lunedì 26 dicembre 2005

Amnistia: buonsenso o malafede?

"Roma, la marcia per l'amnistia". "Le carceri stanno scoppiando". Questi sono approssimativamente i titoli dei giornali che in questi giorni stanno sponsorizzando la marcia per l’amnistia. Molti, troppi uomini politici e non, stanno facendo pressioni sull'opinione pubblica, al limite dell’insopportabile, affinché i due terzi del Parlamento votino l’amnistia per i carcerati. Questi i fatti. E passiamo alle opinioni. Non ci meraviglia che in Italia ci sia molta, troppa gente che cerca di aiutare coloro che si sono macchiati di reati gravi. Questo è uno strano paese, in cui la vita sociale è quasi completamente avvolta da un perdonismo, da una indulgenza e da un buonismo di una trasversalità politico-religiosa che a dire mirabolante è poco. Su tutto gli italiani si dividono. Su una sola cosa si trovano d’accordo: nel solidarizzare con coloro che non meritano. Sono migliaia gli esempi che si possono fare. Ma a noi non interessano tanto i nominativi di coloro che a tutti i costi vogliono fare uscire di galera i corrotti e i mascalzoni che non hanno ancora espiato la pena. A noi interessano le cause di un simile atteggiamento e, soprattutto, interessa conoscere “il perché” si riesce a creare una solidarietà intorno ai mascalzoni e invece si ghettizzano gli onesti che con la loro onestà e laboriosità tirano "la carretta" del paese. E’ questo l’aspetto più odioso della questione. Due brevi osservazioni su questo aspetto inverosimile della faccenda.

La prima. Si dice che le motivazioni riguardino il fatto che “attualmente sono sessantamila i detenuti nel nostro paese, ovvero un record nella storia repubblicana e altre cinquantamila persone sono in misura alternativa alla detenzione, mentre altre ottantamila sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alterativa. Il totale ammonta a circa centonovantamila persone, che significa, nel volgere di quindici anni, una crescita esponenziale della popolazione carceraria di sei volte quella attuale” (dal “Corriere della Sera” del 24 Dicembre 2005). Dunque, siccome il male sta nell’alto numero di persone che commettono delitti, vuol dire che per risolvere il problema cancelliamo i delitti. Che strano ragionamento questo. Che bella maniera di ragionare. Invece di costruire più carceri e impartire una rieducazione completa ed efficace ai condannati si graziano i carcerati perché lo Stato non ha più “posti letto”. Tra l’altro la costruzione di nuove carceri porterebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro e muovere una parte dell’economia che langue nel settore delle costruzioni. Ma ai nostri Robin Hood dell’amnistia questo non interessa. Una piccola osservazione. Questi numeri in realtà sono da rivedere profondamente verso l’alto. Ce lo impone la semplice riflessione che queste cifre riguardano la sola popolazione carceraria in cui i tribunali hanno emanato una sentenza. Se si ricorda che più dell’80% dei reati commessi in Italia vengono cestinati dalle forze dell’ordine per manifesta incapacità del sistema a individuare i disonesti, vuol dire che in realtà la cifra più ragionevole è di centottantamila moltiplicata per quattro, cioè settecentoventimila persone che hanno commesso delitti. Sfidiamo chiunque a criticare questi dati e sfidiamo tutti a trovare un paese al mondo in cui la delinquenza abbia raggiunto punte così incredibili. Cioè l’Italia è il paese dove c’è una larghissima fetta della popolazione che commette reati! Vedete voi se è possibile che si possa vivere in questa situazione piena di pericoli.

La seconda. Qui la questione è più complessa e di difficile analisi. Domanda. Perché in Italia e solo in Italia c’è uno schieramento così trasversale che unisce e fa proseliti pro-amnistia tra gente di tutti i colori, dalle più variegate etnie, alla politica, dalle religioni alle ideologie, e chi più ne ha più ne metta? Ci deve essere una ragione affinché si giustifichi come mai dalla estrema sinistra alla destra più estrema tutti sono d’accordo? Noi pensiamo che il paese, a causa di un periodo terribile di crisi e confusione politica, nonchè di transizione sociale, abbia allentato i vincoli morali ed abbia fatto perdere il senso e la misura valoriale della vita. Si pensa di più a fare leggi che depenalizzano, che diminuiscono le pene, che eliminano i reati e a fare sconti di pena piuttosto che aumentare la severità delle pene medesime. Il perché riguarda il fatto che così facendo diventa più facile ai politici, ai commercianti, ai professionisti e a tutto quel sottobosco di imbrogli che caratterizzano la vita pubblica e privata nazionale di evitare condanne pesanti che hanno a che vedere con le truffe ai danni degli onesti e dei più deboli. Noi pensiamo che la causa fondamentale di questa situazione sia la caduta di tutti i freni inibitori e degli scrupoli che hanno confinato l’etica e la morale in cantina e che la gente che ha successo si vergogna da morire di apparire agli occhi del pubblico come persone probe e oneste. Ecco di cosa si tratta. Ed è vergognoso che le sfere ecclesiali della Chiesa cattolica si facciano strumento di libertà di gente che a delinquere ha fatto la causa prima della sua vita. Che pena!

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