lunedì 7 luglio 2003

Sono contrario a dare la grazia a chi non la chiede.

Non ho niente contro il Sig. Adriano Sofri, cittadino italiano condannato da un legittimo Tribunale della Repubblica a rimanere ancora molti anni in carcere nelle patrie galere perchè ritenuto colpevole del reato ascrittogli. Personalmente non lo conosco e non aspiro a conoscerlo. Ritengo che egli sia colpevole del reato che il Tribunale gli ha attribuito e come tale è giusto che egli paghi alla Società il debito contratto con le sue azioni. Certo, non mi è simpatico, come non mi sono simpatici tutti quegli individui come lui che per anni, meglio decenni, dal '68 in poi, si sono dati da fare, direttamente o indirettamente, intorno al partito del terrorismo rosso (nè con lo Stato, nè con le Brigate Rosse, ricordate?) uccidendo e gambizzando decine e decine di galantuomini per il solo fatto di essere stati leali lavoratori al servizio della Repubblica. Faccio presente che io parlo non per sentito dire ma come testimone diretto di quelle violenze. Nel lontano 1973, insegnavo in Lombardia e più di una volta fui sorpreso a Milano mentre andavo a seguire un corso di abilitazione da alcuni pericolosi cortei di giovani dell'estrema sinistra che tutto sembravano meno che dei Dandies inglesi. Credetemi, non era facile a quei tempi fare l'insegnante di una scuola superiore lombarda e avere il coraggio di dichiarare il proprio disprezzo per quelle modalità di lotta politica.
Non posso dimenticare, pertanto, che le mie simpatie non vanno certamente a chi uccise degli esseri inermi e indifesi (o per chi giustifico' quei delitti). Al contrario, nei confronti di chi orbito', direttamente o indirettamente, intorno al buco nero del terrorismo rosso o nero (erano della stessa pasta) nutrii sdegno e amarezza per gli atteggiamenti plateali di sfida alla Repubblica che questi Signori fecero per tanti anni, coperti da una cortina fumogena che l'allora estrema sinistra o estrema destra (furono sempre uguali nei metodi e nei contenuti) eressero intorno ad essi. Non ho mai potuto accettare la violenza, nè fisica nè, soprattutto, verbale. Ho sempre creduto che la Democrazia (quella vera, non Proletaria o Nuova) dovesse essere difesa a tutti i costi dal progetto politico brigatista, che di politico aveva assai poco, perchè dietro la maschera della politica si nascondevano belve feroci, autentici mascalzoni che per anni perpetrarono violenza e solo violenza. Mi metto nei panni di quei familiari che ebbero i loro cari assassinati da questi cinici e bestiali individui. E mi sento senza forze, disilluso e senza parole perchè non riesco proprio a capire come mai sia potuto succedere che persone intelligenti come loro (perchè lo erano, altrochè se non lo erano) si siano potuti macchiare di reati cosi' gravi. Ma ritorniamo al Sig. Sofri. Come mai oggi me ne occupo in questo weblog? E' semplice. In rete ho trovato giornali on-line e weblog che stano facendo di tutto per effettuare delle pressioni sul Presidente della Repubblica affinchè quest'ultimo sia *costretto* a dargli la grazia. Ebbene, non lo ritengo giusto. Non ritengo giusto, cioè, che per motivi politici e senza che vi siano i presupposti, si stia pressando la più alta carica dello Stato affinchè il Sig. Sofri venga liberato. Certo, con le leggi che ci ritroviamo attualmente - adesso anche gli ergastolani dopo aver assassinato una o più persone sono rimesse in libertà - si potrebbe essere indotti a dare la grazia con maggiore leggerezza. Ma questa non è una buona ragione per dire che siccome i delinquenti non stanno più tutti in carcere allora tutti i condannati siano liberati. Per questi motivi, ma soprattutto perchè mi sembra contraddittorio e paradossale che venga chiesta la grazia dagli altri quando l'interessato si rifiuta di chiederla. Cosi', anch'io ho scritto un messaggio al Presidente della Repubblica, avente tutt'altro tono, il cui significato è quello di far sentire una voce stonata dal coro che chiede di non concedere la grazia a chi si rifiuta di chiederla in prima persona. Tutto qui. Con questa scelta non mi pongo certamente il problema di condizionare nessuno, tantomeno il Presidente Ciampi, che, a mio avviso, ricopre l'alta carica con grande onestà intellettuale e considerevole dedizione verso il Paese.
Ho solo dato seguito a un mio impulso: non mi è mai piaciuta la superbia. Chi non riconosce i propri errori non merita. Poi, se il Sig. Sofri sarà graziato, buon per lui. Ripeto che per me non è lui il problema, ma è il modello che ha rappresentato in tutti questi anni. Gli auguro, comunque, di riflettere adeguatamente sui suoi trascorsi politici giovanili: vedrà che in ognuno di noi si possono trovare più errori che virtù.

Nessun commento:

Support independent publishing: buy this book on Lulu.