mercoledì 29 dicembre 2010

Unità d’Italia e filmografia della ricorrenza.

Abbiamo visto il film Noi credevamo. Proiettato nella saletta di un solo cinematografo della Capitale, i cui spettatori sembravano degli imprudenti “carbonari” (ricordiamo che questo è l’anno delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia), il film inquadra alcuni aspetti della storia dell'Unità e del Risorgimento. Ci sentiamo di definirlo un film forte e audace, nonostante somigli più a uno sceneggiato televisivo che a un film vero e proprio. Tre ore e cinque minuti di proiezione ininterrotta, senza un solo minuto di intervallo, rappresentano più di una pillola di conoscenza dell’evento storico epocale prodotto da un’accozzaglia di popoli che sono riusciti a mettersi insieme sotto forma di Stato moderno per puro miracolo. A favore del film di Mario Martone c’è da dire che il tema trattato è di difficile interpretazione in un paese come il nostro che tende da un lato a considerare inutile o a minimizzare il valore dell’Unità e dall’altro a privilegiare più le trasmissioni televisive come il Grande Fratello che film che trattano temi impegnati sul fronte storico e politico. Persino uno spot pubblicitario della Rai, che inneggiava all’Unità d’Italia mediante l’esplicito invito a considerare la lingua italiana un valore nazionale di unità, è stato boicottato dalla Lega del secessionista Bertoldo, Umberto Bossi. Una vera vergogna nazionale di cittadini che meriterebbero per punizione di vivere sotto il Regno delle due Sicilie. Il film, nonostante alcuni aspetti strani e inconsueti, è onesto e consegue l’obiettivo di rendere comprensibile che l’Unità d’Italia é stata una conquista ottenuta con sacrifici enormi da parte delle popolazioni meridionali. Se poi in sala, in cui sono presenti spettatori quasi tutti con i capelli bianchi, il silenzio e l’attenzione sono assoluti allora la commozione è senz’altro assicurata. Alla fine della proiezione un timido tentativo di applauso delle numerose “teste bianche” non è andato a buon fine per la fretta di uscire dalla sala dovuta ai muscoli rattrappiti e anchilosati dalle tre ore e passa del polpettone cinematografico. Detto questo, il film conferma ai nostri occhi ancora una volta l’idea che ripetiamo da otto anni su questo blog. E cioè, che se l’Italia fosse governata da uomini giusti e politici onesti e se gli italiani avessero la consapevolezza dell’importanza di un collante comune nello stare insieme, dando senso all’ idea unitaria di Nazione, questo paese sarebbe un sogno e la vita dei cittadini muterebbe in modo più che positivo. Invece, sin dall’inizio e in tutto il periodo dei 150 anni di vita nazionale, i politici, la chiesa cattolica, il potere bancario e finanziario, nonché le varie organizzazioni delinquenziali di questo variegato mondo di popoli differenti tra loro hanno sempre considerato le Istituzioni politiche ed economiche terra di conquista privata e jungla personale dove arraffare tutto a qualunque costo. Che peccato vivere in un paese dove il Grande Fratello permette anche ai partecipanti di bestemmiare senza che venga cacciato a calci nel sedere. Che pochezza! In questi 150 anni l’Italia é molto cambiata. Su un punto però è rimasta sempre la medesima: nella capacità che continuano ad avere i politici e i loro portaborse di derubare la collettività. Da questo punto di vista possiamo parodiare il titolo del romanzo autobiografico di Carlo Levi e dire che l’”Etica si è fermata ad Eboli” e il fallimento dello stare in comune tutti insieme è stato completo! Con buona pace dei Mazzini, Garibaldi, Cavour e dei numerosi Papi che sono arrivati persino a riconoscere la pedofilia di molti loro vescovi e sacerdoti senza che “i mercanti fossero scacciati dal tempio”. Che squallore!

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