsinki). Oslo e Reykjavik sono stati da me attualmente ignorati per ragioni politiche, in quanto non appartengono all'Unione Europea. So che la mia decisione è opinabile e molti non sarebbero d’accordo con il mio modo di ragionare. Ma ho stabilito queste priorità perché le mie decisioni sono il frutto di un vissuto personale all’insegna di un’idea di Europa che per anni ho avuto in mente come il risultato di un legame profondo fra i suoi popoli, dovuto a cultura, politica condivisa, storia, tradizioni e amore per ciò che di bello questo continente è riuscito a produrre nel corso della sua storia.
Si sarà capito, pertanto, che il viaggio che sto programmando non riguarda soltanto il prendere un aereo, arrivare in albergo e pranzare in alcuni ristoranti caratteristici del luogo, assaggiando qualche pietanza locale, con qualche visita a un museo sui generis. In realtà, io sono alla ricerca di emozioni. Mi interessano le suggestioni che producono in me la visione di luoghi che nel mio immaginario costituiscono la ragion d’essere dei miei viaggi. Nelle mie vacanze di studio sono interessato alla storia del paese, ai miti, ai valori, alle sensibilità della popolazione autoctona che vive in quei luoghi da sempre. Insomma, alla cultura della gente che vi abita, che è fatta di mille piccole abitudini e di minuscole grandi cose che per me hanno un valore enorme. Viaggiare, a mio giudizio, significa osservare, sforzarsi di comprendere, spesso con difficoltà, mai in maniera facile e, alcune volte, non riuscendovi. Significa studiare, leggere libri e manuali, crescere con la conoscenza dei popoli visitati, amare gli altri con l’abitudine alla diversità, partecipare ai mille usi della gente del luogo, in una parola vivere. Paul Morand, il grande narratore di viaggi che viaggiò in tutto il mondo nel secolo scorso, ha detto una bella frase, e se non ricordo male afferma che: “quando torniamo da un viaggio ci domandiamo se è la Terra che si è rimpicciolita o se siamo noi che siamo cresciuti”. E visto che è impossibile che il nostro pianeta abbia cambiato dimensioni nel poco tempo necessario per il nostro viaggio è ovvio che siamo stati noi ad essere cresciuti come conseguenza del viaggio. Spesso non ce ne accorgiamo ma dentro di noi avvengono cambiamenti, anche piccoli e impercettibili, ma avvengono e, prima o poi, si faranno sentire. Morand aveva ragione. In realtà i viaggi ci arricchiscono e ci fanno crescere. E Carlo Goldoni, il grande commediografo veneziano, ha ribattuto: “chi non ha mai viaggiato è pieno di pregiudizi”. Sono d’accordo. Chi non ha mai viaggiato è una persona dall’orizzonte ristretto, chiuso, inadeguato. Non capisce la realtà e i cambiamenti che avvengono nella vita di tutti noi, anno dopo anno. Il viaggio permette di riposizionare i nostri canali di apprendimento e di conoscenza all’interno di un orizzonte d’incontro e di crescita individuale che è conseguenza dell’allargamento della nostra visuale dovuto al viaggio. Esplorare una città, guardare attentamente gli elementi di cui essa è costituita, osservare i ritmi di vita, le strade più o meno affollate, le stranezze della loro vita, rappresenta pertanto una autentica filosofia di vita. Oscar Wilde soleva ripetere che "c'è solo una cosa peggiore del viaggiare, ed è il non viaggiare affatto". George Bernard Shaw, invece, soleva dire: I dislike feeling at home when I am abroad, cioè “non mi piace sentirmi a casa quando sono all'estero”. Ecco la ragione per la quale non ho mai mangiato un solo piatto di spaghetti all’estero. Nei paesi stranieri in cui vado mi alimento con piatti rigorosamente del luogo. E in esse, in quel momento, mi identifico. Mi piace ricordare a me stesso prima, che agli altri, che la concezione che ho del viaggio è fondamentalmente di crescita personale per mezzo dell’avventura. Si, perché ogni viaggio è un’avventura. E’, in altre parole, un tentativo di esplorazione di ambienti, culture e panorami di senso a noi prima sconosciuti, mai sperimentati. La distinzione tra il banale turista e l'intrepido viaggiatore, che è vecchia di secoli, sta tutta qui. Decidendo di viaggiare, stabiliamo da noi e secondo la nostra visuale, i nostri vissuti. E a partire da quel momento andremo incontro a cambiamenti, perché questo è il viaggio, almeno nelle mie intenzioni. Un assoluto bisogno di diversità, che di per sé ha il significato di sviluppare una disposizione preventiva a un atteggiamento critico nei confronti del proprio modello di vita, e dunque la possibilità che il viaggio e gli incontri che faremo, ci modifichi.
Sono interessato a visitare i luoghi caratteristici delle città dove sono avvenuti eventi storici e politici importanti nella vita degli indigeni, che al turista distratto magari non esprimono nulla ma che per me sono la parte più interessante del viaggio. Mi interessa osservare la gente normale nei luoghi più comuni e frequentati delle città (mercati, autobus, negozi alimentari, ecc..), le loro consuetudini e i loro stili di vita. Fuori dal cliché turistico mi piace immaginare la vita tra le mura della città rievocata da “frantumi di annali e di vecchie riviste illustrate, vecchie canzoni da fiera e leggende, immagini di poeti e pittori”. Sono parole di Angelo Maria Ripellino che rendono bene l’immagine che ho io del viaggio. Mi piace prima documentarmi, per quel che è possibile, sulla narrativa, la letteratura, il cinema, la poesia, la musica, l’arte di quel paese che nei secoli ha sviluppato la sua caratteristica di vita e dato “senso” al modo di essere dei suoi abitanti. E se riesco a scoprire o comprendere con le mie sole forze alcuni fatti e aspetti, anche marginali, della vita della gente del luogo mi sento appagato. Mi piace pianificare il viaggio, documentandomi il più possibile sulla destinazione e, se possibile, per eliminare gli imprevisti, intesi qui non come avventura ma come pericolo, conoscere quasi tutto prima di effettuare il viaggio. Sono del parere che è meglio, un viaggio all’insegna del “meno” perché “meglio”, poche cose ma fatte bene, piuttosto che il contrario. Mi interessa riuscire a trasformare il viaggio in un’esperienza di crescita oltre che di divertimento. Spesso ci riesco, alcune volte no. Ma è raro che ritorni deluso. Certo, se ho anche la fortuna di trovare qualche autore italiano di un certo livello che ha pubblicato qualche “diario di viaggio” in grado di suscitare emozioni per il modo di comunicare il modo di vivere di quella città allora mi scopro piacevolmente interessato ad approfondire. L’esempio migliore che posso fare in questo senso è lo straordinario libro di Angelo Maria Ripellino su Praga, il famoso Praga magica. Penso che sia un libro ineguagliabile.

lunedì 12 settembre 2005


Roma, Italia, Unione Europea: estranei in casa?

In Europa ci sono ben venticinque paesi che appartengono all’Unione Europea. Roma è la capitale di uno di questi paesi. Anzi. Roma rappresenta uno dei sei Paesi fondatori dell’Unione ed è una delle poche sedi privilegiate dello sviluppo comunitario perché nei suoi affascinanti palazzi sono stai firmati gli atti ufficiali di quasi tutti i trattati internazionali relativi alla costituzione dell’unità europea. Ci si aspetterebbe, pertanto, che Roma fosse una città con vincoli forti e legami speciali con l’Europa, evidenziati da strutture, simboli e segni di robusta rappresentanza. Nulla di tutto questo. Roma da sempre, per motivi quasi tutti riconducibili a preconcetti e pregiudizi politico-ideologici, è stata attratta da altri paesi, per lo più extraeuropei appartenenti all’area sudamericana o africana. Roma ha legami solidi con altri continenti, ma non con i paesi europei. Ecco il paradosso di questa città. Una cosa inaccettabile. Roma, in poche parole ha sottovalutato e sottovaluta l’importanza dei legami con gli altri partner del nostro continente. Cosa fa questa città per rafforzare i legami con le popolazioni di questo importante continente? Cosa fanno le istituzioni cittadine per conoscere meglio i cittadini dell’Europa e per farci conoscere meglio dai medesimi cittadini? Il Sindaco Veltroni, a nostro parere, ha fatto e continua a fare poco, molto poco in questo settore. Siamo al limite della rimozione totale dell’appartenenza all’Europa. A parte il caso Parigi, che è l’unico caso in cui si nota un adeguato interesse all’apparentamento, con le altre capitali d’Europa c’è il vuoto più assoluto. E’ una pessima cosa. Un vero Sindaco europeo, già da molto tempo avrebbe promosso progetti di miglioramento della reciproca conoscenza. Veltroni finora non lo ha fatto. Perché?

venerdì 9 settembre 2005


Fatti e politica: sempre al limite dell'irrazionale.

Il Ministro dell’Interno ha espulso l’Imam di Torino, motivando il provvedimento con il pericolo dell’associazionismo terroristico. Ha fatto benissimo. Ma tra qualche testolina sinistrorsa si affaccia il dubbio. “E' lecito svegliare alle tre del mattino un cittadino che viene impacchettato e accompagnato all’aeroporto, buttandolo letteralmente fuori dal paese"? Risposta altrettanto sintetica: se si tratta della nostra sicurezza, si, senza alcun dubbio! E chi decide della nostra sicurezza? Certamente non il Sig. Casarini dei centri sociali, ma l’unico individuo preposto per legge alla vigilanza della sicurezza dei cittadini e, cioè, il Ministro dell’Interno. Se a qualcuno non va giù il provvedimento, per favore non la spari grossa e soprattutto non accusi il Viminale di “gestapizzazione”, ma alle prossime elezioni voti lo schieramento avversario. Se vince, il nuovo Ministro farà come vuole lui, se no, accetti la decisione della maggioranza. Così si fa nelle democrazie. Se poi il verde Pecoraro Scanio non è d’accordo e richiama la Convenzione di non so quale po po di capitale internazionale, gli diciamo: meglio un Imam espulso che decine di persone uccise da un kamikaze. E poi un Ministro dell'Interno se prende un provvedimento del genere, qualche appiglio legale ce l'avrà, no?
E dell’apologia di terrorismo denunciata ripetutamente dal giornalista Magdi Allam cosa dire? Tutto sacrosantemente vero. La Magistratura italiana dorme e se la prende con comodo. La questione dell’apologia di terrorismo è delicata e maledettamente pericolosa. E’ necessario essere duri con coloro che giustificano le stragi di innocenti, e deboli con i portatori di dialogo interculturale religioso. Questa dovrebbe essere la norma. Se poi a violare le norme per primo ci sono i gruppettari della sinistra, non è colpa nostra! Noi siamo tra quelli che abbiamo ammirato l’Islam in tempi non sospetti, molti anni fa, cioè in tempi in cui non c’era la moda del corteggiamento dei musulmani per look o per alimentazione. Il cuscus noi lo abbiamo nel sangue, così come abbiamo sempre apprezzato le bellezze della civiltà araba, mentre gli altri si imbevevano di marxismo-leninismo e appoggiavano i terroristi delle brigate rosse. Noi siamo tra quelli che molti anni fa abbiamo detto che era bello se ci fossero stati incontri interreligiosi tra le tre fedi monoteiste dell’Islam, del Cattolicesimo e dell’Ebraismo. Ma si sa, chi dice le cose col cuore e all’inizio, in questo paese, non viene mai ascoltato. Adesso, per antiamericanismo, i magliari della estrema (e non) sinistra riescono a giustificare le stragi dell’11 Settembre a New York e chissà quali altri orrendi delitti commessi ai danni degli americani. Noi non apparteniamo a questa scolorita e disonesta categoria politica. Noi siamo chiari. Tutti gli extracomunitari, non clandestini, possono e devono avere il diritto di diventare cittadini italiani, con l’elettorato attivo e passivo, a una sola condizione: accettare le leggi della Repubblica. Come? Organizzando corsi ufficiali di cultura italiana, facendo studiare chi era Dante Alighieri, quali sono i valori della nostra straordinaria e magnifica Costituzione repubblicana e facendo loro fare degli esami di lingua italiana. Chi supera questi test obbligatori non ha alcun problema. Ecco come si dovrebbe fare in un paese democratico. Certamente non con la demagogia e il populismo dell'estrema sinistra (e non) o con l'inconsistenza di proposte e di idee del centrodestra! Due schieramenti politici che tradiscono, di giorno in giorno, i valori del riformismo e della moderazione, oltre che dell'intelligenza.
E dell’intervento del Cardinale Tettamanzi cosa si può dire? Qui la questione diventa delicata, complessa e di ardua interpretazione socio-linguistico-politico-religiosa. Vediamone molto brevemente i motivi. Intanto per il linguaggio. Si vede subito in azione l’artista della lingua: il manzoniano Cardinale ci sa proprio fare, altrochè! Lui stesso intervistato afferma che: “vede, bisognerebbe davvero continuare ad alimentare una cultura dell’incontro, il più delle volte ci si scontra prima ancora di incontrarci”. Sante parole, e chi non è d’accordo? Sua Eminenza così continua: “esortiamo i fedeli ad essere testimoni del Vangelo attraverso il proprio vissuto e l’esempio, vedi Matteo, non chi dice Signore Signore ma chi fa la volontà di Dio è vero discepolo di Cristo”. Anche qui, chi non può non essere d’accordo? Uno stile diverso, molto diverso da quello dei dirigenti di centrodestra. Ultima affermazione che non possiamo riportare per intero, per ovvi motivi di spazio, è la seguente: “Giusta integrazione come risultato dell’incontro e del dialogo”. Poi ha sorriso ed ha aggiunto rivolto ai giornalisti: “direte che non prendo posizione” e invece no, perché aggiunge una critica al Comune che non ha acconsentito a far continuare la scuola coranica di Via Quaranta. Cosa dire di questa ennesima perla linguistica e pastorale del Cardinale ambrogino? Premesso che abbiamo una idea altissima del ruolo e della persona del Cardinale Tettamanzi, ma un’osservazioncella ci sentiamo di farla. Ci sembra di leggere le parole del dialogo fra il Conte Zio e il Padre Provinciale di memoria manzoniana, al limite tra "il dire" e "il non dire". Chi vuol intendere, intenda.
Altro fatto che ha colpito la nostra attenzione è l'accordo tra la Fiat e la Ford per produrre insieme, pensate un po', nientepopodimenoche la cinquecento! Capite? La nostra grande azienda automobilistica vuole fare concorrenza ai giganti asiatici ed europei con la fiat 500. Mah! E poi dicono che le idee creative è difficile trovarle!
Una nota più che stonata del Sindaco Veltroni ci costringe ad interessarci alla sua ultima uscita. Anche lui ogni tanto qualche cantonata la prende. Vuole creare una rassegna cinematografica a Roma per contrastare il valore della prestigiosa e internazionale rassegna cinematografica di Venezia. Con un solo colpo Veltroni riesce a fare due stupidate! In primo luogo, non si dà un colpo basso alla già malconcia Venezia, che deve contrastare il successo crescente di Cannes, di Berlino e di tante altre rassegne mondiali di cinema. In seconda battuta, diciamo: ma con tanti problemi che ci sono a Roma, come è possibile che un Sindaco intelligente deve distrarre risorse ed energie per stupidate del genere. Faccia funzionare meglio la Nettezza Urbana e i trasporti a Roma! Perché la Sua Capitale è la capitale più sporca d’Europa! Questa è la realtà. Ne poteva fare a meno.
In chiusura, l’ultima sul Governatore Fazio. Dicono che guadagni circa 800 000 € all’anno. Dicono che sia lo stipendio più elevato al mondo per un Governatore. Dividendo per dodici, avremo circa 67000 €/mese. Dicono anche che il Governatore sia uno dei maggiori conoscitori delle opere di S. Agostino. Bene. Con la metà di quello che prende lui, noi leggeremmo S.Agostino dalla mattina alla sera. E saremmo pronti, immediatamente senza opporre alcuna resistenza, a presentare le dimissioni in qualsiasi momento.

mercoledì 7 settembre 2005


Ecco uno dei motivi di inaffidabilità del premier Berlusconi.

Sono diversi i motivi che impongono alle prossime elezioni di non votare questa maggioranza. Si può essere in disaccordo con la nostra critica ma il problema rimane ed è innegabile che rappresenta un fatto ineludibile e maledettamente serio. Si tratta di questo. I primi anni del governo Berlusconi sono stati caratterizzati da un insolito e soddisfacente decisionismo. Lasciamo perdere la bontà delle decisioni prese, ma rimane il fatto che il Capo del governo italiano ha deciso sempre con coraggio, destrezza e velocità. Adesso le cose sono cambiate. Prendiamo il "caso Fazio", per esempio. La delicatezza della questione relativa al Governatore non sta nel tipo di decisione da prendere, ma nella sua immediatezza. Si può tranquillamente discutere se Fazio possa o meno essere giudicato sull’onda delle emozioni del contenuto delle intercettazioni. Non è questo il problema. Ricordiamo che in Italia, ogni cittadino è sempre innocente a meno di una sentenza passata in giudicato, che in questo caso non c’è. Qui non ci interessa dare giudizi su prove di reato commessi dal Governatore Fazio. Qui ci interessa il "fatto politico" che un Presidente del Consiglio ha l’obbligo di prendere una decisione senza tentennamenti quando è in ballo la credibilità del Paese. Ed è qui che cade l’asino. Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei Ministri, non è adatto a rifare il capo del Governo nella prossima legislatura perché non sa decidere. E un politico si giudica anche, se non soprattutto, dalla sua capacità decisionale. Cos’è successo? Semplice. Ieri sera, dopo un vertice ad Arcore, la Lega Nord e il suo capo Bossi, hanno imposto lo stop a qualunque decisione sul Governatore, perché, si legge, la posizione del Governatore aiuta la possibilità di creare una banca del nord. Parole gravi, di cui il Presidente del Consiglio, non ne capisce, ancora una volta, il profondo significato e la forte carica psicologica che esiste nei cittadini di finirla una volta e per sempre con questa stucchevole manfrina. Chi sarà più quel cittadino che si fiderà di un candidato premier abituato a non decidere? Pensiamo che molti italiani lo molleranno per la sua incapacità politica a comprendere i fatti della politica. Succede spesso a chi ha perduto il senso della misura.

sabato 3 settembre 2005


Esami di stato: commedia italiana o farsa?

E’ un dubbio che mi porto appresso da qualche anno. Non riesco a rispondere a questa domanda che inevitabilmente sono costretto a propormi a ogni inizio di anno scolastico, a causa del fatto che devo partecipare a tutta una serie di incombenze che si sintetizzano nella produzione del cosiddetto “documento” relativo agli esami di stato di fine anno. Una serie di lunghe descrizioni da produrre in modo prescrittivo su programmi, linee metodologiche, profilo della classe e tante altre assillanti quanto inutili questioni e implicazioni pedagogiche che ineriscono alla classe quinta di liceo. Sono opportuni? A cosa servono se il 98% degli studenti “supera” gli esami? Tanto vale non fare nulla, e dedicare le energie che vengono assorbite da questo mostro burocratico per destinarle più produttivamente alla didattica. Cercherò di rispondere molto brevemente alla domanda e proporre una serie di considerazioni personali. Sul piano teorico il lavoro di costruzione del documento del 15 maggio ha indubbiamente una valenza pedagogica notevole. Esso si basa sulla descrizione accurata e puntuale delle caratteristiche pedagogiche della classe. Storia della classe, vissuto quinquennale, dati sulla metodologia di lavoro relativa agli apprendimenti, tipologie di verifiche, ecc.. sono informazioni preziose per chi non conosce la classe. Ma per l’intera commissione, che è la fotocopia concentrata del consiglio di classe che ha già valutato i giovani maturandi, da ben tre anni o più, che senso ha fare un lavoro così capillare e approfondito in modo autoreferenziale? Sul piano pratico, il documento è assolutamente inutile. Non ha senso. Non viene letto da nessuno e rimane la, nella polvere di un archivio, per alcuni anni. Dopodiché, al macero. E allora? Che senso ha perdere tempo e fatica? Perché questo eccesso di formalismo inutile quanto donchisciottesco? Parte da qui l’esigenza di affrontare la cosiddetta “madre di tutte le domande”. Eccola. Esiste o meno nella scuola italiana un mostro di burocrazia, il burocrantosauro, che toglie vigore agli insegnanti, distraendoli dal loro lavoro istituzionale, che è e rimane l’insegnamento disciplinare? Ma partiamo dall’inizio. L’esame di stato, ex maturità, è una consuetudine che ormai sopravvive solo in virtù di un articolo costituzionale. Attualmente, nell’anno 2005, non solo rappresenta una inutile e banale presa in giro, ma ha assunto anche aspetti preoccupanti e inquietanti. In primo luogo è inutile, nel senso etimologico della parola, perché non certifica alcuna competenza e promuove praticamente tutti i candidati (quasi il 98%), compresi gli asini. Il 2% rimanente esiste perché ci sono candidati che non si presentano alle prove, oppure che tentano assurdi passaggi e salti di classe. In caso contrario i promossi sfiorerebbero il 100%. In secondo luogo è scontato perché di anno in anno, in maniera subdola e ingannevole, il rito si è trasformato da un esame vero e proprio a una commedia in cui i protagonisti, sei insegnanti della classe e tutti gli studenti, recitano un copione che prevede la simulazione di un esame e nient’altro. E’ una presa in giro perché appena un mese prima la stessa commissione, questa volta in veste di consiglio di classe, con i medesimi insegnanti, ha proceduto ad ammettere tutti allo pseudo-esame. Non si capisce perché gli stessi insegnanti, che appena qualche settimana prima hanno promosso tutti dovrebbero, dopo una ventina di giorni circa, bocciarne qualcuno (pardon, si dice ipocritamente “non promosso”). In terzo luogo è allarmante perché si susseguono notizie confermate da dichiarazioni di tutti i protagonisti (insegnanti e studenti) che le prove sono inquinate dal fatto che sono gli stessi insegnanti, spesso in modo fraudolento, ad aiutare gli studenti, compromettendo in modo irreversibile la serietà dell’esame stesso. Ma, infine, è pericoloso e pernicioso perché gli studenti, da questa commedia farsesca, traggono una morale: la mancanza di serietà degli insegnanti e della scuola che non svolgono correttamente il loro lavoro e tradiscono il loro ruolo di valutatori seri e oggettivi. Infine, gli studenti traggono una sola morale: è inutile che ci si dimena tanto, alla fine, le cose “si aggiustano”. Ecco un caso lampante che mi è successo personalmente. Tre anni fa il mio dirigente mi nomina in una classe di terzo scientifico. I primi giorni inizio un lavoro diagnostico per comprendere quali sono le condizioni di ingresso degli studenti. Mi accorgo che il livello d’entrata è variegato ed eterogeneo. Mi colpiscono due studenti, i peggiori, che non sanno scrivere in corretto italiano.
Faccio un giro orale di chiacchierate e la tesi della irresponsabile loro promozione acquista ulteriore conferma perché entrambi non sanno né organizzare un discorso, né articolare oralmente un minimo di rielaborazione corretta sintatticamente. Faccio loro leggere mezza paginetta del libro e mi rendo conto non solo che non sanno leggere, ma addirittura che non capiscono quello che leggono. Siamo al limite della decenza. Insomma una frana. Mi rimbocco le maniche, organizzo un corso di recupero per dare loro un rinforzo alle lezioni antimeridiane. In poche parole seguo il loro sviluppo nell’intero triennio. Sono promossi sempre con debito ogni anno (lasciano solo Matematica e Fisica con tre). Incredibile ma vero sono giudicati positivamente in tutte le altre materie, dico tutte le altre, compreso l’italiano. I due studenti in questo triennio ne combinano di tutti i colori. Note disciplinari a ripetizione sul registro, comportamento inaccettabile con alcuni docenti, assenze strategiche e programmate che sfiorano il 30% dell’intero monte annuale, totale impreparazione e atteggiamento provocatorio per tutto il triennio. Esami di stato superati col minimo, ma superati. Vorrei subito sgombrare il campo dalla mordacità dicendo subito che è possibile che in molte scuole del territorio della Repubblica l’esame è serio. Quello che non mi sento di dire è che in tutte le scuole il lavoro delle commissioni è adeguato e corretto. Questo lo escludo categoricamente perché ogni scuola è un universo a sé, pieno di furbi (la maggior parte) e di persone serie ed oneste (poche). Com’è noto, questa situazione si protrae dal ‘97, con l’allora ministro Berlinguer, che ha introdotto per primo la novità della ammissione per tutti agli esami e della certificazione delle competenze senza la riforma dei curricoli (quindi senza sapere quali siano le competenze da certificare) e la modificazione della commissione in metà interna. Successivamente, la riforma Moratti che, per esclusive ragioni economiche, ha completato il fallimento confermando la composizione tutta interna della commissione, con il solo presidente esterno (inutile).
E' inquietante, infine, perché il combinato dei nuovi diritti delle scuole paritarie (a cui non è seguito nessun controllo) e della commissione tutta interna, ha prodotto un aumento esponenziale della “compra-vendita” dei diplomi. Siamo oggi in presenza di tre eventi: 1) l’enorme aumento del numero dei privatisti che si presenta a sostenere l’esame nelle scuole paritarie, e ottiene il diploma; 2) la forte e costante crescita del numero dei candidati che “saltano” l’ultimo anno, usufruendo della norma che autorizza questo “rito abbreviato” agli studenti che hanno la media dell’otto nel penultimo anno, media ottenuta con “allegra disinvoltura” nelle scuole paritarie; 3) l’enorme disparità dei voti fra i candidati che svolgono l’esame nelle scuole paritarie e quelli che lo svolgono nelle scuole statali (ad esempio il voto massimo finale, 100/100, che dovrebbe essere raro, è conseguito in percentuale più che doppia nelle scuole paritarie). Di fronte a questa situazione, prima ancora di attuare la pessima riforma Moratti che accentua questi aspetti negativi, non è meglio abolire il valore legale del titolo di studio? Ma soprattutto, ha ancora senso affaticarsi nel mese di maggio per costruire questo documento costituzionale della classe in una simile situazione di degrado? Lascio ai navigatori un loro giudizio.

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