A qualcuno piace Merkel.
Un film di Marilin Monroe di decine di anni fa fece storia. Introdusse un modo nuovo di fare l'attrice. Fu un successo. Sta accadendo in politica quello che accadde nel cinema tanti anni fa. Non si tratta di "sembrare" diversi, l'importante è "essere" diversi. E la nuova cancelliera tedesca "Anghela Merchel", si pronuncia così in italiano il nome del nuovo Primo Ministro tedesco, sembra avere un successo senza precedenti ad appena due mesi dalla nomina. Ma cos'ha di tanto straordinario la cancelliera Merkel? Sembra che possegga una dote rara nel panorama politico internazionale e italiano: la capacità di affrontare i problemi in modo scientifico. Si tratta di una miscela intelligente di stile, metodo, pragmatismo e, soprattutto, di atteggiamento che dà poco spazio all'ideologia e riserva molte attenzioni ai fatti concreti, quelli che nel mondo dell'istruzione si chiamano "contenuti". Insomma, poche chiacchiere e molti fatti. Nuova economia di mercato, ricerca di ordine attraverso le istituzioni, attenzioni al futuro, equilibrio tra welfare e crescita, credo assoluto nell'innovazione e nella ricerca, e, infine, modernizzazione dello stato e meno burocrazia. Evidentemente la Cancelliera ha altri assi nelle mani ma a noi è bastato solo questo per darle credito, molto credito. Se fossimo industriali o finanzieri scommetteremmo sulla capacità del Primo Ministro tedesco e sulla "tedeschità" delle sue scelte. Lo ha già fatto un banchiere italiano, quel dott. Profumo che ha avuto fiuto nel buttarsi a capofitto nel mercato tedesco ed europea con la sua banca italianissima. Due considerazioni finali. La prima. Molti politici italiani, di centrosinistra e centrodestra hanno dichiarato nei loro programmi elettorali di sempre, di dare impulso alla innovazione, alla ricerca, alla formazione e alla valorizzazione dei talenti e della concorrenza. A chiacchiere! Lo hanno fatto solo per pubblicità. Nella realtà, dopo aver preso il potere, hanno barato e clamorosamente. Entrambi gli schieramenti della politica italiana sono incapaci di uscire dalle logiche partitiche e ideologiche, e non saranno mai in grado di farlo. Anche perchè sono ipocriti e nascondono un preciso disegno ideologico e di schieramento. La Cancelliera sembra invece che non scherzi. Se ci risucirà lo vedremo nel prossimo futuro. La seconda osservazione riguarda la Signora Merkel. Chi è Angela Merkel? Per la pubblica opinione italiana e per i politici italiani è un alieno. Solo un alieno poteva avere le idee e la logica per fare quello che sta facendo. Infatti, la Merkel non è un avvocato (dunque, niente azzeccagarbuglismo), non è un imprenditore (dunque, niente imbrogli finanziari e tangenti nelle mutande), non è un'economista (dunque, niente prevaricazioni del tipo liberista-statalista), non è un professionista della politica (dunque, niente scuole ideologiche di partito e cervello lavato con la candeggina dei dogmi), non è un ex Sindaco, ex-Assessore, ex-sindacalista, ex-presidente di qualche Asl (dunque, non ha mai portato borse e cervello all'ammasso delle varie conventicole di bricconi che vivono nel sottobosco della politica). No. E' un fisico, un semplice fisico, laureato in una facoltà scientificissima, che ha studiato e insegnato , insieme al marito, scienze empiriche in un liceo della Germania Est. Ella è abituata a risolvere problemi, ad affrontare con l'intelligenza e il pragmatismo le strategie di risoluzione di fatti, esperimenti, problemi e modelli. Proprio così, modelli di comportamento volti a individuare strategie concrete per risolvere problemi. Esattamente il contrario dei nostri politici, i quali vanno al potere per risolvere i loro problemi (vedi interessi), economici, finanziari, personali o delle loro ideologie comuniste, socialiste, democristiane, missine, leghiste di destra o di centro. Ecco perchè Angela Merkel ha molte probabilità di fare ritornare la locomotiva tedesca al massimo delle attenzioni mondiali. La nostra, invece, è una tradotta di terza classe, per giunta che va a carbone. E si sa, il carbone sporca, come è esattamente diventata la politica dei furbetti di quartiere italiana: piena di sporcizia!
domenica 29 gennaio 2006
venerdì 20 gennaio 2006
Inappellabilità: un dispetto di Ciampi o dilettantismo di Pecorella?
Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha chiesto alle Camere, a norma dell'articolo 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge chiamata "Modifiche al Codice di Procedura Penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento". Lo rende noto un comunicato del Quirinale. Ecco la motivazione: “le modifiche introdotte dalla legge sulla inappellabilità generano un'evidente mutazione delle funzioni di Corte di Cassazione, da giudice di legittimità a giudice di merito, in palese contrasto con quanto stabilito dall'art. 111 della Costituzione". Quindi, conclude il Presidente Ciampi, la legge deve essere rivista dalle Camere. Questi i fatti e passiamo alle opinioni. Sembra di capire che il Presidente della Repubblica non ha avuto alcun dubbio sulla incostituzionalità della legge. Tra le tante cose adopera aggettivi qualificativi precisi e rigorosi: "evidente", "palese", ecc. Delle due l’una. O il Presidente della Repubblica ha reagito scompostamente alla legge votata dal Governo, facendo uno sgarbo al Presidente Berlusconi, oppure il Presidente della Repubblica ha bocciato la legge per palese dilettantismo di chi l’ha scritta e votata. Noi non crediamo che Ciampi abbia voluto fare un dispetto al Governo. Lo ha dimostrato, con stile e correttezza istituzionale, in cinque anni di “coabitazione” con Berlusconi. Si è sempre distinto per essere stato superpartes. Dunque, non rimane che la seconda interpretazione. Cioè, i giuristi del premier Berlusconi sono degli asini incompetenti, o peggio, in malafede. Ricordiamo chi è il responsabile della legge. Si tratta nientepopodimeno che dell'avvocato Pecorella, legale personale di Berlusconi, che in materia di garantismo, condoni, ammazzaleggi è un artista. Ce la sentiamo di fare altri cinque anni di legislatura con il rischio di permettere a questi inetti azzeccagarbugli di continuare a legiferare e a comandare sfasciando tutto in questo modo? Giriamo la domanda al lettore interessato. Noi non abbiamo più dubbi. Dopo avere aggiornato il nostro carnet contenente l'elenco delle sempre più insufficienze del governo Berlusconi non abbiamo perplessità, nonostante dall'altra parte facciano di tutto per perdere le prossime elezioni. Durante i cinque anni di legislatura del Governo di centro-destra, Berlusconi ha prodotto più del triplo di leggi disgraziate di quanto non sia mai stato mai fatto in sessant’anni di vita repubblicana. Capperi che disastro! Ricordiamo la previsione di Indro Montanelli, il grande giornalista che aveva previsto tutto. Turatevi il naso e mandate a casa gli asini.
lunedì 9 gennaio 2006
Uso e consumo di norme ad personam.
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha utilizzato la norma varata nel 2002 dal suo Governo relativamente alle irregolarità commesse in precedenza per sanare milioni di euro. Questi i fatti e passiamo alle opinioni.
Noi lo avevamo detto. E lo avevamo scritto. Nelle pagine di sinistra di un quaderno avevamo scritto le malefatte del Governo Berlusconi, mentre a destra avevamo messo le leggi che abbiamo considerato positive. Ad oggi, siamo 67 negative contro 19 positive. Oggi abbiamo avuto la riprova che i nostri presentimenti non erano sbagliati. Come volevasi dimostrare l'uomo più ricco d'Italia ha colpito di nuovo. Il suo planetario conflitto di interessi macina record su record. Grazie alla norma sul condono fiscale varata dalla sua maggioranza nel 2002, mica dalla nostra, l'amico Fritz, nonchè per la seconda volta candidato per altri cinque anni alla poltrona di Presidente del Consiglio, avrebbe sanato la sua posizione fiscale da decine di milioni di euro versando, udite udite, appena 1.800 euro! Il dato è emerso dal procedimento, in corso a Milano e ancora in fase di udienza preliminare, sulle presunte irregolarità compiute da Mediaset nell'ambito della compravendita dei diritti televisivi. Complimenti Sig. Presidente del Consiglio e .... cento di questi giorni, vero Sig. Presidente?
martedì 3 gennaio 2006
Quando si dice che si predica bene ma si razzola male.
Le cronache di questi giorni evocano uno spettro che preoccupa non poco il mondo politico-sindacale. Su di esso è infatti calata una coltre di silenzio che, in una società dell’infomazione confusionaria e conflittuale com'è quella italiana, ha dell’inammissibile. Si tratta dell’enorme ingiustizia che in questi giorni è stata messa in pratica ai danni prima di tutto dei lavoratori di tutto il pubblico impiego e, successivamente, dell’intelligenza umana. Gravissimi e lacunosi articoli di giornali narrano che il Ministero del Tesoro e dell’Economia, guidato da quel pericoloso Ministro del Tesoro che risponde al nome di Giulio Tremonti, abbia approvato l'assegnazione di ben quattrocentoventiseimilioni di euro per "incentivazione" ai sessantunomila dipendenti di quel Ministero. Si tratta di una cifra enorme, stratosferica, circa settemila euro medie a cranio, elargite in barba a leggi che lo vietavano e all’insufficiente senso di giustizia che avrebbe dovuto indirizzare l’azione di Governo onde evitare un simile provvedimento discriminatorio nei confronti del resto del personale della P.A. Ci piace ricordare qui chi è questo Ministro del Tesoro. Si tratta, ricordiamolo, di quello stesso Ministro che qualche anno fa si rimangiò l’impegno di retribuire gli insegnanti con la misera somma di quarantadue euro a testa, a condizione che questi lavoratori della scuola avessero comprato e letto dei libri di aggiornamento professionale. Passata la festa, gabbato lo Santo. Il Ministro Tremonti, con un piccolo comma alla finanziaria del 2003, annullò i precedenti impegni presi con la finanziaria dell'anno precedente. Dunque, lasciamo perdere questo Ministro del Tesoro, avventuriero e inventore di quella finanza creativa che ha fatto ridere mezza Europa, che non ha mai avuto chiara la distinzione fra correttezza e violazione degli impegni sottoscritti, e passiamo all'altro grande attore della faccenda. Quello che lascia stupiti è l’assordante silenzio di quella CGIL del Nostro Grande Segretario Generale Epifani che, in precedenza, ha indetto scioperi per mille sciocchezze, che ha sempre visto la pagliuzza nell’occhio degli altri ma che, in questo caso, ha fatto finta di non vedere la trave nel proprio occhio. Lascia interdetti l’amoralità dei nostri vertici sindacali che a chiacchiere predicano l’equità fiscale e retributiva di tutti i lavoratori, nonché la difesa degli interessi “generali”, ma che in concreto razzolano male realizzando, come in questo caso, una connivenza silenziosa e imbarazzante con un potere politico maldestro che lascia interdetti. Ecco di cosa si tratta. C’è una cappa di silenzio intorno a questa storia che fa letteralmente disgustare anche i coccodrilli dopo aver mangiato la loro preda. Al danno la beffa. Almeno i settemila euro fossero stati dati a chi veramente li meritava, come i militari italiani che in Iraq e in Afganistan rischiano quotidianamente la vita. Gli impiegati del Ministero del Tesoro e dell'Economia, invece, al massimo rischiano il cappuccino al bar. In condizioni di normalità gli stessi impiegati sono sempre f.s. (fuori stanza). Che pena.
lunedì 2 gennaio 2006
I “poteri forti” scelgono le vacanze nei paesi musulmani.
La notizia di ulteriori rapimenti di italiani in alcuni paesi musulmani è la conseguenza di vacanze che vengono considerate piene di fascino e di mistero a cui i nostri uomini “forti” della politica, dell’economia e del giornalismo non sanno resistere. L’elenco è nutrito. Una sola domanda a questi Signori: invece di rischiare il sequestro, per provare emozioni forti e magari sfruttare il rapimento per farsi pubblicità sui media in Italia (visto che qualcuno di loro non riesce proprio a farsela in modo normale), non sarebbe meglio che tutte queste teste d’uovo andassero in vacanza in qualche paesino dell’Aspromonte o delle Madonie che permetterebbe loro di avere più sicurezza e nello stesso tempo dare maggiore visibilità a questi paesini abbandonati da tutti? Noi crediamo che sarebbe meglio. Si eviterebbero letture non gradite sui giornali.
mercoledì 28 dicembre 2005
Un altro mito del made in Italy che si scioglie come neve al sole.
Nonostante le ricorrenti crisi economiche, politiche e morali, abbiamo sempre avuto la netta percezione che l'Italia avrebbe avuto mille risorse per rinascere. Il made in Italy è stato uno di questi miti, di questi atout in mano da spendere nei momenti difficili. Ebbene, anche questo ultimo mito se ne è andato, e non esiste più. Ci riferiamo al vino italiano. Da sempre, a cominciare dagli studi classici, abbiamo sempre considerato la nostra industria enologica come una risorsa illimitata. Ovunque si va in Italia esistono cantine, cooperative, produttori indipendenti più o meno importanti. Non esiste paese, comune, villaggio che non abbia il suo vino, la sua specificità vinicola. Cabernet, Inferno, Amarone, Barbera, Chianti, ecc.., sono sempre stati considerati miti incancellabili dall'immaginario collettivo. Abbiamo sempre considerato la Francia come l'unico paese a cui riconoscere i nostri stessi successi e diritti. Denominazione di origine controllata e Appellation d'Origine Controlée. Basta. Nient?altro. Al di fuori dell'Italia e della Francia, il nulla enologico. Ebbene, adesso le cose sono cambiate profondamente. In questi giorni abbiamo voluto comprare alcune bottiglie di vino, da noi considerate esotiche, provenienti da paesi che mai avremmo considerato all'altezza di produrre vini decenti. Abbiamo comprato due vini rossi cileni, due cabernet sauvignon, Tarapacà e Santa Digna di 13,5 gradi, un vino rosso australiano Shiraz, Sunnycliff di 14,5 gradi, un altro rosso sud-africano di 14 gradi e un bianco neozelandese di 13,5 gradi. Li abbiamo comprati più per curiosità che per altro. Li abbiamo assaggiati con diffidenza, convinti di avere davanti dell'acqua colorata. Invece siamo rimasti letteralmente senza parole. Ottimi. Eccellenti. Pieni, rotondi, corposi e che corpo! Dai colori e dai sapori forti. Insomma una sorpresa. Siamo rimasti di sasso. Ci sono chiesti quante volte siamo stati preso in giro dai vari produttori italiani, Veneti, Lombardi, Siciliani, Laziali, Toscani e via dicendo. Vini italiani senza personalità, con aggiunta di zuccheri e solfiti vari, che più di una volta ci hanno rovinato il pranzo, che al confronto con quelli summenzionati sono completamente perdenti. La nostra stizza è stata enorme. La nostra delusione ancora di più. Siamo fritti se anche nell'enologia gli stranieri ci hanno superato. Vuol dire che siamo conciati proprio male. Ahi. Povera Italia.
martedì 27 dicembre 2005
Dibattito sull'amnistia: un dibattito sterile e sgradevole.
Abbiamo ascoltato con attenzione il dibattito alla Camera dei Deputati sul tema caldo, caldissimo della amnistia. E' stato difficile riuscire a controllarsi durante gli interventi dei parlamentari. Ne abbiamo sentito di tutti i colori ed abbiamo preso atto che in Parlamento vi sono posizioni talmente separate che ci siamo meravigliati come sia possibile che persone consapevoli di svolgere un compito così difficile, come quello svolto da coloro che legiferano, possano dare giudizi diametralmente opposti su un unico fatto. Non si finisce mai di stupirsi per le contraddittorietà che emergono nei dibattiti politici. Molto brevemente diremo la nostra sulle conseguenze di questa discussione. Tuttavia, la prudenza è d'obbligo. La cautela è di per sé necessaria in tutti quei casi in cui si parla di libertà, ma in questi casi essere circospetti è ancora più importante. Naturalmente non mancheremo di usare la chiarezza che è altrettanto necessaria in relazione allo stesso tema.
Cominciamo col dire che siamo sensibili al problema della pena e della mancanza di libertà dei condannati al carcere. Senza ombra di dubbio guardiamo ai carcerati come a persone che hanno sbagliato nella vita e per questo si trovano in un luogo non solo di espiazione ma, soprattutto, di rieducazione. Questi principi sono importanti e non bisogna mai perderli di vista. Dunque, siamo sensibili alle questione che giustificano una amnistia. Dal punto di vista teorico siamo d'accordo che, in condizioni straordinarie, un Parlamento può prevedere un intervento di clemenza e offrire ai detenuti una possibilità in più per usufruire della libertà. La Costituzione lo prevede, e il Diritto lo riconosce. Dunque, non siamo prevenuti sull'istituto della clemenza. Il fatto è un altro. Il fatto riguarda la modalità della comunicazione delle idee dei parlamentari che parlano a favore o contro. La dialettica democratica prevede il confronto delle idee e pertanto è uno straordinario esercizio della libertà di pensiero ascoltare interventi contrapposti. Ma da qui ad arrivare ai certi discorsi presentati da alcuni parlamentari dell'estrema sinistra certamente fa venire in mente l'idea che c'è qualcosa che non va per il verso giusto. Non è possibile ascoltare interventi che peroravano la causa dell'amnistia così sfacciatamente di parte. Sembravano discorsi che avrebbero dovuto decidere le sorti di una società, della sopravvivenza o meno di una civiltà. Sembrava di essere al Parlamento inglese quando si temeva da un momento all'altro la fine della democrazia da parte del dittatore nazista Hitler durante la seconda guerra mondiale. Suvvia. Tutto sommato si sta parlando di persone che sono state giudicate da un tribunale onesto e democratico. E invece i toni, le arringhe erano quelle di altri tempi, come se in gioco ci fossero le sorti dell'intera nazione. Ecco, tutto questo è inaccettabile. Ma soprattutto è inaccettabile ascoltare interventi a senso unico, senza che nessuno di questi oratori si fosse posto almeno un solo problema del perché il provvedimento veniva avversato dagli avversari. Fa senso dover ammettere che, a parte certe considerazioni di troppo, solo il centrodestra ha argomentato concretamente con ragioni migliori di quelle del centrosinistra. Noi siamo dell'avviso che è stato un errore richiedere una sessione straordinaria di un ramo del Parlamento senza che ci fossero i numeri e l'atmosfera adeguata per pervenire a un provvedimento legislativo concreto. Ma, soprattutto, è stato un errore per le forze politiche di sinistra ammettere che ancora una volta si risponde alla sfida politica del centrodestra non con le armi della ragione e della consapevolezza ma con quelle identiche degli slogan e dei discorsi elettorali del berlusconismo più sfrenato. Prevediamo una sconfitta non di uno dei due contendenti lo schieramento politico di maggioranza o di opposizione ma della stessa cultura della ragione. Che è stata l'unica in questa vicenda a perdere. Un?occasione mancata per ristabilire il primato della ragionevolezza. Che pessimi attori su un palcoscenico di un teatrino di periferia.