Oggi è Pasqua e, dunque, saremo buoni. Niente polemiche o critiche. Faremo solo proposte pacate e serene. Ecco di cosa si tratta. L’intervento davanti al Papa del frate predicatore Cantalamessa con le sue parole a sproposito circa l’incidente del paragone tra “attacchi al Papa e antisemitismo” la dicono lunga nell’idea che ha la Chiesa cattolica del suo compito nel mondo. Forse alla base delle incomprensioni c’è una perdita di chiarezza nella definizione del ruolo che Essa deve avere nel nuovo millennio. A nostro parere c’è il rischio che venga perduto l’immenso tesoro di credibilità che il papato di Giovanni Paolo II è riuscito ad accumulare in decenni di pastorale intelligente e misurata. Dunque, due consigli. Il primo di organizzazione. Se la Chiesa cattolica deve essere se stessa allora lo sia fino in fondo, non perdendo la “qualità” manzoniana che l’ha sempre contraddistinta e cioè la prudenza. Eviti in futuro di permettere ai suoi predicatori di spararle grosse e, soprattutto, eviti di perdere il senso della misura nei confronti delle altre religioni. Si adoperi sempre per mettersi “al servizio di …” piuttosto che pretendere che gli altri si mettano al “… suo servizio”. Il secondo è di politica. Se la Chiesa cattolica deve essere se stessa quando dice di rivendicare il suo ruolo pastorale universale, allora la smetta di parlare sempre come se al mondo esistessero solo due religioni monoteistiche: la sua e quella ebraica. Il fatto è che di religioni monoteistiche ce n’è una terza che è molto importante sul doppio piano numerico e di sostanza, per non parlare delle altre religioni non monoteistiche. Dunque, allenti i suoi interessi di dialogo nei confronti del mondo ebraico e si rivolga a quella più vasta comunità musulmana che di dialogo finora non ne ha visto nemmeno l’ombra. Il futuro della Chiesa cattolica sta nella capacità di conseguire due obiettivi, che sono l’unità dei cristiani, di tutti i cristiani, e un maggiore dialogo con il mondo musulmano. E la smetta una volta per tutte con la storiella dei fratelli maggiori ebrei o dei cugini primi discendenti di Mosè. Il mondo delle religioni può trovare nuova linfa e nuovo ottimismo solo se si progettano grandi rivoluzioni nei paradigmi teologici, altrimenti rimarremo sempre con l’idea, non certo pregiata, di coltivare il nostro orticello e basta. Nel 2010 non si può più ancora aspettare che i contrasti vincano sulle somiglianze. La sfida con il nuovo millennio sta nella consapevolezza delle teologie di poter sviluppare il senso della molteplicità religiosa e non l’idea di volere “cocuzze e cocuzzaro” entrambi per un solo soggetto. Il mondo è molteplice e non assoggettabile alla unicità. Si predichi pertanto per il proprio Dio tenendo conto che è il solo modo di fare gli interessi del Bene. Tanto lo sappiamo benissimo che, al di là delle diversità degli uomini, di Dio ce n’è uno solo e non tanti quante sono le religioni possibili. Tra l’altro l’unico Dio può benissimo manifestarsi in forme e nomi diversi dovuti, com’è noto, a lingua, cultura e tradizioni differenti. Quello che conta è che l’esigenza della spiritualità e l’importanza del senso religioso della vita non sia umiliato da beghe grossolane e superflue.
domenica 4 aprile 2010
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