mercoledì 23 maggio 2012

Alemanno e il sacco di Roma.


La stanno spogliando, come fece nel 1527 l'Imperatore Carlo V d'Asburgo, con le sue truppe piene zeppe di lanzichenecchi. Questa volta c’è una differenza. Il “sacco” sta avvenendo non in forme violente ma lentamente; minimizzandolo e celandolo, con la scusa della crisi, a necessità. La via maestra è il classico nepotismo, con prebende date ai propri familiari e agli amici che sfiorano certi premi di lotterie; arruolando silenziosamente a colpi di nomine improvvise uno stuolo di compagni di partito e di militanti di organizzazioni collaterali senza meriti, nelle presidenze di molte municipalizzate; premiando il parassitismo (come quello dei vigili urbani che sono letteralmente scomparsi dalla “circolazione” o quello dei tassisti); fornendo consulenze d’oro a ingegneri ignoranti (come quelle date all’Acea); permettendo a palazzinari più o meno senza morale di costruire immensi agglomerati di case inutili e controproducenti per la città senza avere previsto prima i servizi indispensabili. Insomma, stanno facendo il “loro mestiere”, che è quello di spolpare la città, con efficienza e scientificità. La circostanza è interessante sotto il profilo politico. Per una coincidenza astrale, unica e irripetibile, il Sindaco Alemanno e la sua degna comare il Presidente della Regione Lazio Polverini si sono trovati nella felice circostanza di presentarsi alle elezioni per le due cariche nel migliore momento storico e politico del peggior Berlusconi, che ne ha garantito l’elezione, con la collaborazione attenta e interessata delle gerarchie cattoliche. Adesso si trovano in mano un potere enorme senza dover dare conto ad alcun padrino, per le note vicende giudiziarie del loro sponsor Berlusconi distratto dagli obblighi di presenziare ai suoi processi. A nostro giudizio il Sindaco Alemanno non sta lavorando bene per la città. Anzi, sta lavorando malissimo. Ma non si deve dire. Con la pessima prassi romana che ci sono cose in cui è meglio non immischiarsi si sta consentendo a un gruppo di indigeni di spogliare la città e di darne una immagine da "terzo mondo". Questa è l’atmosfera che si respira nella capitale in questo primo anno del post-berlusconismo. Noi non accettiamo forme di silenzio-assenso e di autocensure. Per giustificare questa ipotesi di giudizio estremamente negativa dell'attività del Sindaco, presentiamo la lettera pubblicata oggi sul CdS dal sig. Stefano, che dice: ”[…] mi capita spesso di scrivere dopo uno dei miei viaggi all’estero, dove mi indigno nel vedere le situazioni paradisiache altrui, soprattutto nel versante della lotta al degrado e all’illegalità, confrontandole con la realtà romana. Mi sono arreso per i confronti con tutte le altre città europee. Ma che addirittura debba invidiare una città come Tunisi (si, proprio Tunisi) nel confronti con Roma lo trovo incredibile … Infatti, sono stato 3 giorni in quella città e ho visto che i venditori illegali sono stati concentrati solo nella città vecchia e in ogni caso lontano dai monumenti lì tutelati; niente scritte né manifesti sui muri; niente lavavetri, questuanti e “cappottini” ai semafori; niente posteggiatori abusivi, baracche e ricoveri di fortuna lontani dalla città e visibili solo in periferia. Ma perché tutti, proprio tutti, comprese città definite da “terzo mondo”, ci devono dare lezioni su come si deve regolare la vivibilità nelle città? Perché non abbiamo il minimo senso del rispetto di noi stessi e della nostra storia, di cui le (ex) magnifiche città italiane come Roma dovrebbero essere vanto e biglietto da visita della nostra cultura?” Ogni commento è superfluo.

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