mercoledì 14 maggio 2008

Il mio diciottesimo viaggio nell’UE: Nicosia.

Nicosia (10 maggio - 13 maggio 2008)

Sono andato a Λευκωσία in italiano Nicosia, capitale di Κύπρος, in italiano Cipro, a visitare l’antica città a forma di endecagono delimitata dai famosi undici bastioni costruiti dai veneziani per difendersi, inutilmente, dall’invasione turca ottomana del 1570 comandata da Mustafà Lala Pascià per conto del Sultano Selim II. Piccola premessa. Otto anni fa decisi un complesso e lungo progetto di viaggi, consistente nell’impegno che prendevo con me stesso a visitare tutte e ventisette le capitali degli Stati dell’UE, in omaggio alla straordinaria avventura politica che è l'Unione Europea. Personalmente considero l'Unione la cosa più mirabile che gli europei abbiano prodotto nell’intera loro storia. L’ultimo viaggio finora effettuato, il diciottesimo, mi ha portato, dal 10 al 13 maggio 2008, a Nicosia (il nome è in inglese, mentre in greco si dice Lefkosia e in turco Lefkoşa).Qualche riflessione sulla mia breve ma intensa vacanza la devo agli amici che mi seguono in questa avventura. Iniziamo dalla partenza. Sono le 9.00 quando alla Stazione di Roma Ostiense prendo il treno per Fiumicino. Una ragazza vicino a me legge un libro. Riesco a carpirne le coordinate bibliografiche. Si tratta del libro di Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea. E' una studentessa universitaria lombarda. Quel libro lo conosco benissimo. L'ho adoperato a scuola per molti anni nell'insegnamento. Ho sempre preteso dagli studenti la lettura attenta e ragionata del suo contenuto prima ancora di poter parlare di "tesine" agli esami di maturità. Senza la sua conoscenza non si fa molta strada nel produrre scritti di un certo valore. Ne sono convinto più che mai. La studentessa mi fa presente che continuerà a leggerlo anche la sera. Scende a una piccola stazione. Mi saluta e va via. Ore 10.00, arrivo alla stazione dell’aeroporto di Fiumicino. Scendo dal treno e imbocco il tunnel per andare al Terminal B che è il terminal per i voli internazionali. Mi aspetta un aereo della Cyprus Airways, il CY 0317, delle 12.30 per Larnaka. Rapide formalità al check-in e alle 12.25 sono sull’aereo seduto vicino al finestrino. Ho chiesto alla signorina del desk un posto panoramico, lontano dall’ala per vedere meglio dall'alto il mar Mediterraneo e le sue stupende isole. Ultimi saluti telefonici con la famiglia dalla carlinga dell'aereo e subito dopo cellulare spento come da prassi obbligatoria imposta dal comandante. I piccoli schermi della compagnia di bandiera greco-cipriota presenti sull'aereo ci fanno vedere un’anteprima dei monumenti di Cipro. A un certo punto i motori cominciano a fare più rumore e la velocità dell’aereo sulla pista aumenta. Una manciata di secondi dopo siamo in aria. Partiti. Adesso nessuno ci può più fermare. Arrivo previsto all’aeroporto di Larnaka alle 16.35, con un’ora "perduta" per il fuso orario che, naturalmente, riguadagnerò al ritorno. Ottimo viaggio aereo, con un assaggio della cucina greco-cipriota a bordo del velivolo durante la colazione. Il mio vicino di posto, contrariamente agli altri, da vero furbacchione di viaggi aerei, aveva prenotato un menù vegetariano con pesce e verdure cotte al vapore, molto meglio del mio. Qualche battuta sul cibo tra di noi e poi ci immergiamo nella lettura del giornale. Atterriamo con molta sicurezza lungo la pista di Larnaka che sfiora il mare. Scendiamo dall'aereo quasi subito. Non faccio in tempo a entrare nella sala vicino al rullo dei bagagli che ecco vedo la mia valigia. La sala arrivi è piccola e modesta. Sembra un grande hangar. Mi dirigo verso l’Ufficio turistico perché mi servono due informazioni. Ho un limitato lessico greco che dovrebbe aiutarmi. Si tratta delle poche parole di sopravvivenza, quali Ne, Òchi, Yiàsu, efharistò, signòmi, parakalò, kalimèra, kalispèra, to toghariazmò. Per primo mi serve una mappa dettagliata di Nicosia e in secondo luogo dove si trovano i taxi. Di domenica, purtroppo, non esistono bus dall’aeroporto di Larnaka per Nicosia. Mi ero già informato telefonando all'ambasciata di Cipro a Roma. Faccio sempre questa telefonata ogni volta che debbo andare in un paese straniero e mi informo dei mezzi di trasporto più comodi ed economici per raggiungere la destinazione. In genere migliorano la mia conoscenza delle possibilità che si offrono al turista. Altra fonte di infomazione che ricerco sempre sono i siti web degli autoctoni. Ecco un sito web che mi ha aiutato molto. Così, con un simpatico italiano compagno di viaggio, decidiamo di spartirci la tariffa e prendiamo un taxi viaggiando insieme. Prima novità, il tassista della vecchia mercedes era un turco-cipriota e non un greco-cipriota come era da aspettarsi. Tra l'altro non conosceva bene neanche le strade di Nicosia. Seconda novità, guida a sinistra e sterzo a destra. Come dire la stranezza per eccellenza, ovvero il retaggio del colonialismo inglese. Velocità notevole lungo l’autostrada Larnaka-Nicosia. Un po’ di preoccupazione per la tenuta del mezzo ma nulla da obiettare per la guida del nostro sornione e grassottello tassista turco-cipriota. Arrivo all’albergo alle 18.00. L’hotel si chiama Holiday Inn e si trova in Odos Riganis 70, davanti al bastione veneziano Tripoli, a 100 m dall’inizio di Via Ledra in Laïki Geitonia, che è la via pedonale per antonomasia nella quale la Nicosia greca passeggia piacevolmente la sera prendendo un gelato al fresco, almeno nel mese di maggio, non certo in estate, dove le temperature raggiungono valori sahariani. Starò tre notti e in camera sistemo i vestiti e gli oggetti personali appendendoli con cura nell'armadio.Dopo mezz’ora sono in strada per vedere e "sentire" per la prima volta la città. Sapete, questo è per me il momento più bello del viaggio. Respirare l’aria della città per la prima volta, osservando il traffico nelle strade e nelle piazze che spaziano davanti a me mi dà una sensazione piacevole di libertà. C’è ancora luce in abbondanza e decido di fare una prima passeggiata. Macchina fotografica in mano e borsa del turista a tracolla mi incammino lungo una via stretta. La sensazione è quella di una città del meridione d'Italia, con traffico disordinato e negozietti modesti sistemati uno dopo l'altro. Unica differenza che qui gli automobilisti osservano il codice della strada mentre nelle città meridionali e a Roma in particolare i cartelli sembrano essere un optional. Il programma prevede come primo impegno la visita della parte greca all’interno delle mura della città vecchia. A proposito, in tutte le città d’Europa c’è sempre una parte vecchia con i nomi più strani, a seconda della lingua usata, come per esempio old town, stare mesto, vanallin, vecriga, senamiestis, ecc... Mi incammino verso il luogo del passeggio serale nella via più importante.Mi trovo così all'imbocco della Via Ledra, dalla parte di Plateia Eleftherias. In fondo a questa strada pedonale si trova il nuovo passaggio di frontiera aperto da poco fra le due parti di Nicosia. L'ho letto sul sito web del giornale on-line di Nicosia, chiamato Cyprus Mail, (la pronuncia è "saiprusmeil" in perfetto inglese). Decido di andare a dare uno sguardo. I posti di frontiera mi hanno sempre interessato. Ricordate il film in cui nella Germania dell’immediato dopoguerra, su un ponte, mi sembra l'Oberbaum Brücke, ci si scambiava le spie? Oppure, ricordate al checkpoint Charlie, a Berlino, sempre in un film di spionaggio, il passaggio delle piccole auto che nascondevano una persona all’interno dell’angusto spazio e si rimaneva senza fiato nell’osservare i vopos della Germania Est a controllarle minuziosamente? Non siamo proprio a questi livelli ma la fantasia può spaziare, soprattutto se si ha il buon umore di fare dell’ironia. Sapete, quando viaggio da solo mi sorprendo a fare questi strani pensieri, spesso sciocchi ma tutto sommato piacevoli. Non dovrei dirlo ma alla fine che male c’è? Sono in vacanza no? Dunque, andiamo a vedere i "gendarmi di Ulbricht", mi dissi! All’inizio della Via Ledra c’è molta gente seduta fuori ai bar che prende un gelato o beve una bibita rinfrescante. Piacevole, e molto turistica è l'immagine dei tavolini sulla strada. Sembra di essere a Capri. Arrivo alla linea di demarcazione ma non si vede nulla della parte turca perché c’è un corridoio di circa trenta metri dal quale non traspare niente. Deluso mi metto alla ricerca di un ristorante. I morsi della fame cominciano a farsi sentire. Avevo visto nella guida turistica che lì vicino doveva esservi un posticino dove mangiare in modo autenticamente cipriota. Sapete quando vado all'estero non mangio mai all'italiana. Niente spaghetti o pizze. Niente lasagne. Al massimo una caprese con pomodori e mozzarella. Al contrario, mi piace conoscere la cucina locale, le sue specialità, le sue stranezze, i suoi sapori. Trovo questo posto, che è una taverna greco-cipriota in Via Ledra, sempre nel rione Laïki Geitona. All'interno si può vedere una parete piena zeppa di ritratti e foto di personalità che hanno lasciato una loro "impronta" nel locale.
In verità, queste pareti con affisse foto di qualunque genere mi ricordano le vecchie trattorie romane, quelle che vengono chiamate, per motivi turistici, Hostaria romana, con la h iniziale. A Roma ce ne sono tante con le locandine di film famosi, come quella di Alberto Sordi alle prese con un piatto di spaghetti. Mi siedo e ordino la classica serie di sette pietanze, chiamate mezè. I nomi dei componenti il menù? Eccoli: xoriatikh salada, anamikth, feta psiti, patates thganite, xoirino xsilaki, kommatia palseta, kommatia sis kembab giartoulou. Il nome del locale è KATH’ODON e si trova in Odos Ledras.In realtà io ho ordinato la forma meno impegnativa e minima di mezè. Da solo non potevo andare oltre. Non ce l’avrei fatta a ingurgitare tutta quella roba. Ci sono mezè per turisti con la pancia enorme, che consistono in dieci portate, una più pesante e abbondante delle altre. Si comincia con piccole pietanze vegetali come insalata, pomodorini al forno con feta greca, e si va a finire con spiedini misti di carne veramente impegnativi e indigeribili per stomaci leggeri e poco disponibili come il mio. Questa storia mi ricorda le nozze di Cana, quando dopo il miracolo del vino fatto da Gesù qualcuno si accorge dello straordinario nettare che sta bevendo e fa notare che di solito il vino buono lo si dà all'inizio e non alla fine del pasto. Il giorno successivo, forte del mio primo approccio con le mura della città, mi sono inoltrato nella parte greca vicino alla linea divisoria tra le due comunità. Mi verrebbe da dire linea divisoria della "stessa città" ma penso che questa lettura sia fuorviante di “unica” città alla luce del rapporto storico e politico odierno tra la parte greca a sud e quella turca a nord. In realtà si tratta di due città diverse, con lingue differenti, cultura e tradizioni agli antipodi, che difficilmente ritorneranno, a mio parere, a stare insieme. E questo mi dispiace profondamente. Io sono amante delle buone relazioni tra i popoli. La contrapposizione mi mette a disagio, mi fa capire che ci sono problemi relazionali, cose cattive insomma. Ma cambiamo discorso. Nonostante fossimo nel mese di maggio faceva molto caldo ed ho fatto fatica a visitare gli edifici e i musei più importanti riparandomi dal sole. A Nicosia piove raramente e il clima, più che mediterraneo mi è sembrato nordafricano. Il problema di Nicosia sembra essere quello del rifornimento idrico. Manca l’acqua e devono portarla dalla Grecia con navi cisterne. Non credo che i turco-ciprioti sarebbero disposti a spartirsi le risorse con i greco-ciprioti. D’altronde, senza fiumi e laghi l’isola non può fare diversamente. La mattina del giorno successivo, dunque, mi sono incamminato verso il museo più importante di Nicosia. Alla porta di Pafos c'è l'unica Chiesa Cattolica che a quell'ora era strapiena di fedeli filippini che ascoltavano la messa. Vicino l'imbocco della porta nelle mura, un gruppetto di donne filippine era indaffarato a migliorare l'estetica del viso di alcune di loro. In particolare mi ha colpito la maestria di una del gruppo che lavorava con grande velocità a rendere più gradevole le sopracciglia dell'altra. Alla mia curiosità mi hanno proposto di sedermi sul muro che avrebbero reso lisce e rilassate le mie sopracciglia. Ho cortesemente rifiutato, dopo averle ringraziato con una foto che le ritrae "al lavoro". Anche ad Atene è così. La chiesa cattolica centrale della capitale della Grecia, Atene, chiamata Agios Dionissios, in El. Venizelou, è praticamente presa d'assalto dalla comunità filippina che la frequenta con attenzione e partecipazione. E ora che mi ricordo, anche a Roma c'è una chiesa analoga, in via Urbana, vicino a Piazza dell'Esquilino. La chiesa è frequentata da filippini che vi trovano un punto di riferimento nella città a testimonianza del fatto che ci sono prassi e tradizioni religiose che costituiscono una caratteristica peculiare di una comunità immigrata. La mattinata continua con la visita del museo di Cipro. Tra il bastione Tripoli sul lato occidentale della parte greca della Nicosia antica e quello turco, detto Kaitazağa, c’è il museo più importante di tutta Cipro. Per arrivarci ho imboccato prima la odos Omirou e subito dopo, svoltando a destra, ho percorso circa cento metri nella odos Mouseiou. Esattamente di fronte al Teatro municipale c’è l’entrata ufficiale del Museo.
Alle ore 10.00, io e altri tre turisti abbiamo pagato il biglietto per ammirare i bellissimi reperti antichi.C'è di che stupirsi per la bellezza della straordinaria collezione di antichità indigene, come la splendida statua dell’Imperatore romano Settimio Severo e di Afrodite (se non ricordo male nelle sale V o VI). La tappa successiva riguarda la chiesa Agia Faneromeni una bella chiesa ortodossa. Si chiama Agia Faneromeni o chiesa dell'apparizione. Bellissima chiesa con molti stili. Si notano suggestioni bizantine, romaniche e neoclassiche. L'interno è ricco di icone e di simboli in oro. Bellissimi i lampadari. Sono arrivato nel momento in cui era terminata una funzione religiosa relativa a un matrimonio. Ho individuato il prete nel momento in cui effettuava le registrazioni dei nomi dei due neo-sposi sul librone matrimoniale. Ho chiesto se potevo immortalare la scena e mi hanno risposto con un largo sorriso, annuendo. Piccoli piaceri del turista che riesce a trasformare momenti importanti della vita degli altri in un piacevole e soddisfatto sguardo di intesa. All'uscita dalla chiesa mi sono imbattuto in un piccolo locale, una specie di bar-locanda, in cui si informava la possibile clientela che ci si trovava a meno di cinquanta metri dalla linea di demarcazione tra la parte settentrionale e quella meridionale di Nicosia. Il cartello è chiaro. L'allusione a Berlino come ex città col muro è evidente. Naturalmente la pubblicità non è stata indovinata se come è vero non ho visto alcun avventore nel bar. L'altro interessante museo da visitare è stato quello bizantino, all’interno del Palazzo dell’Arcivescovado, dove troneggia all’entrata l’enorme statua dell’Arcivescovo Makarios stra-fotografata da tutti i turisti, me compreso. Ho fatto il biglietto e sono entrato. Una classe di liceo di una città italiana mi ha superato all'ingresso. All'interno l'insegnante di Storia dell'Arte spiegava il senso di molti quadri presenti nelle sale.All'interno c'è una interessantisima e completa serie di quadri bizantini che meritano la visita. All'uscita troneggia di nuovo, con poca modestia, la statua di Makarios sempre bersaglio di foto dei turisti. Dicono che vogliono sostituirla, questa brutta statua.Ma forse sono solo dicerie.
A pochi metri dal palazzo si incontra il Ginnasio pancipriota. Scuola d'èlite questa ai tempi del periodo coloniale. C'è un particolare che lo riguarda nel famoso e più conosciuto libro cipriota di tutti i tempi che è una specie di romanzo. Il titolo è Gli amari limoni di Cipro ed è stato scritto dal romanziere inglese Lawrence Durrell. Nel suo romanzo lo scrittore ricorda l'innamoramento generalizzato di tutte le studentesse del liceo nei suoi confronti quando nella sua ora insegnava inglese. In una stradina vicino odos Asklipiou, su plateia Ikostigdois Oktovriou, ho notato una piccola moschea, ben curata, che mi ha particolarmente interessato perchè costruita adattando le antiche forme di una chiesa preesistente. La moschea si chiama Araplar Cami, e offre ai visitatori un bel giardino privato con numerosi fiori presenti su un lato. Ecco nella foto la parte superiore del minareto. Per non perdere continuità con l'arte islamica e perchè considero i luoghi religiosi una importante caratteristica della cultura dei luoghi che osservo nei miei viaggi, mi sono diretto all'altra moschea, quella più grande, sempre nella parte greca. Sapete, in questi luoghi religiosi regna un silenzio riposante e al tempo stesso grandioso, che permette a tutti di meditare e riflettere sui problemi della vita. Queste riflessioni costituiscono, nei miei viaggi, uno dei momenti più interessanti di scoperta e studio non foss'altro che per il rispetto che nutro verso tutto quello che è religioso. Intendiamoci, io sono una persona profondamente laica e come tale vivo la mia vita. Ma la dimensione religiosa mi ha sempre colpito, non solo per la straordinaria vitalità che essa possiede nel colpire folle oceaniche nel mondo (basti ricordare il funerale di Papa Woityla a Roma) ma anche per lo straordinario mistero che essa possiede e che si porta dietro. Io sono molto critico con i fenomeni soprannaturali e trascendenti. Credo che nessuno di essi abbia alcuna base scientifica per essere considerato tale. Ma il mondo delle religioni sfugge alla razionalità umana e queste manifestazioni devono essere visti come esigenza interiore che merita rispetto. Null'altro.Il mio programma prevedeva adesso di visitare la porta Famagosta. Si trova ad est nella transitata Leoforos Nikiforou Foka.Sul significato di questa mia visita parlo da un'altra parte. Vicino all’Arcivescovado ho visitato la Moschea più grande di Nicosia sud, chiamata Omeriye Cami Taht-el-Kala (ex Chiesa agostiniana) in Plateia Tilliris. Qui per il caldo (non erano ancora neanche le 12 del mattino, sono dovuto entrare in un piccolo e angusto locale di ristorazione nel quale alcuni avventori stavano mangiando mezè, per chiedere loro se avessero dell'acqua per dissetarmi. Subito di fronte all'osteria la moschea mostrava il suo minareto alto e irrangiungibile come un punto di riferimento. Sono entrato nella moschea attraverso il cortile. Ho tolto le scarpe e ho visitato l’interno. Ho poi parlato con l’Imam che aveva una bella tunica bianca ricamata e stava riposando all'ombra di un fico nel cortile. Abbiamo fatto in inglese una piacevole chiacchierata su alcuni aspetti della vita religiosa della moschea e sulle analogie della cucina araba e siciliana. Il couscous per esempio è uno dei miei preferiti e lo mangio volentieri. La pietanza è nord-africana, con varianti tra quella marocchina e tunisina ma si usa da sempre nella Sicilia occidentale, nel trapanese. A me piace la versione marocchina, con sette ingredienti vegetali: carote, zucchine, melanzane, pomodori, peperoncino rosso, sedano e cipolle. Avevo intenzione di fare una piccola e veloce visita alla parte turca solo il pomeriggio del giorno precedente la mia partenza per Larnaka. Non ritenevo questa parte della città pregiudizievole per i fini del mio viaggio. Come ho avuto modo di dire in precedenza, il motivo del mio viaggio a Nicosia non riguardava la parte turco-cipriota ma quella greco-cipriota. Per dirla in modo formale e breve, la capitale dello Stato dell'Unione Europea è Lefkosia, non Lefkoşa. Tuttavia venuto a conoscenza che era possibile farlo ne ho approfittato con piacere. Così, senza programmazione alcuna e in totale improvvisazione ho pensato di visitarla, con entusiasmo. Da quando decisi di visitare tutte le capitali dell'Unione Europea era la prima volta che entravo in un paese musulmano. In verità ero stato nel 1986 in visita in Turchia. Istambul, Konia, Bursa e Ankara sono state le tappe principali che ho effettuato con tanto entusiasmo. Qui la situazione è differente. In realtà la parte turco-cipriota della capitale non è riconosciuta dai paesi europei. Tuttavia, come viaggiatore, io non sono interessato alle dispute politiche e "men che mai" alle questioni di litigiosità dei paesi che visito. Da questo punto di vista mi reputo una specie di "ambasciatore onorario" dell'Unione che rispetta, stima e non giudica qualunque società indigena mi accolga con spirito di amicizia e simpatia. In relazione poi all'accoglienza sono a conoscenza del messaggio di pace e di bene che i musulmani si scambiano sempre quando si incontrano (Assalamu alaikum) e che io vedo legato in modo perfetto al mio status di turista in visita turistica per scopi culturali. D'altronde il saluto musulmano formale è letteralmente intriso di concetti pacifici ed è : "la pace su di voi" e l'analoga risposta è "e su di voi la pace". Questo saluto in lingua araba mi ricorda uno dei più grandi viaggiatori arabi di tutti i tempi, forse addirittura più importante di Marco Polo. Il suo nome è ابن بطوطة(Ibn Battuta), marocchino di nascita. Nella sua الرحلة (rihla), cioè nel suo diario di viaggio, racconta tutte le sue esperienze di trentanni di visite in tutti i paesi musulmani del mondo, dall'Atlantico all'Oceano Indiano. Racconta che una sola volta prese una nave genovese in partenza - notate la coincidenza - da Famagosta, all'epoca il porto principale di Cipro nel 1330, per Alanya in Turchia, nella costa meridionale dell'Anatolia. Ebbene, nella sua cronaca racconta che il capitano trattava "onorevolmente" i passeggeri musulmani, non facendo pagare loro neppure il viaggio. Non mi aspetto un simile trattamento, ma essere accolto con un po' di amicizia lo trovo necessario, oltre che utile. Così trovandomi vicino al posto di frontiera nel primo pomeriggio precedente alla mia partenza ne ho approfittato e sono passato dall’altra parte, non prima però di avere fatto una foto con i caschi blu di guardia tra i due settori. Avevo timore che la procedura burocratica fosse lunga, facendomi perdere del tempo prezioso. Avevo sentito parlare di ripicche che si fanno i doganieri da una parte vero l’altra. Invece hanno controllato il mio passaporto velocemente, hanno inserito nella loro banca dati il mio nominativo e messo un timbro all’andata (l’altro lo hanno messo al ritorno) su un foglio bianco. A dire il vero durante la procedura di riconoscimento ho avuto conferma delle mie perplessità sulla poca disponibilità fra le parti, quando un turista, con la carta d’identità della Repubblica di Cipro, si è sentito dire che se voleva passare all’altro lato doveva pagare una contravvenzione che lo riguardava. Dalle discussioni che sono sorte in tre lingue, il greco, il turco e l’inglese, ho capito che il turista, qualche mese prima, era andato con la sua auto nella parte turca e qualche “attento” vigile lo aveva multato senza avvisarlo. Ma a parte questo piccolo incidente “internazionale” tutto è finito con le sole lamentele del turista che dovette pagare l’equivalente di più di 70 euro. La mia sorpresa nel vedere per la prima volta Nicosia nord è stata enorme perché da quel momento in poi sono stato quasi sempre nella parte turca. Ho cenato e pranzato in due ristoranti vicino Piazza Atatürk, ovvero Atatürk Meydany, mangiando molto meglio che nella parte greca e pagando pochissimo. La prima osteria è da SIMIT DÜNYASI KUÇUKUNCULAR, nella Girne Caddesi, appena 50 m dopo Piazza Atatürk. L'altra osteria non ricordo più il nome. Con appena sei euro ho fatto dei pasti eccezionali. Il primo: un piatto di olive con peperoncini, una scodella enorme di passato di lenticchie, una focaccia di pane morbido turco, un contorno di patate e zucchine e una birra da mezzo litro. Il pranzo successivo del giorno dopo è consistito in un ottimo e abbondante secondo piatto, comprensivo di salsicce (non di maiale ma di ottimo manzo), polletto e agnello in casseruola, due piatti di fagiolini di due formati (stretti e larghi) uno all’olio e l’altro al pomodoro, cavoletti di Bruxelles, zucchine e melanzane, uno squisito dolce al pistacchio, oltre naturalmente la solita birra locale di mezzo litro.Il cameriere è rimasto contento quando gli ho esplicitamente chiesto la birra turca. Mi è venuto in mente un detto che dice pressappoco così: "Quando mangio male mi ricordo quanto ho speso, quando mangio bene mi ricordo che cosa ho mangiato". E il piatto di oggi lo ricorderò per molto tempo. Ottimi anche i gelati e un’altra specialità di una torta alla ricotta impregnata di un liquore come il rhum ma non alcolico, che ho mangiato in una pasticceria vicino al posto di guardia semplicemente straordinaria.Non chiedetemi i nomi perché non li ricordo. So solo che la cucina e la pasticceria turco-cipriota batte la cucina greco-cipriota almeno 2-0. La pasticceria della parte sud della capitale abbonda di laukumia (specie di caramelle morbide di sapore e colore diverso con lo zucchero velato) e di mostarde cilindriche paesane con all’interno una lunga fila di mandorle. In realtà si chiama Soutzoukos (in greco: σουτζούκος). E' un dolce popolare di Cipro fatto col mosto di vino e mandorle impilate in verticale in una specie di lungo cordone gommoso. Una rarità in tema di gusto. Squisito. So solo che la cucina e la pasticceria turco-cipriota battono la cucina greco Non parlo poi degli altri dolci turchi che sono una vera specialità. Mi dispiace per gli amici greco-ciprioti ma preferisco i dolci dei loro "avversari" turco-ciprioti.



Prima di arrivare al pezzo forte della parte turca che è la grande moschea con due minareti, ho visitato Asma Alti Sokagi, ovvero la grande locanda Büyük Han, ovvero un'antica locanda orientale. Qui si fermavano le carovane per fare riposare gli animali e per rifocillarsi al fresco di un tetto adeguato. La moschea di Selimiye è il massimo di tutta Nicosia. E’ molto più grande di quella presente nella parte greca. In realtà è l'ex Cattedrale S. Sofia. Grandi tappeti sul pavimento ma pochissime persone all’interno. Ho letto nella mia guida che la struttura somiglia molto a Notre Dame de Paris. Ha due torri campanarie mozzate dai turchi a cui sono state aggiunti due aguzzi minareti che si vedono nella foto. All'interno, oltre alla enorme distesa di tappeti larghissimi ci sono pareti, archi e volte dipinti di bianco senza arredi con il solito mihrab rivolto verso La Mecca. Le foto che mi ritraggono nella moschea Selimiye mi sono state scattate da un amabile italiano che mi ha fatto anche da Cicerone. Sono rispettoso al 100% delle religioni. Di tutte le religioni. In particolare di quelle monoteiste; e fra queste, a parte quella cristiana, di quella musulmana, che considero ricca di cultura e di tradizioni. Non è possibile rimanere inerti al solo sentire i primi versetti della Sura I, Al fatiha (L'aprente), del Corano (versione salmodiante di Agamy): Bi smi l-lahi r-Rahmani r-Rahimi al hamdu lillahi rabbi Alamina. Al -rahmani r-rahimi, Maliki yawmi d-dini, Iyyaka na'budu wa iyyaka nasta'inu, Ihdina s-sirata l-mustaqima. Sirata lladhina an'amta alahim gayru l-magdubi 'alahim wa la d-daalina. Una vera melodia per l'orecchio di chi la ascolta. La lingua araba riesce a sprigionare, in questo caso particolare della prima Sura, il massimo della sua musicalità producendo piacevolissime sensazioni di bellezza musicale. Siamo consapevoli che non tutti sono in grado di apprezzare l'arte del salmodiare arabo. Ma questa è un'altra storia. Torniamo a noi. Come sempre mi succede quando vedo trasformazioni di chiese in moschee provo sempre una sensazione di scoramento, come se fosse stata violata la tradizione. In realtà bisogna anche capire che queste trasformazioni sono state dettate dall'esigenza di mutare la struttura architettonica da cristiana a musulmana per ragioni "religiose". Sono dell'avviso che queste operazioni, nel mentre hanno un senso dal punto di vista storico e artistico, rappresentano comunque un intervento chirurgico che disorienta. Per carità, non ho nulla contro i musulmani. Anzi mi sono simpatici, per via della loro bella lingua. D'altronde, anche i cristiani, con la storia delle crociate, ne hanno combinato delle belle. Dunque, "chi è senza peccato scagli la prima pietra". La storia è fatta purtroppo anche di questi fatti. L'esercito che vince trasforma a proprio piacimento le cose. Coloro che perdono devono, nel migliore dei casi, uniformarsi. Certo, adesso, con il metro del secondo millennio, con il turismo, con i viaggi e gli scambi culturali tutto ci sembra "normale". Ma a quei tempi non è stato piacevole per i vinti vivere sotto i vincitori. Ma cambiamo discorso. Mi sono spostato verso la parte più importante di Nicosia nord. Le cinque foto che seguono mostrano Piazza Ataturk
fotografata da tre punti diversi,
la strada dell'Hotel Saray
e la porta Kyrenia all'estremità nord della Nicosia turca. Volevo a questo punto dire qualcosa di più sulla Nicosia turca. La ragione non riguarda tanto l'aspetto turistico in se quanto, diciamo, la cultura turca a Cipro. Ho letto da qualche parte che i turco-ciprioti aderiscono alla corrente sunnita della religione musulmana. E' evidente che questo vuol dire poco per definire alcuni tratti del loro carattere. Certo, la convivenza con la parte più numerosa dei ciprioti e cioè con la parte greca e anche con la cultura inglese che è stata proprietaria dell'isola per più di un secolo hanno prodotto cambiamenti sul loro modo di essere musulmani. Sembra, per esempio, che le regole dell'Islam nella loro comunità non sono seguite con convinzione e la stessa partecipazione alla vita religiosa delle moschee è rara e poco manifesta. Non dico nulla di particolarmente offensivo se aggiungo che lo stesso Ramadan non viene osservato adeguatamente. Mi sono fatto un’idea approssimativa di come stanno veramente le cose fra le due comunità contrapposte. Ho concluso che le due metà di Nicosia difficilmente si ricongiungeranno. Tanti sono gli interessi in gioco e impossibile sembra la coesistenza tra i due popoli. Troppo diversi i progetti politici e fortissimi i rancori personali che affiorano subito al solo pensiero del passato che brucia ad entrambe le comunità. Sono convinto che quel poco di positivo che ho visto nelle due parti di Lefkosia-Lefkoşa lo si deve all’Unione Europea che ha finanziato un po' di soldi per rimettere a posto gli edifici presenti in vicinanza della linea di demarcazione e gli edifici culturalmente più significativi nelle altre parti della città, come case di pregio, chiese e moschee. Penso che nonostante la buona volontà del Presidente Demetris Christofias (chiaramente greco-cipriota) e di Mehmet Ali Talat (inconfondibilmente turco-cipriota) i problemi da superare sono tanti e maledettamente così complessi che non se ne farà nulla. Spero di sbagliarmi, ma sono pessimista. Un piccolo particolare alla luce del quale si può capire meglio la psicologia del rapporto tra le due comunità. All'aeroporto mi hanno dato la cartina di Nicosia nella quale la parte greca a sud contiene i nomi delle strade, mentre la parte turca a nord ne è completamente sprovvista. Evidentemente è una sottile guerra psicologica che le due parti si fanno per non riconoscere all'altra parte alcun diritto. Avevo anticipato che avrei detto qualcosa sulla porta di Famagosta. Per arrivarci ho percorso un po' di strada. Una stradina in particolare mi ha colpito, perchè nella mia memoria avevo un ricordo d'infanzia quasi uguale. Eccola nella foto.Quando ho visitato la porta est di Famagosta ho parlato con il custode del locale museo annesso all’interno della porta, il quale mi ha dato un opuscolo contenente tutte le trasformazioni che hanno subito i monumenti greci nella parte turca della città dopo il 1974. E’ desolante vedere delle foto nelle quali molte chiese e luoghi religiosi che si trovavano nella parte turca dell’isola sono state trasformate in stalle o luoghi contenenti mangimi per animali. L’interno della porta di Famagosta contiene una serie di foto appese alle pareti che sono un lunghissimo elenco di denuncia del progetto di scristianizzazione dei luoghi di religione ortodossa caduti in mano ai turco-ciprioti. Veramente deplorevole il modo in cui sono stati grattati via dalle pareti di queste ormai ex-chiese, mosaici e quadri contenenti oggetti sacri e poi rivenduti al mercato nero internazionale da turco-ciprioti senza scrupoli. Certo, la parte greca non è innocente, perché sappiamo benissimo dalla storia degli eventi cosa è successo nei dieci anni dal 1964 al 1974. Tutti hanno ragione, tutti hanno torto. Bisognerebbe far capire loro che non giova a nessuno continuare questa battaglia di retroguardia tra le due comunità. Ma spesso, in questi casi, la ragione viene messa sotto vetro per dare sfogo alle passioni e agli estremismi. L’aggiunta di elementi religiosi e linguistici produce una miscela esplosiva pericolosissima. E’ incredibile come quando nelle vicende entrano la religione e le lingue ci si azzuffa e si fanno guerre dolorosissime per un nonnulla. Basta pensare al passato per avere conferma e contezza di ciò. Uno schiaffo alla ragione ecco di cosa si tratta. Ma passiamo ad altro, altrimenti mi arrabbio. Un altro ristorante da me visitato è stato la taverna Apxontiko nella parte greca, nel quartiere turistico di Laiki Geitona, dove ho mangiato molto semplicemente un semplice secondo chiamato Kleftiko lamb con un contorno e una piccola birra greco-cipriota KEO. Un buon secondo di carne (una specie di stufato di agnello) con insalata mista e olive ha concluso un pasto veloce. Per concludere la visita alla parte sud di Nicosia ho passeggiato nella parte vicino alle mure venziane. Ecco una bella fila di palme lungo la via Kostantinou Palaiologou e li vicino la piccola moschea costruita dai turchi in onore del primo caduto turco dsurante l'assedio della città nel 1570. Vicino a questa piccola moschea, esattamente nell'area del bastione Podocataro c'è l'interessante Monumento alla Libertà, molto sentito dalla cittadinanza greco-cipriota. Non poteva mancare una via famosa della cultura greca: via Achille. Eccola! Come sempre nelle migliori tradizione tra le cose belle c’è anche qualche vicenda meno bella. E passo alle conclusioni di questo mio diciottesimo viaggio, il più ad est della mia vita, ovvero a circa 35° 10’ latitudine nord e a circa 33° 22’ longitudine est. Ricordo che Roma si trova a 41° 50' nord e 12° 28' est. Dunque, ci sono ben 6° 40' di differenza di latitudine verso l'equatore e quasi 25° di differenza di longitudine est tra le due città verso oriente. Non sono pochi. Ho avuto una piccolo imprevisto con un poliziotto greco-cipriota che alla vista del mio passaporto italiano mi ha apostrofato con maleducazione, dicendomi che il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi è un delinquente e un mafioso. Naturalmente non ho accettato la provocazione e l’ho lasciato senza rispondere nulla, facendolo arrabbiare di più. Ho provato una sensazione sgradevole. Su questa questione voglio solo dire che da quando c’è stato il passaggio delle consegne da Prodi a Berlusconi il vento per gli italiani a Cipro Sud, è cambiato in peggio. Il perché è dovuto, a mio parere, al fatto che il Premier Berlusconi è amico del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan. Intendiamoci, non è successo nulla. A parte le escandescenze del poliziotto la vacanza è stata piacevole. Ecco di seguito due foto identiche del panorama di Nicosia prese dalla finestra della mia camera in albergo ad orari differenti. Mi rimane poco da aggiungere. Il momento della partenza è arrivato. Come sempre, il cerchio di un viaggio si chiude con il ritorno a casa. La partenza da Nicosia per Larnaka è di mattina presto. Il tempo di salutare alla Reception i gentili incaricati delle comodità dei clienti ed eccomi in strada con la valigia per arrivare in tempo a Larnaka. Vi arrivo dopo un viaggio all'insegna della malinconia. "Partire è come morire" dice un vecchio adagio. In genere si aggiunge che è vero che la malinconia prende sempre quando si parte. Eugenio Scalfari, nel suo ultimo libro, L'uomo che non credeva in Dio, ha scritto che "la nostalgia è il rimpianto d'un passato che è stato e non può tornare, mentre la malinconia è il rimpianto di ciò che non è stato ma che sarebbe stato possibile, di un'altra vita non vissuta, d'un amore che ti ha sfiorato senza fermarsi". Ecco. Se fosse stato possibile fermarsi qui per sempre, probabilmente, avrei vissuto un'altra vita, migliore forse di quella che vivo attualmente. Noi non lo sappiamo perchè di questi desideri ne è ricco il mondo. Rimane tuttavia un fatto. Mi sento di dire che, comunque, sono soddisfatto della mia vacanza. Penso che l'isola di Cipro, famosa perchè vi morì effettivamente Lazzaro dopo essere stato resuscitato da Gesù, mi rimarrà nella memoria per molto tempo. Non faccio in tempo di decidere di pubblicare in rete il diario di queste giornate intense e piacevoli che sono già all'aeroporto di Larnaka. La pubblicazione in rete di questo diario la devo ad alcuni amici che in un certo senso lo meritano e che mi seguono affettuosamente in questa bella e piacevole avventura della visita a tutte le 27 capitali dell'Unione Europea. A loro va il mio ringraziamento per alcuni momenti di lieta spensieratezza provati in questa ultima città europea del muro, della separazione tra due comunità entrambe meritevoli di integrazione, riappacificazione e riunificazione. Chissà, forse la prossima volta che ritornerò qui, se mai ritornerò, questo muro non ci sarà più. Lo spero tanto per tutti gli amici ciprioti di lingua greca e di lingua turca. Eccomi all'aeroporto di Larnaka, pronto per affrontare pericoli più gravi di quelli ciprioti. Dove e quali? A Roma naturalmente, subito dopo l'arrivo. L'aeroporto di Fiumicino per il turista resta uno dei più rischiosi per l'ultima specie umana pericolosa, che sono i tassinari romani. Chi vive, come me, nella città eterna, in verità vive in una città molto difficile per il cinismo e l'arroganza dei suoi abitanti. Ma godiamoci ancora il viaggio di ritorno. Anche questo fa parte della vacanza. Ciao. Al prossimo viaggio! Appuntamento a La Valletta. Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

INTRODUZIONE ALLA SEZIONE VIAGGI
AMSTERDAM Nederland
LONDRA Great Britain
PARIGI France
VIENNA Österreich
MADRID España
LISBONA Portugal
BERLINO Deutschland
PRAGAČeské Republika
DUBLINO Ireland Dublin
ATENE Ελλάς Αθήνα
STOCCOLMA Sverige
HELSINKI Suomi
LUBIANA Slovenija Ljubljana
NICOSIA Cyprus Lefkosia
LA VALLETTA Malta
SOFIA Бългaри София
BUCAREST Romania Bucureşti
BRATISLAVA Slovensko
BRUXELLES Belgio
BELGRADO Srbija Београд
OSLO Norge
ZAGABRIA Hrvatsk
TIRANA Shqipëri
MOSCAРоссийская Федерация
BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO








venerdì 9 maggio 2008

اللغة العربية


اللغة العربية هي لغة العرب ، يتكلمها أكثر من مئة و خمسين مليونا من العرب الذين يعيشون في قارتي آسيا و افريقيا المنطقة المعروفة باسم "الوطن العربي". و قد أصبحت اللغة العربية في السنوات الأخيرة واحدة من بين أهم اللغات قي العالم و بدأت تنتشر في بلدان متعددة من مختلف القارات.
ان امهية اللغة العربية لا تقتصر على كثرة عدد الناطقين بها فحسب و انما أيضا لما لها من جذور حضارية و تاريخية و ما قدمه العرب للانسانية من خدمات جليلة في حقل العلوم و المعرفة و في مختلف المجالات .
و لا عجب اذن أن نرى اللغة الغربية تعود من جديد لتحتل مكانتها المرمقة و تصبح واحدة من بين اللغات العالمية الشهيرة. و منذ عام ۱۹۷٤ أصبحت تستعمل كلغة رسمية لدى الجمعية العامة لمنظمة الأمم المتحدة.

giovedì 8 maggio 2008

Русский язык

Русский язык – четвертый из самых распространенных языков в мире. На нем общаются более 160 народов и национальностей России. Для 170 млн. человек русский язык является родным, в том числе для 30 млн., проживающих за рубежом России. В настоящее время 180 млн. человек по всему миру изучают русский и 350 млн. человек понимают его.
Русский язык – это язык великой литературы и культуры, и уже поэтому он так популярен в мире. Год русского языка отражает значимость его для мировой цивилизации.
Более 1000 мероприятий Года русского языка прошло в России, в странах СНГ и Балтии, государствах дальнего зарубежья: Китае, Индии, США, Франции, Германии, Австрии, Италии, Дании, Польши, Японии и др. Всего в мероприятиях Года русского языка приняли участие 80 стран мира.

mercoledì 7 maggio 2008

I migliori alla fine diventano i peggiori.

Sembra che Massimo D'Alema, dopo la fine ingloriosa del governo Prodi, insoddisfatto dei risultati elettorali conseguiti dal PD abbia deciso di entrare in campo pesantemente ricostituendo la sua ex-corrente nel nuovo partito di Veltroni. Sembra anche che Veltroni non abbia gradito il tentativo di ritornare alle vecchie logiche delle correnti di partito. Questo il fatto politico che intendiamo commentare oggi con le nostre opinioni. Il fatto certo è che "il migliore" della sinistra italiana non si è ancora accorto che il modo in cui ha operato all'interno del PD e come Ministro degli Esteri è stato uno dei fattori essenziali del disastro elettorale della sua compagine. D'altronde, un politico come lui, abituato ad essere esaltato come il più intelligente di tutti lo costringe a ritenersi un autentico Sole al centro del sistema solare, rimanendo fermo e non accettando il cambiamento. Lui che si fa vedere a passeggio sottobraccio in Palestina con i rappresentanti di Hamas del terrorismo internazionale e che auspica un nuovo accordo con la sinistra radicale non può fermarsi a vedere le macerie che ha prodotto con la sua politica vetero-comunista. Prevediamo a questo punto che per lui 'a nuttata sarà molto lunga e non è detto che alla fine l'alba possa essere migliore della notte. In genere "i migliori" quando perdono, non sapendo accettare la lezione della sconfitta, diventano "i peggiori". Di questi pifferai che concepiscono la politica in modo ambiguo e levantino l'Italia non ne ha proprio bisogno.

lunedì 5 maggio 2008

Elezione a Presidente della Camera ed eredità del fascismo.

Da più parti, dopo la vittoria del Pdl di Berlusconi, si levano richieste di additare a disprezzo la elezione di Gianfranco Fini alla Presidenza della Camera, richiamando una non meglio precisata "eredità del fascismo". A riprova della “colpevolezza” di Fini si richiamano i saluti fascisti dei supporter del nuovo Sindaco di Roma Gianni Alemanno. Vediamo se abbiamo capito di cosa si tratta proponendo la nostra opinione. Che qualunque saluto fascista con il braccio teso ci infastidisca al punto di chiedere l’applicazione della norma dell’antifascismo previsto dalle nostre leggi è il minimo al quale pensiamo. Quando un gruppo di idioti assume questi atteggiamenti, il minimo che si possa dire è che l’intelligenza e il cervello in quelle teste sono veramente scarsi. Per quanto riguarda Fini dobbiamo dire che il soggetto non ci ha mai entusiasmato. Avremmo preferito altri al posto suo. Detto questo, però, noi non siamo d’accordo con l’equiparazione di Fini come a un ritorno di ereditarietà del fascismo. Vogliamo ricordare, fino a prova contraria, che Gianfranco Fini è stato eletto due volte con procedura democratica: prima dal popolo come deputato e successivamente dai parlamentari della Camera a loro Presidente. Dunque, sarebbe antidemocratico insistere sul fatto che la sua elezione introduce fascismo nelle istituzioni. Ma la migliore risposta che si possa dare a coloro che hanno dichiarato questa supposta eredità del fascismo è che il precedente Presidente della Camera è stato il compagno Fausto Bertinotti, che si è trovato nella stessa identica situazione di Fini. L’unica differenza sta nel fatto che gli amici del leader di Rifondazione comunista mettevano il pugno alla fine del braccio disteso, mentre gli altri la mano aperta. Due saluti, due idiozie. Per il resto fascismo e comunismo sono sinonimi perché si equivalgono in tutto e per tutto come sterminio di massa di cittadini inermi tanto per fare un esempio. Dunque, l’unica cosa importante da dire è che sia Bertinotti che Fini sono stati legittimati da un voto democratico. Qualunque tentativo di sovvertire questo fatto è destinato a fallire e ad associare la malafede a tutti coloro i quali vogliono fare della loro elezione “due pesi e due misure”.

domenica 4 maggio 2008

Il mio diciassettesimo viaggio nell’UE: Ljubljana.

Ljubljana (30 aprile - 3 maggio 2008)

Sono andato a Ljubljana in un periodo particolare e importante della storia della città. L'ho scelto intenzionalmente per due motivi. L'introduzione, dal 1° gennaio 2008, dell'euro e l'assegnazione nel primo semestre dello stesso anno della Presidenza dell'Unione Europea alla Republika Slovenija. Due coincidenze importantissime per la bella e giovane nazione slovena che ho ritenuto di sfruttare per l'ottima qualità turistica che la città avrebbe potuto offrire ai suoi visitatori. Faccio una premessa. Otto anni fa, nell'anno 2000, decisi di visitare tutte le capitali degli Stati dell’Unione Europea (a quel tempo le capitali non erano ventisette ma di meno), in omaggio alla straordinaria avventura politica che è l'integrazione dei paesi dell'Europa che hanno aderito al progetto unitario. Personalmente considero l'Unione Europea la costruzione politica più mirabile che gli europei siano riusciti a produrre nell’intera loro storia. Desidererei proporre qualche breve riflessione a questo riguardo su questa mia breve ma intensa vacanza svolta in primavera nella capitale della giovane Repubblica. Prima, però, desidererei pubblicare la lettera che ho scritto al Ministro degli Esteri Sloveno il 19 Dicembre 2007 in occasione dell'assunzione da parte slovena della Presidenza dell'Unione Europea. La lettera ha lo scopo di comunicare orgoglio e soddisfazione per il ruolo che giocherà la Repubblica Slovena nel mondo in questa importante occasione politica.
Oggetto: L'orgoglio europeo passa per l'amicizia tra Italia e Slovenia. Sono un cittadino italiano. Vivo e lavoro a Roma. Scrivo questa breve lettera, scusandomi di non usare la bella lingua slovena, per far sapere che desidero inviare al Governo Sloveno attestati di stima e di sincera amicizia per quattro validi motivi.
1) Siamo europei. Da alcuni anni la Repubblica Slovena e la Repubblica Italiana sono membri dell'Unione Europea. Adoperiamo la stessa moneta: l'euro. Viviamo in pace. Ci rispettiamo reciprocamente. In una sola parola: siamo amici. Tutto ciò è straordinariamente bello e importante!
2) Dal 1 gennaio 2008 la Repubblica Slovena sarà il paese europeo che avrà la responsabilità di rappresentare tutti gli europei dei ventisette paesi dell'Unione Europea nel mondo. E' bello sapere che si è amici e che si è rappresentati da uno Stato vicino. Auguro alla Repubblica Slovena il successo che merita nell'affrontare un impegno così delicato e importante. Sono sicuro che gli Sloveni saranno in grado di rappresentare bene nel mondo tutti gli Europei dell'Unione Europea.
3) Dal 21 Dicembre 2008, per l'entrata in vigore dell'accordo di Schengen, con l’abbattimento dei valichi tra l’Italia e la Slovenia i nostri due popoli saranno più vicini e sarà più facile per tutti noi attraversare le strade delle due nazioni in una Unione Europea aperta e senza confini. Personalmente penso che l'assenza di barriere sia un fatto straordinariamente positivo perchè ci fa sentire più vicini e solidali. Desidero esprimere al premier sloveno Janek Jansa, al Ministro degli Esteri, Dimitrij Rupel, e a tutti gli altri Ministri del Governo Sloveno i miei personali e vividi auguri per la bella iniziativa. Sono sicuro che i nostri due Governi cammineranno insieme nei prossimi anni per realizzare in pace e con spirito di collaborazione il cammino dell'Unione Europea.
4) In primavera, dopo il freddo dell'inverno, ho deciso per alcuni giorni di venire in vacanza a Ljubljana per visitare la bella capitale slovena. Sono sette anni che ho iniziato il mio personalissimo tour delle 27 capitali degli Stati dell'Unione Europea. Sto quasi finendo. Mi mancano poche capitali tra cui la bella Ljubljana che visiterò tra qualche mese. Sono sicuro che mi troverò bene. Auguro a tutti allegria e buon lavoro.
Vincenzo Calabrò - Roma (Italy)

E adesso passiamo al resoconto di viaggio.
Primo giorno. Iniziamo dalla partenza. Siamo in primavera. Sono le 7.00 quando a Roma Ostiense prendo il treno per Fiumicino Aeroporto. Il viaggio non sarà un semplice volo fra Roma e Ljubljana. In verità, non esiste un volo diretto da Roma Fiumicino a Ljubljiana Jože Pučnik. Purtroppo. Nonostante i due paesi abbiano due compagnie aeree di bandiera, cioè Alitalia e Alpe Adria, più alcune low cost, non esiste un volo in partenza da Roma che colleghi direttamente le due capitali. Strano, ma vero. Qualche anno fa invece c'era un volo diretto che veniva programmato solo nei mesi estivi. Avevo ottenuto questa informazione da un'impiegata dell'ambasciata slovena a Roma alla quale mi sono rivolto per telefono per avere delucidazioni sul percorso più economico per andare a Ljubljana. La gentile risposta fu che quasi tutti gli sloveni preferivano un volo per Trieste e da qui, nel territorio sloveno, con un autobus di linea. A me sembrò molto strana l'idea di arrivare in una capitale europea con l'autobus. A malincuore accettai l'idea. Ma ero perplesso. Pertanto, feci la scelta di andare a Trieste con un volo Air One e poi da Trieste con una corsa di autobus fino a Ljubljana. In particolare il volo aereo è il volo Air One AP 2130, con partenza da Roma (FCO) alle 8.55 e arrivo a Trieste (TRS) Ronchi dei Legionari alle ore 9.55. Un'ora esatta di aereo. A Trieste c'è l'Autolinea Trieste-Ljubljana con un pullman giornaliero in partenza dalla Autostazione, nella bellissima Piazza della Libertà, alle ore 14.00.Ore 7.45, arrivo alla stazione ferroviaria dell’aeroporto di Fiumicino. Scendo dal treno e imbocco il tunnel per andare al Terminal A, voli nazionali. Rapide formalità al chek-in e alle 8.30 sono al Gate A31 per imbarcarmi sul piccolo aereo per Trieste. Alle 9.00 l'aereo decolla dalla pista. Atterriamo a Ronchi dei Legionari in perfetto orario. Al rullo dei bagagli la mia valigia mi è consegnata quasi subito. Mi informo dove comprare il biglietto dell'autobus, con calma, perchè c'è da aspettare un po'.Ronchi dei Legionari dista circa dieci chilometri dalla città e la sala d'aspetto dell'Aeroporto è calda e accogliente. E' la prima volta che mi trovo vicino a Trieste. Anni fa per un Congresso di fisici ho trascorso cinque giorni a Udine, ma mai a Trieste. Mi ha sempre colpito il nome Ronchi dei Legionari. Fin da bambino ho mitizzato questo aeroporto a causa della stranezza del suo nome, allo stesso tempo buffo e impegnativo. I legionari, mi chiedevo, di dove? Che rapporto hanno con Ronchi? Chi sono stati costoro? Per me era un mistero. Dunque, nella hall dell'aeroporto compro il biglietto alla macchinetta emettitrice all'uscita dell'aerostazione: tasto 6, costo 3,10 euro. Osservo attentamente in giro e vedo quasi tutti i passeggeri assorti nei propri pensieri. Alle 10.15 arriva l'autobus. E' il numero 51 per Trieste. Timbro il biglietto e mi siedo. Subito dopo mi trovo a percorrere la striscia di terra che separa Ronchi da Trieste. Ammiro il lungomare adriatico di colore blu chiaro, striato. Si tratta di paesi e di pezzi di verde, belli e struggenti: Monfalcone, S.Giovanni al Timavo, Sistiana, Grignano, Miramare, Barcola, Viale Miramare e, infine, Trieste. I pensieri volano e inevitabilmente penso a questa bella città e me la immagino negli anni più terribili della sua storia, quando alla fine della seconda guerra mondiale si aprì la profonda ferita del "dopo-guerra giuliano". Come devono essere stati terribili per i triestini del tempo quei mesi e quegli anni della sconfitta italiana nella 2a guerra mondiale. Immagino la differenza di sensazioni provate da una parte dai partigiani titini quando entrarono a Trieste e dall'altra dei triestini quando videro le truppe jugoslave in città. Mamma mia che terribile esperienza deve essere stata quella per l'intera popolazione. Sono questi i generi di pensiero e le riflessioni che mi prendono sempre quando visito una città europea che ha avuto a che fare direttamente con la 2a guerra mondiale. Tutte le capitali d'Europa hanno avuto, più o meno, relazioni esplicite con la seconda guerra mondiale e con il terribile conflitto tra nazisti tedeschi e fascisti italiani da una parte e partigiani delle nazioni invase dall'altra. Che tristezza mi prende quando vedo luoghi e territori che sono stati teatro di scontri militari contro gli invasori nazisti e fascisti. E' questo uno dei motivi che caratterizza i miei viaggi nelle capitali europee. Vedere da vicino, anche se sono passati più di sessanta anni, i luoghi e le località che hanno interessato la guerra, o le cose relative agli avvenimenti politici più importanti del post-guerra, è un modo semplice e pratico di esorcizzare quella tragedia che avrei voluto che non fosse mai avvenuta. Quanto dolore e quanta sventura portarono nel nostro continente le storture dei due regimi dittatoriali. Immerso in questi pensieri e preso da un forte senso di turbamento vedevo scorrere davanti a me la lingua di terra e il mare pulito e blu del litorale triestino. Sensazioni di commozione e anche un nodo alla gola mi prese quando entrammo a Trieste con qualche minuto di anticipo sull'orario previsto. In Piazza della Libertà mi diressi all'Autostazione che si trova a fianco di quella ferroviaria. Mi colpisce una lunga costruzione, residuo della seconda guerra mondiale.A Trieste sono rimasto circa due ore. Il tempo l'ho occupato volutamente osservando le persone che transitavano nella autostazione. Nel poco tempo a disposizione al bar ho ordinato due toast al prosciutto e formaggio, e con una piccola birra in mano mi sono seduto a un tavolo nel centro della sala. Regnava un'atmosfera d'altri tempi che mi apparve in tutta la sua originalità e singolarità, facendomi intristire. Era come se il tempo si fosse fermato. I volti della padrona del locale e di qualche avventore suo conoscente che beveva ripetutamente bicchieri di vino bianco, mi ricordavano i tempi andati, quando il locale doveva essere nuovo e l'atmosfera diversa da quello decadente che vedevo io in quel momento. Nella stazione degli autobus come dicevo prima sono rimasto più di due ore, volutamente, perchè volevo osservare i volti, le tipologie somatiche, gli sguardi di quell'universo di popoli che sono gli abitanti del nord-est italiano e dei balcani. Non conosco nessuna lingua slava ma ho capito qualcosa osservando la gente che vi stazionava in attesa di partire. C'erano molte donne dell'Europa dell'est che aspettavano il mio stesso autobus. Dall'abbigliamento, dai discorsi e dalla semplice colazione al sacco, consumata con avidità, compresi che dovessero essere delle badanti. Un campionario multiforme e variegato di personalità stava lì davanti a me. Croati, sloveni, bulgari, rumeni, italiani, continuamente si disperdevano tra i vari locali dell'autostazione. Vettori di colore diverso, Veolia, APT, SAF, Rijeka, Brioni, Fudeks, Istria, Avico, arrivavano e partivano alle varie pensiline A0,A1,A2 e A3. Uno spaccato di universo sociale e umano pieno di pathos. Alle 14.00 in punto arriva nel Terminal A1 il mio autobus. Il pullman si riempie completamente. Due comitive di giovani italiani, due coppie americane, tutti gli altri, presumo, brava gente dell'est. Finalmente stavamo per partire per Ljubljana. Dopo mezz'ora si arriva a Sežana. Per arrivarci abbiamo oltrepassato quella che era una volta la Dogana del posto di blocco della frontiera. Non c'è più nulla di come era prima. Solo un piccolo cippo, che indica la linea immaginaria di confine, è rimasto là dove ci fu un apparato gigantesco di controllo della frontiera tra Est comunista ed Ovest capitalista. Quante immagini del passato sono state spazzate via dalla adesione all'attuale Unione Europea di entrambi i paesi dell'Italia e della Slovenia. Là, dove prima ci si divideva, adesso tutto ci unisce. Là, dove prima c'era il sinistro e plumbeo colore grigio scuro del ferrospinato di confine, adesso ci sono splendidi campi verdi senza barriere che invogliano alla gioia. Che differenza straordinaria e che bellezza. Erano questi i pensieri che mi frullavano in mente durante quei primi chilometri di viaggio. Mi vengono in mente le belle parole della poesia "Zdravljica" ("Brindisi") scritta da France Prešeren, il grande poeta sloveno vissuto nella prima metà dell'Ottocento. Queste parole struggenti divennero successivamente l'inno nazionale sloveno. In una strofa di questa poesia, Prešeren afferma che è straordinario e auspicabile brindare a tutti i popoli del mondo, quando, "superati odii e guerre, ciascuno avrebbe visto nell'altro non il confinante ma il vicino di casa". Ecco la strofa interessata nella versione originale e tradotta: «Živé naj vsi naródi, / ki hrepené dočakat dan, / da, koder sonce hodi, / prepir iz svéta bo pregnan, / da rojak /prost bo vsak,/ ne vrag, le sosed bo mejak!» cioè Vivano tutti i popoli / che anelano al giorno / in cui la discordia verrà sradicata dal mondo / ed in cui ogni nostro connazionale / sarà libero, / ed in cui il vicino / non un diavolo, ma sarà un amico! Il conducente era una giovane donna slovena, molto brava nella guida che si vede qui nella foto, con le braccia dietro la schiena, passeggiare in attesa di ripartire.Fa una certa sensazione entrare in un paese straniero, che ha una lingua diversa dalla nostra, in autobus. Non mi era mai accaduto. Di solito si arriva in aereo, o al massimo in treno. Ma in autobus no, mai. Una vera e autentica novità. Poi quell'autobus mi sembrava più una "corriera" di paese, come quella descritta dallo scrittore Carlo Levi nel bel romanzo Cristo si è fermato a Eboli, che non un nuovo e moderno bus che collega velocemente due belle città internazionali come Trieste e Lubjiana di due paesi differenti. Ad ogni modo per me è stata un'esperienza interessante e gradevole. Percorrere strade che collegano piccoli paesi di montagna con superstrade veloci e pianeggianti è stato piacevole. A casa sulla cartina, con Google Maps, avevo studiato il percorso. La linea per Ljubljana (Veolia) nei giorni feriali prevede la partenza da Trieste alle 14.00 per transitare attraverso Opicina alle 14.20, sulla linea di confine, che ormai non esiste più, alle 14.25 e a Sežana alle 14.59. Poi Štorje, Senadole, Senožece, Razdrto K.e Tri, Hise, Hrusevje, Bolk, Hrašče, Postojna, Mačkovec, Planina Pri Rakeku, Logatec, Vrhnika e, infine, Ljubljana alle 16.45. A Sežana era prevista una sosta di trenta minuti circa, che ho fatto trascorrere passeggiando nella piazzetta del terminal dopo aver preso un caffè nel locale interno. Il nome Sežana mi colpisce perchè sulla consonante z trovo un accento tipico delle lingue slave. E improvvisamente mi viene alla mente un libretto di poesie di Ciril Zlobec, dal titolo La mia breve eternità della Bulzoni editore con testo a fronte, che avevo letto qualche anno prima. Belle poesie. In "un uomo, sono soltanto un uomo" Zlobec parla della libertà che c'è tra la madre e la morte; in "sera" scrive che tutte le vie si sono abbreviate cominciano e finiscono sulla porta di casa. Il mondo si è stretto nel piccolo cerchio di luce creato della lampada accesa; in "la mia breve eternità" affronta il tema di se stesso "Io sono ciò che non sono mai stato. Io sono ciò che non sarò mai più. [...] Ma quando dovrò ammettere d'essere quello che già ieri fui, d'essere quello che sarò domani, o dio, abbiate pietà di me!; infine quella più autobiografica scritta a Messina, 8.6.1984 , dal titolo "Tra Scilla e Cariddi" scrive parole che toccano le corde della mia memoria: Su "Ulisse", nave bianca, con mantellina di vento attorno alle spalle salpai nella sera silenziosa tra Scilla e Cariddi. Nell'eterno è fisso il mio sguardo. D'improvviso sulle sponde si sono svegliate le chiare reti di luci restringendo, fino all'ansia, l'orizzonte al mio pensiero. Da qualche parte, da tutte le parti in questo ristretto cerchio d'eternità sogghigna il cieco chiaroveggente: Non la vincerai, neppure ora, la bufera tra Scilla e Cariddi di te. L'otto giugno del 1984, forse, anch'io fui sulle acque tra Scilla e Cariddi dello Stretto di Messina. Andavo in Sicilia, mia patria ormai da tempo perduta, per trovare mia madre rimasta vedova da tre anni di quel decennio terribile che decise il mio destino. Il pensiero corse alla mia infanzia, quando ero costretto a prendere la corriera per andare nel capoluogo dove frequentavo la scuola media superiore. Quanti ricordi e quante sensazioni si possono provare alla semplice idea di un viaggio in autobus. La distanza Sežana- Ljubljana è stata percorsa, tutto sommato, in poco tempo. Il percorso è stato vario. In certi punti ci siamo trovati immersi totalmente in una foresta di alberi verdissimi e ordinati, in altri su piccoli altopiani spaziosi e puliti, in altri, infine, attraversando piccole frazioni di paese. In un certo senso quel paesaggio mi ricordava una bellissima descrizione di un viaggio, a dir poco avventuroso, che mostrava gli stessi sentimenti. Il viaggio riguardava lo spostamento da Londra ad Atene, attraversando la Germania e l'Italia, eseguito da Robert Byron che nel suo delizioso libro di letteratura di viaggi del 1926, L'Europa vista dal parabrezza, all'approssimarsi alla regione tedesca della Baviera, scrisse: «La campagna piatta cedette il posto a colline ondulate e ricoperte di pini di un gradevole verde scuro. I boschi si stendevano tra campi dorati di granturco e fertili vallate erbose, fino alla linea azzurra dell'orizzonte, anch'essa ondulata,che si fondeva in un lento e nebbioso tramonto dalle sfumature violette. Si fece buio a poco a poco». La stessa sensazione l'ho provata io in quei momenti. L'autobus veniva guidato dalla conducente con naturalezza e competenza. Lo sterzo veniva girato in modo regolare e armonico, facendo sembrare il movimento del mezzo simile a una danza, piacevole da osservare. Non avevo mai notato una cosa simile in precedenza. Singolare.
Arrivo in albergo a Ljubljana alle 17.30 circa. L’albergo si chiama Hotel Slon Best Western e si trova in Slovenska cesta, 34 all'angolo con la strada pedonale Copova ulica. La camera che mi è stata data è la 628. Nella foto sotto ho ripreso uno sguardo dalla finestra della mia camera, al sesto piano. L'albergo dista poche decine di metri dalla centralissima Presernov trg, davanti alla Chiesa francescana dell'Annunciazione con la splendida facciata rossastra. Lì vicino c'è il famoso ponte triplo, unico esempio di "moltiplicazione di ponti" in una città. Non mi risulta che in altre città ci sia un doppio ponte.Se poi l'attraversamento del fiume è triplo, diciamo la verità, sarà sicuramente un'attrazione, mi dissi. Starò tre notti e in camera sistemo i vestiti e gli oggetti personali appendendoli con cura nell'armadio. A Ljubljana ci sono altri buoni alberghi. La scelta poteva cadere indifferentemente tra il Grand Hotel Union Executive (Miiklosiceva cesta,1), oppure il Grand Hotel Union Business (Miiklosiceva cesta,3), oppure il City Hotel Tourist (Dalmatinova ulica,15) altrimenti l'Hotel Park (Tabor,9). Io ho scelto l'Hotel Slon per la sua posizione centrale. E non mi sono pentito. Tutt'altro, mi sono trovato bene. Dopo mezz’oretta circa sono in strada per vedere e "sentire" per la prima volta la città. Sapete, questo è per me uno dei momenti più interessanti dei miei viaggi. Respirare l’aria della città per la prima volta, osservando il traffico nelle strade e nelle piazze che spaziano davanti a me, mi dà una sensazione piacevole di libertà e di voglia di scoprire. C’è ancora luce in abbondanza e decido di fare una prima passeggiata. Sotto nella foto sono seduto in un divano della hall dell'hotel. Macchina fotografica in mano e borsa del turista a tracolla esco in Slovenska cesta e mi dirigo verso Presernov Trg, ovvero verso la piazza antica della città vecchia. L'aria è un po' fine, la temperatura è fresca ma il giaccone pesante che indosso mi protegge e mi riscalda. In albergo mi hanno scritto su un bigliettino di benvenuto la temperatura minima e massima della giornata: 8°-21°. Sto bene. Penso che farò una bella visita turistica all'attuale (per sei mesi) capitale politica dell'UE. Chissà. Forse in piazza, pardon, in Trg Presernov potrò incontrare il Primo Ministro sloveno Janez Janša, e prendere un caffè con lui dissi tra me. Magari gli augurerò di lavorare bene nell'interesse di tutti gli europei. Mi sorprendo a fare questi pensieri ironici e, tutto sommato, impossibili, come quelli che faceva Alice nel "Paese delle meraviglie".Ma siamo in vacanza e tutto è permesso. Poi, con un sorriso sulle labbra smetto di pensare ai politici europei e mi guardo intorno. La sensazione è quella di camminare in una città italiana dell'arco alpino, con scarso traffico, ordinato e scorrevole e strade ben curate. Domani è il primo maggio ed è festa. I pochi automobilisti che incontro sono corretti e osservano le regole del traffico con disciplina tutta mitteleuropea, in particolare austriaca. Non dimentichiamo che molti elementi storici, politici e architettonici che caratterizzano Ljubljana e l'intera Slovenija portano alla cultura giuseppina austriaca. ll programma della serata prevede come primo impegno la visita della parte pedonale e storica della città vecchia da una parte e dall'altra del triplo ponte.Mi incammino verso il fiume Ljubljanica (sopra nella foto) e osservo un po' le strade vicino alla piazza vecchia. Sono quasi le otto di sera. Si è fatta l'ora di cena e mi avvio a cenare in un ristorante che ho scelto nella guida. Si chiama "Sokol" ed è una "Gostilna Vinoteka". Si trova in Ciril Metodov Trg, 18. Dunque, è in una piazza. Il cameriere che mi accoglie mi serve con interesse e professionalità. Vedo che è curioso e cerca di capire di che nazionalità sono. Io faccio lo gnorri, nascondo la mia guida italiana e gli dico in inglese che desidero un tavolo per me. Il menù l'avevo scelto guardando in internet nel sito del ristorante. A me piacciono le specialità locali e così mi "tuffo" in una pietanza chiamata "piatto del contadino". Una autentica bomba calorica. D'altronde è sera e fa un po' freddo. Qualche caloria in più non mi farà male. Ecco la scelta completa del menù della serata: Kmečka Pojedina, Pečen Krompir, Domači kruh, Gibanica sokol e un bicchiere di vino Traminec radgon. Insomma tre tipologie di carne alla brace, patate arrosto, pane scuro sloveno e due bicchieri di vino rosso. Costo 26 euro. Non poco. Vi assicuro che ci si sente sazi per almeno 24 ore. Ah! Dimenticavo la birra. Della casa, Sokol. Di fronte a me una famigliola felice composta dal nonno, nonna, mamma, papà e una bella bimba slovena di circa cinque anni che si divertiva a farmi l'occhiolino. A fianco a me una anziana coppia americana con la quale abbiamo commentato piacevolmente la bravura del cameriere a individuare la nostra nazionalità. Insomma, come si suol dire in questi casi, un bel quadretto. Quando arriva il momento della scelta del dessert io mi lascio scappare due paroline italiane a proposito del dolce chiamato Gibanica sokol, che è un dolce della casa, e del bicchiere di vino bianco aromatico traminer che si sposa bene col dolce. Il cameriere, tutto felice, mi dice in italiano che la mia è stata una scelta felice. Ha detto proprio così e, soddisfatto, continuò a servire ai tavoli gli altri clienti. Che volete, i camerieri sono fatti in questo modo. Quando vedono un cliente straniero vogliono immediatamente inquadrarne la nazionalità. Sperano sempre che sia italiano, perchè statisticamente i turisti italiani sono quelli che lasciano mance più consistenti. Non è il mio caso, ma loro operano quasi sempre così. Qualche volta però non svelo la mia vera identità e lascio i camerieri nel dubbio che io posa essere un francese o uno spagnolo. Insomma, mi piace giocare a nascondino.
Secondo giorno.Il giorno successivo è il primo maggio, ovvero festa nazionale. Ci sono nuvole grigie in cielo, con presupposti di pioggia. Decido di fare una vista nella parte vecchia di Ljubljana perchè il museo di Storia nel Parco Tivoli è chiuso. Dopo una lunga camminata, stanco e deluso di averlo trovato sbarrato nel gran verde del parco mi rimetto in moto. Munito di ombrello tascabile e forte del mio primo approccio con la parte vecchia della città osservata durante il tragitto serale per andare a cenare al ristorante, mi incammino verso le vie sotto il Castello. In queste capitali dell'est c'è sempre un Castello da visitare. Quello di Ljubljana non è certo come quello di Praga ma vale la pena fare un giretto. In Presernov trg ecco a sinistra la facciata colorata della Chiesa francescana dell'Annunciazione. Mi attrae per la bellezza dei suoi colori sfumati. All'interno faccio un giro per ammirare i dettagli.Non c'è molta luce, così decido di uscire all'aperto ma un intenso scroscio di pioggia mi blocca in chiesa per una mezz'oretta circa. In salvo nella bella chiesa ci sono rimasto quasi un'oretta ammirando le bellezze artistiche e scultoree. Ho trovato anche il tempo per una bella meditazione personale. Mi vengono alla mente le belle parole di Ivan Cankar nel suo capolavoro Hlapec Jernej in njegova pravica, cioè "Il servo Jernej ed il suo diritto", in cui dice: "Ljubjiana è una grande città. Le case sono alte, ben allineate l'una accanto all'altra e non c'è siepe che le separi. Le strade sono piene di gente e ogni giorno c'è la messa grande e qualche processione. I preti sono così numerosi che si è tentati di andarsene in giro con il cappello sempre in mano. Le campane suonano e rintoccano da mattina a sera. Si cammina come in una fiera: non si sa cosa guardare, dove mettere i piedi e a chi rivolgersi. Jernej gironzolò a lungo per piazze e per strade preso dall'ammirazione per tante meraviglie; poi entrò in una chiesa, si inginocchiò davanti a un altare laterale e pregò a lungo. La chiesa era immersa in una silenziosa penombra, nella quale si poteva più facilmente conversare con Dio". Quando lessi lo straordinario testo di Cankar rimasi folgorato per la sua bravura nel descrivere il personaggio di Jernej. La coscienza sociale e l'intensa ricerca spirituale di Cankar mi hanno sempre colpito per la sua sensibilità verso i problemi sociali. Ma torniamo a noi. Rinfrancato un poco dai miei pensieri sono uscito ma la pioggia è ripresa a cadere insistentemente. In un bar li vicino ho ordinato un thè caldo che mi ha rimesso su il morale.
Terzo giorno. E' mattina e oggi è anche il penultimo giorno della mia visita turistica. Ho voglia di passeggiare. Così cammino lungo la riva destra del fiume Ljubljanica. Dalla via Gallusovo Nabrezje si vede perfettamente l'imponente castello di Ljubljana, immerso totalmente nel verde degli alberi (sotto a sinistra). Ecco poi la facciata barocca della Chiesa di S. Nicola con una meridiana perfettamente funzionante e, subito dopo, l'edificio sede del Municipio dove mi faccio ritrarre da un turista italiano.Il giorno successivo decido di visitare la parte sud della città, vicino a Krakovo. A Trnovo l'altro elemento della coppia turistica non ci vado, perchè è un po' lontano per i miei gusti. Parto dalla bella, modernissima e ordinata Piazza Ajdovščina (a destra nella foto) e, percorrendo verso sud la Slovenska cesta, mi ritrovo all'incrocio con la Rimska cesta, vicinissimo alla Trg Francoske revolucjie. Perbacco, qui sento odore di casa dico tra me. "Rim" in slavo significa Roma. Vuoi vedere che questa strada è una classicissima Via Roma? In Italia non c'è città e paese che non hanno una via Roma. Trovare anche qui a Ljubljana una via intitolata alla città dove abito mi sembra una cosa piacevole. Che ne dite? Su "Piazza della Rivoluzione Francese" non ho dubbi. Troppo importante è il fatto storico della presa della Bastiglia per non essere stato utilizzato dall'allora Jugoslavjia. Chissà se sono nel giusto. La storia non si fa con i se, ma penso che sarebbe stato bello se invece della sola Slovenija nell'UE ci fosse stata l'intera ex-Jugoslavjia. Pensate che bello sarebbe stato se si fosse realizzato questo progetto di super-allargamento dell'Unione. Ma la storia, come sappiamo bene, va per strade diverse dalla congiunzione "se" intesa con valore ipotetico.D'altronde, a chi posso fare domande qui, in una giornata di festa nazionale, i cui rari passanti si muovono velocemente e sembra che per loro io non esista? E poi, non credo proprio che sarei in grado di farmi intendere. Purtroppo, non parlo nessuna lingua straniera, tranne un po' di inglese di emergenza. Figuratevi a parlare una lingua slava! E poi cosa potrei dire: "mi scusi, Signore di Ljubljana, Rimska cesta vuol dire per caso via Roma"? Ma via, non scherziamo. Le poche parole slovene che ho imparato a memoria sono ja, ne, prosim, oprostite, hvala lepa, nasvidenje, dober dan, dober večer, kolico stane, račun prosim. Stop. La scenetta da me immaginata mi porta del buon umore. Piccole puerilità che emergono in visita di luoghi turistici. E sorridendo mi metto a gironzolare nei vicoli stretti della zona, scattando qualche fotografia a ciò che posso vedere in giro, che osservo con piacere e interesse. I palazzi, le piazze e le strade sono puliti e ordinati. Lì vicino, c'è una bella piazza, chiamata Novi Trg ad una estremità della quale ci sono delle facciate degli edifici molto belli colorati con i colori della bandiera nazionale. Ecco la piazza nella foto a destra.A poche decine di metri da Trg Novi c'è il palazzo dell'Università di Ljubljana. Ci sono alcuni romanzi sloveni che ho letto e che mi hanno interessato non poco prima di venire in Slovenjia. In modo meno impegnato c'è l'interessante libro di Zanet Sagatin, Slovenia a ristorante, L'Airone Editrice Roma, 1999. In primo luogo il bellissimo e toccante libro di Boris Pahor, Necropoli, Roma, Fazi, 2008. Poi Ciril Zlobec, La mia breve eternità, Bulzoni e Drago Jancar, Aurora boreale, Bompiani mentre di Ivan Cankar, Il servo Jernei e il suo diritto, Feltrinelli. Certo di scrittori sloveni interessanti ce ne sono molti: France Prešeren, Srecko Kosovel, France Balantic, Matej Bor, Karel Destovnik-Kajuh, Slavko Grum, Ivan Pregelj, Prežihov Voranc, Miško Kranjec, Ciril Kosmac, etc. Questi richiami alla letteratura e alla narrativa slovena non possono essere qui evidenziati come meriterebbero. E adesso, un breve commento fotografico della città con alcune fotografie che ho scattato nei tre giorni di visita alla bella Ljubljana.Ecco due posti incantevoli nella parte sud di Ljubljana. Il primo è una bella piazzetta, pulita e ordinata, con bandiere di pubblicità per un evento di una galleria d'arte che ho apprezzato molto. Nella bella sala lubianense quadri e tele interessanti che si sono lasciate guardare con ammirazione dei pochi presenti, me compreso.
Il secondo, a seguire, mostra alcuni bei bar con le sedie e i tavolini aperti nella larga e bella Askerceva cesta. Da qui si va Trnovo e Krakovo.Propongo qui l'elenco di alcuni locali di gastronomia da me frequentati durante la mia "tre giorni" lubianense, almeno di quelli che mi ricordo. Cominciamo con un piccolo negozietto di pizza al taglio in Dvorni Trg,1 dove ho mangiato un trancio di ottima pizza margherita con un bicchiere di birra alla spina; prezzo 3,50 euro. Da Airest in Zgornji Brnik, 130 ho preso Enolončnica, solate iz bara kruh, pivo heineken; prezzo 10,70 euro. Da Zlata Ribica in Dunajska cesta, 270 ho ordinato Union toceno, zelenjavna letnocasna minestra, caprese; prezzo 14.50 euro.La partenza da Ljubljana è fissata domani, 3 maggio alle ore 14.55. Il viaggio di ritorno prevedo sarà più movimentato dell'andata, perchè ho prenotato due voli aerei di ritorno. Il primo in partenza da Ljubliana Jože Pučnik per Vienna Schwechat e il secondo da Vienna per Roma Fiumicino. Dunque, non posso permettermi di perdere la coincidenza. Tuttavia, la mia permanenza a Ljubljana è coincisa con due giorni di festa nazionale che non avevo previsto. Pertanto non ho potuto vedere, perchè chiuso, il Museo Nazionale di Storia Contemporanea che si trova a Cekin Mansion, cioè a Cekinov Grad, a nord-ovest del centro di Ljubljana.
Quarto giorno. Sulla destra c'è la bellissima e verdissima Celovska cesta che porta al museo. Sono intenzionato a vederlo a tutti i costi e così la mattina del 3 maggio, alle ore 9,30 mi faccio portare con un taxi sul luogo in tempo utile per essere uno dei primi visitatori all'apertura, prevista per le ore 10.00. A quell'ora sono l'unico turista nelle vicinanze. Faccio il biglietto e percorro le stanze del museo. Sono interessato a vedere il punto di vista sloveno relativamente al conflitto militare e politico della seconda guerra mondiale. In questi casi mi trovo sempre a disagio, perché mi è insopportabile l'idea che sono italiano e che i miei concittadini del tempo hanno creato uno degli orrori del genere umano che è la guerra. Tra le tante cose che ci sarebbero da dire sui fatti tragici della seconda guerra mondiale c'è che spesso le truppe fasciste di occupazione si sono vendicate sui civili jugoslavi con rappresaglie come quelle che le truppe naziste fecero alle Fosse Ardeatine a Roma. Ricordo di avere letto in qualche saggio di storia che alcuni generali si sono comportati da autentici criminali. Pertanto, mi aspetto di vedere esempi tragici di eventi del genere nelle sale del museo. Sono stato più di un'ora ad osservare i vari reperti e cimeli storici.Ho letto le varie didascalie presenti nelle varie sale del museo e mi sono fatto un'idea personale del senso della mostra. Mi è sembrata ben fatta. Equilibrata, abbastanza completa e interessante. La mostra, soprattutto quella nella sala E, dedica molta attenzione ai fatti della 2a guerra mondiale, in particolare all'occupazione nazista, come era prevedibile, con sessioni di informazioni multimediali. Quello che non avrei mai immaginato è che i fatti gravissimi dell'occupazione fascista italiana in Slovenia, tutto sommato sono stati trattati, a mio parere ma posso sbagliarmi, con un po' di sottovalutazione e, se mi si consente, anche con "comprensione". Non entro nel merito dei fatti storici sloveni dell'occupazione italiana perché non è questa nè la sede nè lo scopo della mia visita al museo. Certo le mie visite ai luoghi degli orrori nazi-fascisti hanno una finalità educativa e storica, perché mi confermano sempre di più che la barbarie e la violenza commessa siano di monito agli europei di oggi di perseguire con ostinazione la strada dell'integrazione europea, che è l'unica maniera di essere sempre in pace con noi stessi e con gli altri.
Anche noi italiani, che siamo nati dopo la fine della seconda guerra mondiale, abbiamo questo "peccato originale" del fascismo come politica nazionale che ha prodotto lutti e soprusi in questo paese e in altri. La domanda che mi sono più volte posto è : "ma con quale coraggio il governo fascista di Roma del tempo si permise di invadere (e che non avrebbe mai dovuto fare) un paese confinante che non gli aveva fatto nulla"? Purtroppo le dittature funzionano così: più sei un paese che ti comporti bene, più i dittatori ti vogliono sottomettere. Ho firmato il registro degli ospiti auspicando un felice sviluppo alla coraggiosa e simpatica Repubblica Slovena. Era il minimo che potessi fare a favore di un paese che ha subito l'onta e l'arroganza di un'occupazione fascista vigliacca e sbagliata che essa non meritava. Alle 11.30 sono di nuovo in albergo dove mi aspetta la navetta per l'aeroporto. Devo dire che il personale dell'albergo è stato efficiente e professionale, aiutandomi in tutti i modi possibili per rispettare l'orario di partenza verso l'aeroporto. Il viaggio verso l'Aerodrom Jože Pučnik di Ljubljana è stata piacevole e sereno: abbiamo percorso la distanza su una superstrada immersa in campi verdissimi e boschi pieni di alberi. La partenza per Vienna è stata in perfetto orario, in un clima di compostezza generale. L'arrivo a Vienna è stato caratterizzato viceversa da molta confusione. L'aeroporto di Vienna è molto grande e, di solito, i voli Alitalia sono fatti partire da un gate emarginato e molto distante dalla zona di arrivo. I passeggeri italiani erano molto chiassosi e scomposti. C'era da aspettarselo. Il che è spesso sgradevole da accettare. Ma questa è un'altra storia.
E passo alle conclusioni di questo mio diciassettesimo viaggio, effettuato in un paese simpatico, con una bella capitale, piacevole da visitare, confinante con l'Italia. La posizione di Ljubljana è + 46°03' latitudine nord e a circa + 14°30' longitudine est. Ricordo che Roma si trova a 41° 50' nord e 12° 28' est. Dunque, ci sono appena 4° 13' di differenza di latitudine verso il polo nord e solo 2° circa di differenza di longitudine est tra le due città verso oriente. Siamo praticamente vicinissimi. Come dire siamo a casa. La vacanza è finita e si ritorna alla vita di sempre. Ciao a tutti e .... al prossimo viaggio! Ci vediamo a Nicosia. Ecco il report.
Manuali e guide di viaggio adoperate.
Considero molto utile l'agile libro per conoscere un minimo di lessico sloveno che può servire in situazioni di emergenza. Ecco le coordinate bibliografiche: Cerne Jana-Forans Alessandra, Lo sloveno per il turista, Editore Vallardi A.,2001. Nell'orientarmi in città mi ha aiutato molto la guida, purtroppo solo in inglese, BEST OF Ljubljana sotto in una delle tre foto riportate. E' stata eccellente nel fornirmi informazioni essenziali ma precise e veritiere. La consiglio a chi seguirà le mie orme.

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

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BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO




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