lunedì 1 novembre 2010

Berlusconi come il piccolo Cesare.

“Venderò cara la pelle” dichiara Silvio Berlusconi a chi gli chiede le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri come conseguenza dell’abuso manifestato durante la telefonata fatta alla Questura milanese per liberare la partner minorenne tunisina. La sua è una dichiarazione non pacifica e per nulla favorevole a un armistizio. Il linguaggio e il tono mostrano la vera natura del Premier, per nulla disponibile a cambiare registro, mettere da parte le sue debolezze e lavorare per il bene del Paese. La stampa ha ormai certificato ampiamente i festini licenziosi organizzati nelle sue residenze private, in cui le invitate non si possono definire certamente delle “dame di compagnia”. Per tutta risposta il Capo del governo digrigna i denti e dice che “venderà cara la pelle”. Siamo dunque alla guerra: guerra di trincea, di logoramento, in cui ogni giorno se ne vedranno delle belle. Siamo dell’avviso che il Premier farà di tutto per resistere. Altro che Saverio Borrelli, Procuratore Capo di Milano, che dichiarò di volere resistere, per tre volte. Qui i numeri hanno altri ordini di grandezza e se proprio vogliamo prevedere un numero, diremo che Berlusconi si prepara a resistere almeno cento volte. Berlusconi ci ricorda il film “Little Caesar”, un film americano che racconta la storia violenta di un piccolo gangster italo-americano Enrico 'Rico' Bandello, interpretato dal bravo attore Edward G. Robinson, vissuto negli anni ’30 a Chicago. Nella scena finale si vedono decine di poliziotti che circondano l’albergo dove è stato scoperto il gangster. La scena è famosa. E’ quella finale quando il Capo della polizia con un megafono lo informa che è circondato e non ha scampo. Per tutta risposta il piccolo Cesare, alias Edward G. Robinson, grida dalla finestra la celebre frase: “venderò cara la pelle” e inizia a sparare contro la polizia che alla fine lo uccide con una scarica di pallottole. A proposito del protagonista, il critico cinematografico Stuart Kaminski racconta “l'ascesa inarrestabile e la caduta repentina; l'ambientazione metropolitana e l'allusione nel titolo alla romanità e ai suoi costumi decadenti, perfino la "taglia" ridotta del protagonista e il titolo del film che coincide col suo nome (Cesare Enrico Bandello): in Piccolo Cesare ci si imbatte con evidenza nella "prima chiara descrizione di quegli elementi che hanno caratterizzato il genere gangsteristico per più di quaranta anni". Il paragone ci sembra appropriato. Il finale un po’ meno, perché la polizia nel film è contro il gangster mentre qui è a favore del più forte. Anche questo è conflitto di interesse che non avremmo mai voluto constatare.

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