martedì 7 maggio 2013

Andreotti: una morte che lascia in bocca l’amarezza del silenzio.


E’ morto Giulio Andreotti. Qualcuno ha detto che davanti alla morte rimane solo il silenzio e la pietà. Compassione e misericordia dovrebbero essere i soli sentimenti da considerare in questi casi. No. Noi non siamo d’accordo. Almeno in questo caso. Costui è stato uno dei principali responsabili della politica italiana per almeno mezzo secolo. Per più di cinquant’anni Andreotti è stato il simbolo del potere politico democristiano che ha dettato e diretto la strategia della politica in Italia. E’ stato 7 volte premier e 26 volte ministro. E’ stato un uomo politico che nonostante le accuse, un processo, le critiche e dei giudizi non certo lusinghieri sul piano etico e morale, non ha mai alleggerito il peso della coscienza e mai ha confessato colpe e responsabilità di fatti e misteri rimasti insoluti. E’ rimasto sempre in silenzio, muto come un pesce e simile a un mafioso, nascondendo e portando con sé nella tomba segreti e decisioni nascoste prese in politica. Insomma molte ombre, parecchi dubbi, niente luci e zero verità. Famoso per i suoi aforismi amava essere considerato affidabile e discreto in politica, in perfetto stile mafioso. «Il potere logora chi non ce l’ha»; «A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina»; «L'umiltà è una virtù stupenda. Ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi» e simili idiozie impudenti. Cinismo e autocompiacimento sono stati i suoi sentimenti più evidenti. E’ morto a 94 anni, sazio di giorni. Noi non lo abbiamo mai invidiato. Tutt’altro. In questo momento proviamo solo amarezza, l’amarezza di coloro che hanno sperato che negli anni della vecchiaia Costui si ravvedesse e fornisse elementi per chiarire il ruolo avuto nel potere che ha esercitato per tanto tempo e che gli ha consentito di prendere decisioni discutibili e dannose nell’Italia dei segreti. I misteri sono rimasti tali e se li è portati nella tomba come fanno i mafiosi. La nostra amarezza è mitigata tuttavia dalla certezza che in questo momento, al cospetto di Colui che è il Giusto per eccellenza, da qualche parte sarà stato dato l’ordine di “attizzare il fuoco”. E non per cuocere alla brace l’abbacchio laziale.

1 commento:

Giancarlo ha detto...

Questo è il caso, classico, in cui è difficile sentire quella pietas che ci è stata insegnata,perchè chiederete voi ? Si sta parlando di un personaggio particolare, ha attraversato tutta la storia della Prima Repubblica, dalla stesura della Costituzione in poi. Ha conosciuto il post fascismo è stato il protagonista dei tutti i momenti di quel periodo storico.
Ma come accade di sovente, insieme, alle luci si trovano le ombre.
I misteri che quel periodo ci lascia insoluti sono, onestamente, troppi !
Negli anni 60, la democrazia cristiana perse lo smalto, se pure ne aveva, che la caratterizzò negli anni precedenti, sono gli anni che segnarono una perdita continua di consensi elettorali, che veniva compensata , grazie al sistema elettorale, con le alleanze che via via si formarono con sempre la DC perno centrale. Questo periodo fu quello che vide nascere la strategia della tensione, Andreotti certo non si può accusarlo di averla fomentata, prove non ve ne sono, ma certo il suo raggruppamento se ne giovò, pagando un prezzo molto alto con la morte di un cavallo di razza, si chiamavano così, come Aldo Moro.
Quel periodo di tensioni fu nero di colore e rosso di sangue, ma la Repubblica non è stata capace di trovare, con certezza, uno dico uno, solo dei responsabili. Eppure il nostro fu Presidente del consiglio, e ministro degli interni..
Dei cretini che in quel periodo funestarono la vita civile non è rimasto che lo sbiadito ricordo.
Si arriva alla seconda Repubblica, ormai Senatore si vede costretto a rispondere delle sue frequentazioni malavitose, vedi mafia. Cosa che fece con grande senso civico e dalle quali ne è uscito con una sentenza salomonica , metà bambino ad una madre l'altra metà all'altra.
Sempre fu seguito, coccolato, alla gerarchia Vaticana, egli ha rappresentato per la riva destra del tevere quella sicurezza nelle parole e sopratutto negli atti che cercavano.
E' andato via un pezzo dell'Italia che ricordava l'800 quella fatta di palazzi profumati di incenzo e di tendaggi pesanti che potevano nascondere congiurati, se ne è andato portando con se tutte le risposte ai tanti misteri, e si che si vociferava di un archivio personale imponente, se ne è andato. Forse troverà quel Franco Evangelisti che la storia patria ci ha regalato con la frase di Caltagirone " A Frà, che te serve ? " lo incontrerà e gli chiederà " A Giù che te serve ?

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