martedì 24 maggio 2005


A piccoli passi si può passare da una condanna a una assoluzione.

Un’altra sentenza a favore dell’avvocato Previti che si vede ridotta la pena in appello da undici anni ad appena sette anni. Questi i fatti. E passiamo alle opinioni. Non è possibile qui ripercorrere la questione giudiziaria. Troppo lunga e di difficile sintesi. Inoltre, non vogliamo entrare nei dettagli tecnici della sentenza. Non ci interessa. Desta interesse, viceversa, lo sviluppo della “vicenda Previti” alla luce dei canoni di imparzialità, equità, efficacia e immediatezza che dovrebbe avere una sentenza giudiziaria e che invece, a nostro avviso, non ha. A piccoli passi (Totò avrebbe detto “tomo tomo, cacchio cacchio”) l’ex avvocato di Berlusconi, colui cioè che asserisce di essersi fatto pagare l’onorario tutto in una sola volta, per la “non modica” cifra di diciassette miliardi di vecchie lire, e che si è sempre difeso asserendo di non avere mai preso tangenti, conquista ulteriori sconti e fa un passo in avanti per la sperata sentenza definitiva di assoluzione, anche se potrà essere con formula dubitativa. E’ un classico di quando la giustizia decide, con i tempi e le tecniche dei processi italiani a rilento, di aiutare un imputato. A ogni grado di giudizio, un piccolo sconto. Al prossimo, un abbuono. Successivamente una riduzione. Quindi, una concessione delle attenuanti generiche, che non si negano a nessuno, come una tazzina di caffè al bar. Infine, un ricorso in Cassazione dove, nel peggiore dei casi, potrà uscire una sentenza che obbliga a rifare il processo perché è sempre possibile evidenziare un vizio di forma con il quale si invalidano anni e anni di lavoro dei giudici. Nel migliore dei casi, con un “aiutino” da parte del Governo Berlusconi di una legge ad personam, già chiamata “legge Cirielli", che produce la prescrizione totale di qualunque reato. Avete capito? E l’imputato gongola. Si aggira per le aule dei tribunali, intervistato dai media, ad affermare che la giustizia ce l’ha con lui. Ma coloro che sono i più straordinari sovvertitori del senso di giustizia sono il folto gruppo di avvocati della difesa che sparano bordate senza guardare oltre il significato delle loro dichiarazioni. Ve lo ricordate l'Azzeccagarbugli di manzoniana memoria? Ecco, di più. Il più potente gruppo di azzeccagarbugli mai messo in opera, sostiene che si è deciso di “linciare” un innocente che non meritava di essere perseguito con accanimento da questo tipo di giustizia. E si ricomincia. Un altro stuolo di avvocati che viene intervistato a favore dell’imputato. La lobby degli avvocati, che in Parlamento sfiora la maggioranza assoluta, utilizza le presidenze delle più importanti Commissioni parlamentari per sfornare disegni di legge sempre più “buoniste”, a senso unico, unidirezionali, sempre a favore degli imputati, diminuendo gli anni di galera prescritti dal codice penale e introducendo prescrizioni su prescrizioni, cavilli su cavilli, sconti di pena, patteggiamenti, per far scattare l’abbassamento della pena. E sotto un minimo, si sa, tutto viene sospeso. Questi “principi del foro” affermano che in una società moderna e democratica non dovrebbero esistere nè il carcere, né le manette. Neanche nella civilissima Svezia la si pensa così, soprattutto quando i reati sono così gravi come quelli di corruzione di un giudice. Dunque, devono essere resi minimi e inutili questi “balzelli” che opprimono gli imputati. E allora forzano la prassi e propongono, con il voto favorevole dell’opposizione, leggi sempre più blande dal punto di vista della carcerazione, arrivando al paradosso della eliminazione totale della pena con trucchetti da gioco delle tre carte. E nel frattempo si assiste di nuovo ad avvocati dell’imputato che diventano addirittura capi regionali del partito personale di plastica del Presidente del Consiglio, che nel frattempo se l’è cavata con una prescrizione del reato, presa per il rotto della cuffia. E di nuovo il valzer inizia un’altra volta. Ci chiediamo com’è possibile, nelle cosiddette scienze giuridiche (che a nostro parere di scienza non hanno quasi niente), che in primo grado un imputato venga condannato con un numero di anni di carcere rilevante e in secondo grado la pena venga dimezzata, o peggio, annullata? Delle due l’una. O la sentenza di primo grado è scandalosa e allora ci si chiede perché quei giudici non vengono mandati a casa a coltivare l’orto. Oppure, la sentenza di primo grado è corretta e allora ci si chiede come mai i giudici del tribunale di secondo grado hanno diminuito la pena di un così alto differenziale di anni? Insomma, avete capito di cosa stiamo parlando: le leggi e le pene non possono essere considerate come estrazioni dei bussolotti di una lotteria. O sono cose serie o sono buffonate. Dov’è la serietà? Chi difende i cittadini da questo imbroglio?

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