E’ una domanda alla quale non si risponde né facilmente, né con piacere. Anzi. Se si può, si evitano risposte e commenti. Tuttavia è necessario essere onesti e coraggiosi. Lo pretende l’intelligenza di quelle persone perbene che sono dell’avviso che esistono altre posizioni politiche che non siano quelle sterili “a favore” o “contro” Israele, "a favore" o "contro" i palestinesi. Noi adesso proveremo a dire la nostra. Crediamo di appartenere alla schiera non molto nutrita di coloro che si sentono in grado di ragionare non per appartenenza a fazioni ma, al contrario, in quanto persone dotate della capacità di saper adoperare il proprio cervello. Si tratta di opinioni personali, incomplete, forse un po’ riduttive, ma autentiche e, soprattutto, autonome dalle quali sono totalmente fuori le ideologie, tutte le ideologie, politiche e religiose. Ecco come la pensiamo.
Intanto diciamo che in un conflitto del genere non è possibile immaginare che una parte abbia ragione totale, assoluta e l’altra torto completo. Se non si intende questo fatto non si arriverà mai a una comprensione effettiva della querelle. Entrambi i contendenti, israeliani e palestinesi, hanno ragioni e torti. Il problema fondamentale sta nel fatto che c’è un elemento “irragionevole” che complica maledettamente il problema. Si tratta del fatto che il conflitto non riguarda solo gli aspetti politici e sociali ma anche quelli religiosi. E qui casca l’asino. Nel mentre in politica è facile discutere, confrontare proprie opinioni e pervenire a un compromesso, lo stesso non si può dire se la questione comprende anche l’aspetto religioso. Com’è noto, la Religione si basa su dogmi immodificabili. E i dogmi, in quanto asserti incontrovertibili extra-scientifici, assoluti, impediscono una visione laica, raziocinante, politica, umana e, pertanto, modificabile. Dunque, alla radice del problema v'è una complicazione in più che allontana irrimediabilmente la soluzione del confitto arabo-israeliano. Finché il problema verrà visto, anche da una sola parte, come conflitto religioso non esiste alcuna possibilità di raggiungere una pace definitiva. Il primo passo, dunque, dovrebbe essere quello di convincere entrambe le parti a eliminare dal tavolo delle discussioni qualunque questione di matrice religiosa. Ora, nel mentre per Israele è più facile separare gli aspetti politici da quelli religiosi (ma anche l’ebraismo non scherza come fattore religioso condizionante) per la parte araba, a causa della peculiarità della religione musulmano-coranica, questo è più difficile e fintantoché all’orizzonte vi è terrorismo e fondamentalismo islamico è praticamente impossibile pervenire a un accordo. Dunque, la soluzione passa, a nostro giudizio, per una accettazione da parte di tutti gli Stati interessati dell’eliminazione del fattore religioso nella contesa. Se si riuscisse ad accantonare il tema religioso probabilmente la soluzione sarebbe più a portata di mano di quanto non si creda. Ci riusciranno l’ONU, l’Unione Europea, la Russia, la Lega Araba ad aiutare i due schieramenti a discutere senza la spada di Damocle di Maometto e di Mosè? La soluzione passa per questo imbuto. Chi vuole la pace deve scegliere. Altrimenti sono prese in giro.
mercoledì 9 agosto 2006
Conflitto in Medio-Oriente: come uscirne?
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