martedì 24 agosto 2010

I veri motivi dell’accantonamento della secessione della Lega Nord.

E’ da qualche anno che Bossi & C. non parlano più di secessione. A noi questo improvviso cambiamento di prospettiva politica e di vero e proprio mutismo su un paradigma leghista ci è sembrato strano. L’illusione che la Lega finalmente avesse compreso che il progetto secessionista fosse da scartare e come tale da abbandonare al suo destino ci ha resi perplessi e sospettosi. Certo, Roma per la Lega Nord è sempre “ladrona”, ma da qualche tempo con moderazione. Diciamo la verità, tutti noi ci eravamo illusi che finalmente Bossi avesse compreso che la priorità politica era governare il paese, soprattutto durante la tremenda crisi finanziaria di questi ultimi anni, con il suo alleato Berlusconi e nel frattempo rinforzarsi sempre di più al nord sul territorio acquisendo il massimo di potere politico disponibile nelle regioni nordiste. Sbagliavamo. E anche clamorosamente. La realtà è un’altra e purtroppo diversa. Il vero motivo per cui i leghisti hanno da tempo congelato nel loro linguaggio colorito la parolina magica “secessione” è saltato fuori clamorosamente quanto imprevedibilmente. Il risultato è stato che ne è uscito fuori un diverbio da osteria tra Bossi e Casini, probabilmente l’unico che lo aveva intuito. Preoccupato che il Cavaliere volesse traghettare Casini nel governo, Bossi ha voluto bloccare il progetto affermando che: “Casini è un trafficone”. La risposta è stata immediata: “Bossi è un trafficante di banche e di quote latte”. E la polemica continua. Avete capito il tema? Sono le banche e soprattutto le fondazioni bancarie degli istituti di credito che controllano le maggioranze nei consigli di amministrazione delle banche quello che interessa il Senatùr. Essere definito trafficante di banche per Bossi vuol dire essere stato scoperto nel progetto di acquisizione delle più ricche banche italiane. La questione non è banale perché abbiamo capito che il tema è di grande interesse nella strategia del potere della Lega. Ormai il vero progetto leghista, ovvero la strategia di lungo corso sta tutta qui: impadronirsi delle banche del Nord, che sono le più ricche e influenti del paese e con il federalismo fiscale costruire un cuneo pericolosissimo col quale disarticolare il potere centrale romano. L’economia e la finanza si manipolano a proprio piacimento solo a condizione di avere accesso al denaro delle banche. Dunque Umberto Bossi è stato smascherato: alla lega Nord interessano due sole cose: tutte le cariche sul territorio (sindaci, presidenti delle provincie, presidenti delle regioni, etc. e le fondazioni che controllano e governano le banche. I furbacchioni della Lega ci erano quasi riusciti: si sono trovati a un passo dal prendersi tutto. Sfortunatamente c’è stato un piccolo episodio imprevedibile. Quale? L’amicizia di Berlusconi con Gheddafi. Il leader libico, con il suo 7% in Unicredit, è diventato l’azionista di maggioranza della banca di Profumo. Così facendo il rais libico ha fatto saltare il banco. E la Lega si è arrabbiata. Le bocche cucite da anni per evitare di parlare di banche è il segno tangibile che il progetto leghista è stato messo in atto con rigore e precisione assoluta da molto tempo. Peccato per Bossi che sia stato scoperto. Adesso gli sono rimaste le mani piene di marmellata ma il barattolo è stato momentaneamente distanziato. E la prospettiva di fare una colazione nordista a base di pane, burro e marmellata si allontana. Bossi rischia di dover fare colazione con la meridionalissima granita caffè e brioche.

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