sabato 5 agosto 2006

Impossibile credere che le cose siano andate come le descrive il compagno Cossutta.


Il quotidiano La Repubblica del 4 Agosto 2006 pubblica a pag.41 un articolo su Armando Cossutta nel quale vengono descritti gli avvenimenti che egli ricorda essere relativi alla drammatica vicenda dell’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Il fatto è arcinoto a tutti e l'inchiostro consumato su quella vicenda ha quasi esaurito tutti i "calamai" dei giornalisti.
Cossutta rievoca lo svolgimento delle varie fasi che lo hanno riguardato personalmente perché in quel drammatico giorno, il 20 Agosto 1968, egli fu, afferma, l’unico dirigente del PCI rimasto a Roma a “presidiare” Botteghe Oscure.
Ma come si sono svolti i fatti politici durante quella tragica giornata? E, soprattutto, perché il filosovietico Cossutta ha deciso di divulgare oggi quei drammatici fatti secondo una linea interpretativa che, a nostro parere, cozza contro la conseguenza logica dei suoi comportamenti politici di responsabile massimalista di quel tempo? Ma andiamo per ordine.
Dice Cossutta che quel giorno era il dirigente di turno del PCI preposto alla sorveglianza della sede politica romana. I massimi responsabili del partito comunista del tempo erano tutti in vacanza nei paesi del socialismo reale. Chi sul Mar Nero, chi a Mosca, chi a vattelaapesca erano tutti fuori sede. Praticamente il solo Cossutta, che era il membro più rappresentativo del Comitato Centrale del partito, era rimasto a Roma. A una certa ora l’Ambasciatore sovietico lo “convocò” d’urgenza e gli diede in anticipo la notizia. Racconta Cossutta che quando l’Ambasciatore finì di informarlo egli “si arrabbiò” e chiese “giustificazioni”. Disse proprio così: “chiesi giustificazioni all’Ambasciatore”. Addirittura aggiunge che alla notizia datagli si “arrabbiò”, si alzò di scatto, e turbato fece presente che “è una questione gravissima”. Tralasciamo i particolari. Chi fosse interessato può attingere direttamente all’articolo della giornalista che si è prestata a questo "gioco" estivo. Questi i fatti e passiamo alle opinioni, naturalmente le nostre.
Diciamo subito che noi non crediamo per niente che il tono, i comportamenti e i contenuti della discussione di quel giorno si sono svolti così come Cossutta li descrive. Cercheremo adesso di immaginare come, secondo noi, si svolsero veramente i fatti. Prima però vogliamo dire che non abbiamo nulla contro Armando Cossutta. Anzi. Lo consideriamo un uomo politico serio e coerente, un esempio di politico corretto nella comunicazione, all'antica, sempre contenuto, gentile nei toni e mai al di sopra delle righe. Se ci si consente, diciamo che ci è simpatico e lo avremmo voluto avere come zio, zio Armando. Le sue posizioni politiche, tuttavia, sono esattamente il contrario delle nostre. E questo non è possibile non rimarcarlo. Anche perché noi, a quel tempo e in quel giorno, siamo stati testimoni in prima persona delle posizioni politiche dei dirigenti di quel partito, il PCI, in una piccola sezione periferica in cui era normale confrontarsi nel cosiddetto “Circolo di lettura” del paese. E queste posizioni, nella stragrande maggioranza degli iscritti non erano proprio quelle che il compagno Cossutta vuole accreditare ai posteri di avere avuto. Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Celebre la dichiarazione di un membro qualificato di quel partito, il compagno Vincenzo M., che quel giorno, alla notizia dell’invasione, disse che “se i fatti si fossero svolti come i giornali affermavano lui avrebbe stracciato la tessera del PCI davanti al Segretario, perchè si trattava di un fatto inaudito”. Dopo pochi giorni affermava che era necessario essere grati al partito fratello dell’Unione Sovietica che aveva tolto di mezzo il "controrivoluzionario Dubcek". La normalizzazione era entrata subito in azione. E che dire del compagno Cossutta che ancora oggi continua a sostenere la validità dell’esperienza castrista e giudica da sempre il compagno Fidel “un faro della politica democratica sudamericana”? Capito l'antifona? Noi crediamo che l’operazione "immagine" che il compagno Cossutta vuole dare di sé con il servizio a lui dedicato rappresenta un estremo tentativo di “ripulirsi” sul piano politico delle gravi colpe relative a quei fatti. E' a tutti noto che Cossutta mostrò delle idee di totale sostegno alla politica "internazionalista" dell’allora URSS. Noi crediamo che alla luce della critica storica Cossutta si è convinto che era necessario darsi, diciamo “una ripulitina”, ovvero una piccola trasformazione, per tentare di accreditare l’idea che anche lui a quel tempo fu contrario all’intervento armato delle potenze del socialismo reale. In realtà noi immaginiamo l’incontro con l’Ambasciatore sovietico secondo un altro cliché che è il contrario di quello da lui proposto. In primo luogo c’è la questione del linguaggio. Il verbo usato da Cossutta la dice lunga. Afferma infatti che l’Ambasciatore lo "convocò" d’urgenza e lui andò immediatamente all’incontro nonostante l’impegno preso con la moglie di invitarla a cena quella sera. In realtà l’Ambasciatore non lo convocò, ma gli ordinò o, se si vuole, gli intimò di andare all’Ambasciata immediatamente. Fatto più grave, tovarish Cossutta ne fu lusingato e si precipitò senza indugio. Questa era, a quel tempo, la prassi. Di norma si convoca un Ambasciatore mentre non è l'Ambasciatore a convocare l'altro. Ma a quei tempi, per chi li ricorda, l'Ambasciatore dell'URSS non camminava mai per recarsi dagli altri; li convocava e quelli arrivavano. Altrochè! Al cospetto dell’Ambasciatore Rijov, Cossutta non solo non si arrabbiò ma rispose con modalità di sottomissione. Non crediamo possibile che il compagno Cossutta si potesse arrabbiare con l’Ambasciatore. Inconcepibile! Era impensabile che un grigio dirigente del PCI potesse arrabbiarsi con l’Ambasciatore dell’URSS. Figuratevi! Il compagno Cossutta vuol far apparire di essersi opposto nientepopodimenoche al potente Rappresentante del glorioso paese della Rivoluzione d’Ottobre. "Ma mi faccia il piacere" avrebbe detto Totò. Ma vediamo una possibile ricostruzione degli eventi di quel giorno che ci appare più probabile. Sia chiaro: noi non abbiamo prove, né eravamo presenti all'incontro. Dunque, si tratta solo di opinioni. Alla luce delle dichiarazioni di Cossutta da quel dì fino all'"altro giorno" Cossutta ha sempre approvato le scelte del partito comunista dell'Unione Sovietica. La deduzione logica ci porta alla conclusione che Cossutta incoraggiò l’Ambasciatore dicendogli che l’intervento si rendeva necessario per punire quel "pazzo" di Dubcek che stava provocando una ferita insanabile nella politica internazionalista del Comunismo mondiale. Nessuno dei dirigenti appartenenti all’ala massimalista del PCI criticò in modo palese l’URSS. I Longo, i Pajetta, gli Ingrao, i Terracini e tanti altri non si sognarono mai di rompere i legami con l’URSS. E si capisce subito che le cose dette da Cossutta sono anni luce distanti dalla critica storica, o meglio dalla verità storica. A lui/loro interessava solo la vittoria del socialismo sovietico e basta! Noi al compagno Armando diciamo di smetterla di alterare la cosiddetta realtà storica. Il trasformismo non gli serve e suona un’offesa alla sua vita di politico coerente e tenace di estrema sinistra. Sarebbe un cattivo affare il volervi insistere. Caro il nostro zio Armando.

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