sabato 6 dicembre 2008

La correzione di un errore tipografico lungo ¾ di secolo.

Il post di oggi è speciale, molto speciale. Si riferisce a un fatto molto personale, accaduto un po’ di anni fa, circa sei anni addietro. Ho deciso di pubblicare la notizia che ho tenuto eclissata per anni perché questo blog e i cinque amici che mi seguono con continuità lo meritano. E poi, diciamo la verità, non capita tutti i giorni riuscire a scovare un errore nascosto per ben 77 anni in un raro volume di notevole interesse nel campo della letteratura scientifica senza che nessuno prima di me l’avesse individuato. Di che si tratta? Diciamo che non potete cavarvela così facilmente. Pertanto chi vuole conoscere l’accaduto deve leggere un po’ di righe che ho scritto appositamente per voi. Il post è volutamente lungo sia per la completezza dell’informazione, sia perché vale la pena seguire il discorso che ho preparato. Parliamo di Isaac Newton, a mio parere il più grande scienziato mai apparso nel mondo della scienza da sempre. Qualcuno potrà non essere d'accordo ma tutti concordano che Newton è collocato tra le grandi figure della scienza mondiale.
Isaac Newton mi ha sempre appassionato. Devo dire che ho fatto di tutto per leggere le sue opere. Sono appena due, ma corpose e terribilmente impegnative. Si tratta di due volumi fondamentali nell’opera di costruzione del sapere scientifico che Newton propose al mondo il 5 luglio 1687. Questa data è famosa perché quel giorno venne dato l’imprimatur alla prima edizione del primo dei suoi due lavori che rivoluzionarono il mondo della scienza. Questo libro si chiama Philosophiae Naturalis Principia Mathematica mentre l’altro, posteriore di ben diciassette anni, si chiama più semplicemente Opticks. Nel primo Newton enunciò le leggi della dinamica e la legge della gravitazione universale, mentre nel secondo raccolse le sue straordinarie ricerche sulla luce. Entrambi si possono leggere nell’edizione completa italiana della UTET, chiamata Classici della Scienza. Personalmente considero i suoi lavori fondamentali, imprescindibili e basilari nella conoscenza della struttura della scienza. Ho letto le due opere. Sono molto difficili da comprendere. Si tratta di due volumi di circa seicento pagine ciascuno. La lettura, soprattutto del primo, è faticosa e appesantita non solo dalla complessità dei temi trattati ma anche per l’inusuale, per noi oggi, linguaggio geometrico adoperato da Newton nell’intera opera. Ci sono una quantità enorme di teoremi di matrice geometrica di tipo euclideo, dimostrazioni, corollari e applicazioni a non finire. Insomma, il Newton dei Principia non è per niente facile da leggere e, se non si è veramente interessati alle sue scoperte e ferrati nella conoscenza della geometria razionale, la lettura è di una noia mortale. A mio parere non sono molti gli italiani studiosi di scienza che lo hanno letto fino in fondo. Io ho impiegato più di un anno per leggerli entrambi e vi garantisco che in certi tratti dei Principia la fatica da fare per comprendere il filo del discorso newtoniano è considerevole. E nonostante il mio impegno e il mio interesse ci sono riuscito solo parzialmente, perché non ho timore di confessare che alcune parti non sono riuscito a leggerli interamente. Dunque, i potenziali lettori di Newton sappiano che non avranno vita facile se decideranno di leggere per intero le sue due opere. Se poi aggiungiamo che in Italia la figura di Galileo monopolizza quasi interamente l’interesse degli studiosi e degli insegnanti nelle scuole, si comprende che quando affermo che pochi italiani hanno letto i Principia di Newton non mi sbaglio di molto. Sto insistendo su questo tema particolarmente sgradevole, del fatto cioè che pochi italiani hanno letto l’intero volume dei Principa per due ragioni. La prima riguarda una polemica che ho sempre sostenuto in tutte le sedi nelle quali l‘ho potuta manifestare, e cioè che in Italia si legge solo Galileo e si ignora completamente Newton. Guardate che nel mondo dell’educazione scientifica questo fatto è di una gravità, a mio parere, inaudita, perché si rischia di creare in tutte le generazioni di studenti italiani un enorme buco conoscitivo intorno all’opera del grande fisico inglese che inventò letteralmente le basi della fisica. Mi rendo conto che Newton, essendo stato di cultura anglicana ed antipapista per eccellenza, è sicuramente mal visto dalle gerarchie cattoliche. Dunque, nella didattica scientifica italiana l’ostracismo per il grande scienziato è sempre stato un fatto concreto e ricorrente. Ma questo non giustifica la diversità di trattamento e di interesse impartito nei luoghi ufficiali del sapere tra Galileo e Newton, anzi la aggrava. La seconda ragione riguarda un fatto personale che desidero illustrare in questo spazio web, in modo esaustivo. Si tratta di questo. La casa editrice Zanichelli, nella collana Le Ellissi, ha pubblicato nel 1990 una ristampa anastatica del 1925 dei Principia di Newton in edizione ridotta.

Il libro ha le seguenti coordinate bibliografiche: «Isaac Newton, Principii di filosofia naturale Teoria della gravitazione (Prefazione, Introduzione e note critiche di Federigo Enriques e Umberto Forti), Bologna, Zanichelli, 1990». Fa un certo effetto leggere questo libro. Intanto, perché i Principia sono stati sintetizzati in appena 215 paginette di dimensioni contenute. Dunque, si tratta di una sintesi delle parti più importanti e la lettura ne trae beneficio. Il libro è scorrevole ed essendo depurato degli aspetti formali di tipo matematico "meno importanti" riesce anche ad appassionare. E' anche piacevole da leggere perchè i paragrafi sono brevi, pieni di argomentazioni fisiche interessanti e perfetti nei calcoli. Nell’ultima pagina di copertina (in quarta) viene riportata la seguente presentazione: “grazie al lavoro svolto con garbo e diligenza da Federigo Enriques (nella foto) e Umberto Forti per quel pubblico di educatori, uomini colti e studenti delle nostre scuole secondarie superiori, che – non essendo matematici o fisici di professione – ripugnerebbero dalla lettura d’un volume di circa seicento pagine, irto di formule…”. In secondo luogo, perché essendo una ristampa anastatica è stato scritto, o meglio stampato, con i caratteri tipografici del tempo. Per esempio la data del 1925 è scritta, inusualmente oggi, in caratteri romani, come MCMXXV, e il logo presente in fondo alla pagina del titolo è veramente di altri tempi: bello e antico. Questi e altri aspetti caratteristici dell’edizione della Zanichelli sono stati una bella novità che ho apprezzato molto. Così questo libro, fin dalla sua prima ristampa del 1990, ha sempre fatto bella mostra nella mia libreria. Questo è l’antefatto. E passiamo adesso all’avvenimento che desidero commentare più in dettaglio. Nel 2002 ho insegnato Meccanica Classica in una classe terza di liceo scientifico nella quale vi si trovavano degli studenti interessati allo studio della fisica. Durante alcune lezioni sulla teoria gravitazionale proposi alla classe una piccola ricerca per confermare la validità della legge di gravitazione universale di Newton a proposito del fatto che la forza di attrazione tra due corpi puntiformi è inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra i due corpi medesimi. E lasciandomi prendere un po’ dall’entusiasmo, proposi di verificare con i calcoli la validità della Proposizione IV – Teorema IV del Sistema del mondo (Libro terzo dei Principia). Nel libro completo dei Classici della Scienza UTET l’argomento è affrontato da Newton nelle pagine 619, 620, 621 e l’inizio della pagina 622. Allo stesso tempo, nell’edizione ridotta di Federigo Enriques del 1925, il tema precedente è sviluppato da Newton alle pagine 138, 139 e 140. Bene. Diedi agli studenti delle fotocopie delle tre paginette dell’edizione ridotta con lo scopo di permettere loro di effettuare i calcoli con calma, a casa durante il fine settimana. Dopo una decina di giorni i giovani mi risposero che i loro risultati non coincidevano con quelli ottenuti da Newton. Erano delusi dalle mie promesse, a quanto pare non mantenute. La stranezza fu che io stesso rifeci personalmente i calcoli con molta attenzione e ottenni gli stessi risultati dei miei studenti, cioè che i risultati da me o, meglio, da noi ottenuti non coincidevano con quelli di Newton. Sbigottito dagli sviluppi della situazione e imbarazzato dall’insuccesso cercai di capire il perché di questa “stranezza”. Garantisco che fu una questione di principio. Non potevo deludere i miei studenti e dovevo a tutti i costi giustificare il perché i calcoli “non tornavano”. Ma niente. Tutti i miei ripetuti tentativi per più di una settimana non facevano che farmi spazientire una volta di più. Consumai una montagna di fogli di carta rifacendo i calcoli tante volte. Si trattava di dover calcolare prima due accelerazioni (la centripeta della Luna e quella di gravità sulla superficie terrestre) partendo dal diametro della Terra dato da Newton in piedi francesi e poi calcolare due distanze (la distanza percorsa dalla Luna in caduta libera se privata del suo moto in un minuto primo e l'altra di un corpo che cadeva nelle nostre regioni nello stesso minuto primo). I calcoli dovevano concludersi con un risultato uguale a quello di Newton che era di 15 piedi e 1/12 nel primo caso. Ma non ci fu nulla da fare: i risultati erano diversi e incompatibili. Quando capii che non riuscivo a tradurre in pratica il mio obiettivo compresi che dovevo essere più rigoroso, che dovevo cambiare metodo, e mi venne in mente che avrei potuto trovare qualche suggerimento sul perché non riuscivo nel mio intento consultando l’edizione completa della UTET che io non possedevo nella mia modesta libreria a causa dell’eccessivo costo dei due tomi. Fu così che una mattina andai alla Biblioteca Nazionale di Roma per consultare il testo completo. Grande fu la mia meraviglia quando lessi nel libro della UTET, con una concentrazione di pensiero raramente ripetuta nel tempo, che la circonferenza della Terra era di 123 249 600 piedi parigini, mentre nell’edizione ridotta della Zanichelli, che io possedevo a casa e che avevo usato per fare i calcoli insieme ai miei studenti, si trovava che la misura della circonferenza era invece di 12 349 600 piedi di Parigi! A parte il fatto che l’unità di misura in un caso era il “piede parigino” e nell’altro libro era il “piede di Parigi”, che sono la stessa cosa, quello che la mia attenzione catturò avidamente fu che i due numeri erano profondamente diversi. Infatti, il primo aveva una cifra in più del secondo, ovvero 123 milioni circa di piedi parigini del primo non erano per niente uguali a 12 milioni circa di piedi di Parigi del secondo! Avevo trovato il motivo per cui i risultati non coincidevano. Infatti, l'accelerazione centripeta ora, finalmente, coincideva con quella utilizzata da Newton, a causa del nuovo valore del raggio orbitale della Luna che, adesso, era corretto. Vuol dire che il redattore della casa editrice bolognese, incaricato della revisione finale, aveva omesso la cifra mancante. I tipografi stamparono pertanto tutta la serie di libri contenenti l’errore che io e i miei studenti avevamo scoperto. A scuola comunicai felicemente l’inghippo e feci presente agli studenti che il loro tentativo di “confermare” la teoria di Newton era stato la causa della scoperta dell’errore tipografico presente nell’edizione anastatica del 1925, da ben ¾ di secolo. Parodiando Karl Popper, ho detto loro che avevano "falsificato" la teoria di Newton, almeno quella contenente l'errore tipografico. Tra le tante cose che si possono dire di questa faccenda c’è da ricordare che non è facile seguire il ragionamento di Newton in termini di calcolo, perché a quel tempo non si usavano i calcoli algebrici alla maniera in cui si utilizzano oggi e le unità di misura delle distanze non erano in metri ma in piedi francesi. Ecco alcuni dati utilizzati da noi nel calcolo. Dalla lunghezza della circonferenza terrestre si deduce il raggio della Terra (un metro per curiosità corrisponde a 3,0794 piedi). Conosciuti il raggio terrestre, il raggio orbitale della Luna e il periodo di rivoluzione della Luna intorno alla Terra, si può facilmente calcolare l'accelerazione centripeta della Luna. L’accelerazione di gravità sulla Terra è 30,269 piedi/s2 mentre quella dove orbita la Luna è 0,00838 piedi/s2. Il loro rapporto è il famoso (60 x 60) che permise a Newton di sostenere la sua tesi che la forza dipende dall'inverso del quadrato della distanza. Pertanto, dice Newton, se la Luna dovesse cadere sotto la spinta dell’attrazione gravitazionale della Terra percorrerebbe in un minuto primo una distanza di 15 piedi, 1 pollice e 1 4/9 di linea, cioè 15,1 piedi mentre i miei studenti avevano trovato un valore differente da questo. Comunicai la notizia alla casa editrice Zanichelli che mi inviò un libro in omaggio, ringraziandomi per il contributo dato alla correzione da apportare alle edizioni future. Cosa dire a questo punto di questa piacevole “avventura culturale” durata più di un mese di lavoro? Un solo commento: sono queste “piccole” cose che ripagano un insegnante dei mille sacrifici effettuati nella sua attività professionale di docente. I miei studenti potranno ricordare l'episodio con orgoglio e soddisfazione.

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