domenica 28 maggio 2017

Traslitterazione si o no?


L'enciclopedia Treccani definisce traslitterazione il "riscrivere un testo facendo uso di un sistema di scrittura diverso da quello originale". La traslitterazione quindi non è la traduzione di una parola da una lingua a un’altra, per esempio dall’arabo all’italiano, ma è il processo più modesto e meno pregnante di trasformare le lettere di un alfabeto (per esempio arabo) in lettere di un altro alfabeto (per esempio italiano).
In altre parole la traslitterazione è il processo linguistico tendente a riprodurre lettere con altre lettere, senza aggiungere altro significato. Obiettivo della traslitterazione è pertanto quello di permettere la ricostruzione del testo originale solo sulla base della conoscenza del solo alfabeto del testo traslitterato.
Per l’economia del nostro discorso l’alfabeto traslitterante è l’alfabeto (italiano) secondo cui si trascrive la parola originale (scritta in arabo), mentre l’alfabeto traslitterato (arabo) è l’alfabeto che si intende riprodurre nell’altra lingua (italiano). Questo processo viene adoperato generalmente dal neofita che studia una lingua il cui alfabeto non ha i caratteri della propria lingua. La difficoltà del neofita è propria di colui che deve apprendere una lingua le cui parole sono scritte in un alfabeto a lui irriconoscibile.
Un esempio è il seguente:
traduzione: البيت = la casa / traslitterazione: البيت = albait .
Dopo aver presentato questa lunga premessa vediamo di chiarire alcuni aspetti non superficiali della questione “traslitterazione” dell’arabo in caratteri latini. Alla domanda se considero utile nel mio studio dell’arabo la traslitterazione rispondo subito no. Sono dell’avviso che nel mio caso la traslitterazione non è da adoperare né in versione pragmatica né in versione scientifica.
Altro discorso è in un corso universitario. Ma se mi avessero fatto la stessa domanda quando ho iniziato a seguire la prima lezione del corso di arabo elementare avrei senz’altro risposto di si. A quel tempo senza la traslitterazione mi sarei sentito perduto perché davanti a lettere sconosciute come la م traslitterarla con la più familiare «m» italiana è stato per me un sollievo enorme.
Non solo. La traslitterazione mi ha aiutato a capire meglio la differenza tra una vocale breve e una lunga. La fatah è un segno che definisce una vocale breve a cui corrisponde il suono «a» mentre la alif è una vocale lunga a cui corrisponde il suono «ā» cioè il suono della «a» allungata come se fosse una doppia a. Il libro Grammatica teorico pratica della lingua araba di Laura Veccia Vaglieri, a mio giudizio l’unica grammatica della lingua araba di tipo normativo insuperabile, che ha formato tutti gli studiosi e i professori italiani di arabo dell’intero secolo XX, a questo proposito è prescrittiva. Essa non solo considera la traslitterazione parte integrante del processo di apprendimento ma addirittura la impone, rendendola di fatto obbligatoria, con esercizi di traslitterazione impegnativi.
In più non c’è un solo docente di arabo universitario italiano che non usa e spesso abusa della traslitterazione. Anzi, i lavori tecnici di approfondimento di carattere universitario degli arabisti in Italia sono tutti traslitterati e molti docenti nelle loro lezioni scrivono alla lavagna le parole arabe traslitterate in italiano. Addirittura poi esiste una trascrizione fonetica internazionale secondo le norme dell’International Phonetic Alphabet (I.P.A.), alla buona una specie di alfabeto della traslitterazione chiamato scientifico che risolve il dannato problema della comprensione babelica in lingue diverse dei suoni delle lettere di tutti gli alfabeti.
Non sono un linguista e pertanto non conosco bene questi aspetti tecnici. Tuttavia è importante sapere che esistono e che questi aspetti non sono da sottovalutare e a costo di ripetermi dico a chiare lettere che adesso che so qualcosina di arabo la traslitterazione la sconsiglio a tutti. Ci sono un mucchio di ragioni che mi inducono ad essere di questa opinione: dal fatto che appesantisce l’apprendimento al fatto che si faccia uso di una metalingua di mediazione inutile e inservibile, che non aggiunge conoscenza ma che al contrario complica il processo di apprendimento della lingua araba dovuta al fatto che allunga i tempi di apprendimento e distrae dal tratto calligrafico. Per non parlare poi del fatto che spesso dagli appunti presi non si capisce se una fatah indica una vocale breve o un accento acuto italiano che differenzia una parola piana da una sdrucciola. Mi pongo a questo punto la domanda del titolo se traslitterare è cosa buona e giusta oppure no. Certo far digerire a un arabista che è abituato a traslitterare l’idea che stia perdendo tempo e fatica nella sua attività didattica per un’attività inutile è troppo. Nello stesso tempo imporre a un arabista abituato a non traslitterare di insegnare a tutti i costi agli studenti la traslitterazione è anch’esso troppo. Dunque la risposta definitiva può essere data solo in funzione degli obiettivi dell’insegnamento e dell’apprendimento.
La conclusione di questa delicata questione mi sembra evidente. Se si frequentano dei corsi universitari dove la componente formale della preparazione è un elemento essenziale della conoscenza professionale della lingua araba la traslitterazione deve essere studiata e conosciuta. Se viceversa si studia l’arabo fuori dai circuiti professionali di carattere universitario la traslitterazione paradossalmente da elemento conoscitivo diventa una palude melmosa in cui lo studente si può impantanare.
Bibliografia
1. Elab El-Shaer, I problemi di trascrizione e traslitterazione dell'arabo, Fasano, Schena Editore, 2004;
2. Nullo Minissi, La Trascrizione e la traslitterazione, Roma, Carucci Editore, 1973;
3. Giulio Soravia, La trascrizione dell’arabo in caratteri latini, 10/04/2017, https://docs.google.com/file/d/0B4ClQW1Psp9laTNxclNtdmFaUjQ/edit?pli=1 .

Nessun commento:

Support independent publishing: buy this book on Lulu.