Le parole dure sono state dette. Ormai nulla è più un segreto. Si può non essere d’accordo. Questo è possibile ma non si può più far finta di niente, ovvero il Capo non è più il Capo, ma uno qualunque. Per Berlusconi deve essere stato terribile trovarsi improvvisamente, dopo lustri, sulla Terra. Dopo l’intervento di Gianfranco Fini il Presidente del Consiglio non si chiama più Onnipotente Capo ma semplicemente Silvio Berlusconi. In pratica è sceso tra i mortali e da qui non potrà più risalire sull’Olimpo degli intoccabili. Il perché l’ha riassunto Fini con parole durissime che sono condanne definitive e sentenze inoppugnabili. Ecco alcuni di questi flash accecanti per il nostro Cavaliere:
-il garantismo non è impunità permanente;
-governare non è comandare;
-i parlamentari non sono clienti della Standa;
-il Pdl non esiste più perché ha tradito il suo stesso nome con l'espulsione illiberale del 29 luglio;
-niente acquiescenza o subalternità alla Lega di Bossi;
-la priorità va all'economia e non alla questione personale della giustizia;
- in economia contrastare la crisi non basta;
- chi contrabbanda per flessibilità una precarietà eterna dei giovani non merita riconoscenza;
-i tentativi di condizionarmi o di intimidirmi con ultimatum lanciati dai giornali di Berlusconi sono destinati al fallimento;
- è da infami lapidarmi con una campagna di stampa contro la mia famiglia.
La ciliegina sulla torta è la sfacciataggine del duo B.&B., ovvero Berlusconi e Bossi, che vogliono chiedere a Napolitano di far dimettere Fini dalla carica di Presidente della Camera perché a loro dire non è superpartes. E chi sarebbe il superpartes: Schifani? Se B.&B. avranno il coraggio di chiedere a Napolitano di premere sul Presidente della Camera affinchè si dimetta, si avrebbe un caso unico di conflitto istituzionale mai visto in nessuna democrazia del mondo. Il gesto sarebbe politicamente inaccettabile e gravissimo sotto il profilo istituzionale, perchè violerebbe il principio costituzionale della separazione tra poteri. Ma i due non se ne accorgono nemmeno, tanto sono presi dalla violenza dei comportanmenti che palesano vendetta e livore al massimo grado. Cosa dobbiamo ancora vedere!
martedì 7 settembre 2010
Gianfranco Fini tra speranze dell’opposizione e delusioni dei berlusconiani.
venerdì 3 settembre 2010
Il più grande bugiardo del secolo.
Molti media riportano la notizia che Silvio Berlusconi ormai ha deciso di andare a votare e a usare il pugno di ferro nei confronti dei seguaci del Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Per fare questo ha avvertito l'esigenza di infinocchiare gli italiani con il solito ritornello mediatico del “tutti coloro che sono contro di me sono comunisti”. Eccolo questo ritornello, adattato con parole apparentemente diverse ma che definiscono ormai con chiarezza un modo di ragionare che è assolutamente fuori dalla logica democratica: "chi sta con noi sta con noi e chi non sta con noi, a partire dal processo breve, è fuori”. Poi ha continuato: “Fini ha votato contro al mio documento (da notare che ha detto mio e non nostro) e così facendo si è messo fuori dal Pdl. Nessuno ha cacciato nessuno. E’ stato lui stesso a mettersi fuori, non votando il documento che fu approvato con 12 voti contrari e 157 a favore”. Evidentemente, pretendeva l’unanimità. Dunque, il ragionamento che Berlusconi fa è il seguente: “chi non vota come dico io è fuori del partito” nel senso che o si dimette o lo "caccio via". Incredibile! Nel 2010 Berlusconi ragiona come un monarca del medioevo. Ha una visione assolutamente mussoliniana dei comportamenti da tenere con gli altri, che considera tutti dei suoi sottoposti. In pratica ha una visione aziendale della politica. Non ammette pensiero contrario al suo. Altrimenti caccia via tutti coloro che hanno il coraggio di contraddirlo. Ne ha fatto le spese Fini (ma anche tanti altri in precedenza, ricordate l'avv. Dotti?) che, in senso ironico, gli aveva detto: “che fai mi cacci?” Ed è stato cacciato realmente, nella maniera tipica dei comunisti sovietici. Il poveretto non sa che il confronto, la diversità e la dialettica sono il sale della democrazia. E si cresce solo se ci si confronta con gli altri, soprattutto quando gli altri criticano. La critica deve essere considerata la benvenuta. Altro che. Ma Lui non lo imparerà mai. Non ne ha la capacità, né l’attitudine, né soprattutto l’intelligenza. Come si può definire un uomo che la pensa così? Con due sole parole: bugiardo e fascista. Bugiardo perché Fini l’ha cacciato lui. Mica è stato Fini che ha fatto domanda in "carta da bollo" per essere cacciato! E poi è fascista, perché non ammette in un partito della Repubblica Italiana il dissenso. Tutto qui. D’altronde, ricordiamolo per i distratti, suo fratello Paolo Berlusconi è il proprietario del Giornale che ha adottato il “metodo Boffo” per far dimettere Fini. Come si chiama questo modo di procedere? Fascista, ovvero dittatoriale. Come ci si può fidare di un uomo che non ferma gli attacchi squadristici sui giornali di famiglia, che pretende il pensiero unico nel partito, che le decisioni politiche le prende solo lui, che opera in politica con i sondaggi, etc. Ci dispiace che la Chiesa Cattolica si sia fatta prendere in giro da quest’uomo che rovescia veleno da tutte le parti facendo credere che Lui è il campione del liberalismo. Di liberale non ha nulla. Di fascista tutto. E noi, con i fascisti e i comunisti non vogliamo avere niente a che fare. Li consideriamo entrambi la rovina della società.
sabato 28 agosto 2010
Scandaloso livello di inciviltà a Roma.
Erano anni che pensavamo di protestare per il silenzio e l’inerzia dell’ATAC a proposito della scandalosa fermata del bus 218 alle Catacombe S. Callisto, in via Ardeatina, Largo Martiri delle Fosse Ardeatine. Abbiamo dovuto prendere atto che non era più possibile tacere dopo aver letto sul Corriere della Sera di Domenica 4 luglio 2010, una lettera che definirla insopportabile, per l’immagine terribilmente negativa che la città di Roma subisce, è poco. Ringraziamo la gentile lettrice che ha scritto la lettera perché ci ha "costretti" a intervenire. Ecco cosa dice la missiva, scritta da una Signora, che è un vero e proprio atto di accusa relativo all’insensibilità, per non dire all’incapacità, mostrata da chi è responsabile del servizio infrastrutture ATAC e/o del Municipio XI del Comune di Roma. Sappiamo che solo il Comitato “RomaArdeatino” ha protestato a suo tempo presso il Municipio XI per lamentare la colpevole assenza del medesimo in questa squallida circostanza. Più ancora ci indigna il silenzio assordante dell’Azienda Trasporti del Comune di Roma che in questa occasione ha fatto fare una imbarazzante brutta figura all’intera città per la mancata installazione di una semplice pensilina. In quella via, su quel lato della strada e a ridosso del pendio scosceso (vedi la foto 1), per i cittadini è stata finora un’impresa scomoda e pericolosa aspettare l’autobus 218, soprattutto quando ci sono decine e decine di turisti (vedi la foto 2)che si sistemano, ammassati alla meno peggio, aspettando il bus o, nell’attesa, per ripararsi in inverno dalla pioggia e in estate da un sole sahariano ai bordi della strada, senza alcun marciapiede e in un’area polverosa, malagevole e ristretta, piena di erbacce (vedi la foto 3). A peggiorare le cose c’è il pericolo che gli automobilisti che provengono dalla discesa del Vicolo delle Sette Chiese (vedi foto 4), quasi sempre a velocità sostenuta e non rispettando di solito lo stop alla confluenza con la via Ardeatina, possano investire i malcapitati turisti con tutte le conseguenze penali che potrebbero insorgere in caso di probabile incidente. In una capitale civile, a quest’ora, l’Azienda Trasporti e/o il Municipio di quella città avrebbero realizzato da tempo una gradevole e pratica costruzione, in grado di proteggere dagli agenti atmosferici gli stupiti utenti che, lo ricordiamo, al 99% sono turisti stranieri. Viceversa, a Roma ciò non è mai stato fatto mostrando una penosa e impressionante fuga dalle responsabilità di chi compete la decisione. Sempre in un paese civile - dopo la pessima figura fatta agli occhi delle decine di migliaia di turisti che in tutti questi anni saranno rimasti sconcertati dalle condizioni primitive della fermata - i responsabili del servizio infrastrutture che hanno responsabilità in questa faccenda avrebbero dovuto essere stati, come minimo, trasferiti d’ufficio. Invece qui, da noi, questo non succede mai! Da anni si continua a eludere il problema con una sfrontatezza che rasenta la provocazione, mostrando una triste e angosciante condizione di inadeguatezza a gestire la cosa pubblica che sconcerta. Perché tutto questo? Vediamo di riflettere insieme per chiarire le ragioni di una così colpevole assenza delle istituzioni preposte che avrebbero dovuto risolvere il problema subito. Ci chiediamo come mai il Responsabile ATAC delle Infrastrutture e/o l’Assessore ai lavori pubblici dell’XI Municipio non abbiano mai compreso l’importanza strategica di una fermata come quella delle Catacombe di S. Callisto, dove passa un solo autobus, il 218, che è un autobus importantissimo perché collega Piazza S. Giovanni - dunque il centro di Roma attraverso l’intera via Ardeatina che va verso la Clinica S. Lucia - con il Santuario del Divino Amore. C’è una sola ragione che spiegherebbe il motivo della disattenzione del duo ATAC/Municipio: ovvero l’incapacità e l’inadeguatezza del/dei responsabile/i a comprendere l’importanza strategica di una fermata che è lo specchio e l’immagine dell’intera capitale, perché osservata quotidianamente da centinaia di turisti stranieri che si fanno un’idea falsa e inesatta del senso civico della città. In poche parole, le persone che aspettano l’autobus 218 in quelle condizioni da “terzo mondo” si fanno l’idea che i cittadini romani sono identici ai loro amministratori. Il che non è vero, e noi vogliamo protestare vivamente in quanto non ci riconosciamo in questa politica del “vivacchiare eludendo”. Noi non ci sentiamo responsabili di questo disastroso modo di dare il “benvenuto” ai turisti di tutti i paesi del mondo. Al posto dei due responsabili noi avremmo già da tempo fatto guerra a tutte le burocrazie italiche e avremmo messo a disposizione la nostra qualifica professionale se non fossimo riusciti a risolvere il problema. Non arriviamo a dire che ci vergogniamo di essere cittadini romani perché sarebbe troppo. Ma crediamo di avere il diritto di pretendere che si intervenga immediatamente per risolvere questa gigantesca e negativa sciagura pubblicitaria che discredita la città di Roma. Ci scusiamo per le parole dure dirette ai responsabili del servizio, ma non ci si può chiedere ipocrisia o, peggio, accondiscendenza nei confronti di un problema che viene colpevolmente eluso.
P.S. A questi link altri commenti relativi all’evento.[1] [2] [3][4]
giovedì 26 agosto 2010
Professionalità e deontologia dei Direttori dei quotidiani Il Giornale e Libero.
Sulla questione degli attacchi alla privacy effettuata dai due Direttori dei giornali berlusconiani contro Gianfranco Fini, reo di essersi messo contro Silvio Berlusconi, è necessario fare un po’ di chiarezza, altrimenti si rischia la confusione delle notizie e di conseguenza si consente di far passare per lecita un’azione che lecita non lo è per niente e che definire disgustosa e immorale è poco. E’ necessario pertanto richiamare l’attenzione sulla gravità dell’azione scandalistica di Feltri e Belpietro per quello che è: una ricerca ossessiva di notizie impacchettate secondo un piano calunnioso particolareggiato, senza alcun criterio di imparzialità e obiettività, onde massacrare Gianfranco Fini sul piano dell’immagine e forzarne le dimissioni. Tutto è tranne che giornalismo. Al nostro paese si chiama infamia. Il trattamento messo in atto ci ricorda ciò che è successo alla fine della seconda guerra mondiale nei paesi (poi diventati tutti comunisti) dell’est europeo, quando per raggiungere lo scopo di prendere il potere, i comunisti filosovietici misero in atto la stessa tecnica fatta di informazioni manipolate per eliminare dalla scena politica il Presidente di turno di quel paese che si opponeva alla richiesta comunista di consegnare le chiavi del potere. Ma quello che è più grave in questa vicenda è che qui i due direttori si sono messi a disposizione della proprietà per consentire il desiderio di Berlusconi (alla faccia della deontologia) di ottenere una vendetta personale contro Fini. Più immorale di così non si può. Quello che ci spaventa è l’accettazione supina dell’ordine di mettere a disposizione tutte le risorse dei due giornali per costruire una campagna infamante di dileggio contro Gianfranco Fini. L’obiettivo è permettere al Presidente del Consiglio, con le dimissioni di Fini, di avere di nuovo alle sue dipendenze la carica di Presidente della Camera e avere via libera per far approvare la proposta di legge che lo vuole porre al riparo da interventi ordinati dalla magistratura. La caccia indiscriminata della notizia per sostenere la richiesta di dimissioni di Fini è, in fondo in fondo, la riedizione attuale dello stesso metodo che fu in voga a cavallo degli anni ’40 e ’50 nei paesi comunisti. E non abbiamo difficoltà a riconoscere che i due sono bravissimi. Feltri e Belpietro stanno facendo un eccellente lavoro a favore del disegno berlusconiano, che qui possiamo definire, pornografico e disonesto. Di tutta questa vicenda noi non abbiamo capito una sola cosa: com’è possibile che il popolo della libertà, quella notevole massa di elettori cattolici moderati del partito di Berlusconi, non si sia finora fatta sentire per protestare contro questi metodi staliniani messi in atto dagli indecenti articoli dei due direttori. Dobbiamo trarre la conclusione che gli elettori cattolici di Berlusconi sono soddisfatti di questa campagna diffamatoria fatta di fango giornalistico fazioso e ordinata dai fratelli Berlusconi? Noi pensiamo che l’assordante silenzio dei berluscones cattolici abbia il significato di confermare l’idea che il cattolicesimo dei sostenitori del partito di Berlusconi sia in realtà un cattolicesimo “di parata” e che lo spirito di vendetta, la ripicca, il castigo di chi si è messo contro il Capo siano non solo accettati ma addirittura richiesti. E poi parlano di cattolicesimo. (v. approfondimenti [1] [2])
martedì 24 agosto 2010
I veri motivi dell’accantonamento della secessione della Lega Nord.
E’ da qualche anno che Bossi & C. non parlano più di secessione. A noi questo improvviso cambiamento di prospettiva politica e di vero e proprio mutismo su un paradigma leghista ci è sembrato strano. L’illusione che la Lega finalmente avesse compreso che il progetto secessionista fosse da scartare e come tale da abbandonare al suo destino ci ha resi perplessi e sospettosi. Certo, Roma per la Lega Nord è sempre “ladrona”, ma da qualche tempo con moderazione. Diciamo la verità, tutti noi ci eravamo illusi che finalmente Bossi avesse compreso che la priorità politica era governare il paese, soprattutto durante la tremenda crisi finanziaria di questi ultimi anni, con il suo alleato Berlusconi e nel frattempo rinforzarsi sempre di più al nord sul territorio acquisendo il massimo di potere politico disponibile nelle regioni nordiste. Sbagliavamo. E anche clamorosamente. La realtà è un’altra e purtroppo diversa. Il vero motivo per cui i leghisti hanno da tempo congelato nel loro linguaggio colorito la parolina magica “secessione” è saltato fuori clamorosamente quanto imprevedibilmente. Il risultato è stato che ne è uscito fuori un diverbio da osteria tra Bossi e Casini, probabilmente l’unico che lo aveva intuito. Preoccupato che il Cavaliere volesse traghettare Casini nel governo, Bossi ha voluto bloccare il progetto affermando che: “Casini è un trafficone”. La risposta è stata immediata: “Bossi è un trafficante di banche e di quote latte”. E la polemica continua. Avete capito il tema? Sono le banche e soprattutto le fondazioni bancarie degli istituti di credito che controllano le maggioranze nei consigli di amministrazione delle banche quello che interessa il Senatùr. Essere definito trafficante di banche per Bossi vuol dire essere stato scoperto nel progetto di acquisizione delle più ricche banche italiane. La questione non è banale perché abbiamo capito che il tema è di grande interesse nella strategia del potere della Lega. Ormai il vero progetto leghista, ovvero la strategia di lungo corso sta tutta qui: impadronirsi delle banche del Nord, che sono le più ricche e influenti del paese e con il federalismo fiscale costruire un cuneo pericolosissimo col quale disarticolare il potere centrale romano. L’economia e la finanza si manipolano a proprio piacimento solo a condizione di avere accesso al denaro delle banche. Dunque Umberto Bossi è stato smascherato: alla lega Nord interessano due sole cose: tutte le cariche sul territorio (sindaci, presidenti delle provincie, presidenti delle regioni, etc. e le fondazioni che controllano e governano le banche. I furbacchioni della Lega ci erano quasi riusciti: si sono trovati a un passo dal prendersi tutto. Sfortunatamente c’è stato un piccolo episodio imprevedibile. Quale? L’amicizia di Berlusconi con Gheddafi. Il leader libico, con il suo 7% in Unicredit, è diventato l’azionista di maggioranza della banca di Profumo. Così facendo il rais libico ha fatto saltare il banco. E la Lega si è arrabbiata. Le bocche cucite da anni per evitare di parlare di banche è il segno tangibile che il progetto leghista è stato messo in atto con rigore e precisione assoluta da molto tempo. Peccato per Bossi che sia stato scoperto. Adesso gli sono rimaste le mani piene di marmellata ma il barattolo è stato momentaneamente distanziato. E la prospettiva di fare una colazione nordista a base di pane, burro e marmellata si allontana. Bossi rischia di dover fare colazione con la meridionalissima granita caffè e brioche.
lunedì 23 agosto 2010
La fiducia è una cosa seria e la si dà solo alle cose serie.
Vi ricordate qualche anno fa lo slogan pubblicitario di un’antica azienda casearia che parlava della fiducia da dare ai propri formaggi? Lo slogan era efficace e fece presa sull’immaginario di molti italiani. La conclusione fu che quell’azienda fu premiata nelle vendite perché inviava ai consumatori un messaggio semplice e cristallino relativo al fatto che i suoi prodotti dovevano godere della fiducia dei consumatori perché l’azienda li produceva in modo serio. In effetti, quel formaggio era gustoso e, soprattutto, era un prodotto che non cambiava nel tempo dando garanzie di stabilità. Se proponeva un gusto, il gusto era quello, non cambiava nel tempo e dava certezze di rimanere tale. Se affermava che il colore sarebbe rimasto sempre quello, il colore non si modificava nel tempo. Insomma, il consumatore aveva più di una garanzia che il prodotto rimanesse immutabile e invariabile nel tempo. Fuori metafora, parliamo adesso di un altro prodotto, questa volta politico, e analizziamo alla luce dello slogan di prima il comportamento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in merito all’azione politica da lui condotta in questo terzo anno del suo terzo mandato di Capo del Governo. Nella sua ultima campagna elettorale la pubblicità fu chiara: votatemi in massa perché con una larga maggioranza avrete un esecutivo forte, incisivo, immutabile e, soprattutto, governerò il paese in modo sicuro e stabile. In pratica Berlusconi prometteva stabilità e certezze. Com’è finita? A pesci in faccia. Il suo partito, dopo la fusione con quello di Gianfranco Fini, è diventato una “casa di appuntamenti” in cui le cricche si incontrano tra loro e curano i propri interessi privati. Gente che entra ed esce (alcuni dal carcere). Politici indagati e impresentabili. Ministri che si sono dovuti dimettere per imbrogli. Una fetta consistente del partito che fa un gruppo politico differente da quello in cui si trovava ma che vota la fiducia. E cose simili. Mai uno slogan che doveva dare certezze di governo fu più falso di quello proposto da Berlusconi. Nonostante la maggioranza bulgara ottenuta per mano di un’opposizione inutile, inconsistente e di mediocre valore, Berlusconi tutto ha fatto tranne che mantenere le promesse. Anzi. Sta facendo perdere tempo e posti di lavoro al paese per la mollezza e la vaporosità della sua azione politica, tutta tesa a difendersi dalle accuse della magistratura. Non c’è giorno che egli non tuoni e minacci le elezioni anticipate se non si farà come dice lui. Alla fine, l’orrendo risultato è sotto gli occhi di tutti: il fallimento totale di un modo di governare, che dal concreto “ghe pensi mì” sui problemi si è trasformato in un risentito e rancoroso “gliela faccio pagare” di vendette personali. Con l’amico e alleato furbacchione Bossi non ha ancora realizzato il federalismo perché come lo vuole la Lega Nord sbrindellerebbe l’Italia. Con il suo governo ha perduto pezzi perché ha scelto ministri inadeguati e indagati dalla magistratura per accertati imbrogli: celebre quello di Scajola che acquista una casa e dopo un tira e molla ridicolo dice di avere scoperto che qualcuno gli ha pagato la casa. Semplicemente ridicolo e inaffidabile. E’ da mesi che il governo non fa nulla per superare la crisi economica internazionale. Butta fuori dal partito, alla maniera del Comintern comunista sovietico, nientepopodimenoche il cofondatore del partito (mica un qualunque sbarbatello di parlamentare di provincia) perché Fini si è permesso di essere contrario ad alcune sue idee. Sul fronte giudiziario è assillato dall’idea che possa essere condannato dalla magistratura e sforna un provvedimento legislativo a suo uso e costume di pre-assoluzione da qualunque reato che è uno schiaffo alla Costituzione, dove si dice chiaramente che tutti i cittadini sono uguali. Che fiducia si può nutrire in un Capo del Governo che si dichiara sbigottito dal fatto che il Presidente della Camera, sbattuto fuori dal partito che ha fondato, non si dimette come Lui vorrebbe che facesse? Di paradossale c’è invece che la cacciata di Fini e degli altri dal Pdl è un classico provvedimento da Progrom senza la possibilità di un contraddittorio. Nel campo fiscale riesce, con 36 leggi ad personam votate dalla sua maggioranza, a non pagare quasi un miliardo di euro di tasse e risarcimenti vari. Cosa volete di più? Che fiducia dare a un uomo ormai bollato da tutti come inaffidabile? Che fiducia dare al fatto che a livello internazionale nessun Premier di spessore vuole incontrarlo perché si vergogna di farsi ritrarre con lui? Che fiducia si può avere in un Presidente del Consiglio che prima espelle dal partito il cofondatore dello stesso partito e poi dichiara che “è paradossale che Fini faccia un gruppo indipendente” alla Camera? Che fiducia si può dare a un Premier che stravolge la Costituzione perché considera “formalismi inutili” le regole costituzionali e non riconosce il ruolo superpartes del Presidente della Repubblica al quale vuole imporre il diktat delle elezioni anticipate perché, a suo dire, “è il popolo che lo reclama”? Che fiducia si può dare a un Capo del governo quando lo stesso individuo è Capo della maggiore catena televisiva privata e nomina i responsabili della televisione pubblica con un conflitto di interessi planetario? Che fiducia dare a un uomo che ha introdotto nelle televisioni private un modello negativo di trasmissioni basato sull’apparire semivestite (il velinismo), sulla sguaiatezza dei dibattiti e sullo strapotere della pubblicità in televisione? Che fiducia si può dare a un Presidente che ha tradito la sua concezione religiosa perché è pluri-divorziato (la fede cattolica vieta e condanna il divorzio), si porta in camera delle escort e invece di andare alla festa di compleanno della figlia, dove c’è anche la moglie, frequenta in altri posti minorenni? Che dire di un Capo del governo che prende in giro la Chiesa cattolica permettendo l’approvazione di leggi che sono tutte contrarie ai principi della solidarietà dei più deboli (vedi gli immigrati)? Che fiducia si può nutrire in un Capo dell’Esecutivo, padre padrone, che considera i sondaggi l’unico strumento che prende in considerazione per dare direzione e incisività alla sua azione di governo? Appunto: nessuna fiducia. A questo individuo, che stravolge la Costituzione un giorno si e l’altro pure, non bisogna dare alcuna fiducia e sperare che venga definitivamente inviato in pensione. Il come conseguire questo obiettivo dovrebbe essere materia di impegno politico dell’opposizione. Ma esiste in questo paese un’opposizione? A noi non sembra. Anzi. E’ la grande assente del dibattito.
giovedì 19 agosto 2010
Berlusconi: un uomo solo che butta giù la maschera del liberal-democratico.
Questo post vuole esprimere l’amarezza, la delusione e la preoccupazione di tutti quei cittadini che hanno capito che il Premier Berlusconi ha subito un processo involutivo così forte che lo ha trasformato in un pericoloso Capo di governo capace delle più spietate azioni antidemocratiche. Espellere il cofondatore del partito perché gli ha contestato in pubblico la conduzione personale del partito è la conferma delle sua natura antidemocratica. Altro che pensiero liberale. C’è il pericolo che l’ultimo Berlusconi - stanato dal cofondatore del Pdl Gianfranco Fini dal suo cliché di “governante illuminato” – sia stato costretto dalla lite in famiglia a mettere a nudo il suo vero pensiero politico antidemocratico, populista e anticostituzionale. Il rischio è che Berlusconi, senza più alcuna coscienza critica nel suo partito, possa trasformarsi in un pericoloso Mussolini degli ultimi anni della sua dittatura. Le prime avvisaglie ci sono tutte. L’inutilità del mediatore per eccellenza, il Plenipotenziario Gianni Letta, ne è la riprova. Il vero pericolo che corre il paese oggi sta tutto qui. Berlusconi, ormai incapace di nascondere le sue vere idee di uomo di potere, sta mettendo in evidenza la sua vera natura di governante alla Putin e alla Gheddafi, con i quali solidarizza da tempo senza freni nella sua lucida follia di piccolo autocrate assolutistico e prevaricatore, che non si ferma neanche con la perdita di rilevanti pezzi di governo (non ricordiamo più quanti Ministri e Sottosegretari del suo governo si siano dimessi per motivi etici e morali) e addirittura della medesima maggioranza politica in Parlamento. Davanti a un’opinione pubblica sbigottita dalla metamorfosi del suo personaggio e della sua azione politica, Berlusconi si muove come un despota senza scrupoli in grado di mischiare interessi privati, governo del paese e ricerca ossessiva di far cambiare idea (casacca) ai parlamentari che lo hanno abbandonato. Ma la cosa più triste e squallida è che ormai ha perduto qualunque forma di contegno a proposito della solidarietà che mostra quotidianamente alla cricca di affaristi che lo affiancano come un vero e proprio “Comitato di affari” volto a spremere “il limone” della ricchezza della Nazione. Cose da pazzi. E’ come se avesse venduto l’anima al diavolo, buttando a mare completamente l’Etica. Non rimane altro che sperare che la Chiesa Cattolica (CEI e Vaticano) lo abbandoni cambiando cavallo. Nell’opposizione, in questa opposizione, non c’è da sperare nulla. Non è in grado di garantire neanche il minimo. Nei momenti critici è necessario accettare anche i più insopportabili compromessi (“turarsi il naso ma votare contro" diceva Montanelli) per conseguire l’obiettivo di mandare a casa questo Comitato di furfanti che sta depredando la Nazione e che costringono milioni di cittadini e di famiglie nella massima indigenza quando Lui, il Cavaliere & C., riesce a imporre all’Agenzia delle Entrate lo scandalo “ad aziendam” in cui la Mondadori, azienda di sua proprietà, dovrà pagare solo il minitributo di 8,6 milioni di euro a fronte dei 350 milioni contestatigli ma che a causa delle leggi ad personam legiferate durante tutti questi anni lo hanno salvato. Che schifo! Di queste leggi ad personam (in realtà astuzie immorali per non dire illegittime) ne sono state contate ben 36. Sarà necessario ricordarsene quando Silvio Berlusconi, prima o dopo, perderà le sue ultime elezioni, per riportare all’Agenzia delle Entrate tutti i miliardi di euro che la sua corte di legulei Azzeccagarbugli hanno sottratto allo Stato. Ripetiamo che siamo alla frutta. Quest’uomo sta depredando l’Italia delle sue ricchezze e per giunta si permette di dichiarare pubblicamente che farà di tutto per “acquistare” i parlamentari finiani che lo hanno abbandonato. Per mantenere la sua maggioranza traballante è disposto a qualunque mezzo e lo stiamo vedendo con le azioni di killeraggio dei due killer professionisti del giornalismo, il duetto di Direttori del Giornale e di Libero, che mostrano quanto sia disperata questa sua azione e come abbia perduto qualsiasi ritegno. Si sta comportando come il Presidente di una squadretta di calcio che pubblicizza la campagna acquisti come se fosse il mercato del bestiame nel paese di montagna di sua proprietà. E’ semplicemente scandaloso. Noi ci auguriamo che la Chiesa cattolica, unico arbitro per il suo insuccesso, alle prossime elezioni non lo voti più. Altrimenti oltre al danno ci sarà anche la beffa!