venerdì 17 settembre 2010

Il mio ventisettesimo e ultimo viaggio nelle capitali dell'Unione Europea: Bruxelles.

Bruxelles
(13 Settembre - 16 settembre 2010)

E con la capitale del Belgio sono ventisette. E’ fatta! Con quest’ultimo viaggio termino il tour. Bruxelles (ovvero Brussels, ovvero Brussel, ovvero Brüssel, ovvero Broucsella a seconda della lingua e del tempo che determinano il modo di scrivere il nome della città) è l’ultima tappa, la ventisettesima, con la quale concludo in bellezza il mio progetto di visita alle ventisette capitali dell’Unione Europea.
Premessa. Che dire come primo commento a caldo? Nonostante i numerosi nomi diversi io, in questo blog, chiamerò la capitale belga, citata per la prima volta nel 695 dall'Arcivescovo di Cambrai, semplicemente Bruxelles. Non mi vergogno di affermare che sono emozionato come uno scolaretto che ha finito di fare la sua prima gita fuori porta.Con il mio arrivo nella città del fiume Senne interrato o, meglio, del Manneken Pis, cioè della piccola statua in bronzo del 1619 di un bambino che fa la pipì, che è il simbolo della città, sono colto da una specie di turbamento, una sorta di miscela detonante di commozione e orgoglio per essere riuscito nell’impresa che mi sono proposto di realizzare nel lontano anno 2000, ben dieci anni fa, quando decisi che un europeista convinto come me non poteva non visitare tutte, ripeto, tutte le capitali dell'Unione Europea. A quel tempo le capitali non erano ventisette ma molto meno, per cui la decisione di visitarle tutte è stata facile da prendere. Il difficile è stato confermare l'idea di visitarle tutte, compresa l'ultima "infornata" di ben dieci capitali che hanno aderito tutte, in una sola volta. Durante le ultime tappe, tuttavia, sono stato preso da una specie di “sindrome da conclusione” e non vedevo l’ora di arrivare alla fine del progetto.Una specie di Giro d’Italia o di Tour de France se volete, in cui la tappa che più conta è l’ultima, ovvero la cronometro individuale della municipalità belga che fa arrivare il vincitore nella città organizzatrice della manifestazione. Allo stesso modo dopo dieci lunghi anni di letture, di studi più o meno approfonditi, di consultazione di guide di viaggio e di mappe geografiche (nel mio studio ho centinaia di guide e mappe d’Europa), di tentativi malriusciti di studiare qualche grammatica delle lingue, di spostamenti da una parte all’altra del continente europeo, in aereo, in treno e persino in autobus, sono arrivato finalmente all’ultima tappa di un "ciclismo" culturale che mi riempie di gioia perché mi ha portato, oggi e alla fine dell'avventura, nella bellissima capitale dell’Unione Europea. Adesso che ci sono arrivato e cammino nella affollata Rue du Marchè aux Herbes, sui ciottoli accidentati della bella strada della Bruxelles antica che immette nelle viuzze laterali della straordinaria e ineguagliabile Grand Place, definita da Victor Hugo la piazza più bella d'Europa, sento di avere fatto qualche cosa di veramente grande e speciale. In ogni caso considero il mio progetto di visita alle città capitali dell'UE un’iniziativa di grande suggestione, ricca di fascino culturale, forse anche un record, sicuramente una straordinaria avventura, tutta vissuta tra le strade di ogni capitale dell’Unione. Ribadisco, di tutte le capitali dell’UE, nessuna esclusa. Si tratta della tipica sensazione di chi è consapevole di aver compiuto un’impresa, ovvero qualcosa di grande, che lo arricchisce in modo significativo, caratterizzando un altro ciclo della sua vita. Sono, cioè, convinto che da domani non sarà più lo stesso. Così come sono convinto che da domani comincerò a pensare al prossimo viaggio che, anticipo sin da ora, sarà Belgrado. Aver concluso una sgobbata del genere, anche se piacevole, da una parte è una liberazione, ma dall’altra è autentica malinconia. E’ desiderio di voler fare ancora altre tappe, è voglia di voler ancora continuare l’avventura. Insomma, penso che sia necessario continuare e mi rifiuto di fermarmi qui. Parodiando una celebre frase oso dire che “finire è come morire”. Ed io non voglio finire perché non voglio ancora morire. E’ troppo presto. Mi rimane la speranza che fra poco, forse un anno o più, qualche altra nazione del continente europeo (in tutto sono 45) si aggiunga alle ventisette e diventi la ventottesima o, ancora meglio, la ventinovesima capitale della nuova UE. Islanda e Croazia sono in dirittura d’arrivo per entrare nell’Unione e questo mi è di conforto, perché se entreranno nell’UE le visiterò di sicuro, costi quel che costi. Il progetto iniziale però, con questa tappa, si conclude veramente qui, a Bruxelles, nella città del cioccolato, delle cozze e delle birre. Questa ultima tappa è nella città capitale non solo del Belgio ma dell'intera Unione Europea. Sì, il giro delle ventisette capitali è stato bello e lo ricomincerei volentieri un’altra volta. Ma adesso finisce, anche se in bellezza. Con l’esperienza di viaggio che ho accumulato, forse se dovessi farlo di nuovo, lo farei in modo diverso, forse in modo più ragionato, sicuramente non commetterei errori o inesattezze. Ricordo chiaramente che le prime tappe sono state effettuate con molta superficialità, parecchia ingenuità e molta mancanza di consapevolezza. Tuttavia, adesso mi sento bene. Mi sento soddisfatto di avere fatto questo “giretto” tra il blu delle dodici stelle che costituiscono la bandiera dell’Unione Europea. Certo, alcune città mi hanno emozionato più di altre. Ed era scontato che fosse così. Ma la vera commozione, quella interna a me stesso, che ho nascosto a tutti coloro che mi sono stati vicini e lontani in questa avventura, l’ho provata quando sono entrato nella sede dell'Unione Europea, nell’aula preposta ai lavori comunitari. Commozione e felicità mi hanno avvolto in un unico afflato. Sarò banale e noioso ma è stato bello! Mi rimangono due ricchezze. La prima è una quantità enorme di ricordi, tutti splendidi, che costituiscono un patrimonio di fatti e di vissuti che porterò sempre con me. Avrò tempo per rielaborarli e riviverli adeguatamente in vecchiaia. La seconda è un interminabile numero di libri di viaggio acquistati uno a uno, nel tempo, che costituiscono, nella mia biblioteca, una prova tangibile di essere riuscito nell’impresa. In questo momento che scrivo questo diario di viaggio li ho sott’occhio e li guardo con nostalgia. Sono tanti, sono belli, sono vivi, sono avvincenti, sono appassionanti, sono colorati, sono culturalmente significativi. In quest'ultimo viaggio ho scattato cento foto che mi serviranno da traccia in questo report. Finisco qui la premessa al ventisettesimo e ultimo viaggio. E adesso vediamo di affrontare i particolari della visita alla bellissima e splendida Bruxelles. Dico subito che la visita è stata piacevole e interessante. Fin troppo. Anzi avrei dovuto allungarla di più. Bruxelles ha molto fascino e offre molte cose da vedere; forse troppe per una visita di appena quattro giorni. Avrei dovuto rimanervi almeno una settimana ma non è stato possibile. Dunque, dobbiamo discutere su ciò che è stato e non su ciò che avrei voluto che fosse.

Primo giorno. Iniziamo dal viaggio aereo che mi ha portato da Roma a Bruxelles. Intanto, per la seconda volta, l'aeroporto romano di partenza non è Roma-Fiumicino ma Roma-Ciampino come quando ho affrontato il viaggio per Bratislava. Alle 8.15, arrivo all'aeroporto. Al gate mi aspetta un aereo della Ryan Air delle 09.55 per Bruxelles. Il biglietto è un biglietto elettronico che ho prenotato in Internet col codice C46T4L al prezzo di 83,94 € andata e ritorno. L'aeroporto di Roma Ciampino è piccolo e serve esclusivamente voli low cost. Per me che abito a Roma Sud questo aeroporto è l'ideale. In breve tempo sono in grado di partire da casa ed arrivare all'aeroporto in non più di 15 minuti.Rapide formalità al check-in e alle 9.50 sono seduto comodamente sull’aereo. L'aeroporto di Roma-Ciampino sembra l'aeroporto di una piccola cittadina di provincia. L'aria che si respira è provinciale e, a parte pochi turisti stranieri, sembra di essere nel Centro commerciale di un piccolo paese. Nulla a che vedere con gli aeroporti stranieri che sono un modello di pulizia, di ordine e di cose interessanti. Qui prevalgono gli atteggiamenti paesani, quasi da fiera turistica. Non c'è dove andare da nessuna parte. L'interno dell'aeroporto è uno squallido salone, c'è un piccolo bar e poi nulla. Desolante. In attesa del check-in misuro ripetutamente le dimensioni del mio bagaglio a mano con il "volumometro" della Ryan Air. Entro ed esco più volte la piccola valigia preoccupato che non rimanga incastrata nei tubi della struttura metallica. Guai a presentarsi all'imbarco con un trolley avente una massa gravitazionale maggiore di 10 kg. Si rischia una cattiva figura. Penso che ci sarebbe la sgridata più severa del mondo da parte del personale preposto al controllo.Meglio non rischiare e seguire le direttive alla lettera. Nella sala partenze siamo ammucchiati sui pochi posti liberi dell'aerostazione. Siamo in troppi penso. Sono un po' preoccupato per la ressa. Ho prenotato il posto senza il supplemento relativo all'imbarco prioritario e, vista la fila, penso che sarò tra gli ultimi a salire sull'aereo. Il volo è l'FR6106 con partenza prevista tra qualche decina di minuti del 13 Settembre 2010. Speriamo bene. Eccomi ripreso con la macchina fotografica a bordo del vettore tra il giallo del colore della tappezzeria Ryan Air e il blu dei sedili. Penso a questo viaggio con grande contentezza. E' l'ultimo dei 27 viaggi e, dunque, il più bello. Forse è come il primo, quando sono andato a Londra. Che emozione atterrare a London Heathrow. Lo stesso adesso. Arrivare a Bruxelles sarà per me un vero piacere. In fondo in fondo vado a casa mia, nella capitale dell'Unione Europea, della mia Europa. La guida di viaggio che ho in borsello è piena di indicazioni che ho studiato a tavolino. Sarà un piacere seguire le tracce del percorso che ho costruito in molti mesi di preparazione con guide e mappe varie. Non faccio in tempo a pensare ai percorsi di viaggio che l'aereo sta rullando sulla pista. Si parte in perfetto orario. L'arrivo a Bruxelles Clarleroi è all'insegna dell'ansia perchè all'orario stabilito in aeroporto, ore 12.00, per il trasferimento a Bruxelles non trovo alcuna indicazione per il maxitaxi prenotato in internet di andata e ritorno. Si tratta di uno shuttle bus che ho prenotato con una carta di credito virtuale nel sito web www.charleroitransfer.com al prezzo di 48,00 euro tondi tondi per andata e ritorno. Il trasferimento si chiama BRUSSELS DOOR TO DOOR SHUTTLE. Sulla mail di conferma si fa cenno ad un altro sito web, www.airportways.com, nella quale trovo scritto che "In order to be able to provide you the maximum comfort and quality, please read carefully the travel conditions and useful hints below. We wish you a nice trip!". Visto che il trasferimento dall'aeroporto al centro città è tuttosommato andato bene, dimentico facilmente qualche piccolo disappunto accadutomi e per ora taccio sul resto. Avremo modo di parlarne in seguito. Anticipo solo che il ritorno sarà molto diverso e più drammatico dell'andata. C'è sempre qualche cosa fuori posto in questi viaggi.Noto altre persone che aspettano insieme a me al meeting point, probabilmente perchè devono prendere il mio stesso mezzo di locomozione. Alla fine non so come, mi ritrovo che seguo un signore che senza farsi riconoscere mi indica di seguirlo fuori. In un'area di parcheggio dell'aeroporto trovo uno shuttle collettivo il cui conducente mi fa segno di salire. Ci sono altre due persone che viaggeranno con me. Per l'intero viaggio nessuno parla con un silenzio quasi tombale. La loquacità non è il forte dei belgi, penso. Noto che il viaggio dura circa 50 minuti, correndo sempre a velocità sostenuta. Segno che la distanza da Bruxelles dell'aeroporto Charleroi non è come da casa mia a Ciampino ma molto di più. Mi viene il desiderio di memorizzare alcuni luoghi di transito sul percorso ma dopo un po' ci rinuncio. Alla fine mi trovo depositato davanti all'hotel, senza una sola parola di circostanza. Meglio non pensarci e dico tra me "speriamo che al ritorno ci sia maggiore disponibilità e precisione da parte della compagnia". Ho pagato ben 24 euro per fare 55 km. Un po' troppi per i miei gusti. Ma questa volta non potevo fare diversamente. Per non diventare pessimista il primo giorno di vacanza mi dico che essendo l'ultimo viaggio del mio tour si può anche accettare.L'albergo in cui ho pernottato durante i quattro giorni è l'Hotel Ibis Brussels off Gran Place (N50° 50' 48,36" E4° 21' 18,29"). Si trova in posizione ideale, nel centro storico di Bruxelles, a circa 50 metri dalla Grand Place in Grasmarkt 100, Rue du Marché aux Herbes 100 e a poche decine di metri dalle Galeries St-Hubert. A destra la hall.Più precisamente l'hotel si trova nella Place D'Espagne. A sinistra al secondo piano la camera 209 dell'Hotel Ibis Gran Place dove ho abitato con piacere e a destra, nel centro della piazza sul retro, la statua dell'don Quixote de la Mancha e Sancio Panza. Questa piazza sul retro è una bella e piacevole piazzetta piena di alberi.Sono le 13.30 quando dopo avere sistemato la valigia in camera e sistemati i vestiti nell'armadio esco per andare a pranzare. La destinazione è Rue des Bouchers,1A. In questa via si trova uno dei ristoranti più famosi di Bruxelles: chez Leon. Probabilmente è uno dei nomi più conosciuti di Bruxelles in fatto di ristorazione. Pietanze ottime e di grande qualità. Non aggiungo nulla su cosa rappresenta nell'immaginario collettivo del turista pranzare qui in questo locale, con un menu a base di moules frites, ovvero di cozze stufate con sughetto alle erbe aromatiche servite con patatine fritte croccanti. La via "dei Buccieri", cioè dei macellai, vista su una foto rimpicciolita, come quella qui presente, può sembrare una delle tantissime vie turistiche che si incontrano nei centri storici delle mille città europee. Potrebbe. In realtà non lo è. Perchè? Per il semplice motivo che nelle viuzze strette di questa parte della città si respira un'atmosfera particolare, tutta improntata su caratteristiche che potrebbero essere francesi ma che a una più attenta riflessione francesi non sembrano. Si respira un'aria di perduta atmosfera aristocratica che caratterizza la visione delle strade, l'odore dell'aria, i rumori della strada. Si notano segni particolari dovuti alla presenza di una equilibrata e multiforme composizione antropologica della popolazione che la rendono unica.Sono affamato. Il pranzo consiste in un piatto speciale di moules con patatine fritte e poi salmone grigliato. Non potevo farne a meno dopo una intera mattinata trascorsa su mezzi di trasporto di tutti i tipi e sballottato da un posto all'altro con un freddo che si fa sentire. Le cozze con le patatine fritte sono la specialità del luogo.Per certi aspetti l'enfasi del menù, questa specie di esaltazione della caratteristica locale di un prodotto, mi ricorda certe trattorie romane. In questi ristorantini dell'Urbe, delizia dei turisti e dei buongustai, si trovano ancora pietanze della cucina locale con piatti veramente caratteristici come la trippa alla romana tanto decantati che c'è una vasta pubblicizzazione sulle pareti del successo di questo genere di pietanze. Ecco: le moules mi ricordano la trippa. L'accostamento è irrituale ma non mi sbaglierò molto se dico che spesso è così.Cambia la lingua, cambiano i luoghi di produzione degli ingredienti della cucina, cambiano i valori della latitudine e della longitudine ma le pareti dei ristoranti a nord come a sud, a est come a ovest, sono quasi tutte uguali. In gran parte hanno appese su di esse le foto di personalità dell'arte, del cinema o della cultura che hanno mangiato lì, lasciando come testimonianza del loro passaggio un viso o una dedica. "Tutto il mondo è paese" si dice dalle mie parti e i ristoratori europei confermano questo detto popolare. Il cameriere ha riconosciuto subito che sono italiano e mi dice alcune parole con una leggera inflessione milanese. Sto al gioco e gli vanto la pietanza che ho ordinato esaltandone il gusto per la presenza di abbondante sedano a pezzetti. In verità, nel Bel Paese, il sedano non viene mai messo nelle cozze. Il pomodoro si, ma il sedano no.Paese che vai pietanze che trovi. Vero? Ma la pietanza è gustosa lo stesso, anche con questo vegetale che fra l'altro io apprezzo molto, soprattutto mangiato crudo a insalatina, condito con sale e olio. A volte, in questi viaggi tra le capitali europee, in molte pietanze trovo ingredienti un po' originali, spesso bizzarri ma quasi sempre tutti piacevoli. L'esperienza e la maestria dei cuochi non ha avuto e non ha limiti a tutte le latitudini.Conoscere questi elementi della enogastronomia è sempre gradevole perchè è facile e piacevole effettuare confronti, similitudini, argomentare in termini di nomi di piatti e di pietanze linguisticamente equivalenti, effettuare paragoni, ricordare storia, geografia, ecc. Insomma, in una sola parola ciò significa tirar fuori cultura anche in una questione di basso ventre. Non è poco.All'uscita dal ristorante e con la pancia piena (non per nulla Rue des Bouchers è chiamata la "pancia di Bruxelles", per i numerosi ristoranti che si trovano in questa via) non c'è nulla di più piacevole che passeggiare al riparo di una galleria. E le Galeries St-Hubert fanno al caso mio. Ho letto da qualche parte che questa parte della città bassa è stata dichiarata dalla municipalità: Ilot Sacré, cioè immodificabile in tutti i suoi tratti architettonici e artistici perchè si è cercato di salvaguardare l'intera struttura delle strade e delle facciate degli edifici per conservare la memoria storica di questa zona a grande vocazione turistica. La galleria è bellissima, ancorché antica. Risale almeno a centosessant'anni fa, ed è tale e quale com'era a quel tempo, un po' invecchiata e con qualche angolino da rimettere a nuovo, ma per il resto è stupenda. E' stata la prima galleria commerciale d'Europa, e come tale ha la sua importanza storica. Fare da apripista in Europa è garanzia di pubblicità eterna. Il tetto è di vetro ed io mi immagino le passeggiate fatte in questo lungo pavimento qualche secolo fa da intellettuali e nobili del tempo.La percorro diverse volte in su e in giù e, lo confesso candidamente, rimango affascinato dall'atmosfera d'altri tempi che si respira. Invece sono rimasto praticamente indifferente alle vetrine e ai pasticcini di cioccolato che sono stati messi in bella mostra dietro i vetri, probabilmente perchè il pranzo è stato abbondante. Ogni città ha la sua "Galerie St-Hubert". Roma ha la Galleria Alberto Sordi, che prende il nome dal noto attore romano deceduto qualche decennio fa. Milano ha anche la sua galleria vicino al Duomo e quasi tutte le città italiane hanno la loro galleria. Anche a Roma, mi diverto a passeggiare in su e in giù in questa sorta di vetrina commerciale. Ma la galleria romana è a pianta quadrata mentre questa è a forma di un lungo rettangolo. E' piacevole rimanere a passeggiare. Se dipendesse da me non me ne andrei più. Ma l'ansia di vedere la Grand Place mi prende. Prima però ho voluto dare uno sguardo alla libreria antica che fa bella mostra di sè nella parte centrale. Incantevole è il minimo che posso dire. Ho sempre saputo che la vista a Bruxelles sarebbe stata piacevole e piena di emozioni. Questo è uno dei veri motivi che mi hanno indotto a fare questo viaggio. Devo confessare altresì che sono poche le situazioni che mi fanno provare sensazioni piacevoli. Una è l'oziare su una spiaggia, sotto un ombrellone, in estate al mare, soprattutto in posti dove ci sono poche persone che fanno il bagno. L'altra è passeggiare in luoghi famosi ma in condizioni di anonimato assoluto e osservare ciò che mi succede intorno. Dico tra me che la visita è iniziata nel migliore dei modi se penso che alcune ore fa ero ancora nella solita confusione e nell'assordante rumore delle strade romane mentre adesso mi trovo in una specie di paradisiaca città, piacevole, pulita e ordinata. Non mi stancherò mai di criticare l'incapacità degli italiani, specie quelli del sud, a risolvere i problemi delicati e importanti che riguardano tutta una serie di inquinamenti (acustico, rifiuti, traffico, trasporti, ecc.) delle proprie città. Qui è tutto un altro mondo. E ancora non è niente penso perchè vado immediatamente a vedere il cuore geografico e storico della città, ovvero la piazza in cui ha sede il Municipio di Bruxelles, chiamata Grand Place. Il nome lascia presagire qualcosa di grande, di prezioso, di straordinario e in effetti si rimane a bocca aperta nel vedere tutto questo gran "ben di Dio". Non è possibile rimanere indifferenti a tanta grazia. Architettura, storia, geografia, cultura, armonia, bellezza è come se si fossero dati appuntamento in questa piazza - nello spazio e nel tempo - e avessero deciso di stupire i turisti. E' possibile provare ancora stupore nell'osservare una piazza? Io credo di si, soprattutto se non si avesse mai avuto la possibilità di vedere prima la Gran Place. L'Hôtel de Ville, ovvero il Municipio di Bruxelles, è il vero gioiello architettonico di questa piazza, piena di fiori e di rare bellezze.C'è freddo, la colonnina di mercurio dei termometri, nonostante ci troviamo nelle ore più calde della giornata, si trova nella parte bassa della scala: 10 gradi celsius alle 4 del pomeriggio lasciano presagire ancora più freddo la mattina e la sera. Sarà perchè ho mangiato bene e molto, sarà perchè le bellezze della piazza mi hanno entusiasmato, fatto sta che non sento molto freddo e sfido la tramontana nel farmi una foto senza giaccone e cappello.Le tre foto individuano tre scorci bellissimi della piazza a ciottoli. Le due lingue ufficiali di Bruxelles, il vallone e il fiammingo, chiamano questa meraviglia Grand Place e Grote Markt. Certo non deve essere facile vivere a Bruxelles con la presenza severa di due lingue ufficiali molto diverse tra di loro.Quasi sempre il bilinguismo nasconde due modi differenti di intendere politica e società. Personalmente sono sempre rattristato quando vedo che una città e un popolo sono costretti a schierarsi a favore di una delle due lingue presenti nel loro paese. Si dice che il Belgio è da molto tempo senza governo per la nota contrapposizione esistente tra Fiamminghi e Valloni. Sono città tristi quelle dove si è costretti a far convivere due mondi linguistici quasi sempre diametralmente contrapposti in cui ciascuno è sordo nei confronti dell'altro. Prendete in Italia la città di Bolzano o Bozen, che ha ufficialmente il bilinguismo, e toccherete con mano cosa significa vivere col bilancino delle etnie rappresentative. Non ho ricette per risolvere il problema, ma un'idea a proposito della convivenza di più lingue nello stesso Stato ce l'ho sempre avuta e voglio qui esplicitarla, non foss'altro che per la sua carica provocatoria che essa propone e per la lezione educativa che essa porta con se. Partendo dal presupposto storico che la babele delle lingue è nata dalla punizione biblica voluta da Dio in persona nei confronti dell'intera umanità (decisione che non ho mai compreso, se è vero ciò che si dice a proposito del fatto che la decisione è venuta dallo stesso Dio che è definito dai cristiani il Dio "Buono") allora è necessario andare fino in fondo alle conseguenze della punizione. Se si vogliono due lingue con l'intenzione di separare e non di unire gli uni dagli altri, allora i fatti sono due: o se ne adoperano più di due, al limite anche cinquanta, e chiunque può esprimersi in cinquanta idiomi differenti, oppure si accettano solo due lingue ma in questo caso a una condizione ben precisa. Quale? Per il principio educativo dell'inversione, ci si scambia le lingue. Per esempio a Bruxelles la condizione obbligherebbe i cittadini fiamminghi a parlare il francese e solo il francese e ai cittadini valloni di parlare il fiammingo e solo il fiammingo. Così il bilinguismo funzionerebbe alla perfezione proprio perchè sarebbe una scarpa strettissima calzata ai piedi di entrambe le fazioni. Vogliamo provare? Sai che male! Alla stessa maniera si dovrebbe fare a Bolzano-Bozen con l'italiano e il tedesco, a Cipro con i greco-ciprioti e i turco-ciprioti, in Palestina e in Israele con i palestinesi costretti a parlare in ebraico e gli israeliani a parlare in arabo, e via discorrendo. Credo che dopo qualche anno di esperienza diretta il rapporto sociale e politico tra le due comunità si appianerebbe di molto. Invece, la stupidità dei governi e dei cittadini più oltranzisti si appiattisce in uno stupido e idiota tifo da stadio di calcio, in cui è più acclamato colui che incita di più alla violenza e all'estremismo. Vai a capire gli uomini e le donne del nostro mondo. Ritorniamo a noi. Il Palazzo comunale è superbo. In francese si dice superbe. L'aggettivo calza alla perfezione. Si tratta di un edificio raffinato ed eccezionalmente decorato da sculture e arcate che ne fanno un unicum. Non ci sono parole per descrivere il campanile e dentro è ancora meglio. Mi fermo qui perchè non vorrei esagerare. Chiarisco subito con ironia che la municipalità non mi ha dato neanche 1 € affinché io parlassi bene di Bruxelles in questo report. Dunque, non sono stato pagato da nessuno per dire il falso. Il fatto è che Bruxelles non ha bisogno di pagare nessuno per descrivere le sue bellezze. Come si suol dire in questi casi: "carta canta"! Si è fatto tardi ed è ora di andare ad "assaggiare" le lenzuola del letto dell'albergo per un riposino ristoratore. La giornata è ancora lunga.
Secondo giorno. Il mio secondo giorno a Bruxelles inizia con l'idea persistente da giorni di visitare al più presto il quartiere del Parlamento europeo e la sede dell'Unione Europea. Confesso candidamente che questo è uno dei principali obiettivi della mia visita nella città. Inizierò questo resoconto partendo da una premessa che è rappresentata da uno scambio epistolare che ho avuto con i Palazzi dell'Unione. Ecco di cosa si tratta. Circa due mesi fa ho inviato al Referente dell'Unione europea una lettera. Ecco il testo.

Roma, 24 luglio 2010 Gent.mo Referente,

sono un cittadino europeo di nazionalità italiana. Risiedo a Roma e sono un insegnante liceale di fisica in pensione. Ho 64 anni e sono un europeo che crede profondamente nei valori costitutivi dell’Unione Europea. In breve, scrivo questa lettera perché ho il desiderio di visitare il Palazzo della Commissione Europea di Bruxelles. Naturalmente ho delle ragioni ben precise che mi hanno indotto a chiederle di soddisfare questo mio desiderio. La principale ragione di questa mia richiesta sta nel fatto che circa dieci anni fa, in relazione al mio entusiasmo per i grandi successi ottenuti dall’Unione Europea nel concretizzare l’idea di cittadinanza europea, e subito dopo quella di moneta comune, decisi di visitare tutte le capitali dell’Unione in omaggio all’avventura europea dei padri fondatori dell’Europa per lasciare nella mia mente di cittadino ormai non più ventenne il ricordo e la memoria dei miei viaggi culturali nei luoghi più rappresentativi dei vari paesi che sono le capitali dell’Unione. In poche parole ho il desiderio di vedere direttamente da testimone ciò che è l’UE e lasciare in me i ricordi di un’esperienza di vita vissuta, anche se breve, in tutti i paesi dell’Unione. In queste mie appassionate e appassionanti visite nelle capitali dell’Unione ho fatto il turista, ma non solo. Ho speso del denaro in euro in tutti i paesi che l’hanno adottato, ho attraversato frontiere che non esistono più, ho provato l’emozione di vedere in tutte le capitali sventolare la stessa bandiera blu con le 12 stelle dell’Unione, ho fatto i check-in e i check-out negli aeroporti di tutte le capitali europee passando sempre dal box dei cittadini UE, ho visto direttamente in tutte le capitali lo stesso modello di targa europea con il medesimo logo dell’Unione, sono stato accolto in tutti i posti in cui mi sono trovato con simpatia e interesse, ho visitato musei, teatri, chiese, sinagoghe, moschee, palazzi pubblici, tesori artistici e mille altre cose con propensione altruistica, generosità e attrazione reciproca, ho gustato le mille pietanze caratteristiche della cucina europea, ho assaggiato la straordinaria vitalità e varietà eno-gastronomica del continente che caratterizzano la civiltà europea, ho pernottato in tanti posti delle città visitate e mi sono trovato sempre bene; non sono mai stato oggetto di discriminazioni in nessun paese e, per ultimo ma non di meno, ho conosciuto mille e mille europei con i quali ho appreso l’arte del saper stare bene insieme, indipendentemente dalla diversità delle lingue, della nazionalità e delle religioni, rispettando sempre le tradizioni e i valori dei cittadini dei vari luoghi visitati. Insomma, ho effettuato un percorso di vita e di civiltà che meritava il mio interesse e la mia partecipazione. Adesso che sono arrivato alla meta delle ventisette visite, concludo con l’ultima capitale, che è Bruxelles. Questa bellissima città l’ho lasciata volontariamente per ultima perché essa è la sede ufficiale dell’UE che conclude, meglio di come avrei potuto pensare, questo mio progetto di conoscenza che, sono sicuro, rimarrà indelebile nella mia memoria. A conclusione del lungo ed esaltante giro che, ripeto, non è stato solo turistico ma soprattutto è stato culturale, storico, politico, artistico e altro, chiedo una semplice cortesia.
Egregio Referente, con la presente le chiedo il permesso di poter visitare, anche se di sfuggita una piccola porzione della sede dell’UE. Intendiamoci, con questo non voglio dire che adesso non viaggerò più in Europa. Al contrario, penso che il nostro continente, senza togliere nulla agli altri, sia il più straordinario e vitale continente del nostro pianeta. Non sembra, ma è enorme, vasto, diversissimo e ricco di cultura millenaria, tradizioni, arte e, in generale, di tutti quei tesori che la civiltà europea è riuscita a creare nei millenni della sua storia. Sta alle nuove generazioni passare il testimone del nostro entusiasmo nei confronti dell’avventura più esaltante e straordinaria che i padri dell’Europa vollero creare sulle macerie della seconda guerra mondiale. Possa il loro ricordo essere di stimolo ai giovani di tutti i ventisette paesi per continuare la sfida di realizzare un mondo di pace, di collaborazione e di reciproca fiducia con tutti i popoli del pianeta. E poi, chissà, che le 27 capitali non diventino 28, o 30 o di più. Vorrebbe dire che avrò ancora una volta il piacere di completare questa straordinaria avventura che è la costruzione dell’Unione Europea, pietra miliare di una storia ricca di grandi traguardi. Con stima.
Ad maiora.
Ed ecco la risposta ottenuta a stretto giro di posta. Ringrazio qui il Referente che mi ha risposto.







Bruxelles, 26 luglio 2010
Oggetto: 14627 VISITA AL PARLAMENTO EUROPEO
Egregio Signore,
Il Parlamento europeo (PE) ha ricevuto la Sua corrispondenza con la quale Lei auspica ricevere ragguagli sulle modalità di visita presso la nostra istituzione.
In risposta alla Sua lettera, posso informarLa che il PE accoglie visitatori sia in gruppo che singolarmente, nelle sue tre sedi di lavoro, ovverosia Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo.
Per conoscere le relative formalità di visita, La invito a consultare le pagine del nostro sito che corrispondono alle diverse visite proposte in ciascuna sede di lavoro del PE, all'indirizzo qui di seguito indicato:
http://www.europarl.eu/parliament
Mi é gradita l'occasione per porgerLe i miei più cordiali saluti.
Cesare LONGO
European Parliament
Directorate General for Presidency
Unité du Courrier du Citoyen

Effettivamente il link proposto dalla Direzione Generale conduce a una pagina intitolata Servizio Informazioni per i cittadini dove si danno le informazioni circa le visite al Palazzo dell'Unione. Ed è qui che sono arrivato dopo un tragitto piacevole e interessante attraverso le belle strade della capitale belga.Il complesso di vetro dei Palazzi della Commissione Europea si trova dietro la stazione del Quartiere Léopold. Per arrivarci prendo il Metro verso il Quartiere Europeo (fermata Schuman). Incontro strade moderne e un viale abbastanza futuristico che offre un'immagine della città molto moderna e che finisce al Parc du Cinquantenaire, con il famoso Arco.All'interno si deve fare il check-in come in aeroporto. Stesso controllo, stessa severità, stesso comportamento ai varchi da parte del personale di controllo. Eccomi sopra sorridente al varco d'entrata del Palazzo di vetro insieme a una coorte di giovani visitatori delle meraviglie dell'Unione Europea.Ho osservato la gente che come me ha effettuato la visita. Eravamo di tante nazionalità. Tedeschi, svedesi, spagnoli, italiani, estoni e tanti altri di altri Paesi. Un mare di lingue e una sola identità: quella europea. E' impossibile individuare tutte le nazionalità delle centinaia di visitatori che con gaiezza e spensieratezza hanno camminato per le sale del palazzo. Giuro che mi sono commosso nel vedere tanta gente diversa che ha assistito alle spiegazioni della guida con lo stesso e identico approccio di serietà, di interesse e di curiosità. Uno spagnolo mi ha scattato la foto che mi vede davanti a tutte le ventisette bandiere dei paesi dell'Unione. Non ho visto un solo visitatore che non abbia partecipato attentamente alle spiegazioni date. Sul mio maglioncino a righe grigie spicca l'adesivo di visitatore europeo. Lo stesso giovane spagnolo mi ha fotografato di nuovo sullo sfondo dell'immensa aula dei lavori parlamentari. L'ultima foto, ci è stato spiegato, rappresenta una enorme intreccio di fili di acciaio che metaforicamente rappresentano le migliaia di relazioni storiche e culturali e di intrecci socio-politici esistenti tra tutti i paesi dell'Unione. Una scultura originale e carica di profondo significato. Ho trascorso almeno due ore pieno di gioia e di letizia a seguire nei dettagli la lezione delle guide. Molte emozioni, tante sorprese nel concretizzare la mia visita all'Unione Europea. All'uscita dal palazzo di vetro ho incontrato una manifestazione di dissenso con centinaia di manifestanti che portavano cartelli di protesta. Mi è sembrato di essere di nuovo a Roma dove non passa giorno che non ci sia una manifestazione del genere. Qui però la sfilata è meno colorata e più di routine. A Roma è sempre disordinata, con grida feroci e contorno di militari schierati in tanti modi. A Bruxelles ho visto pochi poliziotti seguire con discrezione la sfilata. Sono sempre stato contrario alla violenza e ai toni alti. Ho sempre preferito la logica del confronto e delle discussioni alle grida senza interlocuzione.Probabilmente perchè non sono mai stato toccato nel profondo di decisioni che possono cambiare la vita a chi subisce un'ingiustizia. Mi allontano dalla manifestazione con pensieri poco allegri su come funziona in pratica il mondo. Alle 13,30 ho pranzato all'Achepot, Place Sainte-Catherine,1 piccolo ma noto ristorante della zona i cui proprietari Antoine e Halinka Renoux hanno lasciato a desiderare sul piano dell'accoglienza. Il menù per due persone è consistito in sogliola di Dover, insalata mista, birra e vino bianco.In serata al ristorante libanese Al Barmaki in rue des Éperonniers 67. Anche questo ristorante, come l'Achepot, si trova poco distante dalla Gran Place. Ecco il classico menù arabo per tre persone che non prevede piatti singoli ma una specie di meze, cioè un assortimento di piccole portate: tabbule, hummus, falafel e altro.
Terzo giorno. La mattinata inizia con il tour della città su un bus dell'onnipresente "Sightseeing Excursions". A Roma l'autobus ha il numero 101. Qui si chiama Visit Brussels Line. Sono le 11,12 quando in Grasmarkt 82, vicino alla Cathédrale des Saints Michel et Gudule salgo sul bus. Il De Bulek City Sightseeing Hop on top off costa 16.00 €. Il tour dura un'ora circa. Sul bus è disponibile una cuffia con registrazione dei commenti in lingua italiana. Permette di vedere i luoghi e i palazzi più importanti di Bruxelles e di seguire la storia dei principali avvenimenti che interessano la storia di Bruxelles. Si va dalla Stazione Centrale all'Atomium, dal Palazzo Reale alla Borsa e al Manneken Pis, dal Parlamento Europeo al Parco del Cinquantenario, da Piazza Reale di nuovo alla Stazione Centrale, capoliea del tour. Insomma, una bella full immersion e un interessante ripasso di cultura, arte, storia e politica belga.Non ho alcuna intenzione di commentare questi straordinari luoghi e monumenti di grande interesse. Sono bellissimi e qualunque guida turistica contiene le informazioni adeguate sulla loro storia. Sull'Atomium invece ho qualcosa da dire. L'Atomium è una struttura architettonica che riguarda la struttura atomica della materia a livello microscopico.Simbolo di Bruxelles e del Belgio, è una realizzazione unica nella storia dell'architettura e testimone emblematico dell'Esposizione universale di Bruxelles del 1958. Fin da bambino ne ho sentito parlare come di un esempio unico di architettura. Ne sono rimasto affascinato ed ho sempre desiderato di visitarlo. So che ogni sfera ha un suo nome ed esse costituiscono un esempio raro di divulgazione scientifica, di concerti, seminari e persino banchetti. Ho avuto poco tempo per visitarlo e ne sono rimasto affascinato.Qualche minuto prima delle 15.00 provo a sgranocchiare qualcosa a pranzo. "Soupe à l'Oignon" come antipasto, "Croquettes aux Crevettes Grises" come pietanza principale e un cafè "Ristretto" sono il minipasto veloce e piacevole che gusto a Le Grand Café in Anspachlaan 78. Qui c'è la fermata della metro della Bourse-Beurs che mi permette di ammirare "palazzi e castelli" di questa zona della città. La giornata è scivolata via per le strade di Bruxelles e per negozi. Immancabili la visita al Manneken Pis. Il resto sono state ironiche e provocatorie raffigurazioni che sono andate dai fumetti della Banda Dessinée alla morte con scheletro seduto su divanetto in posizione di riposo.Dopo aver assaggiato la cucina vallone decido di passare a quella fiamminga. Dunque, cena al ristorante Bij den Boer al Quai aux Briques, 60. Questo ristorante si trova nella bella piazza del mercato del pesce e propone una cucina di pesce di tipo fiammingo al cento per cento. Il menù per due persone è consistito di: potage du jour, saumon fume, salade mixte, verre de vin blanc. La serata è stata molto rumorosa perchè rallegrata da una comitiva fiamminga che si è divertita a mangiare e bere con intensità fuori dal comune.
Quarto e ultimo giorno. E' il giorno della partenza. O meglio, del ritorno a Roma. Fin dalle prime ore del mattino scopro in me un po' in ansia. In genere è normale che ci sia un po' di apprensione quando c'è di mezzo una partenza. Ma questa volta è diverso perchè il mezzo di trasporto scelto per l'aeroporto non è pubblico e, quindi, gli orari non sono prestabiliti con la relativa certezza che le compagnie dei trasporti pubblici garantiscono. Il fatto è che il ritorno a Roma avviene con altre due gentili ospiti e questo mi procura uno stato di inquietudine aggiuntivo per gli eventuali contrattempi che in genere in questi casi possono avvenire senza la doverosa e necessaria elasticità che posso garantire quando viaggio da solo. Ma cerco di rincuorarmi perchè, mi dico, qui siamo a Bruxelles e non a Roma dove è più probabile che gli orari non siano rispettati. E, poi, penso che a Bruxelles il traffico sia diverso, più fluido, più ordinato; gli automobilisti nella guida sono più corretti e, infine, l'orario concordato della partenza per Charleroi dal mio albergo con lo shuttle è per le 14.30 a fronte di un orario limite del check-in in aeroporto delle 18.05. Il margine di 3 ore e 35 minuti è abbastanza adeguato per non correre rischi. Ma ho fatto i conti senza ... l'oste.Qui il sostantivo "oste" ha un duplice significato: di "nemico della puntualità" perchè carico di significato simbolico e metaforico da terzo incomodo e di "lavoratore autonomo" che vende alcool agli autisti degli shuttle. Si, perchè nonostante i miei accorati e ripetuti richiami telefonici al numero di assistenza fornitomi dalla società per sollecitare la puntualità del mezzo di trasporto, l'autista era diventato irreperibile anche alla stessa società e non rispondeva al telefono. La ragione? L'ho scoperta all'arrivo davanti all'hotel Ibis: aveva fatto convivio in qualche osteria con Bacco. Insomma, era avvinazzato. Alle 16.15, preoccupatissimo del ritardo e al limite del ricovero in un ospedale per infarto, lo vedo arrivare davanti all'albergo come se non fosse successo nulla. Rotondetto (non era quello dell'andata), biondiccio, con l'occhio lucido e completamente sbracciato a 9 °C, mi fa cenno di salire prendendomi la valigia dalla mano. Non una sola parola per l'intero viaggio. Velocità da gran premio automobilistico, molti sorpassi a zig zag, mancato rispetto dei segnali stradali, al limite del ritiro della patente, mi ha fatto passare l'ora più nervosa e agitata della mia vita.Ho detto a me stesso che mai più avrei deciso un uso così stupido e "delinquenziale" del denaro e guai a coloro i quali mi parleranno di shuttle come meraviglia di comodità. L'arrivo a Charleroi è stato a dir poco traumatico. Nervi tesissimi, muscoli paralizzati per la tensione accumulata nell'ora di viaggio, dita arrossate per essermi tenuto avvinghiato alla maniglia di sicurezza del finestrino con gli occhi sbarrati per l'intera durata del tragitto, corsa contro il tempo per il check-in e, alla fine, ma solo alla fine, una entrata rapida nei locali del piccolo aeroporto di Bruxelles Sud. Una bibita rinfrescante ma, soprattutto, rilassante bevuta nei pochi minuti di attesa prima dell'imbarco sull'aereo ha caratterizzato la sola cosa piacevole dell'intero viaggio di ritorno. Un triller alla Alfred Hitchcock. Non trovo altra definizione più calzante di questa. E dire che esisteva un mezzo economico e molto più sicuro degli shuttle per arrivare alla Gare du Nord di Bruxelles, vicinissimo al mio albergo, con il comodissimo treno chiamato Airport City Express al prezzo di 2,50 € per biglietto! Cose da pazzi. Ho trascorso a Bruxelles quattro giorni straordinari, rovinati in parte da un'esperienza da dimenticare al più presto. Arrivederci a Belgrado. Senza shuttle, of course!

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
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TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

Manuali e guide di viaggio adoperate.




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