sabato 26 luglio 2008

E' morto Randy Pausch. Famosa la sua ultima lezione che commosse il mondo.

Il professor Randy Pausch, un docente universitario statunitense che ha raccontato la propria lotta con il cancro in un libro divenuto famoso nelle vendite mondiali, è morto negli USA ad appena 47 anni per le conseguenze di un tumore allo stomaco. La fama la ottenne non come docente universitario in Scienze Computer ma per come fece l'ultima lezione ai suoi studenti: in pratica un inno d'addio alla vita. Noi tempo fa abbiamo pubblicato un post su questa storia. Un altro essere umano privo di cattiveria ed ottimista se ne è andato. Abbiamo perduto ancora una volta un buono. Peccato. Lascia un bel ricordo ai suoi familiari e ai suoi studenti. Forse per loro è poco, per noi è molto. Ciao, professore.

mercoledì 23 luglio 2008

Paura del carcere e riconoscenza all’avversario: è questo il vero motivo della solidarietà di Berlusconi a Del Turco?

Al nemico che fugge, ponti d’oro. Così dice un convincente proverbio. Silvio Berlusconi l’ha messo in pratica, a modo suo. Per combattere il nemico, l’odiato e trasversale partito giustizialista, come lo chiama lui, che lo vuole in carcere per i suoi ripetuti atti di delinquenza finanziaria che i giudici gli contestano, il proprietario di Mediaset - dopo aver battuto l’avversario Veltroni alle ultime elezioni - gli ha mostrato solidarietà nella penosa vicenda dell’arresto del Presidente della Regione Abruzzo, l’ex sindacalista Ottaviano Del Turco. Berlusconi si dichiara un convinto garantista e afferma che è sempre stato contrario al carcere preventivo (e successivo o posticipato aggiungiamo noi). Intanto, per precauzione, l’indultista Berlusconi che si è prodigato in segreto per fare uscire i mascalzoni dalle carceri, ha fatto approvare l’ennesima legge ad personam che lo riguarda e, cioè, la legge che gli dà l’immunità totale per almeno 12 anni consecutivi. Domandina: ci vuol prendere per i “fondelli” o pensa che aumentando il numero delle veline nei suoi disgustosi programmi televisivi di Mediaset tenta di farci dimenticare i suoi intrallazzi? Parteggiare per gli inquisiti e mostrare solidarietà agli imbroglioni e tangentisti solo Gesù Cristo se lo poteva permettere. Ma Gesù non era un imbroglione e non aveva fatto soldi a palate in modo irregolare come ha fatto Berlusconi. Gesù era il Cristo, che pagava di persona anche per gli altri. Berlusconi non paga neanche il dovuto! E questo sarebbe secondo lui garantismo? “Ma mi faccia il piacere” avrebbe detto Totò.

martedì 22 luglio 2008

Caso Bossi e dirottamento dell’attenzione dei media dai problemi giudiziari di Berlusconi.

Il fatto politico di oggi, al quale ci interessiamo con un’ottica diversa dalla stampa nazionale, non riguarda direttamente gli insulti all’inno nazionale messi in atto dal ministro delle riforme Umberto Bossi. Conosciamo il soggetto e, diciamoci la verità, non c’era da aspettarsi altro da un individuo come lui. Il vero fatto politico è il silenzio assordante di Berlusconi, il quale è felice del fatto che tutti alzano la voce e i toni sull’offesa alla italianità. Fino a quando l’attenzione dei pochi mezzi di informazione che Berlusconi non controlla è rivolta agli altri, il proprietario di Mediaset, cioè il padrone del più gigantesco e colossale conflitto di interessi che il sistema planetario ricordi, è felice e si strofina le mani per la fortuna cadutagli dal cielo. Ma siamo proprio sicuri che sia caduta dal cielo? Noi non sappiamo se il fatto è premeditato. Sicuramente è stato sfruttato prontamente dai suoi legali, l’avv. Senatore Niccolò Ghedini per primo, che gongolano per il dirottamento dell’interesse della stampa ad altri fatti. Ecco perché il furbacchione di Berlusconi non interviene a condannare il gesto del suo ministro screanzato. Qui non prohibet cum potest, jubet.

sabato 19 luglio 2008

Perché tutti gli altri non lo hanno fatto prima?

Il ministro della Giustizia del Governo Berlusconi, Angelino Alfano, a proposito del fatto che molti boss sfuggono al carcere duro, ha detto che inasprirà la norma modificando l’articolo 41bis e rendendolo più duro. I giudici hanno risposto: bene, ma non basta. Questi i fatti. Piccola domandina: ma allora se si voleva si poteva fare? Era cioè possibile modificarlo anche prima questo articolo, vero? Perché non lo hanno proposto tutti i vari ministri della Giustizia che hanno preceduto Alfano? Perché? Elenchiamoli uno per uno questi Signori a partire dal 1993.
-Giovanni Conso (Indipendente) 28 aprile 1993 - 10 maggio 1994 Governo Ciampi
-Alfredo Biondi (FI) 10 maggio 1994 - 17 gennaio 1995 Governo Berlusconi I
-Filippo Mancuso ("Indipendente" di centro-destra) 17 gennaio 1995 - 19 ottobre 1995 Governo Dini
-Lamberto Dini ("Indipendente" di centrosinistra e poi di centrodestra) 19 ottobre 1995 - 16 febbraio 1996 Governo Dini
-Vincenzo Caianiello (Indipendente) 16 febbraio 1996 - 17 maggio 1996 Governo Dini
-Giovanni Maria Flick (Indipendente) 17 maggio 1996 - 21 ottobre 1998 Governo Prodi I
-Oliviero Diliberto (PdCI) 21 ottobre 1998 - 22 dicembre 1999 Governo D'Alema I
-Oliviero Diliberto (PdCI) 22 dicembre 1999 - 25 aprile 2000 Governo D'Alema II
-Piero Fassino (DS) 25 aprile 2000 - 11 giugno 2001 Governo Amato II
-Roberto Castelli (LN) 11 giugno 2001 - 23 aprile 2005 Governo Berlusconi II
-Roberto Castelli (LN) 23 aprile 2005 - 17 maggio 2006 Governo Berlusconi III
-Clemente Mastella (UDEUR) 17 maggio 2006 - 17 gennaio 2008 Governo Prodi II
-Romano Prodi (PD)[2] 17 gennaio 2008 - 7 febbraio 2008 Governo Prodi II
-Luigi Scotti (Indipendente) 7 febbraio 2008 - 8 maggio 2008 Governo Prodi II.
Se osservate bene sono rappresentati tutti i partiti precedenti all’ultima elezione. Perché questi Signori non hanno proposto che il 41bis venisse modificato più duramente durante la loro permanenza a Ministro della Giustizia? La nostra domanda è chiara. Forse lo è anche la risposta.

venerdì 18 luglio 2008

Un popolo di imbroglioni e di delinquenti.

Un italiano durante il giro di Francia è stato scoperto positivo al doping ed è stato immediatamente squalificato e arrestato. Sono seguiti fischi agli altri corridori italiani da parte dei molti tifosi presenti. Un altro imbroglione di italiano scoperto e fischiato. Quanti fischi ancora dovremo sentire prima di ritrovare la normalità? Quanto ancora dobbiamo pagare noi, semplici cittadini, che subiamo l'onta di essere italiani onesti? Questo paese è un covo di malfattori che imbrogliano la gente dalla mattina alla sera. D'altronde, cosa ci si può aspettare da un paese in cui ci si sveglia la mattina e si viene a sapere che il politico di turno, un Presidente di Regione, è stato arrestato perchè imbrogliava? Ahi! Serva Italia.

mercoledì 16 luglio 2008

Celentano: una bottiglia di acqua per dissetare Eluana.

Aiuto. E’ ritornato il molleggiato! Siamo perduti. Il famoso cantante milanese ha colpito di nuovo. E’ riuscito a dirottare la tragica faccenda della sua concittadina che da 16 anni è tenuta in vita artificialmente, da una questione privata a una questione pubblica, rovinando la vita al povero padre. Celentano ha sposato, com’è uso fare, la solita tesi limite, intransigente, estremista. In poche parole la pensa alla stessa maniera di Maurizio Ferrara, il noto giornalista televisivo che dopo il colossale flop della sua lista antiabortista alle ultime elezioni politiche, ha iniziato una nuova campagna “per la vita” con la nuova provocazione delle bottiglie d’acqua, simboli della idratazione da fornire alla giovane per non farla morire. La ragazza viene tenuta in vita artificialmente e fatta vegetare da ben sedici anni, a nostro parere, in modo indegno per motivi che sanno più di politica della Chiesa cattolica che per vero interesse verso la giovane sfortunata. Con questa campagna di sfida alla morte naturale si notano volti e figure che ruotano intorno al mondo del clericalismo esasperato il cui proposito è quello di forzare la normalità laica della politica per trasformare il paese in uno Stato più clericale che laico. Domanda: come si può tenere in vita artificiale un esanime corpo che da 16 anni toglie risorse, posti letto e fondi a chi veramente ne ha di bisogno? Com’è possibile che non si comprenda che da un momento all’altro i veri bisognosi potrebbero veramente morire per mancanza di assistenza e ci si accanisce a far "vivere" un organismo che è totalmente incapace di svolgere qualunque funzione biologica? E poi questi Signori dicono che sono per la vita. Quando la religione invade la vita sociale di un paese, condizionandone le scelte politiche, proponendosi come unico paladino della vita allora il percorso politico viene forzato e si costringe il paese a essere la copia sbiadita di un paese teocratico come l’Iran, dove il potere è esercitato dai religiosi. E’ questo che si vuole?

lunedì 14 luglio 2008

La pseudo-pedagogia della sinistra del '68 che ha rovinato la scuola italiana.

Dopo più di trenta anni di insuccessi crescenti appare confermata l'ipotesi che a rovinare la qualità della scuola italiana è stata la sinistra sessantottina. Questa è la tesi che vogliamo sviluppare brevemente oggi. Sappiamo bene che il tema è spigoloso e delicato e poco si presta a frettolose e approssimative semplificazioni. La scuola è legata alla cultura. E cultura è sinonimo di politica, di filosofia, di associazionismo partitico, di impegno e di schieramento. Dunque, parlare male della scuola vuol dire toccare i gangli sensibili di coloro che l'hanno governata, e rovinata, dal '68 ad oggi. Tutti ne sono corresponsabili. Una volta la scuola italiana e, soprattutto, l’ordinamento del suo liceo classico, erano rispettati e circondati di attenzioni. Al liceo classico veniva riconosciuto uno standard formativo e culturale, un curricolo e un metodo di studio e di apprendimento che non avevano eguali nel mondo. Non per nulla i più grandi intellettuali del secondo Novecento sono usciti tutti dai banchi di quel liceo. Poi venne il ’68 e tutto cambiò. Lentamente ma inesorabilmente, anno dopo anno, abbiamo assistito impotenti allo sgretolamento dell’architettura scolastica nazionale. L’insegnante stesso modificò metodi e contenuti del suo insegnamento adattandosi alle nuove richieste psico-pedagogiche che provenivano dal mondo della politica e dal microcosmo sindacale. Con le sperimentazioni selvagge e i Decreti Delegati del ’74 la scuola divenne più americana. Accanto alla scuola di massa si sviluppò il cosiddetto “insegnante di massa”, una rara specie animale che si cibava solo di cultura marxista, leggeva soltanto la stampa comunista e partecipava esclusivamente ai dibattiti nei cineforum culturali della sinistra, spesso chiamati Circolo “F.Rosselli”. Nella scuola questa specie zoologica singolare veniva coccolata e vezzeggiata dai partiti di sinistra e dai sindacati confederali. Alla nuova specie biologica, cooptata nei ruoli da leggine ad hoc votate in parlamento prevalentemente nei mesi estivi, furono aperti gli organici di ruolo senza selezione alcuna, fino allora terreno di pochi eletti vincitori di concorso. L’americanismo educativo imperò. Il permissivismo all’italiana dilagò. In questa autentica sbornia pedagogista l’insegnante non fu più considerato professore e docente ma divenne “il prof“, cioè l’amico e compagno consigliere e l’uso del tu entrò nella prassi scolastica. Si trattò di una figura nuova nella scuola, una specie di tutor personale dello studente, che non pretendeva lo studio rigoroso della sua disciplina, che non era esigente nell’uso corretto del metodo, che, infine, non gli interessava alcun tipo di approfondimento delle nozioni. A lui importava molto essere considerato una guida premurosa e amorevole durante le attività scolastiche, soprattutto quelle ludiche piuttosto che quelle noiose di tipo cognitivo. Insomma, lo studente fu lasciato solo, senza una guida forte e autorevole nelle idee e nei metodi, senza poter essere reindirizzato quando sbagliava, ma solo aiutato a conseguire la sufficienza che non venne più considerata uno spartiacque tra l’ignoranza e la conoscenza ma sfumata in gradi di giudizio evanescenti e inconcludenti. Contemporaneamente, il potere esecutivo del tempo, complice un’idea di pan-sindacalismo onnicomprensivo, cooptativo ed elitario, completò l’opera di distruzione togliendo potere e prestigio agli organi ispettivi e di controllo. Ai presidi venne tolta la possibilità di giudicare l’operato annuale dei docenti che fino ad allora era stato uno degli strumenti più efficaci di verifica (la cosiddetta “qualifica”), che aveva incidenza nello sviluppo della carriera. Le ulteriori immissioni in ruolo senza selezione e la progressiva dequalificazione sociale, culturale ed economica dei docenti, perseguita con ostinazione dai sindacati confederali con le famose gabbie sindacali, con le quali si equipararono gli stipendi dei docenti con i salari degli operai, produssero una selezione darwiniana in cui venne isolato un docente, che vogliamo chiamare OGM, talmente “modificato” da essere una lontana copia sbiadita del professore di una volta. La scuola di oggi, tranne qualche rara isola felice, vive come in uno stagno, chiusa in se stessa e autoreferenziale. In questa scuola i progetti sono diventati più importanti dei curricoli, agli esami più che interrogare lo studente ci si limita ad ascoltare le sue scopiazzate e superficialissime tesine “pluri-multi-interdisciplinari” e, dulcis in fundo, lo studente è protetto da una serie di sotterfugi che permettono ai loro insegnanti di certificarne la sufficienza anche quando manca il minimo di preparazione. La conclusione è amara. Abbiamo perduto tutti e sconteremo in futuro gli errori commessi. La scuola odierna non è più in grado di sostenere l’onere di preparare future generazioni in cui possono emergere personalità complete e significative come quelle di una volta. Gli accordi politici sulla scuola tra PCI e DC prima, e quelli relativi alla cosiddetta seconda Repubblica dopo, hanno trascinato il paese in una deriva berlusconiana in cui il proprietario di Mediaset è un esempio lampante di come si possano commettere errori gravissimi nella conduzione della politica scolastica nazionale. Dunque, vecchio e nuovo insieme hanno trascinato la scuola italiana in una palude di mediocrità. Non siamo noi a dirlo ma indagini approfondite di istituti internazionali. Questa è la tesi che noi abbiamo fatto nostra. A voi le critiche, se ne siete capaci.

domenica 13 luglio 2008

Il problema dei controlli nei pubblici servizi.

E’ inutile. Non se ne esce. Questa è la dichiarazione che in genere si fa quando si tenta di far funzionare un servizio pubblico senza riuscirvi. Facciamo un esempio e poi generalizziamo. Roma. Un motorino abbandonato da mesi in una qualunque via della capitale. Si va in municipio e si fa un esposto col quale si chiede la rimozione. Acquisizione da parte del competente servizio municipale dell’esposto e convincenti assicurazioni che il motorino sarà prontamente rimosso. Passano due mesi ed è ancora lì. Lettera di protesta a un giornale locale, interessamento della redazione del quotidiano e riassicurazione che verrà sicuramente rimosso. Inutile, perché dopo un altro mese il motorino è sempre là, sempre più malandato, perde sempre più pezzi, sporca sempre di più la strada, complica la normale circolazione e impedisce la pulizia della strada da parte dei servizi di nettezza urbana. Questo del motorino è un esempio fra migliaia di fatti del genere. Cosa fare? Se un servizio è pubblico generalmente non funziona. O perché mancano le persone adatte a farlo funzionare, o perché mancano le norme che fanno pagare a qualcuno il disservizio, oppure perché viene boicottato. Non esistono altre possibilità. Cosa si dovrebbe fare per farlo funzionare? Evitare di far entrare in ballo i tre elementi di disturbo. C’è una sola possibilità per concretizzare questo desiderio: che si adoperi un metodo comune. In poche parole, ogni volta che succede un caso del genere il potere politico responsabile dell’azione dovrebbe assegnare d’ufficio a un nominativo dell’amministrazione il caso. Da quel momento dovrebbe scattare un tempo limite oltre il quale l’incaricato deve risolvere il problema. Se riesce, bene; si terrà conto della sua professionalità a livello stipendiale. Se non riesce, male; si terrà conto della sua inefficienza con conseguenze che vanno dalla riduzione dello stipendio alla sospensione del medesimo e, in casi gravi, al licenziamento. Se si vuole risolvere i problemi è necessario che qualcuno si assuma la responsabilità. Altrimenti è una presa in giro. E le prese in giro non hanno colore politico: possono essere di sinistra, di centro e di destra, tutte efficientissime in Italia.

venerdì 11 luglio 2008

E' giusto o no disattivare il sondino che tiene in vita una persona alimentata artificialmente?

Il fatto. La Corte d'Appello civile di Milano ha autorizzato il padre di Eluana, una giovane che a causa di un incidente stradale è in stato vegetativo permanente dal lontano gennaio 1992, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che da sedici anni tiene in vita la figlia. Il padre della ragazza ha chiesto dal 1999 la sospensione del trattamento. I commenti a caldo, com'era prevedibile, dicono tutto e il contrario di tutto. Il padre della ragazza ha dichiarato che ha vinto lo stato di diritto, mentre le gerarchie cattoliche hanno protestato affermando che si sta procedendo a un caso di inequivocabile eutanasia, che è vietata da Dio prima che dagli uomini. Ecco in sintesi il tema caldo, caldissimo di oggi. Come affrontare a viso aperto una discussione così complessa e difficile? Appena si tocca un aspetto che ha a che vedere con l'Etica le due posizioni che condizionano il dibattito, la “religiosa” e la “secolare”, si armano l’uno contro l’altro diventando entrambe inconciliabili e dogmatiche. In più, i loro sostenitori diventano sempre più aggressivi e intolleranti nei confronti sia della parte avversaria, sia di terze posizioni. Insomma, non c’è spazio per posizioni differenti. O l’una, o l’altra. Da un lato c'è la posizione dogmatica del "chi siamo noi per giudicare se una persona è meritevole o no di vivere", cioè “chi ci dà il diritto di togliere la vita a un’altra persona” e, soprattutto, l’”eutanasia è vietata da Dio perchè è chiaramente scritto nel Vangelo”. Stop. Dall'altra parte c'è la posizione utilitaristica del tipo "la vita è mia e ne faccio ciò che voglio", oppure “non permetterò mai a nessuno di decidere il contrario di quello che voglio io”. Ricordate l'analoga questione del divorzio e poi dell'aborto? I temi sono approssimativamente simili e le posizioni le medesime. Da una parte c'è la guerra di religione, dall'altra c'è la battaglia laicista in nome di una visione edonistica della vita. Che fare? Ma, soprattutto, che fare visto che siamo in Italia? Attenzione perchè le due domande possono benissimo dare risposte diverse. Basta spostare la discussione, per esempio, dalla laica Olanda alla cattolica Polonia che le risposte sarebbero scontate ed opposte. Il problema è come uscire da una situazione di arroccamento del genere. Non è facile. Noi ci proviamo con un compromesso. Basterebbe che gli oneri economici e organizzativi necessari per far rimanere in vita la giovane sfortunata fossero a carico dei sostenitori della vita “a tutti i costi” e il problema sarebbe parzialmente risolto. Tutto gira intorno alla patata bollente che “i corpi che non si muovono”, cioè gli sfortunati malati terminali, incapaci di qualunque possibilità di vita così come la intendiamo normalmente noi, hanno il diritto di essere mantenuti in vita solo se c’è una organizzazione in grado di sostenerli. E per sostenere per decenni una persona che è costretta a vivere in quelle circostanze è necessario del denaro, molto denaro. Non è facile per una famiglia normale aggiungere alla disgrazia la difficoltà di trovare il denaro necessario per il sostentamento. Orbene, basterebbe che una piccola parte dell’otto per mille della Chiesa Cattolica fosse destinata a quelle strutture religiose in grado di sgravare il peso del carico del sostentamento in vita alle famiglie e il problema sarebbe risolto. Ci rendiamo conto che la questione di principio non può essere aggirata e che la soluzione è un espediente che ha il sapore del compromesso, ma almeno così si potrebbero limitare i danni e le polemiche. D’altronde, sarebbe troppo comodo per la Chiesa cattolica imporre agli altri il proprio punto di vista lavandosene le mani dal punto di vista economico. Sarebbe un aggiungere al danno la beffa. A queste condizioni la Chiesa ha il diritto di avanzare la richiesta di mantenimento in vita dei malati fino alla fine naturale anche se il coma irreversibile durasse cinquant’anni. In caso contrario no. Così è se vi pare, naturalmente a nostro parere.

mercoledì 9 luglio 2008

Attività sindacali in crisi "di astinenza".

La notizia la si sapeva già. Il ministro Brunetta l'aveva anticipata da più di un mese. Si tratta della nuova norma inserita nella prossima legge finanziaria della riduzione del numero di distacchi e di permessi sindacali previsti finora ed elargiti con generosità e copiosa abbondanza dai precedenti governi di centrosinistra ai sindacati italiani. Onestamente erano state regalate troppe facilitazioni ai sindacati e le assenze di molti loro iscritti nei vari uffici ha sempre reso più difficile il lavoro della macchina statale. Quello che è nuovo è la notizia che ad agevolare la diminutio dei prossimi ex fortunati distaccati, si è messo anche un giudice, che a Roma (terra dove i distacchi e la vergognosa prassi dei permessi sindacali hanno padroneggiato per lustri) ha fatto arrestare per stupro un capo sindacalista che ha esercitato per anni violenza su una sua dipendente, anch'essa sindacalista. Se questo genere di fauna, presente adesso anche nel settore sindacale, coinciderà con uno dei fruitori dei permessi sindacali sicuramente l'emendamento del Ministro della funzione pubblica sarà più che giusto. Vuoi vedere che riuscirà ai giudici quello che ai vari Ministri della funzione pubblica dei passati governi non è riuscito in decine di anni di allegra gestione della politica dei distacchi e dei permessi? Finalmente sarà impossibile a questi allegri e scanzonati impiegati continuare a fare quello che hanno sempre fatto, cioè di lavorare poco. Siamo testimoni diretti di un episodio vergognoso che abbiamo osservato alcuni anni fa quando per esigenze di trasferimento siamo entrati in un ministero, all'Eur a Roma, per chiedere informazioni circa la documentazione da allegare alla domanda di trasferimento. Nel lungo e silenzioso corridoio abbiamo visto un gruppetto di impiegati che avevano affisso un foglio di carta sulla porta del loro ufficio con su scritto che i "lavoratori" di quella stanza erano f.s. e sghignazzavano, con ironia furbesca, tutta romana, dicendo ad alta voce che “questi impiegati” non lavoravano mai. Ci ha colpiti profondamente non tanto la trovata maliziosa di informare il pubblico interessato che i "lavoratori" erano fuori stanza. No. Ci ha colpiti l'indecorosa e cinica gazzarra ironica dei tre furbetti del quartierino che volevano prendere in giro gli ignari destinatari del raggiro, cioè noi, che dovevamo aspettare inutilmente del tempo nella sala d'aspetto per permettere loro di soddisfare il “bisogno del bar”, che a Roma è una norma. E poi ci scandalizziamo nella lettura della straordinaria denuncia contenuta nei libri di Kafka circa le difficoltà dei vari agrimensori di turno nell'essere ricevuti al Castello o nei tribunali dove si celebrava il loro Processo. Al ministro Brunetta tutto il nostro plauso.

lunedì 7 luglio 2008

Note critiche sul ruolo del G8.

Oggi in Giappone si riuniscono i Capi di Stato degli otto paesi seguenti: USA, Russia, Giappone, Regno Unito, Francia, Germania, Canada e Italia. Discuteranno dei problemi del mondo per trovare soluzioni. Questo l’obiettivo. Ci sentiamo di fare due critiche ai Signori membri del G8. La prima: ha senso lasciare fuori dalla discussione paesi come la Cina e l’India? La somma dei loro abitanti è più del doppio della somma degli abitanti degli otto paesi partecipanti. Ha senso, pertanto, che otto Capi di Stato decidano per tutti? E poi, cosa possono decidere gli otto Signori del G8 che, chi più chi meno, rappresentano economie disastrate e in crisi sul fronte mondiale? La seconda critica riguarda la domanda più che legittima circa la presenza del nostro paese alla riunione. Che ci fa l’Italia in questo gruppo? Con quali credenziali oggi può presentarsi a una riunione con i grandi del mondo? Che contributo può portare alla discussione un paese che ha un’economia fantasma, che rappresenta una società in caduta libera sul fronte della serietà dei conti economici, della inesistente qualità dei servizi, della mancanza totale di serietà della giustizia, della presenza nel corpus legislativo di leggi ad personam ad uso e consumo del suo Capo di Stato, del pessimo fronte della lotta alla criminalità organizzata, dove lobbies politiche, poteri regionali e istituzioni collidono con le varie mafie, camorre e ‘ndranghete locali? Per non parlare poi della inqualificabile e vergognosa esistenza del “caso spazzatura” a Napoli. Con quali pretese e con quale credibilità un paese del genere si presenta a una riunione internazionale rappresentato da un Signore che da quindici anni ha problemi con la magistratura che gli contesta reati gravissimi? Sono queste domande che hanno un solo scopo: evidenziare l’assoluta inutilità di una riunione vacanziera di Capi di Stato che si incontrano più per questioni di pubblicità e vanità mediatica che per reali capacità di risolvere problemi mondiali. Che se ne stiano a casa. Almeno risparmierebbero dei soldi che potrebbero essere dati in beneficenza ai poveri che sono le vere vittime di questa commedia mediatica che sta montando in tutto il mondo per alcuni giorni.

domenica 6 luglio 2008

Anche gli antipatici fanno cose buone.

Dicono che l'uomo politico in Parlamento che pensa di più “ai fatti suoi” sia il Presidente del Consiglio Berlusconi. Non c'è alcun dubbio che sia così. Lo sanno anche gli extraterrestri che vivono negli altri mondi. Solo il Signore di Arcore fa finta di non saperlo. Al contrario, c'è un parlamentare, amico di Berlusconi, Niccolò Ghedini di "Forza Italia", che è un giovane avvocato veneto di 49 anni, che dà l'idea di una persona che non pensa per niente “ai fatti suoi”. L'avvocato Ghedini è una persona fortunata. Diciamo subito che se lo merita, perché la sua personalità è condita da una comprovata qualità veneta, che consiste nel mostrare un basso profilo pubblico, evitando pubblicità e concedendo interviste col contagocce. Tutto l'opposto del suo cliente. Noi quando pensiamo al Senatore Ghedini proviamo due contrastanti sensazioni. Da un lato riconosciamo al giovane avvocato di Berlusconi qualità notevoli di preparazione, professionalità e senso istituzionale. Dall'altra ci verrebbe la voglia di prenderlo a schiaffi per la sua arte oratoria in tribunale che sfiora l'irritazione più totale quando difende il suo cliente facendolo apparire come un agnello, vittima delle “persecuzioni” di centinaia di giudici cattivi nelle decine di processi in cui il Cavaliere finora è riuscito a sfuggire al carcere nonostante qualche volta sia stato condannato. Comunque, il post di oggi non interessa Berlusconi ma il parlamentare Ghedini. Noi pensiamo che l'avvocato Ghedini, oltre ad aver superato tutti gli altri avvocati che l'hanno preceduto nella poltrona di legale di Berlusconi, sia meritevole di una citazione per le sue qualità parlamentari. Le ragioni del nostro interesse per questo giovane ammiraglio della flotta berlusconiana stanno nelle iniziative legislative presentate in parlamento. Si va dalla inevitabile e veneta "Delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale", alla altrettanto inevitabile e molto veneta iniziativa sui "Diritti del popolo veneto". Si continua anche qui con la inevitabile e serenissima iniziativa veneta titolata "Modifica dell'articolo 116, primo comma, della Costituzione e approvazione dello Statuto speciale della Regione autonoma del Veneto" e si consolida con la personale "Riforma dell'ordinamento della professione di avvocato", ecc... Noi ci vogliamo interessare a una specifica proposta di legge, forse la meno veneta di tutte, che noi apprezziamo di più, (Atto Senato n. 1253) che si chiama "Disposizioni e delega al Governo per l' effettuazione dello scrutinio delle schede e la trasmissione dei risultati delle consultazioni elettorali e referendarie anche mediante strumenti informatici". Riteniamo che questa iniziativa sia lodevole. Speriamo che l'avvocato Ghedini, tra un processo e l'altro di Berlusconi, trovi il tempo di interessarsi di questo ddl per farlo approvare. Almeno la nostra irritazione nel vedere la sua faccia diminuirà un poco. Speriamo.

martedì 1 luglio 2008

E’ possibile che l’Italia risorga dal lazzaretto in cui i politici l’hanno fatta cadere?

Com’è stato possibile, ci chiediamo, che il Bel Paese sia precipitato così in basso? Fino agli anni ’70 l’Italia è stata una nazione in salute, in grado di rivaleggiare con i maggiori paesi europei in tutti i campi. Godeva di stima generale ed era trattata da pari. L’Italia nella cultura, nell’arte, nel turismo, nella musica, nello sport, nella cucina, nella moda, nella TV, nelle autostrade, faceva tendenza e il successo italiano era riconosciuto come il successo di un popolo mediterraneo, solare, aperto, ricco di inventiva. La stessa icona del maschio latino, il famoso latin lover, fu italiana. L’Italia fu un cantiere continuo e un laboratorio sociale da Palermo a Bolzano per tutti gli anni del boom economico. Certo non mancarono le contraddizioni ma il paese crebbe, e bene, in economia come in altri campi. Adesso, negli anni 2000, tutto è cambiato in peggio e siamo diventati gli ultimi. Tutti gli altri paesi hanno fatto progressi enormi mentre noi siamo regrediti, andando indietro in tutti i settori. Ci troviamo di nuovo a inseguire come negli anni successivi alla ricostruzione con l’aggravante di non avere più gli uomini giusti nei posti giusti in grado di traghettare il paese verso il successo, come sta facendo da diversi anni la Spagna. In poche parole siamo nei guai, guai seri. Da dove vengono queste disgrazie? Proponiamo una ipotesi convincente. La classe politica e dirigenziale del paese è la responsabile di tutto lo sfascio nazionale. La ragione sta in due parole: dilettantismo (ovvero incapacità) e malcostume (ovvero immoralità) delle classi dirigenti del paese. Cattolici, comunisti, laici, uomini al massimo del loro successo sono stati tutti imbroglioni. Abbiamo regalato le cariche politiche ed economiche più importanti ai dei tornacontisti che hanno adoperato il potere per il proprio profitto personale. Uomini gretti, usi a costruire la propria fortuna in modo cinico e spregiudicato quando non in modo delinquenziale, si sono spolpati il malloppo. Basta guardare le trasmissioni del programma televisivo Report della brava giornalista Milena Gabanelli per avere il quadro preciso dello stupro che il paese ha dovuto subire da politici corrotti. Che fare a questo punto? Ci rimane una sola soluzione: ricominciare tutto da capo. Ripensare in modo totale la politica, ribaltare le prassi e soprattutto, copiare gli altri, i migliori. La prima cosa da copiare in assoluto è quella di sostituire in tutto e per tutto i contenuti e i metodi della televisione di stato. La RAI deve assolutamente essere trasformata in una televisione a contenuti culturali e basta. Le trasmissioni con le veline le facciano i privati. Non ci interessano. Col canone si deve vedere solo una televisione di informazione libera, telegiornali liberi e cultura, cultura, ancora cultura a sazietà. Chi vuole le veline cambi canale. Stop! Licenziare tutti i direttori di rete, i direttori dei telegiornali, delle strutture, delle redazioni. Sono inutili. Stabiliscono informazioni e programmi inutili, controproducenti, sbagliati, diseducativi. Insomma non servono. Copiare i programmi delle televisioni europee è invece necessario per il semplice motivo che è indispensabile un lungo periodo di disintossicazione. Il nostro consiglio è copiare la televisione della Svizzera italiana. Si, proprio loro. I nostri “sottostimati” cuginastri svizzeri che parlano e scrivono in italiano. A nostro giudizio sono dei veri maestri dell’informazione imparziale e della correttezza giornalistica. La serietà di questa televisione è mille volte quella di tutte le televisioni italiane messe insieme. E’ necessario disintossicare gli italiani dalla droga delle tv generaliste, dove spettacolini da veline, giornalismo di infimo ordine alla Fede, programmi di intrattenimento in cui l’unico interesse dei conduttori è la polemica sono stati la norma, rendendo gli italiani dei deficienti sia nella logica, sia nel costume, sia nella lingua, sia soprattutto nella mentalità critica. Chi prima inizia è a metà dell’opera.

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