lunedì 7 dicembre 2009

Proteste e ragioni del nostro voler essere scrupolosi.

Ci accusano di essere troppo zelanti nelle nostre denunce contro l’immoralità dilagante in Italia. Siamo stati rimproverati molte volte con l’accusa di eccesso di rigore e severità nelle nostre analisi politiche e sociali della società italiana. Molto probabilmente è vero. Nel senso che le nostre accuse hanno colpito il bersaglio, identificato sempre come obiettivo della denuncia dell’ingiustizia perpetrata dal potente di turno e dalla mancanza di equità di chi detiene il potere. Tutto qui. Il bersaglio principale è sempre il governo in carica. E non poteva essere diversamente. E in questi ultimi lustri colui che più di altri è stato al potere in Italia è stato il Sig. Silvio Berlusconi . Dunque, è normale che sia stato il nostro bersaglio. Ma chi vuole, può leggere i nostri articoli e può trovare anche che il governo Prodi è stato oggetto di bacchettate sulle mani per avere svolto politiche ingiuste, non eque e perfino meschine. L’accusa di essere stati zelanti, pertanto, ha un fondo di verità. Invero, il fatto più singolare è tuttavia un altro e cioè che noi siamo dell’idea di non essere stati all’altezza del nostro compito nel rimproverare adeguatamente tutti gli ingiusti che si sono avvicendati sulla scena nazionale. Troppo spesso abbiamo sorvolato su alcuni fatti gravi e frequentemente non abbiamo avuto la capacità di denunciare adeguatamente la corrotta e disonesta politica svolta dai governi in carica come avremmo voluto. Quando noi diciamo che il governo Berlusconi manca di etica lo affermiamo da un doppio punto di vista. In primo luogo perché l’uomo Berlusconi è un cittadino amorale e senza ritegno come persona. Amorale perché non ha mai mostrato di possederne una. In pratica, se ne è sempre infischiato dei più umili, degli svantaggiati, dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro per le ristrutturazioni selvagge effettuate dalle aziende che operano sul suolo italiano. L’amoralità di Berlusconi ha una ragion d’essere perché è legata al suo essere ricco sfondato e, in più, malauguratamente narcisista, presuntuoso e spesso vuoto di quelle belle manifestazioni di umiltà e di modestia tipiche dei grandi. Non dimentichiamo che Gesù nel vangelo disse che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada nel Paradiso”. Berlusconi si sente un deus ex machina ma in fondo in fondo è un poveruomo che usa il potere per scopi personali. Con la scusa dei comunisti ha accresciuto il giro di affari delle sue aziende, ha tentato di manipolare persino la Costituzione per fini privatistici e per ultimo mantiene il paese in un conflitto perenne con l’opposizione, non da avversario ma da nemico. In secondo luogo perché non solo non fa leggi etiche, leggi cioè che interessano la generalità dei cittadini e ancor più le fasce più deboli della popolazione, leggi eque e giuste, ma spesso le fa per interessi personali. Ma che razza di uomo può essere un individuo che si definisce cattolico se poi fa una politica da avaro che non dà a chi ha bisogno ma continua a prendere da tutti? Orbene, per eliminare errate interpretazioni facciamo un esempio del perché il Signor Berlusconi, a nostro parere, è poco etico e molto amorale. Si badi bene che quello che segue è un esempio, ma molto pedagogico. Parliamo di franchigia fiscale. E’ noto che le spese sanitarie sostenute nell’ultimo anno dai cittadini che presentano nella loro dichiarazione dei redditi le detrazioni per spese mediche prevedono una franchigia, che ammonta attualmente a 129,11€. E’ morale questa franchigia? Per noi non lo è, perché un cittadino povero che vive di pensione vive la franchigia come un furto mentre un ricco nemmeno se ne accorge che esiste. Un pensionato che guadagna 25 euro al giorno con questa tassa perde una giornata di pensione al mese perché il 19% del valore della franchigia è pressappoco 25 euro. Al contrario un ricco che guadagna mille o diecimila euro al giorno con la medesima tassa perde a grandi linee meno di un centesimo di quanto guadagna in un giorno. E’ morale secondo voi che un ricco appartenente alla categoria dei ricchi si trovi così avvantaggiato su un povero che non può difendere il suo interesse? Perché questa franchigia non viene rimossa? Questo è un piccolo esempio di quello che noi chiamiamo immoralità nella politica, che denunciamo agli occhi del paese da sempre. Ecco di cosa si tratta: di ricchi senza scrupoli che oltre al superfluo negano a chi non ha neanche l’indispensabile di alleviare un po’ i suoi bisogni. Giovanni, in un passo del Vangelo, alla domanda della folla che diceva che cosa dobbiamo fare, rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Qui non prohibet cum potest, jubet.

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