mercoledì 25 aprile 2007

Politica e linguaggio spesso in Italia non vanno d'accordo.

I congressi dei due principali partiti del centrosinistra, DS e Margherita, decidono di sciogliere i rispettivi partiti per fondersi in un altro, chiamato Partito democratico. Questo è il fatto del giorno e passiamo ai commenti. Siamo dell'opinione che il futuro Pd potrà essere la chiave di volta per risolvere molti problemi di governabilità nella politica italiana ma, nello stesso tempo, siamo dell'avviso che la fusione potrebbe risolversi in un clamoroso insuccesso. Visti i precedenti (PSI+PSDI=bicicletta instabile) non ne siamo sicuri. Dunque, potrebbe verificarsi o l'una o l'altra delle due ipotesi. Ma come diceva Gandhi “Everything you do will be insignificant, but it is very important you do it”, cioè "nella vita ci sono cose che devono essere fatte". Se sarà un successo lo verificheremo in seguito. Quello che consideriamo negativo invece è il linguaggio che si è sentito durante gli interventi congressuali dei DS. In relazione a questa scelta maggioritaria, due esponenti di spicco di questo partito hanno deciso di non aderire alla fusione. Sono fatti loro ed è un loro diritto decidere cosa fare. Tuttavia quando si prende una decisione così drastica ci si assume per intero la responsabilità che ne deriva. Ed è qui che casca l'asino. Secondo la logica classica i due, con la loro decisione, sono diventati avversari di Fassino e quindi avrebbero dovuto essere considerati tali. Invece abbiamo assistito a scenette da teatrino a dir poco bizzarre. Lasciamo stare le lacrime perchè come sentimenti umani le rispettiamo. Quello che non rispettiamo, perchè non lo comprendiamo, è il linguaggio adoperato dai vertici dei DS. Quel nominare i due con il loro nome di battesimo, Fabio e Gavino. Dice Fassino: "mi dispiace che Fabio ci lasci". Oppure, "avremmo avuto bisogno di Gavino. Speriamo che ci ripensi". Ecco un esempio di ciò che non funziona in questo paese: non si chiamano le cose con il loro nome. Si fa, insomma, ipocrisia a tutto campo. Noi siamo contrari a questo modo di parlare e di intendere la politica. Queste forme ipocrite di cameratismo bieco non ci piacciono perchè introducono confusione e disorientamento. Avremmo preferito che Fassino avesse detto: "Il Sig. Mussi è libero di andarsene quando vuole", oppure che "il Sig. Angius può andare a fare il capo dei Senatori in un'altra formazione". In politica il linguaggio è importante. Questo sdolcinare i rapporti, questo mostrare un volto comprensivo a tutti i costi in questioni di vitale importanza dove sarebbe necessaria la chiarezza (o bianco o nero), questo introdurre commistioni tra il perseguire un'idea e il modo di presentarla è assolutamente da evitare. Fanno diventare la politica un budino mieloso in cui non si capisce più come stanno veramente le cose. I Sigg. Mussi e Angius dovevano essere chiamati con il loro vero nome: ovvero avversari politici ai quali si dà del Lei perchè avversari. Perchè di questo si tratta, cioè si tratta di buonismo della peggiore specie. Siamo tutti buoni e amici qualunque cosa succeda! Mi dispiace ma questa non è politica.

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