Diciamo la verità: eravamo curiosi di leggere l'editoriale di Mario Calabresi con il quale il giovane nuovo Direttore si sarebbe presentato ai suoi lettori firmando il primo numero del giornale "La Stampa" di Torino. Eravamo sicuri che avrebbe scritto un buonissimo editoriale. Sapevamo anche che sarebbe stato volutamente sotto le righe, avrebbe parlato con modestia sia nella forma, come nei contenuti. Ma non sapevamo come lo avrebbe fatto. Oggi abbiamo avuto il piacere di leggerlo e siamo rimasti più che soddisfatti. Ci è piaciuto molto. C'è tutto il Mario Calabresi che lo contraddistingue. Modestia, senso critico, apertura verso il nuovo, conferma della tradizione, difesa dei valori, sfida per il futuro, ma soprattutto non c'è nulla di nulla di pretenzioso, di sovrabbondante, di vanitoso, di altezzoso, di fuori delle righe. Ecco l'URL per l'edizione integrale dell'articolo. A noi è piaciuto in particolar modo il passaggio finale, quando dice:
La sfida per i giornali è oggi quella di riuscire a decifrare la complessità offrendo chiavi di lettura. È di essere credibili, affidabili, corretti e curiosi. Il giornalismo non è intrattenimento, tanto meno l’inseguimento dell’ultima stranezza: mi sta a cuore che si spieghi se la febbre suina è davvero pericolosa, senza cadere in un sensazionalismo fine a se stesso, o se un terremoto può essere previsto senza farsi condizionare dalle convenienze politiche. Adesso per me comincia un’avventura nuova come direttore di questo giornale, e ho un doppio debito di gratitudine verso Giulio Anselmi non solo per avermi lasciato un giornale bello e autorevole, ma anche per aver creduto in me quando mi assunse all’Ansa diventando il mio primo direttore. Il direttore che invece non ho mai avuto è stato Indro Montanelli. Quando vent’anni fa mi chiese se volevo fare il praticante, non ne avevo l’età e stavo iscrivendomi all’università, però poi mi regalò una passeggiata nei giardini di Porta Venezia, a Milano. Di quella camminata mi piace ricordare la sola cosa che secondo lui avrei dovuto stamparmi in testa: “I giornalisti sono al servizio dei giornali e i giornali dei lettori. Chi pensa il contrario farebbe bene a cambiare mestiere.
Il richiamo a un maestro come Indro Montanelli non poteva non farci che piacere. Anche noi abbiamo messo all’inizio del nostro blog un riferimento al grande giornalista toscano che abbiamo sempre seguito con piacere e deferenza. Siamo sicuri che Mario Calabresi sarà un ottimo Direttore. Gli auguriamo buon lavoro.
giovedì 30 aprile 2009
Conferme delle buone notizie: il senso dell’editoriale di Mario Calabresi.
giovedì 23 aprile 2009
Mario Calabresi è stato nominato direttore della “Stampa”.
Finalmente una buona notizia. Proprio una buona notizia. Mario Calabresi è stato nominato nuovo direttore del quotidiano torinese “La Stampa”. Brevemente, vogliamo compiacerci, una volta tanto, della felice e indovinata scelta dell’Editore al quale va il nostro plauso per il coraggio dimostrato nel nominare il giovane giornalista a capo della famosa testata piemontese. Mario Calabresi è un giornalista di talento, onesto e pulito, moderato e intelligente, che noi apprezziamo molto, soprattutto dopo aver letto il suo bel libro Spingendo la notte più in là pubblicato nel 2007 da Mondadori con il sottotitolo Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo. Si tratta di una straordinaria autobiografia che, nel desolante panorama della saggistica del terrorismo italiano, rappresenta un raro esempio di narrazione credibile e convincente dei fatti che hanno visto la sua famiglia subire la violenza assurda e sconvolgente del terrorismo rosso. Oggi siamo proprio contenti.
venerdì 17 aprile 2009
Berlusconi vincente in “sorrisilandia”: sorride, prende in giro gli italiani e aumenta la sua popolarità.
Eccolo di nuovo in azione, più Pinocchio che mai. Stiamo parlando del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il più straordinario Pinocchio mai esistito in Italia e nel resto del mondo. Con un coupe du theatre eccezionale è riuscito a prendere “sei piccioni con una fava”. Laddove un altro Presidente del Consiglio sarebbe caduto dalla poltrona immediatamente, provocando una crisi di governo, lui, Pinocchio per eccellenza, riesce sempre a trasformare una sconfitta (il ricatto della Lega a non accoppiare il referendum con le elezioni europee) in una vittoria (per il bene del Paese si è dovuto piegare al diktat di Bossi evitando la caduta del governo). Volendo usare un linguaggio statunitense il Pinocchio Premier (o viceversa, tanto il concetto rimane lo stesso) è riuscito a passare dal KO all’OK. Geniale! Ecco i sei piccioni: 1.accolla tutta la responsabilità del rinvio del referendum alla Lega; 2.esce dalla palude della caduta di governo e di immagine di essersi piegato al ricatto trasformando una possibile Waterloo in una sicura Marengo; 3.rafforza il cemento della coalizione politica che guida; 4. fa cadere in ginocchio con reverenza non solo la solita “casalinga di Voghera” ma anche il vituperato marito di quest’ultima, chiamato il “pensionato di Voghera”, trasformandolo da acerrimo nemico ex-comunista a nuovo fan filo Pdl; 5.blocca il tentativo dell’opposizione di metterlo in difficoltà; e dulcis in fundo 6. aumenta lo share personale portandolo al 96% (una volta si diceva con una maggioranza bulgara) lasciando solo il 4% al nemico forcaiolo Di Pietro, perché il PD con la proposta D’Alema di rinviare il referendum non ha più alcuno share.
Noi desideriamo dire solo che in realtà Silvio Berlusconi non ha vinto nulla. Per noi semmai ha perso il Paese, cioè l’Italia che lo ha votato, perché per l’ennesima volta ha fatto uso di mezzucci da furbacchione in quanto gli italiani che ragionano hanno capito che con questi vecchi trucchi da teatrino della politica (lui che ha sempre criticato il “teatrino della politica”) è cosa non buona trasformare la serietà e l’etica di uno Stato in una presa in giro. Quando noi su questo blog parliamo spesso, in modo sgradito, del politico Berlusconi lo facciamo non perché non gli riconosciamo alcun merito, ma perché avendo lo scudo politico della Chiesa Cattolica alle spalle avremmo preteso un “Premier etico”, cioè un Primo Ministro che vivesse il suo lavoro come missione per introdurre, e se fosse il caso di imporre, nel paese valori fondanti della dignità umana, come Giustizia, Disciplina, Onestà, Incorruttibilità, Dirittura morale, Imparzialità, Severità con chi sbaglia, e nessun Perdonismo (indulto, condoni, sanatorie, leggi ad personam, etc). Invece lui ha fatto finora tutto il contrario. Il Referendum ne è la prova. Una norma costituzionale che viene resa vana e considerata un fastidio da un Premier, strattonato dal cinismo e dall’utilitarismo del suo maggior alleato Umberto Bossi, come possiamo definirla se non “una porcata” come la legge elettorale approvata dalla sua maggioranza che ha eliminato la preferenza e invia al Parlamento le persone che vuole Berlusconi? A questo proposito gli Eminentissimi Cardinali della Santa Chiesa Cattolica Romana hanno qualche problema di udito?
mercoledì 15 aprile 2009
Classe politica italiana e scelte vergognose nelle candidature alle elezioni europee.
Venire a conoscenza delle scelte effettuate dai leader dei partiti sui nomi dei candidati alle elezioni al Parlamento europeo di Strasburgo fa indignare, per non dire altro. Sembra che il Parlamento europeo, che dovrebbe essere il massimo dell’ambizione dello Stato italiano a farsi rappresentare nel migliore dei modi da uomini e donne della cultura e della politica, sia pieno di personaggi che sono esattamente il contrario di come dovrebbero essere. Scrive il giornalista Alessandro Trovino sul Corriere della Sera che il Parlamento europeo di Strasburgo è “pieno di pensionati italiani di lusso che bighellonano dalla mattina alla sera”. Basta leggere i nomi dei nostri rappresentanti nel Parlamento di Strasburgo per capire come stanno le cose. La sinistra fa eleggere sindacalisti a riposo mentre la destra invia parlamentari in pensione. In pratica si tratta di “eurofannulloni strapagati, assenteisti cronici e pensionati di un residence di lusso”. I nostri straordinari capibastone dei partiti italiani, ovvero i detentori del potere politico, cioè i vari Berlusconi, Franceschini, Bossi et Company hanno finora trattato Bruxelles come “un parcheggio in attesa di incarichi più prestigiosi”. Questa è la notizia che vogliamo commentare oggi. Lo sapevamo. Diciamo la verità, lo sapevamo tutti che la situazione fosse questa. Ma per svariati motivi lo avevamo dimenticato. Presi da altri pensieri, preoccupati dalla crisi economica, dal terremoto, dall’idratazione di Eluana, dal razzismo romano che spranga i poveri immigrati di colore, dalla caccia al rumeno e da mille altre incombenze lo avevamo perso di vista. Cosa volete che possa interessare all’”italiano quadratico medio”, cioè al “pensionato di Voghera”, dei nomi dei parlamentari europei che l’Italia invia a Strasburgo ogni inizio legislatura se la maggior parte degli italiani, ignoranti su tutto e in particolare sulle lingue e sulla geografia, non sanno neanche dove si trovi e che cosa rappresenta Strasburgo nella politica europea? E’ l’ennesimo sdegno che siamo costretti a mostrare per un fatto politico che l’Italia onesta non merita. Questo è un paese che non riesce a pensare in grande e in maniera pulita neanche se lo metti a pane e acqua per lustri. Il nostro, purtroppo, è un paese che è interessato solo dai fatti di politica locale, in cui ciò che conta per la gente sono la televisione con i suoi programmi stupidi e diseducativi come il Grande Fratello, il calcio con la solita violenza negli stadi in cui il paese dà il peggio di sè, la lettura dell’oroscopo del furbacchione astrologo Branko ogni mattina, la politichetta dei municipi, la politica “in grande” del nostro Super-Iper-Mega Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che facendo volare parole grosse come “popolo delle libertà, democrazia e anticomunismo” è riuscito persino a entusiasmare eminenti esponenti del Vaticano che tutti felici hanno detto che “finalmente i cattolici italiani hanno un vero partito di riferimento nel Pdl”. Alla faccia della separazione tra Stato e Chiesa e, soprattutto, alla faccia di quell’etica che è stata la bandiera delle grandi figure della politica nazionale ormai sepolta e dimenticata come nel caso di due nomi che valgono per tutti: Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. La nostra proposta è duplice: da un lato a Strasburgo dovrebbero andare i nostri migliori giovani che si affacciano alla politica con entusiasmo e voglia di fare e dall’altra di lasciare a casa i vecchi e superati tromboni della politica italiana che ci fanno solo vergognare di essere rappresentati da gente del genere. Il nostro voto sarà dato solo ai giovani. I vecchi stiano a casa!
venerdì 10 aprile 2009
Sindaco Alemanno: se ci sei batti un colpo!
Vogliamo essere chiari e schematici per evitare confusioni. Il Sindaco di Roma Gianni Alemanno finora, almeno dal punto di vista della vivibilità della capitale, non ha fatto niente, assolutamente niente. Questa accusa è precisa e la confermeremo con un esempio concreto. Prima però vogliamo informare chi ci legge che il Sindaco Alemanno non sta mantenendo le promesse elettorali. E se non le sta mantenendo adesso che siamo nei primi mesi del suo mandato di primo cittadino, negli anni a venire forse sarà peggio. Ecco perché è necessario dire le cose come stanno. La vita dei cittadini di Roma è diventata ancora più precaria di prima. Qui a Roma non funziona quasi nulla. Il traffico è sempre più impazzito e gli automobilisti danno il peggio di loro stessi nella guida, nei parcheggi e nell’inosservanza delle regole. I vigili urbani sono spariti dalla circolazione. Non se ne vede uno solo a fare il suo lavoro, che è poi quello di gestire il traffico. Lanciamo pertanto un altolà al Sindaco, sollecitandolo sul lato debole del suo ruolo: quello di essere un politico di destra. Per favore Alemanno, faccia qualcosa di destra perché la città di Roma continua a non permettere ai suoi cittadini di vivere come in una normale città europea. La realtà è che Roma sta manifestando sempre di più comportamenti rozzi e primitivi a causa di molti suoi abitanti indigeni. Ecco un esempio che la dice lunga sul malfunzionamento della macchina dei servizi relativi al traffico e alla gestione dei vigili urbani a Roma. Alcune mattine fa in una strada consolare della capitale, la Via Appia Nuova, uscendo dalla metropolitana notiamo una decina di autovetture in doppia fila e addirittura due Suv posteggiati sul marciapiedi. Osservando la difficoltà di alcuni anziani che dovevano attraversare la strada scorgiamo una coppia di vigili lì vicino. Ci dirigiamo prontamente verso di loro facendo notare che era necessario fare delle contravvenzioni, non foss’altro che “per motivi educativi”. Uno dei due vigili tergiversa e incalzato ci confessa candidamente che "fanno tutti così" e che era inutile fare delle multe perché non sarebbe cambiato nulla. Abbiamo insistito e alla fine abbiamo scoperto che a loro interessava poco fare le multe perché a loro dire "l’educazione ai romani gliela dovevano insegnare le loro famiglie e non i vigili urbani". Abbiamo concluso dicendo loro che quella sera, prima di addormentarsi, avrebbero fatto bene a pensare se i veri responsabili del grado di inciviltà dei romani erano solo le famiglie degli automobilisti oppure altri che non facevano il loro dovere. Ci hanno risposto con ironia che avrebbero preso appunti per i "pensierini notturni" ma non per le contravvenzioni. Egregio Sindaco Alemanno, se i romani non osservano le norme del codice della strada è perché i Sindaci di Roma, tutti quanti, di sinistra e di destra, di oggi e di allora, non hanno mai fatto il loro dovere. I colpevoli del degrado romano hanno dei nomi e cognomi precisi che sono, senza andare troppo indietro nel tempo, i seguenti: Francesco Rutelli, Walter Veltroni e, adesso, Lei caro Gianni Alemanno. Non faccia il finto tonto perché se i vigili urbani di Roma, che hanno poco di urbano e molto di inurbano e che per pigrizia o per incapacità non fanno il loro dovere rispondendo alle critiche con argomenti inverosimili come quelli che abbiamo ascoltato con le nostre orecchie allora vuol dire che le cose sono messe veramente male. La invitiamo pertanto a prendere provvedimenti per far ritornare i vigili in strada e far fare loro il lavoro per cui sono pagati. Altrimenti vorrà dire che lei sarà il principale responsabile del grado di inciviltà della città. E una di queste sere, per favore, prima di prendere sonno al posto dei due suoi vigili, ci pensi un tantino e trovi il tempo di vergognarsi se le cose continueranno ad andare così male come nella sua città. E si ricordi che le ragioni di carattere educativo accennate sopra stanno tutte nella efficacissima massima di Seneca che dice: Bonis nocet qui malis parcet e cioè che "chi risparmia i malvagi danneggia i buoni". Se lo ricordi.
mercoledì 8 aprile 2009
In certi casi dire “fatti gli affari tuoi” è l’unica risposta giusta da dare agli sfrontati.
Il neo Presidente degli Stati Uniti Barack Obama chiede all’Europa di far entrare la Turchia nell’UE. Lo ribadisce più di una volta affermando che l’Europa “deve far entrare” Ankara nella famiglia europea, perché non si può lasciare un grande paese musulmano come la Turchia fuori dall’Unione. Questo il fatto che intendiamo commentare oggi con le nostre solite opinioni. Siamo sbalorditi due volte. Una prima volta perché la stampa nazionale e internazionale non ha per niente ripreso l’argomento lasciandolo cadere nel dimenticatoio. In secondo luogo la dichiarazione del Presidente USA suona come una nota stonata nel panorama delle relazioni diplomatiche. Il paragone che meglio spiega il fatto è che la richiesta di Obama è come “l’entrata a gamba tesa” di un giocatore che commette un fallo pericoloso su un altro. Mr. Obama improvvisamente perde il suo fair play e commette una gaffe pesantissima nei confronti dei paesi europei, soprattutto quelli più laici, che hanno più di un dubbio sulla richiesta turca di far parte dell’Unione. Mentre in Europa tutti lo osannavano noi siamo rimasti sconcertati nell’apprendere la sua sfrontatezza nel chiedere quasi perentoriamente che l’Europa “non può non” far entrare il paese di Atatürk nell’UE. Il primo pensiero che ci è venuto in mente è stato: “ma come si permette di chiedere di invitare a casa altrui un estraneo”? Gli inviti, da che mondo è mondo, li fa il padrone di casa e non gli estranei. Voi ve la sentireste di accettare a casa vostra, per sempre, un ospite che non vi piace? Bene ha risposto il Presidente francese Sarkozy dicendo che la questione dell’entrata o meno della Turchia nell’Unione è europea e sarà risolta solo dagli europei. E veniamo al problema. Noi desideriamo chiarire che sul piano teorico non abbiamo nulla contro la Turchia, il cui popolo ci è simpatico e ci è amico. A nostro parere il problema è stato posto male. Noi europei possiamo accettare benissimo di far entrare la Turchia nell’Europa a condizione che il grande paese della mezzaluna risolva i problemi serissimi che a tutt’oggi non ha mai risolto. Quali? Ne elenco qualcuno. Intanto deve abolire la pena di morte. Successivamente deve separare Stato e Chiesa e metterlo per iscritto nella sua Costituzione. Infine, deve dare in maniera integrale i diritti alle donne. Ci sono anche altre questioni di minore importanza che qui sorvoliamo. Il simpatico neo Presidente statunitense, a questo proposito, pensa che questi diritti siano noccioline di nessun a importanza? A nostro avviso si sbaglia di grosso. Infine, abbiamo una domanda per Mr. Obama: perché non fa anche lui la stessa cosa con i paesi dell’America Latina? Perché, per esempio, non comincia lui per primo a togliere le sanzioni contro Cuba che è a due passi dalle coste USA e risolvere il contenzioso con quel popolo? Ci dispiace ma in questa occasione Obama l’ha fatta grossa. Tacciamo poi, per carità umana, del modo di fare del nostro Presidente del Consiglio Berlusconi che in questa vicenda, come in altre, ci ha fatto fare mille cattive figure con le sue gaffes a ripetizione.
domenica 5 aprile 2009
Test, viaggi e geografia. Viaggiare diventa sempre più difficile.
In genere i test sono domande che un autore pone agli altri su un tema specifico per ottenere una risposta dalla quale valutare una performance. Per esempio, un classico test potrebbe essere questo: “Un corpo cade liberamente nel vuoto. Quant'è la distanza percorsa dopo 1 secondo”? Oppure: “Se al numero 0,888 si addiziona un solo centesimo si ottiene 0,898. Si o no”? Infine: “Quale è la seconda persona singolare del congiuntivo imperfetto del verbo ergere”? L'altro giorno sono stato protagonista di un autotest, cioè di un test costruito da me, per me stesso. Curioso no? Volevo misurare la mia performance relativamente alla conoscenza che ho della localizzazione di alcuni miei obiettivi di viaggio. Bene. Anzi, male. Non ha funzionato, almeno sotto il profilo dei risultati. Sono andato malissimo. Perché? Perché la mia autovalutazione è stata un disastro. Insomma, ho scoperto di non essere preparato. Dunque sarei, come si dice dal punto di vista docimologico, impreparato a fare escursioni all’estero perché “ignorante” nella geografia dei viaggi e pertanto non all’altezza di viaggiare. Nonostante in questo periodo l’economia mondiale non vada bene, ansia e preoccupazione per il mio futuro finanziario non ne ho. Mi sento consapevole di essere un soggetto equilibrato che contiene le spese, ho l’abitudine di fare sempre delle economie di bilancio e quando devo fare delle spese cerco sempre di risparmiare. In ogni caso, non sono preoccupato per le mie entrate, che sono comunque limitate, ma sono letteralmente sgomento per l'inaccettabile risultato ottenuto nell’autotest. Questo si, lo ammetto, mi ha depresso. Di che si tratta? Curiosi, vero? Bene, adesso vi dirò. Si tratta di un test che prevede di individuare su una cartina dell'Europa fisica la posizione delle città mie mete di viaggio. La cartina fisica è quella che io definisco “antipatica”, perchè non ci sono linee di demarcazione tra i confini degli Stati e mancano del tutto i puntini più o meno grandi delle città. Dicevo che ho preso una cartina del genere ed ho voluto misurare la mia preparazione relativa alla localizzazione delle capitali dei ventisette Stati dell'Unione Europea. Facile direte voi. In fondo in fondo, stiamo parlando di casa nostra, cioè del nostro continente e della nostra nazione. Dicevo, dunque, che ho preso la matita, ho puntato la punta sul foglio ed ho proceduto a disegnare per primo il puntino di Roma. La mente è corsa al nome della capitale italiana e mi sono chiesto se era meglio scrivere Roma o Rome in inglese. E’ più chic, mi dissi, scrivere Rome al posto di Roma. Ma poi, mi chiesi, siccome lo Stato più importante dell'Unione è, dal punto di vista del numero degli abitanti, la Germania forse era il caso di mettere Rom invece di Roma o Rome. Sapete, i numeri sono molto importanti, come per esempio chi tiene aggiornato il proprio blog e conta con attenzione giornaliera il numero dei visitatori. Si, mi dissi, forse è meglio privilegiare il nome tedesco. In un baleno mi venne in mente che Berlino è la capitale della Germania e mi chiesi dove fosse. E qui cominciarono i guai. Dove si trova questo benedetto posto in cui gli antenati degli attuale berlinesi hanno edificato la bellissima Berlino con la sua spettacolare Porta di Brandemburgo? A proposito, mi chiesi, devo scrivere Berlino o Berlin? E gli abitanti di Berlino si chiamano berlinesi o berliners alla maniera dei dubliners di James Joyce? Quando JFK andò a Berlin non disse la celebre frase “mi sento berlinese” ma disse letteralmente Ich bin ein Berliner. Vero? Dunque, cosa scelgo? Un brivido mi colse per ciò che mi stava venendo in mente. Ma allora, quando devo scrivere Sofia dovrei usare l'alfabeto cirillico e scrivere Cофия, che traslitterato dovrebbe essere Sofija e non Sofia. Perbacco, pensai, ma allora Lubiana non si scrive così ma più correttamente Ljubljana. E dove sarà localizzata Praga o meglio Praha, e Atene o Athens o meglio ancora Αθήνα? Dove si trovano esattamente tutte queste città? E Nicosia, o meglio, Lefkosia in greco-cipriota o Lefkoşa in turco-cipriota? E se in quest'ultimo caso sbaglio la localizzazione di qualche chilometro sulla cartina della capitale cipriota, non è che andando nell’isola di Afrodite rischio di trovarmi nelle mani dei militari turchi che mi rimanderebbero indietro attraverso il passaggio di Via Ledra ai loro colleghi greco-ciprioti? E questi ultimi non è che mi aggrediranno a parolacce con fare indagatore del tipo “tu essere italiano! tu essere come Berlusconi, mafia e conflitto di interessi”? Perché quando sono stato nella bella capitale cipriota, non ci crederete, ma mi è successo proprio questo. Un poliziotto greco-cipriota dopo aver visto il mio nome scritto sul passaporto, mi apostrofò e, in mezzo a decine di turisti increduli, mi gridò tutta la sua rabbia per essere io connazionale del nostro Presidente del Consiglio. Probabilmente, lo fece perché Berlusconi è amico del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan; ed è noto che turchi e greco-ciprioti non si amano. Mio malgrado mi è successo quello che, nel suo interessante libro Non sparate sul turista Duccio Canestrini afferma che “il turista si trova ad essere identificato come corresponsabile della politica, sia interna sia esterna, del proprio paese d’origine”. A pensare a quella scena avvenuta al varco della linea di confine cipriota stavo ricadendo in depressione, con qualche accenno di attacco di panico. Guardando la cartina geografica, deturpata da punti e linee che sembravano essere stati disegnati da uno schizofrenico viaggiatore al rientro da un viaggio all’aeroporto di Fiumicino in concomitanza dell’ultima “vertenza Alitalia”, sconsolato mi dissi: “e poi dicono che la geografia è una materia facile”! Ma mi ripresi subito, con una promessa: devo andare a Sofia (o Sofija, o Cофия) per colmare questa lacuna e imparare meglio dove essa si trova. E quando arriverò nella piazza principale, guarderò il mio cellulare ultramoderno che mi darà le coordinate della bella città con i valori della latitudine e della longitudine. Così non sbaglierò più e risolverò meglio il prossimo autotest sui viaggi. Ma poi mi venne un altro brivido, al solo pensare che i due numeretti che i cellulari visualizzano nel piccolo display, in realtà hanno davanti a sè o il segno più o il segno meno, per indicare da quale parte del meridiano e dell’equatore si trova il luogo scelto. Mamma mia mi dissi, alla maniera degli Abba nel film con Meryl Streep, fare viaggi sta diventando tanto difficile che è necessario avere una laurea in matematica per poter interpretare i segni della latitudine e longitudine della mia meta di viaggio. Fra non molto dovremo conoscere i logaritmi di Nepero e le matrici quantistiche di Heisemberg per poter viaggiare; ed io, francamente, non me la sento di mettermi a studiare matematica e fisica. Mi sentirò ancora in grado di viaggiare in maniera tradizionale oppure, per il prossimo viaggio, dovrò aspettare il teletrasporto?