martedì 8 aprile 2008

Un racconto romanesco da osteria che fa piangere.


Ecco il testo del celeberrimo dialogo tra un poliziotto e un orfano che viene arrestato per furto. Questo dialogo veniva raccontato negli anni '30 quasi sempre nei luoghi di mescita del vino, a Roma. Tempi duri quelli. Tempi in cui davanti a un bicchiere di vino gli alcolisti del tempo non esitavano a raccontare frottole ma anche storie di vita drammatica e vissuti che "intenerivano er core" pur di dimenticare i tempi bui della Roma mussoliniana. A memoria, pubblichiamo questa originalissima e quasi introvabile poesia.

Fui preso da una guardia al camposanto,
proprio nel mentre che rubavo un fiore;
e fui portato via con gli occhi in pianto,
tutto tremante e pieno di paura
per essere interrogato su in Questura.
- "Quanti anni avete?"
- "Dodici compiuti."
- "Incominciate bene la carriera... E vostro padre, è vivo o morto?"
- "E' morto in guerra, al San Michele,
spirando come scrisse il comandante,
accanto alla bandiera svolazzante".

- "E non vi vergognate! disonorar quel nome che portate,
un nome che fu scritto nella Storia
di chi dette la vita per la gloria?
E quando un po' più tardi vostra madre saprà,
che dirà d'un figlio che non conosce umanità?"

- "Perdonate un orfanello,
ché pure mamma bella m'ha lasciato;
là, che da tre mesi è sotterrata,
in mezzo a una fossa abbandonata!
Ecco perché, in preda allo sconforto, al Verano,
vagando solo tra tante tombe illuminate
con marmi bianchi pieni di rose rosse e profumate…
ho preso un fiore per portarlo a mamma!"


Si racconta che un anziano bevitore, noto come Piriccollu, sotto l'effetto del vino bevuto, ascoltando la tenera poesiola ben raccontata da un avventore spiritoso e teatrale di nome Salvatore, davanti ad una allegra brigata nella bottega di tal Cicciu 'nchimma, si commosse a tal punto che fra una lacrima e l'altra chiese al narratore del dialogo se alla fine il poliziotto, toccato dalla drammatica storia del bambino, avesse o meno esclamato all'indirizzo del declamante: "Poverillicchiu, ma puoi u commissariu u libberau, nonevvera?", cioè se avesse lasciato libero o meno il giovane. Potenza del nettare di Bacco e della bravura teatrale dell'avventore .

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie di cuore per questa poesia che ad ogni pranzo ufficiale della mia famiglia declamava mio nonno più di trenta anni fa. Ero piccola ed ero convinta che fosse una poesia scritta da lui. Finalmente ho scoperto l'arcano. Chissà chi è l'autore e se ha scritto altre poesie.

Unknown ha detto...

La recitava sempre il mio papà...nato avicolo del moro dive sono nata anche io....papà mio bello ti amo fino lassù!!

Unknown ha detto...

La recitava sempre mia madre a Natale di fronte ai figli nipoti e pronipoti. Che dire mi vengono i brividi a ricordarla. ❤️

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