domenica 26 settembre 2004


Di solito i tribunali sono lenti, ma questa volta sono stati velocissimi. Come mai?

Strano, molto strano. Un servizio televisivo di RAI3 ha informato i telespettatori che un familiare di una persona uccisa dalla mafia circa 15 anni fa in Sicilia, è stato condannato da un tribunale di Palermo a pagare una grossa multa per diffamazione. La stranezza del fatto non risiede nè nella notizia in sé, né nella sentenza. Per carità, anche i mafiosi hanno diritto a ricorrere ai tribunali quando si sentono lesi nei loro diritti. Ci mancherebbe. Certo, sentire che un Tribunale della Repubblica ha condannato un familiare di un ucciso dalla mafia perché il mafioso in questione ha difeso la propria "onorabilità", diciamo la verità fa un certo effetto. Tuttavia, non discutiamo la decisione dei giudici. Siamo dell'opinione che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. Prendiamo atto del risultato del tribunale. Il fatto è un altro. Ed è molto grave. A nostro giudizio non si riesce a comprendere come sia stato possibile che un tribunale siciliano sia stato in grado di concludere l'iter complesso di un processo civile per diffamazione in così poco tempo. La stranezza, diciamo così, consiste nell'aver consentito a un condannato per un delitto di mafia di ottenere la sentenza che condanna l'"avversario" in un tempo incredibilmente veloce rispetto ai normali tempi della giustizia siciliana. Sarà stato solo professionalità dei giudici o altro? Ai posteri l'ardua sentenza.

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