venerdì 3 marzo 2017

Traduzioni dall’arabo e difficoltà incontrate nel suo studio.


Affrontare il tema della traduzione di un semplice testo arabo non è cosa facile per chi si accinge a percorrere i sentieri dello studio della lingua araba, irti di difficoltà oltre ogni dire. Molte sono le pietre d'inciampo che si incontrano in questo studio: irregolarità, diversità, abbondanza e ridondanze testuali ne sono alcune. Tutti questi aspetti complicano la vita e il lavoro dello “studente traduttore” fino alle estreme conseguenze di non riuscire ad ottenere la traduzione giusta. Viene fatto di chiedersi: perché un normale studente medio, dopo anni di studio, manca di quella capacità di dominare il testo al primo sguardo e di capire al volo senso e significato di una frase? Cerchiamo di mettere ordine in questa faccenda, sebbene in modo superficiale e poco sistematico.
Innanzitutto la grafia. Si potrebbe iniziare ponendo la domanda di come sia possibile che dopo anni di studio appaiono quasi sempre difficoltà ortografiche spesso di difficile soluzione. Scagli una pietra colui o colei che nello scrivere una parola in lingua araba non abbia mai avuto dubbi se una vocale fosse breve o lunga. E questo sia che si tratti di una alif al posto di una fatah, oppure di una waw al posto di una dammah e infine di una kasrah al posto di una ya, quando non ci si confonda tra ya e alif maksura alla fine di una parola.
E poi, all’interno della parola se si annida una 'ain non ascoltata bene, si è proprio sicuri che si tratta di questa lettera oppure di un’altra? Insomma, per non peccare in lucidità traduttiva è necessario dominare efficacemente il testo altrimenti sono guai. Ma come si acquisisce questa competenza? Il grande arabista russo Baranov era solito dire che “ci vogliono 15 anni per rendere lo studio della lingua araba un po’ meno difficile”. Egli aveva capito tutto, e con una sintesi mirabile era riuscito a condensare tutte le difficoltà di apprendimento di uno studente in un numero non proprio piccolo di anni di studi preparatori. " Diffidate delle imitazioni" si dice in genere quando non si ha fiducia in un prodotto complesso. Diffidate cioè di quei docenti che vi dicono che l’arabo è una lingua facile. Non è vero. Vi vogliono prendere in giro. Un esempio lo si trova nel titolo di manualetti presenti nelle librerie del tipo “L’arabo in 4 settimane” e simili. State sicuri che saranno soldi spesi male. Certo a vedere certi immigrati extraeuropei, soprattutto asiatici, i quali senza strumenti di studio adeguati riescono a imparare a parlare l’italiano dopo 4 settimane in modo più che adeguato c’è di che rimanere a dir poco esterrefatti.
Assodato, dunque, che la lingua araba non è una lingua di facile apprendimento, entriamo nei dettagli della faccenda. Detto in termini esatti: se l’arabo non è una lingua facile, perché è difficile? Alcuni motivi potrebbero essere i seguenti.
In primo luogo l’alfabeto, che non è nemmeno lontano parente del nostro. Può sembrare inutile dirlo, ma mi sento di affermare che per un europeo “quadratico medio” che ha sempre sentito la sua lingua essere al centro dell’universo, l’arabo e altre lingue asiatiche presentano delle difficoltà inaspettate e insospettate. Una di queste è “la morte” (!) del comodo, familiare e rassicurante alfabeto latino. Qui non si tratta di introdurre lettere più o meno strane, come una lettera accentata in italiano o un segno diacritico su di essa come accade con le lingue scandinave o dell’est europeo. No. Qui si tratta di un alfabeto non solo numericamente più consistente, ma soprattutto con segni e grafemi completamente sconosciuti che per giunta si scrivono da destra verso sinistra.
E’ necessario in primo luogo “elaborare il lutto” della perdita dell’alfabeto materno e reinventarsi tutta una strategia ortografica nuova per abituarsi alla novità. Per uno studente medio si tratta di un dramma. Aggiungete il pasticcio didattico di molti docenti di arabo che non solo complicano la vita degli studenti inserendo l’artificiosa e controproducente traslitterazione, ma aggiungono sadismi mirati come la questione della diglossia posta in forma ultimativa. In pratica dicono che “se non si conoscono almeno altri due dialetti arabi è meglio abbandonare l’arabo classico e darsi all’uncinetto” e capirete il perché. Il dramma della perdita delle certezze linguistiche basate sull’alfabeto comune a molte lingue europee non si supera facilmente.
Aggiungo altresì l’immensa quantità del lessico arabo. Questo è uno dei motivi fondanti delle difficoltà della lingua araba. Questo aspetto che dal triconsonantismo derivano tutti i significati possibili intorno a un’idea primitiva intrinseca alla radice di un verbo trilittero è tremenda.
Se (x,y,z) sono tre lettere della radice immaginate quante combinazioni si possono produrre per formare parole diverse modificando o l’ordine delle tre lettere o aggiungendo una o più lettere servili o entrambe contemporaneamente: (x,y,z); (x,z,y); (y,x,z); … ; (a,x,y,z); (x,a,y,z); (x,y,z,a); …. ; (b,x,y,z); … e via discorrendo, con a e b lettere servili aggiuntive alla radice trilittera sia come prefisso, infisso e suffisso. Questa abbondanza diventa ridondanza quando si considerano i sinonimi aventi radici differenti! Le difficoltà dello studio toccano il culmine quando si introducono i cosiddetti infiniti verbali (masdar) e fatto più importante quando si passa all’uso nei verbi delle lettere cosiddette deboli che sono tre ovvero waw, ya, alif. C’è da mettersi le mani nei capelli per affrontare uno studio della coniugazione di verbi di questo tipo, dove le irregolarità diventano la norma.
Ritornando al tema della traduzione iniziale di un testo arabo, l’analisi morfologica e grammaticale della frase assume una connotazione direi quasi esoterica, alla portata di pochi ferrati arabisti.
E’ anche evidente che ci sono delle tecniche precise che possono aiutare molto uno studente alle prese con la traduzione dall'arabo. Ma non c’è tecnica che tenga quando lo studente non possiede un lessico adeguato alla complessità del testo. È inimmaginabile uno studente che in una frase di 10 parole non conosca il significato almeno del 75% delle parole. L’inadeguatezza lessicale diventa un macigno che schiaccia il soggetto moltiplicando esponenzialmente le sue difficoltà di traduzione. L’aspetto più grave della faccenda è che dal punto di vista psicologico il digiuno lessicale produce calo precipitoso dell’entusiasmo e sottrazione considerevole dell’interesse per la lingua. E addio al suo studio, con buona pace delle intenzioni.
Attenzione perché finora ho accuratamente evitato di parlare dell’aspetto fonetico che è un ulteriore macigno sulla strada dello studio della lingua araba, spesso più pericoloso perché più sottovalutato degli altri già proposti. L’aspetto fonetico riguarda la pronuncia delle parole e, dunque, tutta la complessa attività mentale e muscolare che ruota intorno alla muscolatura della cavità della bocca per produrre i suoni giusti. Qui si tocca con mano gli aspetti più profondi della lingua araba che non riguardano solo la dimensione legata alla scrittura con il contorno di calligrammi variegati. Qui si muovono le acque più profonde del pozzo dell’arabismo orale, unico elemento in grado di discriminare l’autenticità del vero islamismo degli indigeni arabi dalle imitazioni più o meno riuscite dello stesso.
Didatticamente, del resto, i quattro famosi obiettivi dell’apprendimento com’è noto sono: “saper scrivere, saper tradurre, saper ascoltare e comprendere e, ultimo ma non di meno, saper parlare”. L’alfabeto arabo contiene un numero maggiore di lettere dell’alfabeto latino. Non solo perché alcune di queste lettere non esistono nella fonetica occidentale. Il che non solo significa che quindi esistono suoni sconosciuti agli occidentali, ma fatto più complesso è molto difficile è impararle a pronunciare correttamente, in quanto i muscoli addetti alla loro produzione non sono mai stati esercitati nell’intera vita degli europei. In altre parole non è per niente scontato che tutti riescano a saper far funzionare il muscolo interessato. Spesso nelle verifiche fonetiche si sentono alcune gutturali, altre fricative e altre enfatiche pronunciate in modo inaccettabile per non dire scandaloso che mostrano un approccio rozzo e primitivo allo studio della fonologia.
In conclusione, chi volesse insistere nello studio dell'arabo deve accettare con serenità e consapevolezza la massima baranoviana di dover studiare per 15 anni per poter avere il successivo studio “un po’ meno difficile”. Attenzione, un po’ meno difficile non significa facile. Lo si sappia e buon apprendimento a tutti della meravigliosa lingua araba.

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